Doris Lessing II taccuino d'oro
Lessing, Doris (Kermanshah, Iran 1919- ), scrittrice britannica,
nata in Iran e vissuta in Rhodesia (ora Zimbabwe) per più di trent'anni;
dal 1949 risiede in Inghilterra. Fra le sue opere, che perlopiù
indagano la vita - quotidiana, sodala, psicologica - delle donne, è
di fondamentale importanza il ciclo di cinque romani) / figli della
violenza (1952-1969), in gran parte autobiografico. Il tema del
femminismo entro la cornice della società borghese è centrale nel
Taccuino d'oro (1962), forse la sua opera più conosciuta. L'Africa
fa da sfondo al primo romanzo, L'erta canta (1950), e ai Racconti
africani (1951). Le altre opere includono L'abitudine di amare
(1957), Discesa all'inferno (1971), La brava terrorista (1985), Il
quinto figlio (1988), Amare, ancora (1996).
Il TACCUINO D'ORO
Questa era dunque la cornice della vita di Anna. Ma si sentiva se
stessa quand'era sola, nella sua grande stanza. Era una stanza
oblunga con una nicchia che conteneva un piccolo letto. Intorno al
letto erano ammonticchiati libri, carte e il telefono. Nella parete
di fronte c'erano tre finestre alte. In fondo alla stanza, vicino al
caminetto, c'era un tavolo con una macchina per scrivere, su cui
Anna sbrigava la corrispondenza e buttava giù le recensioni e gli
articoli che scriveva di tanto in tanto. Dall'altra parte c'era un
lungo tavolo da disegno dipinto di nero. In un cassetto stavano i
quattro taccuini. Il piano del tavolo era sempre sgombro. Le pareti
e il soffitto della stanza erano bianchi ma macchiati dallo smog
londinese. Il pavimento era nero, laccato. Il letto aveva
sovraccoperta nera e le tende eraro a'un rosso spento.
Ora Anna passava lentamente dall'una all'altra finestra, osservando
una striscia pallida e sottile di sole che non riusciva a toccare il
selciato in fondo alla stretta spaccatura fra le alte case
vittoriane. Schermò le finestre, chiuse le tende ascoltando con
piacere il rumore intimo e frusciante che facevano scorrendo nelle
loro guide profonde e il morbido sci sci sci della seta pesante che
s'incontrava e si ripiegava insieme Accese la luce sul tavolo da
disegno e la superficie nera brillò riflettendo il luccicore
rossastro della tenda vicina. Tirò fuori uno dopo l'altro i quattro
taccuini e li dispose in fila.
Per questa occupazione usava un vecchio sgabello da pianoforte, che
ora alzò al massimo, quasi al livello del tavolo, e si sedette
guardando i quattro taccuini come un generale che, dalla sommità
d'una montagna, osserva le sue armate spiegarsi nella valle
sottostante.
Don Lorenzo Milani Scritti
Per la prima volta tutti i testi minori e pubblici di don Milani:
da L'obbedienza non è più una virtù, alle lettere polemiche apparse
su diversi periodici.
Insieme a Lettera a una professoressa e a Esperienze pastorali, le
due opere maggiori, gli scritti qui proposti svelano nella sua
interezza, l'immagine di don Milani che lo stesso priore ha
costruito con pazienza e piena consapevolezza.
Don Milani è stato non solo un prete aspro e difficile, ma anche un
personaggio al centro
dell'attenzione dei media e delle istituzioni dell'epoca.
Eppure gli scritti pubblici del priore di Barbiana furono pochi.
Pochi ma capaci di segnare
indelebilmente le coscienze di più di una generazione.
LETTERA Al GIUDICI Barbiana 18 ottobre 1965
l'ambiente
La mia è una parrocchia di montagna. Quando ci arrivai c'era solo
una scuola elementare. Cinque classi in un'aula sola. I ragazzi
uscivano dalla quinta semianalfabeti e andavano a lavorare. Timidi e
disprezzati. Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco
per la loro elevazione civile e non solo religiosa. Così da undici
anni in qua, la più gran parte del mio ministero consiste in una
scuola. Quelli che stanno in città usano meravigliarsi del suo
orario. Dodici ore al giorno, 365 giorni l'anno. Prima che arrivassi
io i ragazzi facevano lo stesso orario (e in più tanta fatica) per
procurare lana e cacio a quelli che stanno m città. Nessuno aveva da
ridire. Ora che quell'orario glielo faccio fare a scuola dicono che
li sacrifico.
i ragazzi sdegnati
Ora io sedevo davanti ai miei ragazzi nella duplice veste di
maestro e di sacerdote e loro mi guardavano sdegnati e appassionati.
Un sacerdote che ingiuria un carcerato ha sempre torto. Tanto più se
ingiuria chi è in carcere per un ideale Non avevo bisogno di far
notare queste cose ai miei ragazzi Le avevano già intuite. E avevano
anche intuito che ero ormai impegnato a dar loro una lezione di
vita.
non potevo tacere
Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all'ingiustizia.
Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce
anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra Come ognuno deve
sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola
c'è scritto grande "I care". E' il motto intraducibile dei giovani
americani migliori. "Me ne importa, mi sta a cuore". E' il contrario
esatto del motto fascista "Me ne frego".
Konrad Lorenz (Vienna 1903 - Attenberg
1989) L'anello di Re Salomone
Zoologo austriaco, tra i fondatori dell'etologia (la disciplina che
stuoia il comportamento animale). Consegui la laurea in medicina e
il dottorato di ricerca in zoologia (1933) all'università di Vienna.
Divenne celebre per i suoi tentativi di identificare ciò che egli
definiva comportamenti a schema fisso (Fixed Actìon Pattems o FAR)
Lorenz diede a questo fenomeno il nome di imprinting.
In ricerche successive ipotizzo che le lotte tra esseri umani
abbiano origini genetiche e derivino evolutivamente dal
comportamento esibito dagli animali inferiori nella difesa del
territorio; questa teoria godette di un largo successo di pubblico,
ma fu contestata aspramente da un certo numero di naturalisti
autorevoli (Vedi Sociobiologia). Nel 1973 condivise il premio Nobel
per la medicina con Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch, in
riconoscimento dei loro studi sul comportamento animale.
Tra le sue maggiori opere pubblicate in Italia: L'aggressività
(1986), II declino dell'uomo (1986), L'altra faccia dello specchio
(1988), L'anello di re Salomone (1988), E l'uomo incontrò il cane
(1988). L'etologia (1990), lo sono qui. tu dove sei? Etologia
dell'oca selvatica (1990).
L'ANELLO DI RE SALOMONE
Sta scritto che il re Salomone parlava con i quadrupedi, con gli
uccelli, con i pesci e con i vermi.
Anch'io parlo con gli. animali, seppure non con tutti, come sembra
facesse il vecchio re. e ammetto la mia inferiorità su questo punto.
Però parlo con alcune specie che conosco bene, e senza bisogno di un
anello magico. In questo anzi io sono superiore al vecchio re, che
senza il suo anello non avrebbe compreso neppure il linguaggio delle
bestiole con cui aveva maggiore dimestichezza. E quando non ebbe più
il suo anello, li suo cuore persino s'indurì verso gli animali:
sembra che Salomone abbia buttato via l'anello magico in un accesso
d'ira, quando un usignolo gli svelò che una delle sue
novecentonovantanove mogli amava un uomo più giovane. Così, per lo
meno, racconta J V Widmann nella sua graziosa leggenda Il santo e
gli animali.
Questo atto può essere stato assai saggio oppure assai sciocco da
parte di Salomone ma io per conto mio trovo che comunque non è
sportivo servirsi di servirsi di un anello magico nei rapporti con
gli animali; anche senza ricorrere alla magia le creature viventi ci
raccontano le storie più belle, cioè quelle vere.
E in natura la verità è sempre assai più bella di tutto ciò
che i nostri poeti, gli unici autentici maghi, possono anche
soltanto immaginare.
Gianni Rodari (Omegna, Novara 1920 - Roma
1980) Marionette in libertà
Popolarìssimo scrittore italiano di opere per l'infanzia e
giornalista. All'attività di redattore di "Paese Sera" affiancò
quella di autore, scrivendo una ventina di libri che ebbero fortuna
non solo in Italia: // romanzo di Cipollino (1951), Favole al
telefono e Filastrocche in deh e in terra (1960), C'era due volte il
barone Lamberto ovvero I misteri dell'isola di San Giulio (1978)
ebbero tanto successo da essere utilizzati spesso come libri di
testo nella scuola media inferiore italiana. La Grammatica della
fantasia (1973) raccolse le riflessioni su questo tipo di
letteratura: il sottotitolo recita infatti 'Introduzione all'arte di
inventare storie'. In linea con questi interessi, nel 1970 Rodari
curo l'edizione italiana delle fiabe di Hans Christian Andersen.
Vedi Letteratura per l'infanzia.
I VESTITI NUOVI DELL'IMPERATORE DA ANDERSEN
Imperatore: E' arrivata la banda?
Maggiordomo: Sire, tra poco ha inizio la parata.
Imperatore: Uh, guarda, me l'ero scordata.
Maggiordomo: Il programma prevede per l'occasione che le Loro Maestà
si affaccino al balcone,
Cortigiano (uno più cortigiano degli altri): Presentatevi in questo
costume. Sire, e sembrerete un nume.
Regina: E io? E io?
Cortigiani: Una ninfa! Una dea! Una star!
Si odono altri squilli di tromba, cui si mescolano applausi e grida
di evviva.
Maggiordomo: La folla attende ansiosa di ammirare quest'opera
miracolosa.
Imperatore: E sia! Si vada! Fatemi strada. Voglio mostrarmi al
popolo in tutto il mio splendore.
Regina: Anch'io mi sento splendente come una stella. Però sono più
bella.
I servi spalancano il balcone che da sulla piazza. Il corteo
imperiale si avvia, preceduto dal maggiordomo che si affaccia per
primo a dare il lieto annuncio:
Maggiordomo: Ecco le loro imperiali maestà! Lunga vita e felicità!
Tutti: Felicità.
Di nuovo applausi, evviva, grida di meraviglia, squilli di tromba,
tanti oh, tanti ah, tanti eccetera. I due tessitori, non visti,
riempiono le loro grosse valigie con gli ori, gli argenti le stoffe
preziose e sete trapunte di diamanti...
Primo tessitore: Collega, se non sbaglio, è ora di fare il bagaglio.
Secondo tessitore: La carrozza ci aspetta, facciamo in fretta.
Applausi, applausi, ancora applausi. Poi, d'improvviso, altissima e
fresca, la voce di un bambino:
Bambino: Ma non vedete, o gente, che le Loro Maestà non hanno
indosso niente?
Voci dalla folla: Monello impertinente! Tappategli la bocca! Cosa ci
tocca di sentire... Ma è vero... E' la verità... E' la vera,
verissima verità... Hanno scambiato il balcone per la camera da
letto. O per il gabinetto!
Urla, risate, fischi. Un pandemonio. Cortigiani che scappano,
ciambellani che se la filano, ministri che scivolano via a quattro
gambe. I due augusti sovrani si coprono le orecchie per non sentire,
si coprono gli occhi per far finta di non essere li. Nessuno si
accorge dei due tessitori che se ne vanno curvi sotto il loro carico
prezioso.
Primo tessitore: (al pubblico) Signori e signore, salutateci voi
l'imperatore.
Secondo tessitore: (al pubblico) Il lavoro ci chiama: salutateci
pure Madama.
L'imperatore fa appena in tempo a sedere urlano ordini che nessuno
ascolta:
Imperatore Olà, cortigiani, ciambellani, maggiordomi, ammiragli...
Presto, chiamate il boia!
Un cortigiano: Per i due truffatori, Maestà?
Imperatore: No! No! Per quel bambino che ha detto la verità!
Cortigiano: Agli ordini. Sire! (al pubblico) Ma voi. se lo vedete
ditegli di fuggire, nascondetelo ... proteggetelo ... E quando sarà
grande tornerà per mettere in fuga mille bugiardi con una sola
verità.
Herman Hesse (Calw, Wurttemberg 1877 -
Montagnola, Lugano 1962) Siddartha
Romanziere e poeta tedesco, insignito nel 1946 del premio Nobel per
la letteratura. Le sue opere, incentrate su personaggi alla ricerca
di se stessi, hanno affascinato generazioni di lettori, conoscendo
un vasto successo che dura ininterrotto dagli anni Sessanta e
Settanta.
Siddharta (1922) rielabora in toni lirici vicende della vita
giovanile del Buddha, riflette l'interesse per il misticismo
orientale.
Chi è Siddharta? E' uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere
intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal
misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita
degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera
definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il
tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E
alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il
perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il "costante, tranquillo,
fine, impenetrabile, forse benigno, forse scherzevole, saggio,
multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva
visto centinaia di volte con venerazione.
SIDDARTHA
"Guarda là!" disse piano Siddharta a Govinda. "Quello là è il Buddha
". Il Buddha andava per la sua strada, modesto e immerso nei propri
pensieri; la sua faccia tranquilla non era né allegra né triste,
solo pareva illuminata da un lieve sorriso interiore. Con un sorriso
nascosto, cheto, tranquillo, non dissimile da un bambino sano e ben
disposto, camminava il Buddha; portava la tonaca e posava i piedi
tale e quale come tutti i suoi monaci, esattamente secondo la
regola.
Ma il suo volto e il suo passo, il suo sguardo chetamente abbassato,
la sua mane che pendeva immota, e perfino ogni dito della mano
penzolante immota, esprimevano pace, esprimevano perfezione: nulla
in lui che tradisse la ricerca, l'aspirazione a qualche cosa, egli
respirava dolcemente in una quiete imperitura, in una imperitura
luce, in una pace inviolabile. •'Oggi ascolteremo la dottrina dalle
sue labbra " disse Govinda. Siddharta non rispose. Era poco curioso
della dottrina, non credeva ch'essa gli potesse apprendere qualcosa
di nuovo; non meno di Govinda, ne aveva già sentito tante e tante
volte esporre il contenuto, sia pure grazie a resoconti di seconda e
terza mano. Ma egli fissava attentamente la testa di Gotama, le sue
spalle. i suoi piedi la mano penzolante immota. e gli pareva che
ogni articolazione in ogni atto di quella mano fosse dottrina,
parlasse, spirasse, emanasse, riflettesse verità. Quest'uomo, questo
Buddha era intriso di verità, fin nell'ultimo atteggiamento del suo
dito mignolo. Quest'uomo era santo. Mai Siddharta aveva tanto
stimato un uomo, mai aveva tanto amato un uomo quanto costui.
Nuto Revelli L'anello Forte
La donna: storie di vita contadina.
Muto Revelli si batte da anni con appassionata tenacia per dare
voce all'Italia che non conta, agli emarginati, ai dimenticati di
sempre: dapprima i reduci di tutte le guerre, poi i contadini delle
campagne più povere. Le donne che parlano in questo nuovo libro,
frutto di sette anni di lavoro e centinaia di ore di registrazione,
sono le stesse che Revelli era riuscito a intravedere nel corso
delle sue ricerche per "La strada del davai", "L'ultimo fronte", "Il
mondo dei vinti": avare di parole, schive, escluse, da un discorso
che vedeva l'uomo indiscusso protagonista.
L'ANELLO FORTE
La montagna
I pochi giovani rimasti sono operai, pendolari. Alcuni di questi
giovani hanno una violenza "dentro" terribile. Non si sono sposati e
non trovano a sposarsi. Sono dei "diversi" anche loro, diversi dal
modello che la società industriale propone. Sono dei falliti: la
gente li giudica dei falliti anche se hanno un lavoro. Sprecano il
loro tempo libero nel bere, sprecano i soldi nelle automobili di
prestigio. Poi ci sono i giovanissimi, quelli di vent'anni. C'è chi
si è adeguato abbastanza bene e si comporta esattamente come gli
"altri": ha i suoi amici cittadini, frequenta le discoteche, è
entrato nel "modello", vive la borgata come dormitorio e basta. C'è
invece chi è molto più squallido, e non ha più niente "dentro", ha
solo il rumore della moto "dentro", ed allora sfoga la sua rabbia
mettendosi in mostra, facendo un gran casino con la moto perché la
gente si accorga che anche lui esiste. La donna da noi non è succube
dell'uomo. La donna lavora come una negra ma si gestisce i suoi
affari, gli interessi, i soldi.
E' abbastanza autonoma, certo più autonoma della moglie
dell'operaio. Credo si gestisca abbastanza bene il sesso.
Nell'ambiente in cui vive è proibito parlare di sesso. Se ne paria
sempre e soltanto a livello di scherzo, con un discorso volgare.
La pianura
..."lo penso che in casa non deve comandare solo la donna, ma se io
non mi mettevo a comandare... [...]. Ho avuto quattro figli.
Diciotto mesi dopo che era nata Marita ho avuto Nino Ah. che vita
difficile. Ah quanti pianti. "Ohimi, di nuovo un altro bambino. Se
io le racconto della suocera lei fa un libro, oh fa un film. [ . j.
Dovevo comprare Nino, avevo Marita malata, all'ospedale mi dicono
"Tu puoi venire, ma non possiamo mica mettere la bambina fra le
partorienti". Come fare? Dove mettere 'sta bambina? Non solo
piangere, ero disperata, ero sola, dovevo comprare, e nessuno che mi
aiutava. [...]. E' poi venuta Neta, una vicina di casa tanto brava,
che mi ha detto: "Guarda di stare qui, vediamo di aiutarti". Mia
suocera niente, niente. [...]. Alle nove del mattino sono ancora
andata di corsa a comprare una lampadina da cento candele. Torno a
casa, e trovo la levatrice che mi dice: "Madama, si metta in fretta
su 'sto letto", a momenti il bambino lo compravo sul pavimento.
[...].
Era di gennaio, la casa fredda, i bambini che
piangevano, io che piangevo piano per non farmi sentire dalla gente.
[...].
lo di notte dormivo nel letto matrimoniale e con una mano cullavo, e
per l'altra culla aveva un cordino, e tirando il cordino riuscivo a
far muovere anche l'altra culla, fin che mi addormentavo. [...].
Bertolt Brecht (Augusta 1898 - Berlino
1956),Vita di Galileo (Dramma)
Scrittore, poeta, drammaturgo e regista teatrale tedesco. Per
l'originalità dell'approccio con cui affrontò temi di carattere
prevalentemente sociale, e considerato uno degli autori più
innovativi della drammaturgia contemporanea. Fu costretto a lasciare
la Germania nel 1933. Durante gli anni di esilio scrisse alcuni
capolavori, come Vita di Galileo (di cui si hanno due diverse
stesure scritte tra il 1938 e il 1955, prima e dopo l'evento della
bomba di Hiroshima).
GALILEO (asciugandosi)
Già. Anche a me, la prima volta che lo vidi, fece lo stesso effetto.
A certi, lo fa. (Getta la salvietta ad Andrea perché gli asciughi le
spalle) Muri, calotte, ogni cosa ignobile! Per duemila anni
l'umanità ha creduto che il sole e tutte le costellazioni celesti !e
girassero attorno
Papa, cardinali, principi, scienziati, condottieri, mercanti,
pescivendole e scolaretti: tutti erano convinti di starsene immobili
dentro questa calotta di cristallo. Ma ora ne stiamo uscendo fuori
Andrea: e ci attende un grande viaggio. Perché l'evo antico è finito
e siamo nella nuova era. Da cent'anni è come se l'umanità si stia
aspettando qualche cosa. Le città sono piccole, le teste
altrettanto: piene di superstizioni e di pestilenze. Ma ora noi
diciamo: visto che cosi è, cosi non deve rimanere. Perché ogni cosa
si muove, amico mio. le ho in mente che tutto sia incominciato dalle
navi
ad un tratto se ne allontanarono e si slanciarono mori,
attraversando il mare. Sul nostro vecchio continente allora si
sparse una voce: esistono nuovi continenti! E da quando le nostre
navi vi approdano, i continenti ridendo dicono: il grande e temuto
mare non è che un po' d'acqua. E c'è una gran voglia d'investigare
le cause prime di tutto: per quale ragione un sasso, lasciato
andare, cade, e gettato in alto, sale. Ogni giorno si trova qualcosa
di nuovo. Perfino i centenari si fanno gridare all'orecchio dai
giovani le ultime scoperte. Molto è già stato trovato, ma quello che
è ancora da trovare, è di più.
E c'è una gran voglia d'investigare le cause prime di tutto: per
quale ragione un sasso, lasciato andare, cade, e gettato in alto,
sale. Ogni giorno si trova qualcosa di nuovo. Perfino i centenari si
fanno gridare all'orecchio dai giovani le ultime scoperte.
Molto è già stato trovato, ma quello che è ancora da trovare, è di
più. E questo significa altro lavoro per le nuove generazioni. A
Siena, quand'ero giovane, una volta vidi alcuni muratori discutere
per pochi minuti intorno al modo di spostare dei blocchi di granito:
dopodichè, abbandonarono un metodo vecchio di mille anni per
adottare una nuova disposizione di funi, più semplice. In quel
momento capii che l'evo antico era finito e cominciava la nuova era.
Presto l'umanità avrà le-idee chiare sul luogo in cui vive, sul
corpo celeste che costituisce la sua dimora. Non le basta, più
quello che sta scritto negli antichi libri.
Si: perché, dove per mille anni aveva dominato la fede, ora domina
il dubbio. Tutto il mondo dice: d'accordo, sta scritto nei libri, ma
lasciate un po' che vediamo noi stessi. E' come se la gente si
avvicinasse alle verità più solenni e battesse loro sulla spalla:
quello di cui non si era mai dubitato oggi a posto in
E il gran risucchio d'aria che s'è levato da tutto questo, non
rispetta neppure le vesti trapunte d'oro dei principi e dei prelati,
e mette in mostra gambe grasse e gambe magre, gambe uguali alle
nostre, insomma.
E' risultato che cieli sono vuoti: e a questa constatazione è
scoppiata una gran risata d'allegria.
Paul Julius Moebius L'inferiorità mentale
della donna
Una fonte dei razzismo antifemminile. Introduzione di Franca Ongaro
Basaglia.
Paul Julius Moebius, nato a Lipsia il 24 gennaio 1853, si laureò in
medicina nel I877. Fu dapprima assistente nella sezione neurologica
del Policlinico Universitario di Lipsia, più tardi direttore del
Policlinico neurologico dell'Albert Vercin. Il suo interesse si
concentrò soprattutto sulle malattie nervose funzionali.
Parallelamente si svolgevano i suoi lavori sulle differenze fisiche
e spirituali tra i sessi, di cui è parte importante questo volume,
pubblicato nel 1900. Mori nel 1907.
L'INFERIORITÀ MENTALE DELLA DONNA
Ora, come stanno le cose per riguardo ai sessi? E' indubitato
che le facoltà mentali dell'uomo e della donna sono molto differenti
fra di loro, ma sarà possibile un pareggio per il fatto che le donne
hanno maggiori capacità per un verso e gli uomini per un altro,
ovvero le donne, prese nell'insieme, sono veramente deficienti
rispetto agli uomini?
Un vecchio proverbio ci da la risposta: "Capelli lunghi, cervello
corto", ma la sapienza moderna non vuoi saperne; per essa,
l'intelligenza femminile sta, per lo meno, all'altezza di quella
degli uomini.
Un mare d'inchiostro è stato versato su quest'argomento, tuttavia
siamo ben lontani da un accordo fra le varie opinioni e tanto meno
vediamo vicina la luce. Il miglior riassunto in proposito, ch'io mi
conosca, è la prima parte dell'opera di Lombroso e Ferrerò, nella
quale si tratta della donna normale. Invero non posso accettare
tutti i dati degli Autori, né posso associarmi a tutte le loro
conclusioni, ma nell'insieme, essi raggiungono ampiamente !a
prova certa inferiorità mentale della donna.
Dal punto di vista somatico, astrazion fatta dalle caratteristiche
del sesso, la donna è qualche cosa di meno fra il fanciullo e
l'uomo, e lo è altresì, almeno per molti riguardi, anche dal punto
di vista psichico.
Nei particolari, è vero, vi sono alcune differenze. Cosi, nel
bambino, il capo, in proporzione, è più grande che nell'uomo; invece
nella donna il capo è più piccolo non solo in misura assoluta, ma
anche relativa. Un cranio piccolo racchiude evidentemente un
cervello piccino: ma qui potrebbe spiegarsi l'obbiezione (che già fu
lanciata contro le conclusioni del Bischoff circa il peso del
cervello) che un piccolo cervello può essere d'ugual valore di uno
grande, qualora vi siano integralmente conservate tutte le parti
necessaria per la vita psichica.
Il Rùdinger ha osservato che, nei neonati, l'intero gruppo di
circonvoluzioni che sta all'intorno della scissura di Silvio è più
semplice e possiede minori sinuosità nelle femmine che nei maschi;
inoltre, che l'insula del Reil, in media, è alquanto più
grande in tutti i suoi diametri nel cervello dei maschi e che è più
profondamente solcata e più convessa che non nelle femmine. Egli ha
dimostrato che, negli adulti (cfr. p. 32 sg., tavola IV), la terza
circonvoluzione frontale è più piccola nella donna che
nell'uomo,specialmente in quella sezione che si continua
immediatamente con la circonvoluzione centrale.
L'esame delle tavole convince che la differenza è molto notevole.
Infine il Rùdinger ha dimostrato che, nel cervello femminile, il
decorso di tutta la circonvoluzione mediale del lobo parietale e
della circonvoluzione di passaggio supero-interna subisce un
notevole ritardo nel suo sviluppo. Negli uomini poco sviluppati dal
lato mentale (ad esempio, in un nero), egli trovò gli stessi fatti
anatomici riscontrati nel lobo parietale della donna, mentre negli
uomini psichicamente bene sviluppati, il grande sviluppo del lobo
temporale gli conferisce un aspetto completamente diverso. Il
Rùdinger trovò questi rapporti ridotti al massimo della semplicità
in una donna bavarese e, a questo riguardo, egli parla di un tipo di
cervello "simile al tipo che si riscontra nelle bestie ".
In ogni modo, resta completamente dimostrato, che, nella donna, sono
meno sviluppate che nell'uomo porzioni del cervello, le quali sono
della massima importanza per la vita psichica, quali le
circonvoluzioni del lobo frontale e temporale, e che questa
differenza esiste fin dalla nascita.
Elena Gianini Belotti Prima le donne e i
bambini
II silenzio del desiderio, delle emozioni, del corpo: la
comunicazione da inventare.
ELENA GIANINI BELOTTI è nata a Roma. Svolge la sua attività
professionale presso il Centro Nascita Montessori di Roma. Da alcuni
anni firma "Senza discrezione", rubrica settimanale di Paese Sera.
Ha pubblicato Dalla parte delle bambine (Fettrinelli 1973) e Che
razza di' ragazza (Savelll 1979). Collabora regolarmente con la
stampa quotidiana, periodica e con riviste specializzate sui
problemi dell'infanzia e della condizioni femminile.
PRIMA LE DONNE E I BAMBINI
C'era qualcosa di oscuro, che non riuscivo a spiegarmi, qualcosa che
avvertivo come una minaccia, legato al fatto che erano maschi e
possedevano un pene. L'avvertivo per la prima volta e per la prima
volta intuivo con dolore che nessuna autentica amicizia avrebbe mai
potuto esserci tra me e coloro che possedevano un pene, se il
possederlo poteva rendere così ottusi, duri, crudeli. Forse avrei
ancora potuto giocare con i maschi e inventare guerre, pilotare
aerei, simulare naufragi e anche giocare a mamma-papà-figlio come
ogni tanto riuscivo a ottenere, ma abbandonarmi ai miei trasporti
d'amore per loro, no, questo non mi sarebbe riuscito più.
Loro erano un altro mondo, un mondo contro di me, pericoloso,
infido, violento. Avevano anche un grande potere, perché erano un
gruppo ed erano solidali tra loro tutti d'accordo e tanto
forti tutti insieme che io non osavo ricorrere agii acuiti per
raccontare quello che avevano fatto. Da allora continuammo a giocare
insieme, ma svogliatamente. Qualcosa si era frantumato per sempre.
Ero troppo piccola per capire di che profondità e gravita fosse la
frattura, ma già sentivo con molta chiarezza che "loro". quelli che
possedevano il pene, erano un'altra razza con ìa quale non avevo, e
non volevo avere niente in comune. I maschi. Era la prima volta che
costatavo vicino a loro la mia solitudine, l'impossibilità di essere
capita e di capirli Era una sensazione bruciante non si sarebbe
cancellata più. Eppure continuavo ad amarli. a desiderarli anche se
li temevo.
Continuavo a sognare che ne avrei incontrato uno, uno solo, tenero e
dolcissimo, e con lui avrei potuto essere amica e credergli. fidarmi
fino in fondo, consegnarmi nelle sue mani e lui nelle mie, in una
incrollabile amicizia che ci avrebbe legati per sempre. Cominciava
l'invenzione. Non è ancora finita.
La condizione anziana oggi.
Bisogni, rapporti sociali e nuove politiche d'intervento. ll
silenzio del desiderio, delle emozioni, del corpo: la comunicazione
da inventare.
A cura di Paolo Guidicini.
LA CONDIZIONE ANZIANA OGGI
La società agricola non conosceva, né poteva logicamente
concepire il concetto di terra età come elemento a sé stante; tanto
integrato, conseguente ed organico era il flusso della vita al suo
interno. Né poteva, in ogni caso, considerarsi l'anziano un momento
differenziato e diverso rispetto alla restante realtà sociale che
gli stava attorno. Il mondo contadino è globalità ed universalità; e
se le parti componenti possono anche, a tratti, giocare ruoli
parzialmente diversificati, il tutto avviene pur sempre nel quadro
di una logica globale, mai in una concezione alternativa, o
contraddittoria, od anche orientata a fin diversi. Per cui, anche
nel momento nel quale ad una certa fascia di età si attribuivano
specifici compiti e ruoli tutto ciò - allo interno della cultura
contadina - non era mai presupposto per la nascita di un gruppo
differenziato ed a sé isolato. L'anziano era cioè espressione e
simbolo tangibile della cultura nella sua globalità; ne era sintesi
e fonte di interpretazione e di trasmissione prima.
La funzione sociale della danza.
Stili di danza e modelli di vita nel racconto di un gruppo di
antropologi: F. Boas, H. Courlander, J. Gorer, C. Holt, G. Bateson.
LA FUNZIONE SOCIALE DELLA DANZA
Gli uomini e le donne, sia giovani che vecchi, hanno scoperto che
prender parte a un'attività di danza non è riservato ai danzatori
professionisti, ma che tutti vi possono trovare lo stimolo a un
rinnovamento della vita, un impulso all'azione creativa e certo, una
migliore comprensione della complessa realtà della natura umana,
attraverso un agire concreto. Questa partecipazione dell'uomo della
strada lo induce poi a interessarsi di più all'attività
dell'artista. Più la danza diventa parte della vita della comunità
più grande sarà" il ruolo dell'artista di danza e del suo gruppo di
interpreti né! fornire stimoli e piacere alla vita di tutti.
La danza deve essere considerata una forma di espressione e di
attività comunitaria, e la sua positiva influenza sociale sulla
dimensione individuale deve essere compresa e favorita. Devono
essere esplorate le possibilità della danza come terapia mentale,
tanto quanto, fino ad oggi si è posto l'accento sui suoi usi
nell'ambito della formazione fisica. Le implicazioni psicologiche
della danza, e i metodi per un suo possibile uso nell'ambito di una
più ampia preparazione culturale alla pari con le altre arti devono
essere ampiamente compresi e propagandati.
L'infanzia, la giovinezza, la maturità
stanno tutte nello stesso piano educativo nel senso che ciò che è
stato veramente imparato in qualsiasi stadio dell'esperienza
costituisce il valore di quell'esperienza, e nel senso che il primo
compito della vita è di fare in modo che ad ogni momento il vivere
contribuisca all'arricchimento del significato percepibile di essa.
[John Dewey, Democrazia e educazione]
Non e vero che prima di me le donne erano più oppresse o più
spaventate o meno coscienti, semplicemente non sono state registrate
come esistenti.
[Caria Lonzi, Taci! Anzi parla. Diario di una
femminista]
Si tratta di trovare il proprio posto nel mondo, per non essere
privati delle cose essenziali a una vita autenticamente umana:
essere privati della realtà che ci viene dall'essere visti e sentiti
dagli altri, essere privati di un rapporto affettivo con gli altri.
[Hanna Arendt, Vita activa]
O famiglia o lavoro, o autenticità o emancipazione, o affetti
privati o alienazione pubblica. Io voglio rapporti umani vasti, il
mondo per me è l'infinità dei rapporti umani possibili.
[Caria Lonzi, Taci! Anzi parla. Diario di una
femminista]
Sono viva - suppongo -
Nella mia mano i rami
sono pieni di campanule
E sui miei polpastrelli
Punge caldo i! carminio
E se avvicino un vetro
Alla bocca - si appanna -
E la prova scientifica che respiro e sono viva
Che bello essere vivi!
Com'e infinito esserlo
Due volte: per la crescita
Naturale - è perché son nata dentro di te.
[Emily Dickinson]
Confusa solo per un giorno o due
imbarazzata - ma non spaventata -
camminando nel mio giardino, incontro
una ragazza del tutto inaspettata.
Fa un cenno, ed appaiono foreste,
ogni cosa comincia ad un suo invito.
In un tale paese
Io non sono mai stata.
[Emily Dickinson]
Quale dolce mela
Quale dolce mela che su un alto
Ramo rosseggia, alta sul più
Alto; la dimenticarono i coglitori.
No, non fu dimenticata: invano
Tentarono di raggiungerla.
[Saffo]
Non voglio che le mie canzoni
Giacciano nell'anima mia
Voglio che come gli uccelli
Volino verso il grande sole!
Ch'esse corrano tutta la terra
che le ascoltino i boschi,
i fiori e le piccole erbe ...
i bambini .. le donne ... la gente
Non voglio che i miei pensieri
Muoiano nella mia testa
Voglio che come fiori
Crescano negli altri.
Voglio solo una piccola cosa:
che essi trovino il cammino,
apportando il mio amore
ai cuori zingari!
[Leska Mànus]
Non c'è nave che possa come un libro
Portarci nelle terre più lontane;
né c'è corsiere pari ad una pagina
di poesia che balza e che s'impenna
Questo viaggio può farlo il miserabile
Senza l'oppressione del pedaggio:
è assai frugale il carro
che trasporta l'anima dell'uomo.
[Emily Dickinson]
Entrai nel garofano dell'amore
Sconvolta dai suoi colori
Rapita dallo splendore del fiore più prelibato
Fiero della mia passione
M'aperse come una ferita
Che pianse, non rimarginata,
nell'orto dell'oblio.
Il fiore non mi si schiuse
Quante lacrime perse...
[Violeta Parrà]
Mi rammarica il fatto di non averti conosciuta
molto tempo fa, ti avrei regalato i miei entusiasmi giovanili, avrei
scatenato con te le gioie e gli affetti, che mi tenevo dentro
prigionieri.
Mia dolcissima dalla forza straordinaria ti ringrazio di avermi
capita e per aver ridestato in me la capacità di amare che credevo
di aver perso. Adesso sono certa che possiamo ricominciare assieme
ad essere donne con le altre donne e per le altre donne.
Fiorella
Quanto qui riportato è il lavoro di Mario Mainino che ha rielaborato
come pagina web il libretto preparato dalle "amiche di Fiorella" in
occasione di quella serata in suo ricordo nel primo anniversario
della sua scomparsa.