ATTO SECONDO

JAGO: (a Cassio)
Non ti crucciar. Se credi a me, tra poco
farai ritorno ai folleggianti amori
di Monna Bianca, altiero capitano,
coll'elsa d'oro e col balteo fregiato.

JAGO:
Attendi a ciò ch'io dico.
Tu dêi saper che Desdemona è il Duce
del nostro Duce, sol per essa ei vive.
Pregala tu, quell'anima cortese
per te interceda e il tuo perdono è certo.

JAGO: (seguendo coll'occhio Cassio)
Vanne; la tua meta già vedo.
Ti spinge il tuo dimone,
e il tuo dimon son io.
E me trascina il mio, nel quale io credo,
inesorato Iddio.

Credo in un Dio crudel che m'ha creato
simile a sè e che nell'ira io nomo.
Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo
vile son nato.
Son scellerato
perchè son uomo;
e sento il fango originario in me.

E credo l'uom gioco d'iniqua sorte
dal germe della culla
al verme dell'avel.

Vien dopo tanta irrision la Morte.

E poi? E poi? La Morte è il Nulla.
è vecchia fola il Ciel.

Eccola. . .Cassio. . .a te. . .Questo è il momento.
Ti scuoti. . .vien Desdemona.

(Cassio va verso Desdemona, la saluta, le s'accosta)

S'è mosso; la saluta
e s'avvicina.


JAGO: (simulando di non aver visto Otello e fingendo di parlare fra sè)
Ciò m'accora.

OTELLO:
Che parli?
JAGO:
Nulla. . .voi qui? una vana
voce m'uscì dal labbro.

OTELLO:
Colui che s'allontana
dalla mia sposa, è Cassio?

OTELLO:
Che ascondi nel tuo core?

OTELLO:
"Che ascondo in cor, signore?"
Pel cielo, tu sei l'eco dei detti miei, nel chiostro
dell'anima ricetti qualche terribil mostro.

OTELLO:
Dunque senza velami
t'esprimi, e senza ambagi.
T'esca fuor dalla gola
il tuo più rio pensiero colla più ria parola.

OTELLO:
Miseria mia! No! il vano sospettar nulla giova.
Pria del dubbio l'indagine, dopo il dubbio la prova,
dopo la prova (Otello ha sue leggi supreme),
amore e gelosia vadan dispersi insieme!

JAGO:
Un tal proposto spezza di mie labbra il suggello.

JAGO:
vigilate. . .soventi le oneste e ben create
coscienze non vedono la frode: (sottovoce) vigilate.

Qui fra gigli e rose,
come a un casto altare,
padri, bimbi, spose
vengono a cantar.

DESDEMONA: (a Otello)
D'un uom che geme sotto il tuo disdegno
la preghiera ti porto.

OTELLO:
Era lui
che ti parlava sotto quelle fronde?

DESDEMONA:
Lui stesso, e il suo dolor che in me s'infonde
tanto è verace che di grazia è degno.
Intercedo per lui, per lui ti prego.
Tu gli perdona.

OTELLO:
M'ardon le tempie.

DESDEMONA: (spiegando il suo fazzoletto come per fasciare la fronte d'Otello)
Quell'ardor molesto
svanirà, se con questo
morbido lino la mia man ti fascia.

JAGO: (a Emilia sottovoce)
(Quel vel mi porgi
ch'or hai raccolto.
EMILIA: (sottovoce a Jago)
(Qual frode scorgi?
Ti leggo in volto.

DESDEMONA:
La tua fanciulla io sono
umile e mansueta;

Guardami in volto e mira
come favella amor.

Vien ch'io t'allieti il core,
ch'io ti lenisca il duol.

Dammi la dolce e lieta parola del perdon.

JAGO: (a sé stesso)
(Già la mia brama
conquido, ed ora
su questa trama
Jago lavora!)

OTELLO:Desdemona rea!

OTELLO:
Atroce idea!

OTELLO: (balzando)
Tu? Indietro! fuggi!
M'hai legato alla croce! Ahimè!


JAGO:
Divina grazia difendimi!
(alzandosi) Il cielo vi protegga. Non son più vostro alfiere.
Voglio che il mondo testimon mi sia
che l'onestà è periglio.

JAGO: (ritornando verso Otello)
Signor, frenate l'ansie.

E qual certezza v'abbisogna?
Avvinti vederli forse?

JAGO:
Ardua impresa sarebbe; e qual certezza
sognate voi se quell'immondo fatto
sempre vi sfuggirà?

JAGO e OTELLO: (alzando le mani al cielo come chi giura)
Sì, pel ciel marmoreo giuro!

Per le attorte folgori!
Per la Morte e per l'oscuro mar sterminator!

D'ira e d'impeto tremendo presto fia
che sfolgori questa man ch'io levo e stendo!

Dio vendicator!

I saluti al coro ed al maestro del coro
Debora Mori
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