Voglio far il gentiluomo
E non voglio più servir...
Ma mi par che venga gente;
Non mi voglio far sentir.
Non sperar, se non m'uccidi,
Ch'io ti lasci fuggir mai!
Donna folle! indarno gridi,
Chi son io tu non saprai!
IL COMMENDATORE:
(con spada )
Lasciala, indegno!
Va, non mi degno
Di pugnar teco.
Ah, già cade il sciagurato,
Affannoso e agonizzante,
Già dal seno palpitante
Veggo l'anima partir.
ma qual mai s'offre, o Dei,
spettacolo funesto agli occhi miei!
II padre!... padre mio!...mio caro padre!...
Ah, l'assassino mel trucidò.
Quel sangue - quella piaga - quel volto,
padre mio!... caro padre!... padre
amato!...
io manco... io moro.
Celate, allontanate agli occhi suoi
quell'oggetto d'orrore.
Senti, cor mio, deh! senti;
Guardami un solo istante!
Tu sei!... perdon, mio bene -
L'affanno mio, le pene...
Ah! il padre mio dov'è?
LEPORELLO:
Dunque quando è così,
caro signor padrone,
la vita che menate
(all'orecchio, ma forte)
è da briccone.
DON GIOVANNI:
Temeraio, in tal guisa...
LEPORELLO:
E il giuramento?
DON GIOVANNI:
Non so di giuramento. Taci, o chi'io...
DONNA ELVIRA:
Ah, chi mi dice mai
Quel barbaro dov'è,
Che per mio scorno amai,
Che mi mancò di fe?
DON GIOVANNI:
Signorina...
DONNA ELVIRA:
Chi è là?
DON GIOVANNI:
Stelle! che vedo!
DONNA ELVIRA:
Don Giovanni!...
Sei qui, mostro, fellon, nido d'inganni!
LEPORELLO:
(Che titoli cruscanti! Manco male
che lo conosce bene!)
LEPORELLO:
È vero. E che ragioni forti!
Madamina, il catalogo è questo
Delle belle che amò il padron mio;
un catalogo egli è che ho fatt'io;
Osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta;
In Almagna duecento e trentuna;
Cento in Francia, in Turchia novantuna;
Ma in Ispagna son già mille e tre.
Delle vecchie fa conquista
Pel piacer di porle in lista
Sua passion predominante
È la giovin principiante.
Non si picca - se sia ricca,
Se sia brutta, se sia bella;
Purché porti la gonnella,
Voi sapete quel che fa.
Giovinette che fate all'amore,
Non lasciate che passi l'età!
Giovinetti leggeri di testa,
Mon andate girando di là.
DON GIOVANNI:
Presto, va con costor; nel mio palazzo
conducili sul fatto. Ordina ch'abbiano
cioccolatta, caffè, vini, prosciutti:
cerca divertir tutti
DON GIOVANNI:
Oh, la Zerlina
è in man d'un cavalier. Va pur, fra poco
ella meco verrà.
MASETTO:
Ho capito, signor sì!
Chino il capo e me ne vo.
Giacchè piace a voi così,
Altre repliche non fo.
Resta, resta.
È una cosa molto onesta!
Faccia il nostro cavaliere
cavaliera ancora te.
Voi non siete fatta
per essere paesana; un altra sorte
vi procuran quegli occhi bricconcelli,
quei labretti sì belli,
quelle dituccie candide e odorose,
parmi toccar giuncata e fiutar rose.
DON GIOVANNI:
Che non vorreste?
ZERLINA:
Alfine
ingannata restar. Io so che raro
colle donne voi altri cavalieri
siete onesti e sinceri.
DON GIOVANNI:
Certo, io.
Quel casinetto è mio: soli saremo
e là, gioiello mio, ci sposeremo.
Là ci darem la mano,
Là mi dirai di sì.
Vorrei e non vorrei,
Mi trema un poco il cor.
Vedi, non è lontano;
Partiam, ben mio, da qui.
Andiam, andiam, mio bene.
a ristorar le pene
D'un innocente amor.
DONNA ELVIRA Fermati, scellerato!
Io sono a tempo
di salvar questa misera innocente
dal tuo barbaro artiglio.
DONNA ANNA:
Signore, a tempo vi ritroviam: avete
core, avete anima generosa?
DONNA ELVIRA
Non ti fidar, o misera,
Di quel ribaldo cor;
Me già tradì quel barbaro,
te vuol tradir ancor.
DONNA ANNA e DON OTTAVIO:
(Cieli, che aspetto nobile,
Che dolce maestà!
II suo pallor, le lagrime
M'empiono di pietà.)
DONNA ELVIRA:
Restate ancor, restate!
DONNA ANNA:
Don Ottavio, son morta!
DONNA ANNA:
Oh dei! Quegli è il carnefice
del padre mio!
Or sai chi l'onore
Rapire a me volse,
Chi fu il traditore
Che il padre mi tolse.
Dalla sua pace la mia dipende;
Quel che a lei piace vita mi rende,
Quel che le incresce morte mi dà.
DON GIOVANNI:
Oh, Leporello mio! va tutto bene.
LEPORELLO:
Don Giovannino mio! va tutto male.
Finch'han dal vino
Calda la testa
Una gran festa
Fa preparar.
Ah! la mia lista
Doman mattina
D'una decina
Devi aumentar!
ZERLINA:
Vien qui, sfogati, ammazzami, fa tutto
di me quel che ti piace,
ma poi, Masetto mio, ma poi fa pace.
MASETTO:
Guarda un po' come seppe
questa strega sedurmi! Siamo pure
i deboli di testa!
MASETTO:
(Capirò se m'è fedele,
E in qual modo andò l'affar.)
DON GIOVANNI:
Zerlinetta, mia garbata,
T'ho già visto, non scappar!
LEPORELLO
(aprendo la finestra):
Signor, guardate un poco,
Che maschere galanti!
DONNA ANNA, DONNA ELVIRA e DON OTTAVIO:
(Al volto ed alla voce
Si scopre il traditore.)
LEPORELLO:
Venite pur avanti,
Vezzose mascherette!
DON GIOVANNI:
È aperto a tutti quanti,
Viva la libertà!
DONNA ANNA, DONNA ELVIRA e DON OTTAVIO:
Siam grati a tanti segni
Di generosità.
LEPORELLO:
Non balli, poveretto!
Vien quà, Masetto caro,
Facciam quel ch'altri fa.
(fa ballare a forza Masetto)
MASETTO:
No, no, ballar non voglio.
DON GIOVANNI
(Esce colla spada in mano,
conducendo Leporello, )
Ecco il birbo che t'ha offesa!
Ma da me la pena avrà! Mori, iniquo!
DONNA ANNA, DONNA ELVIRA e DON OTTAVIO:
(L'empio crede con tal frode
Di nasconder l'empietà!)
DON GIOVANNI:
È confusa la mia testa,
Non so più quel ch'io mi faccia,
E un orribile tempesta
Minacciando, o Dio, mi va
Ma non manca in me coraggio,
Non mi perdo o mi confondo,
Se cadesse ancora il mondo,.
Nulla mai temer mi fa.
Traditore! Tutto già si sa!
Trema, trema, o scellerato!
Saprà tosto il mondo intero
Il misfatto orrendo e nero
La tua fiera crudeltà!
Odi il tuon della vendetta,
Che ti fischia intorno intorno;
Sul tuo capo in questo giorno
Il suo fulmine cadrà.
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