Andrea Chénier
            Atto primo
            In provincia; nel castello della Signoria dei Conti di Coigny. 
            Il giardino d'inverno. 
            (Sotto i rigidi comandi di un arrogante e gallonato Maestro di 
            Casa, corrono lacchè, servi, valletti carichi di mobili e vasi 
            completando l'assetto della serra. 
            Carlo Gérard, in livrea, entra, sostenendo con altri servi un 
            azzurro e pesante sofà.) 
            Il Maestro di Casa 
            Questo azzurro sofà là collochiam. 
             
            
            (Gérard e i lacchè eseguono, poi il Maestro di Casa accenna 
            verso le sale interne e vi entra seguito da tutti i lacchè, 
            eccettuato Gérard, che inginocchiato avanti all'azzurro sofà, ne 
            liscia le frange arricciatesi e ridona lucido alla seta rasata, 
            sprimacciandone i cuscini) 
            Gérard (al sofà) 
             
            
            Compiacente a' colloqui del cicisbeo 
            che a dame maturate porgeva qui la mano! 
             
            
            Qui il Tacco rosso al Neo sospirando dicea: 
            Oritia, o Clori, o Nice, incipriate 
            vecchiette e imbellettate io vi bramo, 
            ed anzi sol per questo, forse, io v'amo! 
            Tal dei tempi è il costume! 
            (Dal giardino si avanza trascinandosi penosamente un vecchio 
            giardiniere curvo sotto il peso di un mobile. È il padre di Gérard. 
            Questi gitta lo spolveraccio che tiene in mano e corre a porgere 
            aiuto al padre, che tutto tremulo si allontana per contorti sentieri 
            del giardino. Commosso Gérard guarda allontanarsi il padre.) 
             
            
            Son sessant'anni, o vecchio, che tu servi! 
            A' tuoi protervi, arroganti signori 
            hai prodigato fedeltà, sudori, 
            la forza dei tuoi nervi, 
            l'anima tua, la mente, 
            e, quasi non bastasse la tua vita 
            a renderne infinita eternamente 
            l'orrenda sofferenza, 
            hai dato l'esistenza dei figli tuoi. 
             
            
            Hai figliato dei servi! 
            (asciuga le lagrime poi torna a guardare fieramente intorno a sè 
            la gran serra) 
            T'odio, casa dorata! 
            L'immagin sei d'un mondo incipriato e vano! 
            Vaghi dami in seta ed in merletti, 
            affrettate, accellerate 
            le gavotte gioconde e i minuetti! 
            Fissa è la vostra sorte! 
             
            
            Razza leggiadra e rea, 
            figlio di servi, e servo, 
            qui, giudice in livrea, 
            ti grido: È l'ora della morte! 
            (La Contessa, Maddalena e Bersi appaiono al di là dell'arco 
            d'ingresso alla serra. 
            La Contessa si sofferma a dare alcuni ordini al Maestro di Casa. 
            Maddalena si avanza lentamente con Bersi.) 
            Maddalena 
             
            
            Il giorno intorno già s'inserra lentamente! 
            In queste misteriose ombre 
            forme fantastiche assumono le cose! 
            or l'anime s'acquetano umanamente! 
            Gérard (fra sè, guardando ammirato Maddalena) 
            Quanta dolcezza ne l'alma tetra 
            per te penetra! 
            Anche l'idea muor, tu non muori giammai, 
            tu, l'Eterna canzon! 
            (La Contessa entra nella serra, e coll'occhialetto, e con fare 
            altezzoso, guarda attentamente se e come è stata disposta.) 
            Contessa (a Gérard ed altri lacchè) 
             
            
            Via, v'affrettate, 
            e alle lumiere luce date! 
            (I lacchè cominciano ad accendere i bracciali e a dar luce a 
            tutta la serra. A poco a poco tutto sfolgora di luce allegra.)
            
            (a Gérard) 
            E dite, tutto è pronto? 
            Gérard 
            Tutto! 
            Contessa 
            I cori? 
            Gérard 
            Stanno di già vestendosi. 
            Contessa 
            E i suonatori? 
            Gérard 
            Accordan gli strumenti. 
            Contessa (volgendogli le spalle) 
            A momenti arriveranno gli ospiti. 
            Maddalena 
            Uno è il signor Fléville ... 
            Contessa 
            Scrittore emerito. 
            Maddalena 
            E l'altro chi è? 
            Contessa 
            È l'Abatino! 
            Maddalena 
            Uno vien dall'Italia? 
            Contessa 
            Sì! Fléville, l'Abate da Parigi. 
            (osservando che ancora sua figlia è in vestaglia) 
             
            
            Ancor così? Maddalena! Ancor non sei vestita? 
            (la accarezza e va ad esaminare se nulla manca anche nelle sale 
            superiori) 
            (Bersi corre a Maddalena e si accoccola grottescamente ai suoi 
            piedi con gesti strani e bizzarri:) 
            Bersi 
            Sospiri? 
            Maddalena 
             
            
            Sì; io penso alla tortura 
            del farsi belle! 
            Bersi 
            Sei tu che fai belle le vesti tue! 
            Io le fo' brutte tutte! 
            (gualcendo con rabbia le pieghe dalla veste) 
            Maddalena 
            (s'avvicina a Bersi e la calma sorridendo) 
             
            
            Soffoco, moro tutta chiusa 
            in busto stretto 
            a squame ombra di moro 
            o in un corsetto, come s'usa 
            in seta di nakara! 
            Bersi 
            Il tuo corsetto è cosa rara! 
            Maddalena 
             
            
            L'orribile gonnella 
            "coscia di ninfa bianca" 
            m'inceppa e stanca, mi sfianca tutta, 
            e, aggiungivi un cappello 
            "Cassa di sconto" o quello alla "Basilio" 
            od alla "Montgolfier", 
            e tu sei sorda e cieca, 
            e, nata bella eccoti fatta brutta. 
            (coraggiosamente affrontando la Contessa che rientra) 
            (Da lontano si ode l'avvicinarsi delle visite.) 
            Per stasera, pazienza! 
            Mamma, non odi? 
            Contessa 
            Sono di già gli ospiti. 
            Maddalena 
             
            
            Così mi metto: Bianca vesta 
            ed una rosa in testa! 
            (corre via seguita da Bersi) 
            (Gli invitati entrano nella sala a coppie. La Contessa li 
            accoglie.) 
            Contessa (alle dame) 
            Oh! Come elegante ... 
            (ad un cavaliere) 
            e voi gentil galante! 
            (al Barone) 
            Vera galanteria! 
            (al marchese) 
            A ben più d'una brama 
            la vostra dama 
            accender saprà l'esca! 
            (ad una vecchia dama) 
             
            
            Appariscente e fresca sempre! 
            Contessa, sempre, sempre la stessa! 
            (Entrano tre personaggi: uno avanzato di età, il romanziere 
            Fléville; un giovane imberbe, Chénier; uno senza età, il musicista 
            Fiorinelli.) 
            Fléville 
            Commosso, lusingato a tanti complimenti 
            e a questo, più, che omaggio ... 
             
            
            (cerca la parola adatta) 
            amabil persiflaggio! 
            Ch'io vi presenti Flando Fiorinelli, 
            cavaliere italiano e musico! 
            Andrea Chénier, un che fa versi 
            e che promette molto. 
            (Entra l'Abate.) 
            Contessa 
            L'Abate! 
            Maddalena (rientrando) 
             
            
            L'Abate! 
            Contessa (a Maddalena) 
            Finalmente! 
            Maddalena 
            Da Parigi voi venite? 
            L'Abate 
             
            
            Sì! 
            Contessa 
            Che novelle della corte? 
            Maddalena 
            Dite? 
            Contessa 
            Presto! 
            Maddalena 
            Noi curiose tutte siam! 
            Presto! Dite! dite! 
            (L'Abate, lusingato, bacia molte mani e fa inchini che 
            sembrano genuflessioni:) 
            L'Abate 
            Debole è il Re! 
            Fléville 
            Ha ceduto? 
             
            
            L'Abate 
            Fu male consigliato! 
            Contessa 
            Necker? 
            L'Abate 
            Non ne parliamo! 
             
            
            Maddalena, Contessa, Fléville, Ospiti 
            Quel Necker! 
            Noi moriamo della curiosità! 
            L'Abate 
            Abbiamo il terzo stato! 
            Maddalena, Contessa, Fléville, Ospiti 
            Ah! Ah! 
            L'Abate 
            Ed ho veduto offender ... 
            Maddalena, Contessa, Fléville, Ospiti 
            Chi? 
            L'Abate 
            La statua di Enrico quarto! 
            Ospiti 
            Orrore! 
            Contessa, poi Maddalena 
            Orrore! 
            Contessa 
            Dove andremo a finire? 
             
            
            L'Abate 
            Così giudico anch'io! 
            Contessa 
            Non temono più Dio! 
            L'Abate 
            Assai, madame belle, sono dolente 
            de le mie novelle! 
            Fléville 
             
            
            Passiamo la sera allegramente! 
            Della primavera ai zefiri gentili 
            codeste nubi svaniranno! 
            Il sole noi rivedremo e rose e viole, 
            e udremo ne l'aria satura de' fior 
            l'eco ridir l'egloghe dei pastori. 
            (Escono alcune pastorelle che in vaghe pose si fanno intorno a 
            Fléville che meravigliato le guarda.) 
            Fléville 
            O soave bisbiglio! 
            Alcuni ospiti 
            È il vento! 
            L'Abate 
            È zefiro! 
            Fléville 
            È mormorio di fonte! 
            Ospiti 
            È fruscio d'ali! 
            L'Abate 
            Un ruscelletto odo mormorar! 
            (Fléville scoppia quasi in pianto per la commozione e per la 
            vanità.) 
            Fléville 
            È questo il mio romanzo! 
            Coro di Pastori e Pastorelle 
             
            
            O Pastorelle, addio, addio, addio! 
            Ci avviamo verso lidi ignoti e strani! 
            Ahi! Ahi! sarem lungi diman! 
            Questi lochi abbandoniamo! Ahi! Ahi! 
            Ahi! Ahi! Ahi! Ahi! 
             
            
            Non avrà fino al ritorno più gioie il cor! 
            Ahi! Ahi! sarem lungi diman! 
            O pastorelle addio, (etc.) 
            Ah! Ah! Sarem lungi diman! Ah! 
            Addio! Addio! Ah! Ah! Addio! 
            Ah! Ah! 
            Contessa (a Chénier) 
             
            
            Signor Chénier? 
            Chénier 
            Madama la Contessa? 
            Contessa 
            La vostra musa tace? 
            Chénier 
            È una ritrosa che di tacer desia. 
            Contessa 
            La vostra musa è la malinconia! 
            (si allontana agitando piccata il ventaglio, dicendo a Fléville:)
            
            Davver poco cortese! 
            Fléville 
            È un po' bizzarro! 
            L'Abate 
            Musa ognor pronta 
            è donna a molti vieta! 
            Contessa 
            È ver! Ecco il poeta! 
            (Maddalena ha sentito la risposta data da Chénier a sua madre 
            che le sue amiche hanno vivacemente commentato; ora le raccoglie 
            intorno a sè.) 
            Maddalena (alle sue amiche) 
             
            
            Io lo farò poetare. Scommettiamo? 
            (La Contessa prende il braccio all'Abatino e con lui si 
            avvicina a Fiorinelli, inducendolo gentilmente al clavicembalo... 
            Fiorinelli siede e suona. Intanto, Maddalena si avvicina a Chénier 
            seguita dalle sue amiche.) 
            Maddalena 
             
            
            Al mio dire perdono, ed al mio ardire! 
            Son donna e son curiosa. 
            Bramo di udire un'egloga da voi, 
            o una poesia, per monaca o per sposa. 
            Amiche 
            Per monaca o per sposa! 
            Chénier 
             
            
            Il vostro desio è comando gentil! 
            Ma, ohimè, la fantasia non si piega 
            a comando o a prece umile; 
            è capricciosa assai la poesia, 
            a guisa dell'amor! 
            (Alla parola "amore"Maddalena e le ragazze escono fuori in una 
            risata. Fiorinelli interrompe; tutti si avvicinano al gruppo di 
            Chénier e Maddalena.) 
            Contessa 
            Perchè ridete voi? 
            Ospiti (uomini) 
            Che c'è? Che c'è? 
            Amiche 
             
            
            Udite! Udite, che il racconto è bello! ... 
            Maddalena (a sua madre) 
            A tua preghiera, 
            mamma, opponeva un rifiuto ... 
            Amiche 
            Il poetino è caduto in un tranello! 
            Maddalena 
             
            
            ... Allor bizzarro pensier 
            venne a me: ... 
            Amiche 
            La vendetta! 
            Maddalena 
            ... Io dissi: scommettiamo? ... 
            Contessa, Ospiti 
            Di che cosa? 
            Maddalena 
            ... Che parlato avria d'amor. 
            Contessa poi Ospiti 
            Ebben? Ebben? 
            Maddalena 
            Chiamò la Musa, e la implorata Musa 
            per sua bocca ridisse la parola 
            che a me, ... 
            (ad un vecchio ridicolo) 
            ... voi, ... 
            (a un abate) 
            ... e voi ... 
            (a un marchese grasso) 
            ... e voi pur anco, ... 
            (a un giovanotto strano per la sua bruttezza) 
            ... e voi mi diceste stasera - 
            senza Musa. 
            Chénier (pallidissimo) 
             
            
            Colpito qui m'avete ov'io geloso celo 
            il più puro palpitar dell'anima. 
            (accenna al cuore) 
             
            
            Or vedrete, fanciulla, qual poema 
            è la parola "Amor", qui causa di scherno! 
            (Sorpresi, tutti stanno curiosi ad udirlo.) 
             
            
            Un dì all'azzurro spazio 
            guardai profondo, 
            e ai prati colmi di viole, 
            pioveva loro il sole, 
            e folgorava d'oro il mondo: 
            parea la terra un immane tesor, 
            e a lei serviva di scrigno il firmamento. 
             
            
            Su dalla terra a la mia fronte 
            veniva una carezza viva, un bacio. 
            Gridai vinto d'amor: 
            T'amo tu che mi baci, 
            divinamente bella, o patria mia! 
             
            
            E volli pien d'amore pregar! 
            Varcai d'una chiesa la soglia; 
            là un prete ne le nicchie 
            dei santi e della Vergine, 
            accumulava doni - 
            e al sordo orecchio 
            un tremulo vegliardo 
            invan chiedeva pane 
            e invano stendea la mano! 
            (L'Abate ed altri si levano scandalizzati:) 
             
            
            Varcai degli abituri l'uscio; 
            un uom vi calunniava 
            bestemmiando il suolo 
            che l'erario a pena sazia 
            e contro a Dio scagliava 
            e contro agli uomini 
            le lagrime dei figli. 
            (Tutti si sono arrabbiati contro Chénier. Gérard solo lo 
            ascolta dal fondo della serra, agitatissimo. Gli altri fingono non 
            udirlo.) 
            In cotanta miseria 
            la patrizia prole che fa? 
             
            
            (a Maddalena) 
            Sol l'occhio vostro 
            esprime umanamente qui 
            un guardo di pietà, 
            ond'io guardato ho a voi 
            si come a un angelo. 
            E dissi: Ecco la bellezza della vita! 
            Ma, poi, a le vostre parole, 
            un novello dolor m'ha colto in pieno petto. 
             
            
            O giovinetta bella, 
            d'un poeta non disprezzate il detto: 
            Udite! Non conoscete amor, 
            amor, divino dono, non lo schernir, 
            del mondo anima e vita è l'Amor! 
            Maddalena (a Chénier) 
            Perdonatemi! 
            (Chénier commosso si allontana e scompare.) 
             
            
            Contessa (scusando Maddalena) 
            Creatura strana assai! 
            Va perdonata! 
            È capricciosa e un po' romantichetta. 
            (il preludio di una Gavotta viene dall'alto della cantoria)
            
            Ma udite! È il gaio suon della gavotta. 
             
            
            Su cavalieri! Ognun scelga la dama! 
            (I servi fanno posto e i cavalieri e le dame si preparano alla 
            danza... lontanissime appena distinte si sentono venire 
            avvicinandosi confuse cantilene.) 
            Voci lontane 
            La notte il giorno 
            portiamo intorno 
            il dolore; 
            siam genti grame 
            che di fame 
            si muor. 
            (La Contessa fa interrompere la danza, tutti prestano orecchio 
            al canto interno.) 
             
            
            Affamati, languenti, 
            morenti, 
            noi cadiam sovra 
            suoli infecondi. 
            (Gérard appare alla testa di una folla di gente stracciata e 
            languente.) 
            Gérard 
             
            
            Sua grandezza la miseria! 
            Contessa (livida dall'ira) 
            Chi ha introdotto costoro? 
            Gérard 
            Io, Gérard! 
            Contessa (ai suoi valletti) 
            Questa ciurmaglia via! 
            (a Gérard) 
            E tu pel primo! 
            Gérard 
            Sì, me ne vo, Contessa! 
            Questa livrea mi pesa 
            ed è vile per me il pane 
            che qui mi sfama! 
            La voce di chi soffre a sé mi chiama! 
            (intanto, il vecchio giardiniere, padre di Gérard, si butta in 
            ginocchio avanti alla Contessa) 
            (rialzando suo padre) 
            Vien padre mio, vien con me! 
            Perchè ti curvi ai piè 
            di chi non ode voce di pietà? 
             
            
            (strappandosi la livrea di dosso) 
            Dalle mie carni giù, 
            giù questa viltà! 
            (Il Maestro di Casa, i servi, i lacchè, respingono la folla. 
            La Contessa si lascia cadere sul sofà ansante dalla bile che la 
            soffoca. Gérard costringe suo padre ad allontanarsi con lui) 
            Contessa 
             
            
            Quel Gérard! L'ha rovinato il leggere! 
            Ed io, che tutti i giorni ... 
            facevo l'elemosina ... 
            e a non fare arrossire di sè la povertà ... 
            perfin m'ho fatto un abito, costume 
            di pietà! 
            (Si lascia cadere come svenuta sull 'azzurro sofà. Un gran da 
            fare in tutti!... chi vuol somministrarle goccie del General Lamothe, 
            chi d'Inghilterra, chi invece vuol slacciare il busto. Questo la fa 
            rinvenire.) 
            (al Maestro di Casa che torna) 
            Son tutti andati? 
            Maestro di Casa 
            Sì. 
            Contessa (agli invitati) 
            Scusate! 
             
            
            L'interrotta gavotta, mie dame, 
            ripigliamo! Ritorni l'allegria! 
            (Si dispongono nuovamente per la danza.)