Dessi & Armiliato

Teatro Tiglio - Marnate (VA)

Domenica 20 settembre 2009 ore 16,00

In collaborazione con Ass. Pentagramma, Comune di Marnate, Regione Lombardia e Prov.Varese
8° Pentagramma d'Oro

scultura Pentagramma d'Oro creata
dal Maestro Scultore Mihai Curculescu
e arricchita dal Maestro Orafo Fabio Veneruz

al soprano Daniela Dessì
ed al tenore Fabio Armiliato

Intervista e commenti di Giancarlo Landini

Albo d'oro della Manifestazione

1996 LEO NUCCI, baritono
1997 MARIELLA DEVIA, soprano
1999 CARLA FRACC1, danzatrice
2001 MIRELLA FRENI, soprano - NICOLAI GHIAUROV, basso
2003 UTO UGHI, violinista
2005 BARBARA FRITTOLI, soprano - NICOLA DE CAROLIS, baritono
2008 GIUSEPPE SABBATINI, tenore
2009 DANIELA DESSI', soprano - FABIO ARMILIATO, tenore


Domenica 20 settembre 2009 ore 16,00

Ruggero Leoncavallo
Pagliacci

Opera completa in versione semiscenica canto e pianoforte

Prima rappresentazione: 21 maggio 1892
Teatro: Teatro Dal Verme, Milano
Personaggi:
Nedda, nella commedia Colombina (soprano) - Doina Dinu Palade
Canio, nella commedia Pagliaccio (tenore) - Mauro Pagano
Tonio, nella commedia Taddeo (baritono) - Maurizio Scarfeo
Beppe, nella commedia Arlecchino (tenore) - Sergio Rocchi
Silvio, contadino (baritono) - Bruno Pestarino
Corale Lirica "Terre Verdiane"
Maestro del Coro Giampaolo Vessella
Maestro al pianoforte Diego Crovetti


Programma
Opera Pagliacci - Intervista e premiazione Daniela Dessì


Alcune immagini della serata.....

 


A ventitre ore ...




Duetto SIlvio - Nedda

Di tu perchè m'hai stregato


Cammina piano e li sorprenderai ...

E tu batti la cassa .. Tonio!


Recitar  ....

Ridi Pagliaccio ..


Quegli io son!


Tu mi sfidi !!

 


Maestro del Coro Giampaolo Vessella


Tra il pubblico la premiata il soprano Daniela Dessì


Giancarlo Landini intervista Daniela Dessì

Giancarlo Landini consegna il  premio a Daniela Dessì

Daniela Dessì con il presidente di Pentagramma il sig.r Egidio Quaglia

Il saluto del sindaco di marnate Celestino Cerana

Il saluto della rappresentante della Regione Lombardia

 


Bruno Pestarino, Maurizio Scarfeo e Mario Mainino

 
Note alla manifestazione:

PROF. GIANCARLO LANDINI, critico musicale
Giancarlo Landini, critico musicale, membro dell'Associazione Nazionale Critici Musicali e della Società Italiana di Musicologia. Dopo la laurea in Lettere presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi in Storia della Musica sullo stile di canto del primo romanticismo italiano, ha continuato l'attività di ricerca in qualità di Cultore della Materia, presso la Cattedra di Storia della Musica della stessa università, tenuta dal Prof. Sergio Martinotti.
Relatore in convegni internazionali (tra gli altri il Convegno "L'Opera Teatrale di Gacta-no Donizetti"), ha partecipato a trasmissioni culturali per RAl 3 e Mediaset. Ha scritto saggi (tra l'altro per "Archivio Bergameno", "Journal" della Donizetty Socety). Per Casa Ricordi ha firmato una biografia di Gaetano Donizetti. Ha scritto alcuni capitoli per Verdi, la biografia di Gaetano Donizetti, in "Grandi operisti Italiani" e la biografia di Charles Gounod, in "Grandi musicisti europei", tre volumi curati da Giuseppe Barigazzi, editi dalla San Paolo.
Ha curato i profili artistici in "Grandi voci alla Scala", realizzata per la Rizzoli. Ha scritto programmi di sala per il Teatro alla Scala, Teatro Regio di Torino, il Massimo Bellini di Catania, il Verdi di Trieste, il Regio di Parma, il Festival di Wexford (Irlanda), note di copertina per diverse case discografiche, saggi introduttivi per cataloghi di mostre. Ha collaborato con il Museo Teatrale alla Scala e l'Associazione Amici del Loggione del Teatro alla Scala. Da più di vent'annì è ospite degli incontri del Piccolo Regio di Torino, curati da Giorgio Gualend.
Ha firmato per le riviste "Musica" (Italia), "Opera-in ernational" (Francia), "Opera-actuel" (Spagna), "Opera" (Londra). Da più di dieci anni collabora intensamente con la rivista "L'Opera" (Italia), dove tra l'altro è coordinatore della rubrica discografica. Tra Ì volumi pubblicati ricordiamo: Appunti su Richard Wagner, Appunti sulla produzione operistica di W.A. Mozart, Appunti sul teatro di Giacomo Puccini, Dal labbro il canto, Il linguaggio vocale delle opere di Verdi, I personaggi di Alfredo Kraus.


Relazione al Premio Pentagramma d'Oro del Prof. Giancarlo Landini
II significato di un premio

La nostra è un'epoca di eventi, di manifestazioni clamorose e di spostamenti interplaneta-ri per assistere a spettacoli organizzati con incredibile scialo di mezzi, spacciando per artistico quello che spesso e solo un ottimo affare per gli organizzatori. Sembra essere andata perduta o, comunque indebolita, la logica di quella semina costante di occasioni che per essere piccole, non sono modeste, e che per essere locali, non contribuiscono in maniera meno efficace alla formazione culturale di un popolo e di una comunità. Se imparerò ad apprezzare il bello nella quotidianità della vita del mio piccolo centro, sarò stato educato ad aprirmi ad una realtà più grande, cercando con spirito critico ciò che vale la pena di essere visto anche a migliaia di chilometri di distanza, fuori da ogni condizionamento mediatico e da ogni massificazione.
Il "Pentagramma d'Oro" appartiene alla seconda categoria, alla semina costante nell'ambito del quotidiano. E' come le biblioteche dei nostri piccoli centri: indispensabile premessa per educare alla frequentazione delle più prestigiose istituzioni del mondo. I suoi organizzatori l'hanno costruito su solide basi, proponendo al loro pubblico, artisti di fama internazionale, consacrati dal successo nei più importanti teatri del mondo, dalla Scala, all'Opera di Vienna, al Metropolitan. Può sembrare incredibile che personalità di questo genere, abituate a lavorare con Riccardo Muti o Claudio Abbado, a cantare accompagnati dalle più grandi orchestre, possano accettare la cornice modesta del Cinema Tiglio, che non scintilla di cristalli preziosi e non ospita nella sua platea un parterre esclusivo. In realtà non è così. Gli artisti, quelli veri, che non hanno bisogno di presentazione, sanno che l'arte ha patria dovunque e che vive comunque. Sanno che il pubblico, quello vero, riconosce il bello per istinto e che il cuore, che ci fa da bussola in questa ricerca, non ha bisogno di erudizione e che la cultura è condivisione di valori. Per questo hanno onorato ed onorano il "Pentagramma d'Oro", che l'Associazione Musicale ha ideato e che le Istituzioni hanno sostenuto e sostengono. Il premio diventa così il momento più alto di un'attività musicale che dura tutto l'anno, che si sviluppa nel territorio, che si propone un'opera di divulgazione musicale. Il Premio diventa il fil rouge che lega la quotidianità dell'Associazione alla vita musicale internazionale. La presenza dì grandi nomi - e quelli invitati appartengono alla fascia più eletta degli artisti - è il segno tangibile del legame che esiste tra l'Associazione, il Premio e la vita musicale internazionale. La presenza di Daniela Dessi e di Fabio Armiliato non è che l'ennesima conferma della bontà dell'operazione che 1'"Associazione Pentagramma" conduce. Nella presente edizione, poi, la cerimonia del Premio, la presentazione degli artisti premiati, la loro generosa esibizione si completano con l'esecuzione in forma di concerto, con accompagnamento del pianoforte, di un'opera completa. E' il segno forte di una manifestazione che non vuole essere un'occasione mondana, ma un momento di divulgazione. L'opera lirica, patrimonio speciale del nostro paese, conosce un'eclissi dovuta soprattutto alla possibilità sempre più rara di poterla ascoltare e fruire nella quotidianità. Proporre un'opera, come Pagliacci, farla conoscere alle giovani generazioni, significa contribuire alla conservazione di una cultura. Invitare a Marnate artisti come Mariella Devia, Mirella Freni, Nicolai Ghiaurov, Leo Nucci, Giuseppe Sabbatini, Barbara Frìttoli, Natale De Carolis, Carla Fraccì, Uto Ughi, Daniela Dessi e Fabio Armiliato, significa promuovere una comunità, creare assieme le condizioni di una vita più civile.


Relazione del Prof. Giancarlo Landini sull' Opera "Pagliacci" Ascoltare Pagliacci
II 21 Maggio 1892, al Teatro Dal Verme di Milano, andarono in scena i Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Il Dal Verme, che sorge nella zona di Foro Bonaparte, ospitava le novità dei giovani di belle speranze, in cerca di successo. Era la seconda ribalta del capoluogo lombardo, terra di esperimenti per musicisti ancora esclusi dalla Scala o per editori, Casa Sonzogno, che i potenti Ricordi tenevano lontano dalla Scala del Piermarini. Leoncavallo era nato a Napoli nel 1857. Aveva già 35 anni e non aveva ancora afferrato la fortuna. Si era diplomato al Conservatorio di San Pietro a Majella, aveva scritto un'opera senza successo, il Chatterton. Era emigrato in Francia. Aveva suonato nei caffè-concerto, composto canzoni, conosciuto Victor Maurel, per il quale Verdi aveva pensato i personaggi di Jago e di Falstaff. Grazie a lui aveva ottenuto la commissione di un dramma storico, I Medici, che vedranno la luce non senza beghe giudiziarie con l'editore. Nel frattempo si era dedicato alla librettistica, collaborando alla Manon Lescaut di Puccini. Nel 1890 aveva assistito al successo di Cavalleria Rusticana di Mascagni e al dilagare del Verismo. Gli eroi romantici in cimiero e giustacuore lasciavano il passo a nuovi personaggi in abiti borghesi, a storie prese dalla strada, a fatti di cronaca nera, vicende di bassifondi e di coltello. Il realismo entrava all'opera e cambiava anche lo stile di canto che si faceva più violento e sanguigno, perdeva in aristocrazia, ma guadagnava in passione verace. Enrico Caruso era il campione del nuovo corso. Leoncavallo decise di buttarsi nella mischia, tanto più che lui la storia ce l'aveva. Quando suo padre faceva il giudice in Calabria, aveva assistito ad un fatto di sangue accaduto a Monlalto Uffugo. Abbarbicata sulle colline, questa cittadina si trova a qualche chilometro da Coscnza. Nel cortile del Municipio, dove ancora oggi d'estate si fanno spettacoli, si era esibita una compagnia di saltimbanchi. La primadonna se la intendeva con un servitore di casa Leoncavallo, che con il bimbo per mano, era andato ad assistere ad una rappresentazione nella speranza di rivedere la sua amata. Gli amici avevano messo in sospetto il marito, che nella compagnia era il capocomico e sosteneva la parte del Pagliaccio. La gelosia fece il resto: la moglie e l'amante morirono a coltellate. Il marito fu processato e il giudice, il padre di Ruggero, gli inflisse la condanna prevista dal codice penale. La storia era buona, era vera. Bisognava solo adattarla al teatro. Leoncavallo, che posava a piccolo Wagner italiano, scrisse anche il libretto. Due atti molto rapidi, preceduti da un Prologo nel quale compare alla ribalta il baritono che poi reciterà la parte di Tonio. Espone i principi estetici di un'arte vera, che studia da vicino le passioni dell'uomo. Leoncavallo mise in musica le teorie del Naturalismo francese.

Poi l'opera ha inizio: vediamo il paese in festa, l'arrivo della compagnia, i contadini che invitano Canio a bere all'osteria. Tonio, lo sciancato, segretamente innamorato di Nedda, rifiuta. Qualcuno scherza, fa notare solo che vuole rimanere per farle la corte. E' una battuta infelice che fa esplodere la gelosia di Canio. Rimasta sola Nedda guarda gli uccelli che volano, li chiama i boemi del cielo, les bohémiens, gli zingari. Lei è una zingara che vorrebbe vivere libera e che ha accettato di diventare la moglie di Canio, per sfuggire alla fame. Tonio la osserva, la corteggia. Lei lo insulta, lo frusta. Arriva Silvio, l'amante. Decidono di fuggire quella notte. Ma Tonio li ha visti, è corso all'osteria, torna con Canio che per un soffio non sorprende l'amante. E' disperato, ma deve per forza vestire la giubba del pagliaccio e recitare la commedia. Un Intermezzo musicale riassume il momento drammatico. L'idea di separare le parti di un'opera breve con una pagina orchestrale da Cavalleria Rusticana, il cui Intermezzo aveva riscosso un successo strepitoso. Leoncavallo voleva cavalcare la novità. Si riapre il sipario. Si fa sera. 11 paese si accalca in piazza per assistere alla recita. Nedda è Colombina che tradisce il marito con Arlecchino. Canio, alias Pagliaccio, torna e li sorprende. Nedda chiama Taddeo, vale a dire Tonio, e gli chiede di discolparla. Taddeo risponde con sarcasmo. La commedia, tanto simile alla vita, volge presto in tragedia. Canio non resiste, non vuole più essere pagliaccio, vuole sapere da sua moglie il nome dell'amante. La situazione precipita. Il teatro diventa verità, ma il teatro e la vita sono un'altra cosa. Sul palcoscenico le corna fanno ridere. Nella vita possono provocare un delitto. Canio uccide Nedda che, morendo, nomina Silvio. Canio lo identifica e l'uccide. La commedia è finita.

L'opera venne diretta dal giovane Arturo Toscanini, direttore emergente, ma non ancora consacrato dalla gloria. Nel cast della prima troviamo Victor Maurel, che fece Tonio e il Prologo. Canio era Fiorello Giraud un buon tenore dalla voce robusta, mentre Nedda toccò ad Adelina Sthele, fresca voce di soprano lirico. Il successo trasformò Pagliacci in uno dei titoli più amati del repertorio ed attirò l'attenzione dei cantanti e dei direttori più celebri, che da allora non hanno mai smesso di eseguirla, da Toscanini a Karajan, a Muti, da Caruso, a Gigli, a Del Monaco, a Domingo, a Pavarorti, ad Armiliato, dalla Sthele, a Daniela Dessi, a Fiorenza Cedolins, da Maurel, a Titta Ruffo, a Stracciari, a Bastianini, a Cappuccini, a Pretti, a Pons.
L'opera vive di tre elementi fondamentali. Il primo è l'abile e felice drammaturgia, capace di raccontare con rara concisione gli avvenimenti. Il secondo è l'inventiva melodica, che detta pagina di immediato e forte impatto, a cominciare da "Un lai gioco", a "Vesti la giubba", a "No! Pagliaccio non son", a "Un nido di memorie", "Stridon lassù". Contribuisce all'efficacia del canto l'esatta identificazione dei tipi vocali.
Canio è un tenore drammatico dalla vocalità muscolosa, dal canto espansivo, teso fino allo spasimo, persino brutale, una sorta di Zampano della lirica per chi ricorda il film di Fellini:"La strada", la cui situazione è simile a quella dei Pagliacci.
Nedda è un soprano lirico dalla vocalità esaltata e sensuale. T
onio è un baritono muscoloso, ma capace di sarcasmo e nel Prologo anche di un'avvolgente cantabilità.
Silvio è un baritono lirico, un innamorato che pare uscito da un bozzetto campestre.

Leoncavallo volle fare del servitore di suo padre una figura idealizzata, a cominciare dal nome, quel Silvio, che rimanda al mondo bucolico. In più Leoncavallo creò la delicata figura di Beppe che nella commedia veste i panni di Arlecchino. E' un tenore lirico leggero che canta un'incantevole serenata.
L'ultimo elemento, ma forse il più importante, è l'intelaiatura sinfonica dell'orchestra, quel sapere costruire una partitura dove i cori, suggestivi, i brani solistici, trascinanti, l'orchestrazione geniale, si inseguono senza soluzione di continuità in un contesto di grande modernità. Purtroppo nell'esecuzione moderna, che prevede il pianoforte, questo aspetto va perso, ma l'ascoltatore potrà sempre rifarsi a qualche buona edizione discografica che gli permetterà di cogliere l'arte di Leoncavallo.
Aggiungo un particolare. La città di Montalto Uffugo è rimasta legata a Leoncavallo. Non solo alla fine di agosto si organizza un Festival Leoncavallo, ma tutti, proprio tutti conoscono i Pagliacci. L'Amministrazione Comunale ha posto una targa nel cortile del Municipio a ricordo del fatto. Chi fosse in vacanza a Paola faccia un salto a Montalto Uffugo, per visitare i luoghi dei Pagliacci, ma anche per ammirare una delle più belle chiese di Calabria, quella Collegiata che domina il paese di Canio e di Nedda.
 


 

 

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