Piazza Verdi con il Castello e il Teatro Verdi
Il famoso monumento che ritrae il grande musicista.
Il teatro Verdi che ospita le rappresentazioni al chiuso
La grande platea e le gradinate montate per realizzare
questo teatro all'aperto.
Atto I. Nel Tirolo, prima metà del secolo XVII. SINFONIA
L'avvenimento ha luogo nel Tirolo, nella prima metà del
secolo XVII.
Luisa Miller ama Rodolfo ed è da lui riamata. Il giovane è
figlio del conte di Walter, che ha combinato per lui un altro matrimonio.
Rodolfo non intende però abbandonare Luisa e giunge a ricattare il padre: se non
potrà coronare il suo sogno d'amore, lo denuncerà di avere assassinato un cugino
per strappargli il titolo e le terre.
LAURA, CONTADINI:
Ti desta, Luisa, regina de' cori;
i monti già lambe un riso di luce:
d'un giorno sì lieto insiem con gli albori
qui dolce amistade a te ne conduce:
leggiadra è quest'alba sorgente in aprile,
ma come il tuo viso, leggiadra no, non è:
è pura, soave quest'aura gentile,
pur meno è soave, men pura è di te.
MILLER:
Figlia, ed amore, appena desto in te,
sì vive fiamme già spande!
Oh! mal non sia contanto amor locato!
Del novello signor qui giunto nella Corte
ignoto a tutti è questo Carlo.
Io temo!
LUISA:
Non temer:
più nobil spirto,
alma più calda
di virtù non mai vestì spoglia mortal.
M'amò, l'amai.
Lo vidi, e 'l primo palpito
il cor sentì d'amore;
mi vide appena, e il core
balzò del mio fedel.
Quaggiù si riconobbero
nostr'alme in rincontrarsi
formate per amarsi
Iddio le avea in ciel!
LAURA, CONTADINI:
(presentandole tutti, prima le donne, poi gli uomini, un mazzettino di fiori)
Luisa, un pegno ingenuo
dell'amistade accetra.
LUISA:
Grata è quest'alma,
o tenere compagne!
RODOLFO: Buon padre!
LAURA, CONTADINI:
Felici appieno vi rende amore.
LUISA, RODOLFO:
Appien felici? È vero!
A te dappresso il cuore
non vive che al piacer.
T'amo d'amor ch'esprimere
mal tenterebbe il detto!
Il gel di morte spegnere
non può sì ardente affetto;
ha i nostri cori un Dio
di nodo eterno avvinti,
e sulla terra estinti
noi ci ameremo in ciel!
LAURA, CONTADINI
Un'alma, un sol desio
ad ambo avvia il petto!
Mai non ssi vide affetto
più ardente, più fedel!
(Odesi la sacra squilla)
MILLER:
(Non so qual voce infausta
entro il mio cor favella . . .
Misero me, se vittima
d'un seduttor foss'ella!
Ah! non voler, buon Dio,
che a tal destin soccomba . . .
mi schiuderia la tomba
affanno sì crudel!)
WURM:
Io tutto udìa!
Furor di gelosia m'arde nel petto!
Amo tua figlia,
eppure, un anno volge,
io la sua man ti chiesi;
non dissentisti,
ed or che più fortuna
a me spira seconda,
or che il novello signor
più che l'estinto
m'è largo di favor,
tu la promessa
calpesti, ed osi!
MILLER:
Che dici mai?
Sacra la scelta è d'un consorte,
esser appieno libera deve;
nodo che sciorre sol può la morte
mal dalla forza legge riceve.
Non son tiranno, padre son io,
non si comanda de' figli al cor.
In terra un padre somiglia Iddio
per la bontade, non pel rigor.
MILLER:
Ei m'ha spezzato il cor!
(rimane silenzioso qualche momento, come oppresso dal dolore)
Ah! fu giusto il mio sospetto!
Ira e duol m'invade il petto!
D'ogni bene il ben più santo,
senza macchia io vo' l'onor.
D'una figlia il don solanto,
ciel mi festi, e pago io son,
ma la figlia, ma il tuo dono
serba intatto al genitor.
WALTER:
Ah! tutto m'aride,
tu, mio figlio, tu soltanto osi!
La tua felicità non sai quanto mi costi!
Oh! mai nol sappia, mai.
Il mio sangue, la vita darei
per vederlo felice, possente!
E a' miei voti, agli ordini miei
si opporrebbe quel cor sconoscente?
Di dolcezze l'affetto paterno
a quest'alma sorgente non è . . .
Pena atroce, supplizio d'inferno
Dio sdegnato l'ha reso per me.
WALTER:
Fra l'armi estinto quel guerrier canuto,
il nome ed il retaggio a lei ne resta,
a lei cui man d'amica
porge l'augusta donna
che preme il trono di Lamagna.
Il varco s'apre a te della corte!
RODOLFO:
O padre!
WALTER:
Incontro ad essa moviam,
quindi le nozze chiederne a te spetta.
RODOLFO:
E credi? e speri?
WALTER:
Obbedisci . . . Son leggi i miei voleri.
I COMPAGNI DELLA DUCHESSA:
Quale un sorriso d'amica sorte,
gentil, venite, fra queste porte.
È senz'orgoglio in voi bellezza,
è senza fasto in voi grandezza.
La pudibonda romita stella
è destinata a sfolgorar.
WALTER:
Nobil signora!
Bella nepote, il mio Rodolfo implora
l'onor di favellarti.
Io la bandita caccia
intanto affretterò.
FEDERICA:
Duchessa tu m'appelli!
Federica son io;
non ho cessato per te d'esserla mai!
Se cangiò la fortuna, io non cangiai.
Dall'aule raggianti di vano splendor
al tetto natio volava il desir,
là dove sorgea dal vergin mio cor
la prima speranza, il primo sospir!
RODOLFO:
Pietà!
Deh! la parola amara
perdona al labbro mio!
Potea seguiriti all'ara,
mentir, dinanzi a Dio?
Pria d'offiriti un core
che avvampa d'altro amore,
la destra mia traffiggerlo
a' piedi tuoi saprà!
FEDERICA
Arma, se vuoi, la mano,
in sen mi scaglia il brando.
M'udrai, crudele, insano,
a te perdonar spirando;
ma da geloso core
non aspettar favore;
amor sprezzato è furia
che perdonar non sa.
LUISA:
O padre mio! Che fu? Sembri agitato!
MILLER:
Il mio timore non era vano . . .
sei tradita!
LUISA:
Io? Come? Narra . . .
MILLER:
Sembianza e nome colui mentì!
LUISA:
Carlo? Fia ver?
CACCIATORI:
Sfuggir non potrà, ecc.
MILLER:
Del Conte di Walter figlio,
qual comanda il padre,
egli a stringer s'appresta splendide nozze.
RODOLFO:
L'accento scellerato
più dal labbro mai non t'esca,
puro amor ne infiamma il petto,
oltraggiarlo ad uom non lice.
MILLER: (rialzandola)
Prostrata! . . . No!
Fra'mortali ancora oppressa
non è tanto l'innocenza,
che si vegga genuflessa
d'un superbo alla presenza.
A quel Dio ti protra innante
de' malvagi punitor,
non a tal che ha d'uom sembiante,
e di belva in petto il cor.
RODOLFO:
O mio furor!
Ah! tutto tentai, non restami
che un infernal consiglio
se crudo, inesorabile
tu rimarrai col figlio.
Trema! Svelato agl'uomini
sarà dal labbro mio
come giungesti ad essere
Conte di Walter!
(Esce rapidamente)
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