L’avvenimento ha luogo in Iscozia, parte nel castello di Ravenswood, parte
nella rovinata Torre di Wolferag – L’epoca rimonta al declinare del secolo
XVI.
NORMANNO, CORO
Percorrete le spiagge vicine
CORO
Percorriamo
Della torre le vaste rovine:
Cada il velo di sì turpe mistero
Lo domanda... lo impone l’onor.
Fia che splenda il terribile vero
Come lampo fra nubi d’orror!
NORMANNO
Tu sei turbato!
(accostandosi rispettosamente ad Enrico)
ENRICO
E n’ho ben donde. Il sai:
Del mio destin si ottenebrò la stella...
Intanto Edgardo... quel mortal nemico
Di mia prosapia, dalle sue rovine
Erge la fronte baldanzosa e ride!
Sola una mano raffermar mi puote
Nel vacillante mio poter...
Lucia Osa respinger quella mano!...
Ah! suora Non m’è colei!
RAIMONDO
(in tuono di chi cerca di calmare l’altrui collera)
Dolente Vergin, che geme sull’urna recente
Di cara madre, al talamo potria
Volger lo sguardo? Ah! rispettiam quel core
Che per troppo dolor non sente amore.
NORMANNO
Non sente amor! Lucia D’amore avvampa.
ENRICO
Che favelli?...
RAIMONDO
(Oh detto!)
NORMANNO
M’udite. Ella sen gìa colà, nel parco
Nel solingo vial dove la madre
Giace sepolta: la sua fida Alisa
Era al suo fianco... Impetuoso toro
Ecco su lor s’avventa...
Prive d’ogni soccorso,
Pende sovr’esse inevitabil morte!...
Quando per l’aere sibilar si sente
Un colpo, e al suol repente
Cade la belva.
ENRICO
E chi vibrò quel colpo? Io fremo! Né tu scovristi il seduttor?...
NORMANNO
Sospetto Io n’ho soltanto. E' tuo nemico.
ENRICO
Esser potrebbe!... Edgardo?
ENRICO
Cruda... funesta smania
Tu m’hai destata in petto!...
È troppo, è troppo orribile
Questo fatal sospetto!
Mi fe’ gelare e fremere!...
Mi drizza in fronte il crin!
Colma di tanto obbrobrio
Chi suora mia nascea! –
Pria che d’amor sì perfido
(con terribile impulso di sdegno)
A me svelarti rea,
Se ti colpisse un fulmine,
Fora men rio destin.
CORO
Come vinti da stanchezza
Dopo lungo errar d’intorno...
ENRICO
La pietade in suo favore
Miti sensi invan ti detta...
Se mi parli di vendetta
Solo intender ti potrò. –
Sciagurati!... il mio furore
Già su voi tremendo rugge...
L’empia fiamma che vi strugge
Io col sangue spegnerò.
LUCIA
Ancor non giunse!...
ALISA
Incauta!... a che mi traggi!...
Avventurarti, or che il fratel qui venne,
È folle ardir.
LUCIA
Quella fonte mai
Senza tremar non veggo...
Ah! tu lo sai.
Un Ravenswood, ardendo
Di geloso furor, l’amata donna
Colà trafisse: l’infelice cadde
Nell’onda, ed ivi rimanea sepolta...
M’apparve l’ombra sua...
ALISA
Che intendo!...
LUCIA Ascolta.
Regnava nel silenzio
Alta la notte e bruna...
Colpìa la fonte un pallido
Raggio di tetra luna...
Quando sommesso un gemito
Fra l’aure udir si fe’,
Ed ecco su quel margine
L’ombra mostrarsi a me!
Qual di chi parla muoversi
Il labbro suo vedea,
E con la mano esanime
Chiamarmi a sé parea.
Stette un momento immobile
Poi rapida sgombrò,
E l’onda pria sì limpida,
Di sangue rosseggiò! –
ALISA
Chiari, oh ciel! ben chiari e tristi
Nel tuo dir presagi intendo!
Ah! Lucia, Lucia desisti
Da un amor così tremendo.
LUCIA
Io?... che parli!
Al cor che geme
Questo affetto è sola speme...
Senza Edgardo non potrei
Un istante respirar...
Egli è luce a’ giorni miei,
E conforto al mio penar
Quando rapito in estasi
Del più cocente amore,
Col favellar del core
Mi giura eterna fe’;
Gli affanni miei dimentico, Gioia diviene il pianto...
Parmi che a lui d’accanto
Si schiuda il ciel per me!
ALISA
Giorni d’amaro pianto Si apprestano per te!
Egli s’avanza... La vicina soglia Io cauta veglierò.
EDGARDO
Lucia, perdona Se ad ora inusitata
Io vederti chiedea: ragion possente
A ciò mi trasse.
Pria che in ciel biancheggi
L’alba novella, dalle patrie sponde Lungi sarò.
EDGARDO
Pe’ Franchi lidi amici
Sciolgo le vele: ivi trattar m’è dato
Le sorti della Scozia.
Pria di lasciarti
Asthon mi vegga... stenderò placato
A lui la destra, e la tua destra, pegno
Fra noi di pace, chiederò.
LUCIA
Che ascolto!... Ah! no... rimanga nel silenzio avvolto Per or l’arcano
affetto...
EDGARDO
(con amarezza)
Intendo! – Di mia stirpe Il reo persecutore
Dei mali miei .. Ancor pago non è!
Mi tolse il padre... Il mio retaggio avito
Con trame inique m’usurpò...
Né basta? Che brama ancor? che chiede
Quel cor feroce e rio?
La mia perdita intera, il sangue mio? Ei mi abborre...
EDGARDO
M’odi, e trema.
Sulla tomba che rinserra Il tradito genitore,
Al tuo sangue eterna guerra
Io giurai nel mio furore:
Ma ti vidi...in cor mi nacque
Altro affetto, e l’ira tacque...
Pur quel voto non è infranto...
Io potrei compirlo ancor!
LUCIA
Deh! ti placa...deh! ti frena...
Può tradirne un solo accento!
Non ti basta la mia pena?
Vuoi ch’io mora di spavento?
Ceda, ceda ogn’altro affetto;
Solo amor t’infiammi il petto...
Ah! il più nobile, il più santo
De’ tuoi voti è un puro amor!
EDGARDO
(con subita risoluzione)
Qui, di sposa eterna fede
Qui mi giura, al cielo innante.
Dio ci ascolta, Dio ci vede...
Tempio, ed ara è un core amante;
Al tuo fato unisco il mio
(ponendo un anello in dito a Lucia)
Son tuo sposo.
LUCIA
E tua son io.
(porgendo a sua volta il proprio anello a Edgardo)
A’ miei voti amore invoco.
EDGARDO
A’ miei voti invoco il ciel.
LUCIA, EDGARDO
Porrà fine al nostro foco Sol di morte il freddo gel...
EDGARDO
Separarci omai conviene.
LUCIA
Oh parola a me funesta! Il mio cor con te ne viene.
LUCIA
Ah! talor del tuo pensiero
Venga un foglio messaggiero,
E la vita fuggitiva
Di speranza nudrirò.
EDGARDO
Io di te memoria viva Sempre o cara, serberò.
LUCIA, EDGARDO
Verranno a te sull’aura I miei sospiri ardenti,
Udrai nel mar che mormora
L’eco de’ miei lamenti...
Pensando ch’io di gemiti
Mi pasco, e di dolor.
Spargi una mesta lagrima
Su questo pegno allor.
EDGARDO Io parto...
LUCIA Addio…
EDGARDO Rammentati! Ne stringe il cielo!...