Una scaletta dei tempi di esecuzione e relativa suddivisione:
Atto I scena prima 25'
cambio scena 5'
Atto I scena seconda 30'
INTERVALLO 15'
Atto II scena prima 32'
cambio scena 5'
Atto II scena seconda 27'
Atto III scena prima e scena seconda 24'
SOPRATITOLI
In quanto alla pubblicazione dei sopratitoli, a parte un qualche ritardo nelle seconda scena atto primo, sono molto ben proiettati e chiari e quindi non capisco a cosa servisse sbandierare una applicazione come Lyri che è altamente disturbante nella visione dell'opera. A parte la luminosità degli smartphone che normalmente si invitano a spegnere, come è chiaramente scritto sul libretto della stagione, il continuo cambiare tra monitor del cellulare e scena fa perdere la concentrazione sullo spettacolo, mentre il sopratitolo permette di guardare meglio entrambi : palcoscenico e titoli.
Alla prova dei fatti il volantinaggio promozionale della APP non mi è sembrato abbia dato molto frutto - per fortuna! - e di cellulari accesi in sala non mi pare di averne visti.
STORICI FONDALI DIPINTI
Nella presentazione di questo lavoro si è esaltata la presenza degli "storici fondali di carta dipinti" ma all'atto pratico non mi sembra che sia stato un elemento aggiuntivo al fascino della musica, anzi tutt'altro. Non era certo il luminoso fondale dipinto antico che il Teatro Rosetum di Milano ci aveva noleggiato per la "Cavalleria rusticana" (P.Mascagni) che nel 2010 fu la prima produzione lirica - made in Vigevano - del nostro secolo.
In questo caso avrebbero avuto bisogno di un qualche candeggio per riprendere un poco dei colori originali che avrebbero dovuto certamente avere come per il bel arazzo dipinto che è sceso nel primo atto e ha separato lo studio di Riccardo dalla sala da ballo del terzo ed ultimo atto.
Per quanto riguarda dunque la scenografia nella quale si è collocata l'azione il quadro per me più riuscito è la prima scena Atto II, ovvero "l'orrido campo", una misteriosa e brumosa notte con il maestoso albero centrale.
Anche se in questo caso l'atmosfera nottura non ha potuto fare apprezzare la bellezza dell'abito nero damascato che indossava Amelia per tutta l’opera.
Piccolo appunto alla mancanza del velo BIANCO con il quale Amelia deve coprirsi il volto per corrispondere a quello che dice Samuel [a Tom] “Scerni tu quel bianco velo Onde spicca la sua dea?” ma ovviamente è un dettaglio che dal grande pubblico non può assolutamente essere notato.
LA VERSIONE ORIGINALE ovvero il GUSTAVO III
Nella presentazione del Direttore Artistico si è annunciata una prevista restaurazione della versione originale dell’opera verdiana anteriore alle variazioni imposte dalla censura ma di questo non c’è stata nessuna traccia.
Atto 1 Scena prima
Renato dice Conte non Sire
Ma il Primo giudice dice "dell'immonda stirpe nemica" mentre sovratitoli dicono "della immonda stirpe dei neri"
Atto 1 scena seconda
Arriva Renato e dice "Riccardo... Il Conte"
Coro "Oh figlio d'Inghilterra" anziché “di questa terra”
Atto II scena prima
Arriva Riccardo e Amelia gli dice "Conte salvatemi"
Renato arriva e dice che ha sentito "ho visto … è il Conte"
Atto II scena seconda
Congiurati "Sconterà della America il pianto" e non della Patria il pianto
e ancora "Il Conte vi sarà?" e non il Re
Atto III
Riccardo dice "Renato rivedrà l'Inghilterra " e non "la sua terra" come dovrebbe dire nel Gustavo III
Quindi alla prova dei fatti non c’è stata la presunta ripresa dei tagli imposti dalla censura.
L’unico dubbio riguarda la breve apparizione del Primo Giudice (Murat Can Guvem) che dice appunto "dell'immonda stirpe nemica" mentre sovratitoli dicono "della immonda stirpe dei neri" a ma abbiamo chiarito con l’interprete che è stata cambiata la parola nell’ottica del Politically correct che prevede certe assurde correzioni, ma se Ulrica è in Un ballo in maschera allora è nera, mentre se è in Gustavo III allora è solo una straniera.
Qui invece ne una ne l’altra ma il personaggio è più una popolana alla maniera di Santuzza.
GLI INGREDIENTI DELLO SPETTACOLO
Una rappresentazione lirica è composta da vari elementi, la scenografia, ovvero la cornice in cui si colloca il quadro, i costumi dei quali si vestono i personaggi che possono essere intonati alla cornice o molte volte - in rappresentazioni contemporanee - completamente contrastanti, l’azione scenica come in un quadro caravaggesco dove ogni personaggio deve avere un suo atteggiamento, una sua posizione nel quadro ed esprimere una certa relazione con gli altri personaggi, in più c’è la colonna sonora, costituita da voci e strumenti.
Tra questi l’elemento strumentale è stata l’Orchestra Città di Vigevano guidata da Andrea Raffanini, che più volte ha presentato proprie produzioni liriche sul nostro palcoscenico e che sicuramente è stata la vera e proprio colonna della serata, con alcuni elementi come il nostro Piero Corvi al cui strumento sono stati affidati da Verdi passaggi molto belli in sintonia con la voce della protagonista. Il Teatro Cagnoni ha una buona risposta acustica visto che è nato per questo genere di spettacolo e il suono della orchestra in buca e molto amplificato, questo avrebbe quindi richiesto di contenere di più il suono, che va bene sia tellurico come richiesto dalla drammaticità della musica scritta da Verdi ma nei preludi introduttivi alle scene mentre nell’accompagnamento dei cantanti in alcuni passaggi è stato troppo soverchiante.
Per l’elemento vocale è tornato sul nostro palcoscenico come coro la Schola Cantorum San Gregorio Magno di Trecate che era stato il coro della “Cavalleria rusticana” (2010) produzione Concertodautunno. Un coro che ha una storia di tutto rispetto essendo stato per anni il coro ufficiale del Teatro Chiabrera di Savona. Attualmente diretto da Alberto Sala ma sempre con la presenza attiva dello storico maestro Mauro Trombetta, una formazione che partecipa attivamente ogni anno a numerose produzioni ad esempio con il Teatro Coccia di Novara, ricordiamo la recente sontuosa Aida presentata all’Arena di Sordevolo, o la “Cavalleria” autoprodotta in piazza a Trecate, il prossimo “Carmina burana” (26/10/2024) e “Rigoletto” (09/11/2024) al Teatro Lirico di Magenta.
Qui il San Gregorio Magno ha dato un'ottima prova di insieme e delle due sezioni maschile come congiurati e femmile all'inizio della scena di Ulrica.
Ma non solo si sono pure rivelati una compagine di danzatori nella lunga scena del ballo Atto III.
IL CAST VOCALE
Ma alla fine dobbiamo parlare ovviamente delle voci e non possiamo che iniziare da Amelia ovvero il soprano Daria Masiero, che torna a Vigevano dove è stata più volte apprezzata come in Tosca (2019) produzione della OSV. Qui in un ruolo nel quale ha potuto sfoggiare la sua presenza scenica e le sue finezze vocali nei duetti d’amore o nella richiesta di dire addio al figlio, ma anche la forza drammatica di scene impegnative come “Ecco l’orrido campo”.Il marito nella storia, Renato, è stato il baritono Vittorio Vitelli in un ruolo che ha affrontato per la prima volta nel 2004 e a quale ha dato la sua presenza importante delineando un carattere di marito ed amico più ruvido che arrendevole, al cui personaggio Verdi dedica la grande scena del terzo atto “Eri tu che macchiavi quell’anima”, nor per il pubblico il “tu” è riferito al Conte di Boston raffigurato nel medaglione che ha in mano in quel momento e che avrei invece pensato fosse un ritratto di Amelia per sottolineare la frase “Oh dolcezze perdute o memorie di un amplesso che l’essere india”.
Qui vorrei ricordare che l’invenzione del verbo INDIARSI è dovuta a Verdi stesso, perchè il librettista aveva proposto “di un amplesso che non si OBLIA” ma lo straordinario genio di Verdi crea questa immagina meravigliosa di una amplesso che rende dei, che appunto INDIA.
Protagonista del ruolo di Riccardo, Conte di Boston ma in origine Gustavo III Re di Svezia, avrebbe dovuto essere un altro cantante, ma è stato invece invitato Hector Lopez, che ha dato il giusto rilievo al personaggio padre del suo popolo ma anche governatore, che con la sua autorità nell’ultimo suo atto concede addirittura il perdono al suo uccisore. Per chi è appassionato e conoscitore da notare il passaggio stranissimo che Verdi ha prescritto nella scena della predizione che prevede una salita all’acuto e una repentina repentina discesa nelle note basse dove Lopez è sembrato passare appunto da una vocalità tenorile a quella di baritono, ma Verdi ha voluto così e il perchè dovremmo chiederlo a lui.
Ma veniamo ad Ulrica, Indovina di Razza Nera (Contralto) o semplicemente Indovina qui Giorgia Gazzola una cantante che lavora molto con il Coro di Trecate con il quale recentemente è stata Santuzza in Cavalleria. Qui certo in un ruolo che le note da contralto te le fa sfoggiare tutte come nella discesa negli abissi di “Re dell’abisso affrettati”. Giorgia Gazzola che appare solo nella seconda scena del primo atto ha una importanza notevole dello svolgimento dell’opera con aria, stretta, duetto con Amelia, scena con Riccardo e coro ma il regista Giandomenico Vaccari l’ha voluta rendere il vero e proprio motore della vicenda, dalla apparizione nel preludio sino ad essere spettatrice del compiersi della sua profezia dal palchetto di proscenio.
Ma su tutti ha veramente trionfato il personaggio di Oscar, Paggio (Soprano Di Coloratura In Travesti) il soprano Sumin Hwang, la sua uscita al termine della rappresentazione ha raccolto un uragano di applausi, molto brava nelle colorature che Verdi ha scritto per le sue arie “Volta la terrea ..” e “Saper vorreste …” ha svettato nei concerti finale Atto I e Atto II e ha anche danzato alla Liza Minelli nelle sue vesti maschili.Completavano i ruoli di contorno, detti di comprimariato, autentici con-primari cone Silvano, Marinaio (Basso) ovvero Danilo Paludi, Samuel, Nemico Del Conte (Basso) ovvero Davide Procaccini e Tom, Nemico Del Conte (Basso) ovvero Victor Garcia Sierra cantante e attualmente apprezzato regista nelle sue produzioni e Primo Giudice (Murat Can Guvem).
Silvano, Marinaio (Basso) ovvero Danilo Paludi
La regia di Giandomenico Vaccari con l’aiuto regista Lorenzo Lenzi si è concentrata sul creare un prodotto che non scandalizzasse nessuno con le contemporanee assurde trovate che devastano l’opera lirica, ha mosso tutti i suoi artisti come ci si aspetta dalla lettura del libretto utilizzando lo spazio ristretto creato con le cornici sceniche ed è stata una scelta molto opportuna anche se ogni tanto si arrabbiava perchè i cantanti stavano un passo indietro rispetto alla illuminazione del proscenio.
L’ampio palcoscenico del Cagnoni lo ha utilizzato solo per il gran ballo in maschera finale dove ha costretto il coro ad impegnarsi, riuscendoci per altro molto bene, nella danza. Per l’uccisione di Reanto ha scelto la pistola e non il pugnale e lì c'è stato forse un momento troppo statico per i congiurati pronti sul tavolo in centro scena, che era stata la passerella di Oscarre, che devono stare li immobile per troppo tempo in attesa della chiusura del duetto Riccardo-Amelia e del ultimo “Addio … e tu ricevi il mio” sincronizzato con il colpo in orchestra.
Conclusione per nulla retorica, come invece è stata la presentazione ufficiale delle autorità, un bello spettacolo che Lirica Tamagno, coproduttrice dell’evento, potrebbe validamente replicare nel torinese o esportare in altri teatri. (mm)