Giuseppe Verdi (1813 - 1901)
"La Traviata"
Opera in tre atti
Libretto:Francesco Maria Piave, dal dramma "La dame aux camelias",
di Alexandre Dumas figlio.
Prima rappresentazione:Venezia, Teatro "La Fenice, 6 marzo 1853
Ambientazione: Parigi e sue vicinanze, 1850 circa.
ATTO II
SCENA I
Casa di campagna presso Parigi. Salotto terreno.
Nel fondo in faccia agli spettatori, e' un camino,
sopra il quale uno specchio ed un orologio,
fra due porte chiuse da cristalli che mettono ad un giardino.
Al primo piano, due altre porte, una di fronte all'altra.
Sedie, tavolini, qualche libro, l'occorrente per scrivere.
ALFREDO
(deponendo il fucile)
Lunge da lei per me non v'ha diletto!
Volaron gia' tre lune
Dacche' la mia Violetta
Agi per me lascio', dovizie, onori,
E le pompose feste
Ove, agli omaggi avvezza,
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza
Ed or contenta in questi ameni luoghi
Tutto scorda per me. Qui presso a lei
Io rinascer mi sento,
E dal soffio d'amor rigenerato
Scordo ne' gaudii suoi tutto il passato.
De' miei bollenti spiriti
Il giovanile ardore
Ella tempro' col placido
Sorriso dell'amore!
Dal di' che disse: vivere
Io voglio a te fedel,
Dell'universo immemore
Io vivo quasi in ciel.
SCENA II
(Detto ed Annina in arnese da viaggio.)
ALFREDO
Annina, donde vieni?
ANNINA
Da Parigi.
ALFREDO
Chi tel commise?
ANNINA
Fu la mia signora.
ALFREDO
Perche'?
ANNINA
Per alienar cavalli, cocchi,
E quanto ancor possiede.
ALFREDO
Che mai sento!
ANNINA
Lo spendio e' grande a viver qui solinghi
ALFREDO
E tacevi?
ANNINA
Mi fu il silenzio imposto.
ALFREDO
Imposto! or v'abbisogna?
ANNINA
Mille luigi.
ALFREDO
Or vanne andro' a Parigi.
Questo colloquio ignori la signora.
Il tutto valgo a riparare ancora.
(Annina parte.)
SCENA III
(Alfredo solo)
ALFREDO
O mio rimorso! O infamia
E vissi in tale errore?
Ma il turpe sogno a frangere
Il ver mi baleno'.
Per poco in seno acquetati,
O grido dell'onore;
M'avrai securo vindice;
Quest'onta lavero'.
(esce)
SCENA IV
(Violetta ch'entra con alcune carte,
parlando con Annina, poi Giuseppe a tempo.)
VIOLETTA
Alfredo?
ANNINA
Per Parigi or or partiva.
VIOLETTA
E tornera'?
ANNINA
Pria che tramonti il giorno
Dirvel m'impose
VIOLETTA
E' strano!
ANNINA
(presentandole una lettera)
Per voi
VIOLETTA
(La prende.)
Sta bene. In breve
Giungera' un uom d'affari, entri all'istante.
(Annina e Giuseppe escono.)
SCENA V
(Violetta, quindi il signor Germont introdotto da Giuseppe
che avanza due sedie e parte.)
VIOLETTA
(leggendo la lettera)
Ah, ah, scopriva Flora il mio ritiro!
E m'invita a danzar per questa sera!
Invan m'aspettera'
(Getta il foglio sul tavolino e siede.)
ANNINA
E' qui un signore
VIOLETTA
Ah! sara' lui che attendo.
(Accenna a Giuseppe d'introdurlo.)
GERMONT
Madamigella Vale'ry?
VIOLETTA
Son io.
GERMONT
D'Alfredo il padre in me vedete!
VIOLETTA
(Sorpresa, gli accenna di sedere.)
Voi!
GERMONT
(sedendo)
Si', dell'incauto, che a ruina corre,
Ammaliato da voi.
VIOLETTA
(alzandosi risentita)
Donna son io, signore, ed in mia casa;
Ch'io vi lasci assentite,
Piu' per voi che per me.
(per uscire)
GERMONT
(Quai modi!) Pure
VIOLETTA
Tratto in error voi foste.
(Torna a sedere.)
GERMONT
De' suoi beni
Dono vuol farvi
VIOLETTA
Non l'oso' finora
Rifiuterei.
GERMONT
(guardandosi intorno)
Pur tanto lusso
VIOLETTA
A tutti
E' mistero quest'atto
A voi nol sia.
(Gli da' le carte.)
GERMONT
(dopo averle scorse coll'occhio)
Ciel! che discopro!
D'ogni vostro avere
Or volete spogliarvi?
Ah, il passato perche', perche' v'accusa?
VIOLETTA
(con entusiasmo)
Piu' non esiste or amo Alfredo, e Dio
Lo cancello' col pentimento mio.
GERMONT
Nobili sensi invero!
VIOLETTA
Oh, come dolce
Mi suona il vostro accento!
GERMONT
(alzandosi)
Ed a tai sensi
Un sacrificio chieggo
VIOLETTA
(alzandosi)
Ah no, tacete
Terribil cosa chiedereste certo
Il previdi v'attesi era felice
Troppo
GERMONT
D'Alfredo il padre
La sorte, l'avvenir domanda or qui
De' suoi due figli.
VIOLETTA
Di due figli!
GERMONT
Si'.
Pura siccome un angelo
Iddio mi die' una figlia;
Se Alfredo nega riedere
In seno alla famiglia,
L'amato e amante giovane,
Cui sposa andar dovea,
Or si ricusa al vincolo
Che lieti ne rendea
Deh, non mutate in triboli
Le rose dell'amor.
Ai preghi miei resistere
Non voglia il vostro cor.
VIOLETTA
Ah, comprendo dovro' per alcun tempo
Da Alfredo allontanarmi doloroso
Fora per me pur
GERMONT
Non e' cio' che chiedo.
VIOLETTA
Cielo, che piu' cercate? offersi assai!
GERMONT
Pur non basta
VIOLETTA
Volete che per sempre a lui rinunzi?
GERMONT
E' d'uopo!
VIOLETTA
Ah, no giammai!
Non sapete quale affetto
Vivo, immenso m'arda in petto?
Che ne' amici, ne' parenti
Io non conto tra i viventi?
E che Alfredo m'ha giurato
Che in lui tutto io trovero'?
Non sapete che colpita
D'altro morbo e' la mia vita?
Che gia' presso il fin ne vedo?
Ch'io mi separi da Alfredo?
Ah, il supplizio e' si spietato,
Che morir preferiro'.
GERMONT
E' grave il sacrifizio,
Ma pur tranquilla udite
Bella voi siete e giovane Col tempo
VIOLETTA
Ah, piu' non dite
V'intendo m'e' impossibile
Lui solo amar vogl'io.
GERMONT
Sia pure ma volubile
Sovente e' l'uom
VIOLETTA
(colpita)
Gran Dio!
GERMONT
Un di', quando le veneri
Il tempo avra' fugate,
Fia presto il tedio a sorgere
Che sara' allor? pensate
Per voi non avran balsamo
I piu' soavi affetti|
Poiche' dal ciel non furono
Tai nodi benedetti.
VIOLETTA
E' vero!
GERMONT
Ah, dunque sperdasi
Tal sogno seduttore
Siate di mia famiglia
L'angiol consolatore
Violetta, deh, pensateci,
Ne siete in tempo ancor.
E' Dio che ispira, o giovine
Tai detti a un genitor.
VIOLETTA
(con estremo dolore)
(Cosi' alla misera - ch'e' un di' caduta,
Di piu' risorgere - speranza e' muta!
Se pur beneficio - le indulga Iddio,
L'uomo implacabile - per lei sara'.)
(a Germont, piangendo)
Dite alla giovine - si' bella e pura
Ch'avvi una vittima - della sventura,
Cui resta un unico - raggio di bene
Che a lei il sacrifica - e che morra'!
GERMONT
Si', piangi, o misera - supremo, il veggo,
E' il sacrificio - ch'ora io ti chieggo.
Sento nell'anima - gia' le tue pene;
Coraggio e il nobile - cor vincera'.
(Silenzio.)
VIOLETTA
Or imponete.
GERMONT
Non amarlo ditegli.
VIOLETTA
Nol credera'.
GERMONT
Partite.
VIOLETTA
Seguirammi.
GERMONT
Allor
VIOLETTA
Qual figlia m'abbracciate forte
Cosi' saro'.
(S'abbracciano.)
Tra breve ei vi fia reso,
Ma afflitto oltre ogni dire. A suo conforto
Di cola' volerete
(Indicandogli il giardino, va per scrivere.)
GERMONT
Che pensate?
VIOLETTA
Sapendol, v'opporreste al pensier mio.
GERMONT
Generosa! e per voi che far poss'io?
VIOLETTA
(tornando a lui)
Morro'! la mia memoria
Non fia ch'ei maledica,
Se le mie pene orribili
Vi sia chi almen gli dica.
GERMONT
No, generosa, vivere,
E lieta voi dovrete,
Merce' di queste lagrime
Dal cielo un giorno avrete.
VIOLETTA
Conosca il sacrifizio
Ch'io consumai d'amor
Che sara' suo fin l'ultimo
Sospiro del mio cor.
GERMONT
Premiato il sacrifizio
Sara' del vostro amor;
D'un opra cosi' nobile
Sarete fiera allor.
VIOLETTA
Qui giunge alcun: partite!
GERMONT
Ah, grato v'e' il cor mio!
VIOLETTA
Non ci vedrem piu' forse.
(S'abbracciano.)
A DUE
Siate felice Addio!
(Germont esce per la porta del giardino.)
SCENA VI
(Violetta, poi Annina, quindi Alfredo.)
VIOLETTA
Dammi tu forza, o cielo!
(Siede, scrive, poi suona il campanello.)
ANNINA
Mi richiedeste?
VIOLETTA
Si', reca tu stessa
Questo foglio
ANNINA
(ne guarda la direzione e se ne mostra sorpresa.)
VIOLETTA
Silenzio va' all'istante
(Annina parte.)
Ed ora si scriva a lui
Che gli diro'? Chi men dara' il coraggio?
(Scrive e poi suggella.)
ALFREDO
(entrando)
Che fai?
VIOLETTA
(nascondendo la lettera)
Nulla.
ALFREDO
Scrivevi?
VIOLETTA
(confusa)
Si' no
ALFREDO
Qual turbamento! a chi scrivevi?
VIOLETTA
A te
ALFREDO
Dammi quel foglio.
VIOLETTA
No, per ora
ALFREDO
Mi perdona son io preoccupato.
VIOLETTA
(alzandosi)
Che fu?
ALFREDO
Giunse mio padre
VIOLETTA
Lo vedesti?
ALFREDO
Ah no: severo scritto mi lasciava
Pero' l'attendo, t'amera' in vederti.
VIOLETTA
(molto agitata)
Ch'ei qui non mi sorprenda
Lascia che m'allontani tu lo calma
(mal frenato il pianto)
Ai piedi suoi mi gettero' divisi
Ei piu' non ne vorra' sarem felici
Perche' tu m'ami, Alfredo, non e' vero?
ALFREDO
O, quanto Perche' piangi?
VIOLETTA
Di lagrime avea d'uopo or son tranquilla
(sforzandosi)
Lo vedi? ti sorrido
Saro' la', tra quei fior presso a te sempre.
Amami, Alfredo, quant'io t'amo Addio.
(Corre in giardino.)
SCENA VII
(Alfredo, poi Giuseppe, indi un Commissario a tempo.)
ALFREDO
Ah, vive sol quel core all'amor mio!
(Siede, prende a caso un libro, legge alquanto,
quindi si alza guarda l'ora sull'orologio
sovrapposto al camino.)
E' tardi: ed oggi forse
Piu' non verra' mio padre.
GIUSEPPE
(entrando frettoloso)
La signora e' partita
L'attendeva un calesse, e sulla via
Gia' corre di Parigi Annina pure
Prima di lei spariva.
ALFREDO
Il so, ti calma.
GIUSEPPE
(Che vuol dir cio'?
(Parte.)
ALFREDO
Va forse d'ogni avere
Ad affrettar la perdita Ma Annina
Lo impedira'.
(Si vede il padre attraversare in lontananza il giardino.)
Qualcuno e' nel giardino!
Chi e' la'?
(per uscire)
COMMISSARIO
(alla porta)
Il signor Germont?
ALFREDO
Son io.
COMMISSARIO
Una dama
Da un cocchio, per voi, di qua non lunge,
Mi diede questo scritto
(Da' una lettera ad Alfredo, ne riceve qualche moneta e parte.)
SCENA VIII
(Alfredo, poi Germont ch'entra in giardino.)
ALFREDO
Di Violetta! Perche' son io commosso!
A raggiungerla forse ella m'invita
Io tremo! Oh ciel! Coraggio!
(Apre e legge.)
"Alfredo, al giungervi di questo foglio"
(come fulminato grida)
Ah!
(Volgendosi si trova a fronte del padre,
nelle cui braccia si abbandona esclamando:)
Padre mio!
GERMONT
Mio figlio!
Oh, quanto soffri! tergi, ah, tergi il pianto
Ritorna di tuo padre orgoglio e vanto
ALFREDO
(Disperato, siede presso il tavolino col volto tra le mani.)
GERMONT
Di Provenza il mar, il suol - chi dal cor ti cancello?
Al natio fulgente sol - qual destino ti furo'?
Oh, rammenta pur nel duol - ch'ivi gioia a te brillo';
E che pace cola' sol - su te splendere ancor puo'.
Dio mi guido'!
Ah! il tuo vecchio genitor - tu non sai quanto soffri'
Te lontano, di squallor il suo tetto si copri'
Ma se alfin ti trovo ancor, - se in me speme
non falli',
Se la voce dell'onor - in te appien non ammuti',
Dio m'esaudi'!
(abbracciandolo)
Ne' rispondi d'un padre all'affetto?
ALFREDO
Mille serpi divoranmi il petto
(respingendo il padre)
Mi lasciate.
GERMONT
Lasciarti!
ALFREDO
(risoluto)
(Oh vendetta!)
GERMONT
Non piu' indugi; partiamo t'affretta
ALFREDO
(Ah, fu Douphol!)
GERMONT
M'ascolti tu?
ALFREDO
No.
GERMONT
Dunque invano trovato t'avro'!
No, non udrai rimproveri;
Copriam d'oblio il passato;
L'amor che m'ha guidato,
Sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
Con me rivedi ancora:
A chi peno' finora
Tal gioia non negar.
Un padre ed una suora
T'affretta a consolar.
ALFREDO
(Scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola,
vede la lettera di Flora, esclama:)
Ah! ell'e' alla festa! volisi
L'offesa a vendicar.
(Fugge precipitoso.)
GERMONT
Che dici? Ah, ferma!
(Lo insegue.)
SCENA IX
Galleria nel palazzo di Flora, riccamente addobbata ed illuminata.
Una porta nel fondo e due laterali.
A destra, piu' avanti, un tavoliere con quanto occorre pel giuoco;
a sinistra, ricco tavolino con fiori e rinfreschi, varie sedie e un
divano.
(Flora, il Marchese, il Dottore ed altri invitati
entrano dalla sinistra discorrendo fra loro.)
FLORA
Avrem lieta di maschere la notte:
N'e' duce il viscontino
Violetta ed Alfredo anco invitai.
MARCHESE
La novita' ignorate?
Violetta e Germont sono disgiunti.
DOTTORE E FLORA
Fia vero?
MARCHESE
Ella verra' qui col barone.
DOTTORE
Li vidi ieri ancor parean felici.
(S'ode rumore a destra.)
FLORA
Silenzio udite?
TUTTI
(Vanno verso la destra.)
Giungono gli amici.
SCENA X
(Detti, e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla
destra.)
ZINGARE
Noi siamo zingarelle
Venute da lontano;
D'ognuno sulla mano
Leggiamo l'avvenir.
Se consultiam le stelle
Null'avvi a noi d'oscuro,
E i casi del futuro
Possiamo altrui predir.
I.
Vediamo! Voi, signora,
(Prendono la mano di Flora e l'osservano.)
Rivali alquante avete.
(Fanno lo stesso al Marchese.)
II.
Marchese, voi non siete
Model di fedelta'.
FLORA
(al Marchese)
Fate il galante ancora?
Ben, vo' me la paghiate
MARCHESE
(a Flora)
Che dianci vi pensate?
L'accusa e' falsita'.
FLORA
La volpe lascia il pelo,
Non abbandona il vizio
Marchese mio, giudizio
O vi faro' pentir.
TUTTI
Su via, si stenda un velo
Sui fatti del passato;
Gia' quel ch'e' stato e' stato,
Badate/Badiamo all'avvenir.
(Flora ed il Marchese si stringono la mano.)
SCENA XI
(Detti, Gastone ed altri mascherati da Mattadori,
Piccadori spagnuoli, ch'entrano vivamente dalla destra.)
GASTONE E MATTADORI
Di Madride noi siam mattadori,
Siamo i prodi del circo de' tori,
Teste' giunti a godere del chiasso
Che a Parigi si fa pel bue grasso;
E una storia, se udire vorrete,
Quali amanti noi siamo saprete.
GLI ALTRI
Si', si', bravi: narrate, narrate:
Con piacere l'udremo
GASTONE E MATTADORI
Ascoltate.
E' Piquillo un bel gagliardo
Biscaglino mattador:
Forte il braccio, fiero il guardo,
Delle giostre egli e' signor.
D'andalusa giovinetta
Follemente innamoro';
Ma la bella ritrosetta
Cosi' al giovane parlo':
Cinque tori in un sol giorno
Vo' vederti ad atterrar;
E, se vinci, al tuo ritorno
Mano e cor ti vo' donar.
Si', gli disse, e il mattadore,
Alle giostre mosse il pie';
Cinque tori, vincitore
Sull'arena egli stende'.
GLI ALTRI
Bravo, bravo il mattadore,
Ben gagliardo si mostro'
Se alla giovane l'amore
In tal guisa egli provo'.
GASTONE E MATTADORI
Poi, tra plausi, ritornato
Alla bella del suo cor,
Colse il premio desiato
Tra le braccia dell'amor.
GLI ALTRI
Con tai prove i mattadori
San le belle conquistar!
GASTONE E MATTADORI
Ma qui son piu' miti i cori;
A noi basta folleggiar
TUTTI
Si', si', allegri Or pria tentiamo
Della sorte il vario umor;
La palestra dischiudiamo
Agli audaci giuocator.
(Gli uomini si tolgono la maschera,
chi passeggia e chi si accinge a giuocare.)
SCENA XII
(Detti ed Alfredo, quindi Violetta col Barone. Un servo a tempo.)
TUTTI
Alfredo! Voi!
ALFREDO
Si', amici
FLORA
Violetta?
ALFREDO
Non ne so.
TUTTI
Ben disinvolto! Bravo!
Or via, giuocar si puo'.
GASTONE
(Si pone a tagliare, Alfredo ed altri puntano.)
VIOLETTA
(Entra al braccio del Barone.)
FLORA
(andandole incontro)
Qui desiata giungi.
VIOLETTA
Cessi al cortese invito.
FLORA
Grata vi son, barone, d'averlo pur gradito.
BARONE
(piano a Violetta)
(Germont e' qui! il vedete!)
VIOLETTA
(Ciel! gli e' vero). Il vedo.
BARONE
(cupo)
Da voi non un sol detto si volga
A questo Alfredo.
VIOLETTA
(Ah, perche' venni, incauta!
Pieta' di me, gran Dio!)
FLORA
(a Violetta, facendola sedere presso di se' sul divano)
Meco t'assidi: narrami quai novita' vegg'io?
(Il Dottore si avvicina ad esse, che sommessamente conversano.
Il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia,
Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano.)
ALFREDO
Un quattro!
GASTONE
Ancora hai vinto.
ALFREDO
(Punta e vince)
Sfortuna nell'amore
Vale fortuna al giuoco!
TUTTI
E' sempre vincitorel
ALFREDO
Oh, vincero' stasera; e l'oro guadagnato
Poscia a goder tra' campi ritornero' beato.
FLORA
Solo?
ALFREDO
No, no, con tale che vi fu meco ancor,
Poi mi sfuggi'a
VIOLETTA
(Mio Dio!)
GASTONE
(ad Alfredo, indicando Violetta)
(Pieta' di lei!)
BARONE
(ad Alfredo, con mal frenata ira)
Signor!
VIOLETTA
(al Barone)
(Frenatevi, o vi lascio.)
ALFREDO
(disinvolto)
Barone, m'appellaste?
BARONE
Siete in si' gran fortuna,
Che al giuoco mi tentaste.
ALFREDO
(ironico)
Si'? la disfida accetto
VIOLETTA
(Che fia? morir mi sento.)
BARONE
(puntando)
Cento luigi a destra.
ALFREDO
(puntando)
Ed alla manca cento.
GASTONE
Un asse un fante hai vinto!
BARONE
Il doppio?
ALFREDO
Il doppio sia.
GASTONE
(tagliando)
Un quattro, un sette.
TUTTI
Ancora!
ALFREDO
Pur la vittoria e' mia!
CORO
Bravo davver! la sorte e' tutta per Alfredo!
FLORA
Del villeggiar la spesa fara' il baron,
Gia' il vedo.
ALFREDO
(al Barone)
Seguite pur.
SERVO
La cena e' pronta.
CORO
(avviandosi)
Andiamo.
ALFREDO
Se continuar v'aggrada
(tra loro a parte)
BARONE
Per ora nol possiamo:
Piu' tardi la rivincita.
ALFREDO
Al gioco che vorrete.
BARONE
Seguiam gli amici; poscia
ALFREDO
Saro' qual bramerete.
(Tutti entrano nella porta di mezzo:
la scena rimane un istante vuota.)
SCENA XIII
(Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo.)
VIOLETTA
Invitato a qui seguirmi,
Verra' desso? vorra' udirmi?
Ei verra', che' l'odio atroce
Puote in lui piu' di mia voce
ALFREDO
Mi chiamaste? che bramate?
VIOLETTA
Questi luoghi abbandonate
Un periglio vi sovrasta
ALFREDO
Ah, comprendo! Basta, basta
E si' vile mi credete?
VIOLETTA
Ah no, mai
ALFREDO
Ma che temete?. .
VIOLETTA
Temo sempre del Barone
ALFREDO
E' tra noi mortal quistione
S'ei cadra' per mano mia
Un sol colpo vi torri'a
Coll'amante il protettore
V'atterrisce tal sciagura?
VIOLETTA
Ma s'ei fosse l'uccisore?
Ecco l'unica sventura
Ch'io pavento a me fatale!
ALFREDO
La mia morte! Che ven cale?
VIOLETTA
Deh, partite, e sull'istante.
ALFREDO
Partiro', ma giura innante
Che dovunque seguirai
I miei passi
VIOLETTA
Ah, no, giammai.
ALFREDO
No! giammai!
VIOLETTA
Va', sciagurato.
Scorda un nome ch'e' infamato.
Va mi lascia sul momento
Di fuggirti un giuramento
Sacro io feci
ALFREDO
E chi potea?
VIOLETTA
Chi diritto pien ne avea.
ALFREDO
Fu Douphol?
VIOLETTA
(con supremo sforzo)
Si'.
ALFREDO
Dunque l'ami?
VIOLETTA
Ebben l'amo
ALFREDO
(Corre furente alla porta e grida )
Or tutti a me.
SCENA XIV
(Detti, e tutti i precedenti che confusamente ritornano.)
TUTTI
Ne appellaste? Che volete?
ALFREDO
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Questa donna conoscete?
TUTTI
Chi? Violetta?
ALFREDO
Che facesse
Non sapete?
VIOLETTA
Ah, taci
TUTTI
No.
ALFREDO
Ogni suo aver tal femmina
Per amor mio sperdea
Io cieco, vile, misero,
Tutto accettar potea,
Ma e' tempo ancora! tergermi
Da tanta macchia bramo
Qui testimoni vi chiamo
Che qui pagata io l'ho.
(Getta con furente sprezzo una borsa ai piedi di Vloletta,
che sviene tra le braccia di Flora e del Dottore.
In tal momento entra il padre.)
SCENA XV
(Detti, ed il Signor Germont, ch'entra all'ultime parole.)
TUTTI
Oh, infamia orribile
Tu commettesti!
Un cor sensibile
Cosi' uccidesti!
Di donne ignobile
Insultator,
Di qui allontanati,
Ne desti orror.
GERMONT
(con dignitoso fuoco)
Di sprezzo degno se stesso rende
Chi pur nell'ira la donna offende.
Dove'e' mio figlio? piu' non lo vedo:
In te piu' Alfredo - trovar non so.
(Io sol fra tanti so qual virtude
Di quella misera il sen racchiude
Io so che l'ama, che gli e' fedele,
Eppur, crudele, - tacer dovro'!)
ALFREDO
(da se')
(Ah si' che feci! ne sento orrore.
Gelosa smania, deluso amore
Mi strazia l'alma piu' non ragiono.
Da lei perdono - piu' non avro'.
Volea fuggirla non ho potuto!
Dall'ira spinto son qui venuto!
Or che lo sdegno ho disfogato,
Me sciagurato! - rimorso n'ho.
VIOLETTA
(riavendosi)
Alfredo, Alfredo, di questo core
Non puoi comprendere tutto l'amore;
Tu non conosci che fino a prezzo
Del tuo disprezzo - provato io l'ho!
Ma verra' giorno in che il saprai
Com'io t'amassi confesserai
Dio dai rimorsi ti salvi allora;
Io spenta ancora - pur t'amero'.
BARONE
(piano ad Alfredo)
A questa donna l'atroce insulto
Qui tutti offese, ma non inulto
Fia tanto oltraggio - provar vi voglio
Che tanto orgolio - fiaccar sapro'.
TUTTI
Ah, quanto peni! Ma pur fa core
Qui soffre ognuno del tuo dolore;
Fra cari amici qui sei soltanto;
Rasciuga il pianto - che t'inondo'.
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