Un giorno di regno

Grandate - Sala della
Società Artsana s.p.a.

Domenica 3 luglio 2011 ore 21:00

Organizzato da Assessorato alla Cultura Comune di Grandate
Un giorno di regno

Melodramma giocoso in due atti
Musica di Giuseppe Verdi
Su libretto di Felice Romani e Temistocle Solera
In Memoria di
Alfredo Leonetto Ottolenghi
 

Il Cavalier Belfiore: Gianluca Alfano
Il Barone di Kelbar: Giampaolo Vessella
La Marchesa Del Poggio: Ilaria Taroni
Giulietta di Kelbar: Halla Margret Arnadottir
Edoardo di Sanval: Fabio Buonocore
Il tesoriere La Rocca: Paolo Capelli
Il Conte Ivrea: Gianluca Panella
Delmonte :Ottavio Aondio
Orchestra dell'Associazione Culturale Filarmonia
diretta dal M°Pierangelo Gelmini
Coro Lirico Calauce
Regia: Luigi Monti
Scenografia: Giada Abiendi
Trucco: Jali Jalisco Pineda
Ingresso Gratuito

Primi interpreti
Milano, Teatro alla Scala, 5 settembre 1840
Belfiore: Raffaele Ferlotti; Baron Kelbar: Raffaele Scalese; la Marchesa del Poggio: Antonietta Rainieri-Marini; Giulietta: Luigia Abbadia; Edoardo di Sanval: Lorenzo Salvi; La Rocca: Agostino Rovere

Trama
Stanislao, re di Polonia, deve occultarsi ai suoi nemici. Dà quindi l'incarico al cavaliere di Belfiore di sostituirsi a lui. Il cavaliere simula il suo nuovo ruolo anche con la sua ex amante, la marchesa del Poggio, che fortunatamente non lo riconosce. Egli è poi costretto ad intervenire in tutta una serie di intrecci amorosi che si svolgono nella corte ed hanno come protagonisti i cortigiani stessi e gli ospiti del castello.
Giunge finalmente la notizia che il re è in salvo e che ha premiato il cavaliere di Belfiore nominandolo maresciallo. Belfiore quindi rivela la sua vera identità e sposa la marchesa del Poggio.
 
Altro
Dopo il successo della prima opera di Verdi Oberto conte di San Bonifacio, l’impresario della Scala Merelli gli commissiona la partitura per un’opera buffa il cui libretto era da scegliere tra quelli già approntati da Felice Romani. La scelta del Maestro ricade su un libretto già scritto nel 1818 per un altro compositore, dal titolo Il finto Stanislao, che verrà poi cambiato in Un giorno di regno. Il 1840 segna per Verdi l’inizio di una nuova carriera in collaborazione col teatro milanese, ma anche l’inizio di un periodo di disagi, sofferenze e lutti: s’ammala d’angina, ha difficoltà economiche tanto che la moglie Margherita Barezzi deve impegnare i suoi preziosi per pagare l’affitto della casa, dato che gli aiuti del padre di quest’ultima tardavano ad arrivare, Margherita muore improvvisamente in giugno per encefalite. Distrutto dal dolore chiede la rottura del contratto per Un giorno di regno, ma non gli viene concessa e Verdi si vede costretto a comporre un’opera buffa che non s’intonava certo al suo stato d’animo. La prima ha luogo al Teatro alla Scala di Milano il 5 settembre, ma non riscuote successo.


Seguono immagini della serata:
Atto I -- Atto II



 

Un giorno di regno, ossia, Il finto Stanislao
Melodramma giocoso in due atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Felice Romani
Tratto da Le faux Stanislas di A.V. Pineau-Duval 
Prima: Milano, Teatro alla Scala, 5 settembre 1840

Primi interpreti  Trama   Altro
Il Cavaliere di Belfiore, sotto il nome di Stanislao re di Polonia, Baritono
Il Barone di Kelbar, Buffo
La Marchesa del Poggio, giovane vedova, nipote del Barone ed amante del Cavaliere, Soprano
Giulietta di Kelbar, figlia del Barone ed amante di Edoardo di Sanval, Mezzosoprano
Edoardo di Sanval, giovane ufficiale, Tenore
Il Signor La Rocca, tesoriere degli Stati di Bretagna, zio di Edoardo, Buffo
Il Conte Ivrea, comandante di Brest, Tenore
Delmonte, scudiere del finto Stanislao, Basso
Cori e Comparse, Camerieri, cameriere, Vassalli del Barone

La scena è nella vicinanza di Brest nel Castello di Kelbar.

È noto come il giovane Stanislao, re di Polonia, fosse vicino a perdere il trono e la vita; nel momento del maggior pericolo un generoso cavaliere rappresentò le parti del Monarca, il quale, (allontanati in questo modo gli sguardi de' suoi nemici) riuscì a giunger salvo in Varsavia, ove trovò difensori, e la Dieta in suo favore. Su questo semplice fatto venne ordito il presente Melodramma.


Atto Primo
Scena I

Galleria. 

Camerieri e vassalli del Barone.

CORO:
Mai non rise un più bel dì
Per la Casa di Kelbar.
Un sovrano alloggia qui,
Due sponsali s'han da far . . .
Quante feste, quanti onori! . . .
Quante manace ai servitori! . . .
Che banchetti sontuosi . . .
Che festini strepitosi! . . .
Più bel dì non può brillar
Per la Casa di Kelbar.
 


(Entrano il Barone ed il Tesoriere)


BARONE:
Tesoriere garbatissimo,
Una perla or tocca a voi:
Ella è un ramo preziosissimo
D'un grand'albero d'eroi;
E son certo, a voi sposandola,
Che non abbia a tralignar.

TESORIERE:
Sì, Baron; felice e prospero
Sarà sempre illustri ed incliti
Ne vedrete uscir ben presto,
Che le nostre due famiglie
Faran chiare in terra e in mar.

BARONE:
Bravo genero!

TESORIERE:
Gran suocero!

BARONE:
Io mi sento a consolar.

BARONE e TESORIERE:
Per sì fausto matrimonio
Già ciascun le ciglia inarca:
Esso avrà per testimonio
Di Polonia il buon monarca. 

CORO:
Quante feste, quanti onori! ecc.

BARONE e TESORIERE:
E in dorata cartapecora
Noi l'abbiamo da segnar.

 


Atto Primo
Scena II

Delmonte e Detti, indi il Cavaliere

DELMONTE:
Sua Maestà, signori,
È alzata, e qui s'invia;
Ei salutar desia
Il nostro albergator.

CORO:
Di così nobil ospite,
Risuoni il nome intorno;
Quest'umil soggiorno
Ottien da lui splendor.


(Entra il Cavaliere)

CAVALIERE:
Non fate cerimonie,
Signori, io vi ringrazio:
Dell'etichetta solita
Sono annoiato e sazio.
Del vostro accoglimento,
Barone, io son contento! . . .
Oggi alla Corte scrivo . . .
Di voi le parlerò.
Ah, se in Polonia arrivo
Quel che ho da far saprò!

BARONE:
Sire, che dite mai?
Io son premiato assai.

TUTTI:
Sì prezïosa visita
Assai ci compensò.

CAVALIERE: (da sè)
(Compagnoni di Parigi,
Che sì matto mi tenete,
Qua venite e decidete
Se v'è un saggio al par di me.
L'ufficial più dissipato
Dell'intero reggimento
Prese l'aria in un momento
Di filosofo e di re)
(forte)
Fincè con voi soggiorno,
Signori, io vel ridico,
Come privato e amico
M'avete da trattar. 
Verrà pur troppo il giorno
De' miei pensier più gravi;
Pur troppo in me degli avi
Lo scettro ha da pesar.

GLI ALTRI:
Sire, a voi siamo intorno
Pieni di meraviglia:
In quell'auguste ciglia
L'anima bella appar.

BARONE:
Al doppio matrimonio
Che nel castello si farà domani
Assisterete, o Sire?

CAVALIERE:
E le spose chi sono?

BARONE:
Una è mia figlia
Col Tesoriere . . . mia nipote è l'altra.
La Marchesa del Poggio . . .

CAVALIERE:
Ella . . . (Che ascolto!)

BARONE:
La conoscete voi?

CAVALIERE:
Di fama . . . e molto! . . .
Or vi prego lasciarmi in libertà.

BARONE:
Leviamo il tedio a Vostra Maestà!

(Parte col Tesoriere ed il Coro)


Atto Primo
Scena III

Cavaliere indi Edoardo

CAVALIERE:
Non c'è tempo da perdere . . . Scriviamo
Immantinente a Corte . . . Io son scoperto
Se giunge la Marchesa.
(Scrive)
"La meditata impresa
È forse riuscita, ed a quest'ora
Il vero Stanislao, giunto in Varsavia,
Del favor della Dieta è già sicuro.
Altezza, io vi scongiuro
Di balzarmi dal trono sull'istante;
Se ancor regnassi perderei l'amante."


(Entra Edoardo)

EDOARDO:
Sire, tremante io vengo
Al vostro regio piede!

CAVALIERE:
Ebben? . . . l'amante
Voi siete della figlia del Barone,
E v'è rival lo zio . . . Che far poss'io,
Buon giovane, per voi?

EDOARDO:
Conceder solo
Ch'io vi segua in Polonia! Ah! Permettete
Ch'io v'accompagni ove l'onor m'invita,
E per voi spenda quest'inutil vita.
Proverò che degno io sono
Del favor che vi domando;
Proverò per voi pugnando
Che un ingrato non sarò.

CAVALIERE:
O guerrier, la patria, il trono
Vi daranno eterna lode;
In tal guisa un'alma prode
Sempre il fato disprezzò.

EDOARDO:
Dunque, o Sire, concedete
Di far pago il voto mio?

CAVALIERE:
Sì, al mio fianco pugnerete,
Se giammai pugnar degg'io.

EDOARDO: (prostrandosì)
Ah! La mia riconoscenza!

CAVALIERE: (alzandolo)
No, amicizia e confidenza,
Mio scurdiere infin d'adesso
State sempre a me d'appresso.

EDOARDO:
Come! (Oh gioia!) E qui dovrei
Alloggiar, veder colei?

CAVALIERE:
Perchè no? Ci vuol coraggio,
Vi dovete rassegnar.

EDOARDO:
Maestà, non ho linguaggio
Per potervi ringraziar.
Ricompensi amica sorte
Sì magnaimo sovrano,
E confonda e renda vano
De' nemici il congiurar.
 

CAVALIERE:
(Quando in fumo andrà la corte
Non avrà ricorso invano;
Per burlar quel vecchio insano
Anche un dì saprò regnar)

EDOARDO:
Infiammato da spirto guerriero
Scorrerò della gloria il sentiero:
Me vedrete contento per voi
I perigli di morte sfidar.

CAVALIERE:
Sì! . . . vicino, mio giovin guerriero,
Mi sarete nell'aspro sentiero!
Le ghirlande serbate agli eroi
Fòra bello alle chiome intrecciar.
(Partono)


Atto Primo
Scena IV

La Marchesa entra cautamente e guarda al Cavaliere che parte

MARCHESA:
Ah, non m'hanno ingannata! . . . È desso! . . .è desso!
Inosservata io giunsi, e qui l'arcano
Squarciar saprò. La mano
Fingasi dare al vecchio comandante . . .
Vedrem se allora si scoprirà l'amante

Grave a core innamorato
È frenar l'ardente affetto!
Mal sì puote in caldo petto
Vero palpito celar.
All'amore che m'ha guidato
Perdonar saprà lo zio;
È impossibile al cor mio
Per un altro sospirar.

Se dee cader la vedova
Non cada in peggio imbroglio;
Io sprezzo il fasto inutile,
Viver non so d'orgoglio;

Io cerco sol amore,
Amore e gioventù;
Ma s'è infedel Belfiore,
Amar non vo' mai più.


Atto Primo
Scena V

Giardino. Contadine e cameriere recano frutti e fiori. Giulietta è seduta mestamente sovra un sedile.

CORO:
Sì festevola mattina
È di gaudio ad ogni cor.
Aggradite, o signorina,
Queste frutta; e questi fior.
O mortale avventurato
Cui fra poco si darà
Questo giglio immacolato,
Questo incanto di beltà.

GIULIETTA: (alzandosì)
Care fanciulle, è grato
Al core il vostro affetto!
(Non san quant'io nel petto
Soffra mortal dolor!
Vieni, Edoardo amato,
O morirò d'amor!)

CORO:
Perchè nel volto angelico
Sta nube di dolor?
 

GIULIETTA:
Stupite a tal mestizia?
Amiche, io v'apro il cor.
Non vo' quel vecchio, non son sì sciocca;
Ben altro palpito il cor mi tocca;
Un vago giovine io vo'sposar.
Oh, venga subito sì bel momento!
E ai primi gaudi ritorna amor.

CORO:
Il ciel vi liberi d'ogni tormento,
E torni in gaudio tanto penar.
(Le cameiere e contadine partono)
 


Atto Primo
Scena VI

Il Barone, il Tesoriere e la Detta

BARONE:
Ebben, Giulietta mia,
Quand'hai da presentarti ad un sovarno,
E il tuo sposo è vicino,
Ti par tempo d'asconderti in giardino?

GIULIETTA:
Papà, voi lo sapete:
Sono inclinata alla malinconia.

TESORIERE:
Via, bricconcella, via;
Sappiam da che proviene la tristezza
Di una bella ragazza innocentina;
Ma sarete più gaia domattina.

Atto Primo
Scena VII

Il Cavaliere, Edoardo, e detti

CAVALIERE:
Avanti, avanti, io stesso
Vi presento allo zio.

TESORIERE:
(Chi vedo mai?)

GIULIETTA:
(Edoardo! Oh piacere!)

CAVALIERE:
Io volli, o Tesoriere,
Una grata sorpresa preparavi,
Presentandovi io stesso nel nipote
Il mio primo scudiero.

TESORIERE:
Sire . . . vostro scudier! . . . Nipote, è vero?

EDOARDO:
Signore, il Re si degna
D'accordarmi un favor così distinto.

CAVALIERE:
Dovunque io lo ritrovo amo il talento.
Simpatia per voi due . . .
(al Barone ed al Tesoriere)
Tanto vi stimo
Che consultar vi bramo intorno a cosa
Che vuol discussion molto analitica,
Voi molto esperto in guerra, egli in politica.


BARONE:
Sire, vostra bontà . . .

TESORIERE:
Non fo per dire,
Ma in certi affari, o sire,
Ho tatto molto fino.

CAVALIERE: (ad Edoardo)
In quanto a voi,
State in disparte; ancor non siete in grado
Di penetrar segreti d'importanza.
Tenete compagnia
Alla futura zia.

TESORIERE: (di mal umore)
(Vicino a lei,
Cospetto, io non vorrei . .)

CAVALIERE:
Voi qua sedete.

(Li fa sedere su di un banco in modo che volgano le spalle a Giulietta)

Osservate la carta e decidete.

(Mentre il Cavaliere spiega una carta topografica, glia altri due stanno intenti ad osservarla. Edoardo e Giulietta parlano fra di loro. Il Cavaliere di tanto in tanto sorride dell'imbarazzo del Tesoriere)

EDOARDO:
Cara Giulia, alfin ti vedo!
Di parlarti è a me concesso!

GIULIETTA:
Dolce amico, appena il credo
Del mio giubilo all'eccesso.

BARONE:
Maestà, la posizione
È difesa dal cannone.

CAVALIERE: (osservando gli amanti)
Baron mio, per quanto miro
Il nemico è fuor di tiro. 

GIULIETTA: (ad Edoardo)
Spero assai da mia cugnia.

TESORIERE:
(Ahi! Che troppo si avvicina)

CAVALIERE:
Tesorier, voi non badate.

TESORIERE:
Bado, sì, non dubiate.

EDOARDO: (a Giulietta)
Tu mi colmi di speranza.

TESORIERE: (come sopra, smaniando)
(Traditor! . . . come sì avanza!)

CAVALIERE: (obbligandolo ad osservare la carta)
Ma cospetto, attento bene.

TESORIERE:
Vedo, e sento, Maestà.

BARONE: (sempre interno alla carta)
Il nemico sopravviene . . .

TESORIERE: (per correre a Edoardo)
(E sugli occhi ce la fa) 

CAVALIERE e BARONE:
No, cospetto, in questo lato
Può spuntar l'artiglieria;
Il nemico è bersagliato
Da quest'altra batteria:
Sbigottito in pochi istanti
Alla fuga sì darà.

TESORIERE:
Sire, è ver . . . (Com'è infocato!)
Molto può l'artiglieria . . .
(Ah! Nipote scellerato!)
Non vedea la batteria . . .
(Il briccon va sempre avanti . . .
Dell'ardir sì pentirà)

GIULIETTA ed EDOARDO:
Questo bene inaspettato
Tanto a noi conteso pria,
Rassicura il cor turbato,
Rende lieta l'alma mia;
E la fin dei nostri pianti,
Idol mio, sperar mi fa.

(Il Cavaliere si alza, gli amanti si dividono)

CAVALIERE:
Basta per or: l'impresa
Meglio studiar conviene.

TESORIERE:
(Respiro)
 


Un servo, indi la Marchesa e Detti

SERVO:
La Marchesa
In questo punto viene.

GIULIETTA e BARONE:
Sì corra ad incontrarla.

CAVALIERE:
(Ahimè, vorrei schivarla!)

GIULIETTA:
Eccola: è già vicina.

CAVALIERE:
(Non posso più scappar)

(Entra la Marchesa. Il Barone e Giulietta corrono ad abbracciarla; Il Tesoriere ed Edoardo gentilmente la salutano. Il Cavaliere procura di stare in disparte, e di nascondere il suo imbrazzo)

BARONE:
Nipote!

MARCHESA:
Zio! Cugina!
Lasciatevi abbracciar.
(al Barone)
Mio signor, voi lo vedete
S'io son donna di parola.
(Mia Giulietta, per te sola
Così presto io venni qua)

BARONE:
Zitto, zitto, chiacchierona:
Di Polonia al Re ti prostra.

MARCHESA:
Come! Il Re!

BARONE:
Il Re in persona . . .

GIULIETTA:
Alloggiato in casa nostra.

MARCHESA: (verso il Cavaliere chi si trattiene col Tesoriere e con Edoardo, fingendo indefferenza)
La mancanza involontaria
Perdonate, o Maestà.
Non credea d'aver presente
Così illustre personaggio.

CAVALIERE:
(Su, corragio). Non è niente.

MARCHESA:
(Cielo! è inganno o verità?
Pur dell'amante
Quello è l'aspetto!
Come nel petto
Mi batte il cor!
Forse l'immagine
Dell'incostante
In tutto pingere
Gode l'amor)

GIULIETTA, EDOARDO, BARONE e TESORIERE:
(Io non comprendo
Il suo stupor)

CAVALIERE:
(Io ben comprendo
Il suo stupor) 
Madamine, il mio scudiere
Compagna vi può tenere.
Ho bisogno, miei signori,
Della vostra abilità.
(Se alla meglio n'esco fuori
È un prodigo in verità)

MARCHESA:
(Agli accenti, alle maniere
È il briccon di Cavaliere;
Ma mio zio qual re l'onora,
Ei da re parlando va.
Contenermi io vo' per ora,
Poi vedrò quel che sarà)

GIULIETTA ed EDOARDO:
(Il buon Re, senza volere,
Ci procura un gran piacere;
In tal guisa i nostri amori
Favorisce e non lo sa.
Senza questi seccatori
Paleremo in libertà)

BARONE e TESORIERE:
D'un sovrano consigliere!
Qual favore! . . . qual piacere! . . .
Ci sorprende, ci confonde
Tanto eccesso di bontà . . .
(Ah! Noi siam due teste tonde,
E gran prova il Re ne dà)

(Il Cavaliere parte col Barone e Tesoriere)


Atto Primo
Scena VIII

La Marchesa, Giulietta ed Edoardo

I due amanti vanno sollecitamente intorno alla Marchesa. Ella passeggia su e giù sopra pensieri

GIULIETTA:
In te, cugina, io spero.

EDOARDO:
Il mio destino
Ripongo in vostra mano.

GIULIETTA:
Ma rispondi una volta!

MARCHESA: (scuotendosi)
Piano, piano!!
Cugina, veramente
È quegli Stanislao?

GIULIETTA:
Bella domanda!
Ma pensa un poco a me . . .

MARCHESA: (sbadatemente)
Ci ho già pensato!

GIULIETTA:
Ah! Davvero? Fa dunque
Ch'io sappia il tuo pensiere.

MARCHESA:
(Ingrato Cavaliere!
Quel che soffro non sai)

EDOARDO:
Pronto son io.
A regolarmi come voi bramate.

GIULIETTA:
Ma rispondi, crudel.

MARCHESA:
Eh! Mi seccate.

(Breve silenzio. La Marchesa segue a parlar fra sè, i due amanti si guardan mortificati)

GIULIETTA ed EDOARDO:
(Bella speranza invero.
Un bel sostegno abbiamo. 
Caro (Cara), perduti siamo:
Anch'essa a noi mancò)

MARCHESA:
(Non so che cosa io spero,
Non posso dir che bramo:
So che tuttora io l'amo,
E ch'egli m'ingannò)

EDOARDO:
Perdono se abusai
Della pazienza vostra.

GIULIETTA:
Che amor per me non hai
Il tuo trattar dimostra.
(per partire)

MARCHESA: (ricomponendosi e fermandoli)
Fermatevi . . . scusate . . .
Voi mi mortificate;
Ho cosa per la testa
Che alquanto mi molesta:
Ma quel che vi ho promesso,
Miei cari, eseguirò.

GIULIETTA: (contenta)
Ah! Ti conosco adesso.

EDOARDO:
Ah! Grato a voi sarò.

GIULIETTA:
Pensa che quel vecchione . . .

MARCHESA:
Sarà ben corbellato.

 

EDOARDO:
Se il padre suo s'oppone . . .

MARCHESA:
Sarà capacitato.
V'affidi appien l'intedere
Che anch'io conosco amor . . .

MARCHESA, GIULIETTA ed EDOARDO:
Noi siamo amanti e giovani,
Abbiamo spirto e core;
Se il fato è a noi contrarlo
È dalla nostra amor:
Col suo favor combattere
Sì può col fato ancor.

(Partono)


Atto Primo
Scena IX

Galleria come prima.

Il Cavaliere ed il Tesoriere

CAVALIERE:
Quanto diceste mostra un gran talento
Che dev'essere al mondo manifesto.

TESORIERE:
Sire, di mia natura io son modesto;
Ma in fatto di finanza
Ci pretendo davvero.

CAVALIERE:
Ah! Se non foste
Col Barone obbliagto, io vi direi . . .
Tesoriere, accettate il ministero,
La principessa Ineska, e insiem con essa
Un gran podere che renderavvi assai.
 


TESORIERE:
Ah Sire! Io corro subito
A liberarmi da qualunque impegno.

CAVALIERE:
Siamo intesi.
(Parte)


Atto Primo
Scena X

Il Tesoriere, indi il Barone

TESORIERE:
Ah, degg'io tutto all'ingegno!
Or dunque si qualche pretesto col Barone . . .
Chi sa s'ei voglia intender la ragione!
Oh! Cospetto . . . un sovrano . . .
La principessa Ineska . . . le finanze . . .
Son tutti impegni di tanta conseguenza,
Ch'ei dovrà finalmente aver pazienza.

BARONE (entrando con una carta in mano)
Diletto genero, a voi ne vengo;
Contento ed ilare io vi prevengo,
Che la minuta del matrimonio
Di mia man propria è stesa già
Allegro, o genero, leggete qua.

TESORIERE:
Baron degnissimo . . . (Ormai ci sono)
La vostra Giulia degna è d'un trono,
Ed io fatoso . . . d'esserle sposo
Sarei cotanto . . . che dir non so;
Ma d'un gran caso v'informerò.

BARONE:
Per or da parte lasciamo il caso:
Presto ponetevi gli occhiali al naso . . .
Ecco gli articoli del matrimonio:
"Io sottoscritto Gaspare Antonio" . . .
 


TESORIERE:
Barone, è inutile, lasciate star.

BARONE:
Certi amminicoli convien sapere . . .
La dote, eccetera . . . Il dare e avere,
Pria che la cedola s'abbia a firmar.

TESORIERE:
Io non la firmo . . .

BARONE:
Rider volete.

TESORIERE:
Parlo sul serio.

BARONE:
Eh! Via, prendete.

TESORIERE:
Non prendo niente

BARONE:
Che? Siete matto!

TESORIERE:
Barone, udetemi . . . Questo contratto . . .

BARONE:
Che sofferenza!

TESORIERE:
Non si può fare.

BARONE:
Per qual ragione?

TESORIERE:
Perché . . . perché . . .
(Eh! Via, sputiamola)

BARONE:
Sto ad ascoltare.

TESORIERE:
Il prender moglie disdice a me.

BARONE:
Che! La mia figlia voi ricusate?

TESORIERE:
Non la ricuso.

BARONE:
Dunque accettate!

TESORIERE:
Nemmeno questo.

BARONE:
Parlate presto.

TESORIERE:
Ministro e principe mi vuole il Re.

BARONE:
(Che sento? O nobili atavi miei!
Sì grave ingiuria soffrir dovrei?
Il sangue al cerebro montar mi sento,
Le man mi prudono . . . lo scanno qua)



TESORIERE:
Prole magnanima di semidei
Siete, o Barone, sì voi che lei;
Ma lo stranissimo avvenimento
Mi leva d'obbligo, scusar mi fa.

BARONE:
Tesorier! Io creder voglio
Che sia questo un qualche gioco:
(minaccioso)
Altrimenti! . . .

TESORIERE: (spaventato)
(Ahimè, che imbroglio!
Come polve ei prende fuoco!)

BARONE:
Rispondete, o giuro o Giove . . .

TESORIERE: (schivandolo)
Or non posso; ho impegni altrove.

BARONE: (fermandolo)
Alto là . . . fuori la spada.

TESORIERE:
Tornerò, convien ch'io vada.

BARONE:
Mancatore, disgraziato!
Uom villano, mal creato,
Qui con me ti devi battere
O dal sen ti strappo il cor.

(Lo insegue per afferarlo)

TESORIERE: (spaventato)
Ahi, ahi, ahi, soccorso! Aiuto!
Ah! Son morto.






Atto Primo
Scena XI

Giulietta, la Marchesa, Edoardo e servitori accorrono tutti da varie parti

TUTTI:
Qual rumor!
Che fu mai? Cos'è accaduto?
D'onde nasce un tal furor?

TESORIERE:
Ah! Nipote, io son perduto
Se non sei mio diffensor.

BARONE:
A' miei pari un vil rifiuto!
Vo'amazzarti, o traditor.

MARCHESA:
Ascoltate.

GIULIETTA:
Oh Dio! Che fate?

EDOARDO:
Dite almen cos'è successo.

BARONE:
Fremerete, se udirete
Del briccone il nero eccesso.
Ei mi manca di parola . . .
Ei rifiuta mia figliuola . . .
Ti rifiuta, mia Giulietta! . . .

GIULIETTA: (con gioia)
Non mi vuole?

BARONE:
No. Vendetta!

MARCHESA:
La vendetta più sicura
È sposarla addirittura
Ad un giovine ch'io so.

GIULIETTA:
Sì, papà, se lo approvate,
Il nipote prenderò.

EDOARDO:
Signor mio, non v'adirate,
Io lo sbaglio emenderò.

BARONE:
No . . . che vile a questo segno
De' Kelbar non è la schiatta:
Non accetto il cambio indegno;
Sangue io voglio . . . si combatta . . .

TUTTI:
Piano, piano . . .
 

Atto Primo
Scena XII

Il Cavaliere e Detti

CAVALIERE: (sulla porta)
Olà, fermatevi.

TUTTI:
Il sovrano!

CACALIERE: (con gravità)
Che si fa?

(Tutti restano mortificati. Intanto il Cavaliere si avanza lentamente osservandoli ad uno ad uno) 

BARONE:
(In qual punto il Re ci ha colto!
Io non oso alzar il volto.
Litigare dov'è un sovrano
È oltraggiar la maestà!)

TESORIERE:
(Or che il Re ci mette mano
Spero bene d'uscirne sano.
Per l'onor di sua finanza
Il Baron disarmerà)

MARCHESA:
(Quest'amica circostanza
Vi ricolmi di speranza.
Interporre il Re vedrassi
La sua regia autorità)

GIULIETTA ed EDOARDO:
(Quest'amica circostanza
Ci ricolma di speranza.
Interporre il Re vedrassi
La sua regia autorità)

CORO:
(In qual punto il Re ci ha colto,
Io non oso alzar il volto)

BARONE e CORO:
(Litigare dov'è un sovrano
È oltraggiar la maestà!)

CAVALIERE:
(Questa tiene gli occhi bassi . . .
Quei non osa far due passi.
Or capisco: Il Tesoriere
La disdetta dato avrà)

CAVALIERE:
Olà, spiegatemi tosto, o Barone;
Di questa disputa chi fu cagione.

BARONE:
Sire, un'ingiuria . . .

TESORIERE:
Sire, un affronto . . .

MARCHESA, GIULIETTA ed EDOARDO:
Sire, un diverbio di nessun conto . . .

BARONE:
Una ripulsa . . .

TESORIERE:
Una minaccia . . .

BARONE:
Egli m'offende . . .

TESORIERE:
Mena le braccia.

MARCHESA, GIULIETTA ed EDOARDO:
Interponetevi! . . . Sire, impedite . . .

CAVALIERE: (con forza)
Zitti . . . calmatevi: voi mi stordite.
A mente fredda, ad uno ad uno
Le sue ragioni dirà ciascuno . . .

BARONE:
Sire, la gloria della mia schiatta . . .

TESORIERE:
Sire, la disputa è così fatta . . .

BARONE:
Voglio prontissima soddisfazione . . .

TESORIERE:
Vo' che il Barone . . .

CAVALIERE (sdegnosamente)
Tacete là.
Freno alla collera, di qua partite;
Chiunque attentasi rinnovar lite
Pria che l'origine sappia del male
L'ira reale incorrerà.

 

 

TUTTI GLI ALTRI:
Deh! Perdonateci, o Maestà.

TUTTI:
Affidate (affidiamo) alla mente reale
Il giudizio di questa questione,
Ella tronchi lo scandalo e il male,
Ella dica chi ha torto o ragione,
E componga cotanta discordia
Come vuole giustizia, equità.
Sveglierò (sveglierà) la primiera concordia,
Desterò (destrà) la primiera amistà.


 

Seguono immagini della serata:
Atto I -- Atto II
 
 
 


   
   
 

Servizio fotografico di Fabio Borsani
( e/o di Mario Mainino)

 

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