TONIO
Si può?... Si può?...
(poi salutando)
Signore! Signori!... Scusatemi
se da sol me presento.
Io sono il Prologo:
Il concetto vi dissi...
Or ascoltate com'egli è svolto.
(gridando verso la scena)
Andiam. Incominciate!
CANIO
Un grande spettacolo a ventitré ore
prepara il vostr'umile e buon servitore!
Vedrete di Tonio tremar la carcassa,
e quale matassa d'intrighi ordirà.
Venite, onorateci signori e signore.
A ventitré ore! A ventitré ore!
UN ALTRO CONTADINO
(ridendo)
Bada, Pagliaccio,
ci solo vuol restare
per far la corte a Nedda!
CANIO
(ghignando, ma con cipiglio)
Eh! Eh! Vi pare?
Un tal gioco, credetemi,
è meglio non giocarlo con me, miei cari;
e a Tonio... e un poco a tutti or parlo!
Il teatro e la vita non son la stessa cosa;
no... non son la stessa cosa!!...
Un tal gioco, credetemi,...
è meglio non giocarlo!
CONTADINI E CONTADINE
Andiam! Andiam! etc.
Don, din don, din don, etc.
Din don, suona vespero,
ragazze e garzon, din don!
NEDDA
(pensierosa)
Qual fiamma avea nel guardo!
Gli occhi abbassai per tema ch'ei leggesse
il mio pensier segreto!
La mamma mia, che la buona ventura annunziava,
comprendeva il lor canto
e a me bambina così cantava:
Hui! Hui!
Stridono lassù, liberamente
lanciati a vol, a vol come frecce, gli augel.
TONIO
(ridiscendendo, con dolcezza)
È colpa del tuo canto.
Affascinato io mi beava!
NEDDA
(ridendo con scherno)
Ah! ah! Quanta poesia!...
TONIO
So ben che difforme, contorto son io;
che desto soltanto lo scherno e l'orror.
Eppure ha'l pensiero un sogno, un desio,
e un palpito il cor!
TONIO
(Dà un urlo e retrocede.)
Per la Vergin pia di mezz'agosto, Nedda,
giuro... me la pagherai!
NEDDA
(affrettandosi verso di lui)
Silvio! a quest'ora...
che imprudenza!
SILVIO
E fra quest'ansie in eterno vivrai?!
Nedda! Nedda!
Decidi il mio destin,
Nedda! Nedda, rimani!
SILVIO
Tutto scordiam!
Ti guardo, ti bacio!
(stringendola fra le braccia)
arrivano, camminando furtivamente dalla scorciatoia, Canio e Tonio
TONIO
(ritenendo Canio)
Cammina adagio e li sorprenderai!
CANIO
(con rabbia concentrata)
Derisione e scherno!
Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier.
Fa lo stesso; poiché del drudo il nome or mi dirai.
NEDDA
Vano è l'insulto.
È muto il labbro mio.
TONIO
(piano a Canio, spingendolo sul davanti della scena)
Calmatevi padrone...
È meglio fingere; il ganzo tornerà.
Di me fidatevi!
PEPPE
(uscendo dalle scene)
Andiamo, via, vestitevi padrone.
CANIO
Recitar! Mentre presso dal delirio
non so più quel che dico e quel che faccio!
Eppur è d'uopo... sforzati!
Bah! sei tu forse un uom?
Tu se' Pagliaccio!
COLOMBINA
Pagliaccio mio marito
a tarda notte sol ritornerà...
E quello scimunito di Taddeo...
perché mai non è ancor qua?
Ah! ah!
ARELCCHINO
(di dentro)
O Colombina, il tenero fido Arlecchin
è a te vicin!
Di te chiamando, e sospirando aspetta il poverin!
La tua faccetta mostrami, ch'io vo' baciar
senza tardar.
TADDEO
È dessa!
(poi levando bruscamente al cielo le mani ed il paniere)
Dei, come è bella!
COLOMBINA
E Pagliaccio è partito?
TADDEO
(come sopra)
Egli parti!
COLOMBINA
Che fai così impalato?
Il pollo hai tu comprato?
TADDEO
(retrocedendo comicamente verso la porta a destra)
Numi! s'aman!
m'arrendo ai detti tuoi.
(ad Arlecchino)
Vi benedico! Là veglio su voi!
COLOMBINA
Facciam merenda.
COLOMBINA
(alla finestra)
A stanotte...
E per sempre io sarò tua!
CANIO
(porta la mano al cuore e mormora a parte)
Nome di Dio! quelle stesse parole!
(Avanzandosi per dir la sua parte.)
Coraggio!
(forte)
Un uomo era con te!
(Riprende la commedia.)
Ah! sola io ti credea
(mostrando la tavola)
e due posti son là!
NEDDA
Con me sedea Taddeo,
che là si chiuse per paura!
(verso la porta a sinistra)
Orsù... parla!
TADDEO
(di dentro, fingendo tremare ma con intenzione)
Credetela! Credetela!
Essa è pura!!
E abborre dal mentir
quel labbro pio!!
CANIO
Vo' il nome de l'amante tuo,
del drudo infame a cui ti desti in braccio,
o turpe donna!
CANIO
No! Pagliaccio non son;
se il viso è pallido,
è di vergogna, e smania di vendetta!
L'uom riprende i suoi dritti,
e'l cor che sanguina vuol sangue
a lavar l'onta, o maledetta!
Ma il vizio alberga sol ne l'alma tua negletta;
tu viscere non hai... sol legge e'l senso a te!
Va, non merti il mio duol,
o meretrice abbietta,
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