Per motivi di maltempo l'opera è andata in versione semiscenica al Coccia di
Novara anziché al
ANFITEATRO GIOVANNI PAOLO II, SORDEVOLO (BIELLA)
Diversi anni or sono feci alla Biblioteca di Vigevano una conferenza su AIDA
(Verdi) e volli fare sentire come nell'opera più celebrativamente sonora, tra
squilli di tromba, marce e balletti, ci fosse molta più musica intima che non
appunto squilli di trombe varie.
In questa occasione il maltempo che imperversa in questa strana estate 2024,
tra pochi giorni caldissimi e rovesci fragorosi che compromettono le
rappresentazioni all'aperto, ha costretto ad una precipitosa sostituzione della
sede per la recita di AIDA di sabato 6 luglio, dalla prevista e scenografica
Arena all'aperto di Sordevolo, alla grande sala del Teatro Coccia di Novara.
Il pubblico non si è certo ritirato ma, anche con i vari pullman che hanno
cambiato direzione, sono arrivati a Novara molto per tempo per formare una
lunga ma ordinata coda in attesa della apertura delle porte, infatti i biglietti
per l'Arena non prevedevano un posto fisso e quindi tutti in coda per
assicurarsi la miglior posizione internamente al teatro.
La corsa in tempi ridottissimi è stata fatta da tutta l'equipe che ha trovato
una soluzione a mio parere ottimale per ridurre in un solo giorno da arena
all'aperto al palcoscenico scene e proiezioni e ci sono riusciti in modo
veramente pregevole.
Credo che - come diceva Verdi - riducendo si guadagna non si perde.
Sono stati conservati trucco e costumi per tutti i personaggi principali, per
il gruppo di figuranti ma non per il coro che si è mosso in abito scuro.
Parlando con Alberto Jona, regista dello spettacolo, ci ha confermato
che l'ideazione di base e i movimenti scenici, sono rimasti gli stessi previsti
per la realizzazione all'aperto, si sono dovuti solo inserire i bauli di scena
più che altro per delimitare gli spazi che hanno sostituito le installazioni più
grandi che non si potevano trasferire.
L'idea che ha mosso questa messa in scena la riassumerei nella
immedesimazione dell'archeologo.
L'opera si apre infatti con una scena che ricorda le grandi scoperte
archeologiche dell'800, personaggi in costume come ci immaginiamo lo fossero nel
corso degli scavi in Egitto e con il giovane assistente archeologo che si perde
nello sfogliare gli antichi papiri, sino a sentire il richiamo del sacerdote
Ramfis che lo trascina a vivere una storia di reincarnazione in un antico
glorioso guerriero del Faraone, una storia che vivrà sino alla tragica fine,
dalla quale si scuoterà solo dopo la morte accanto alla donna che ha amato
durante questo lungo sogno.
Mi ripeto, ma quando si perde qualcosa si guadagna, e quello che abbiamo
guadagnano è stata una migliore qualità dell'ascolto e che tutti i personaggi si
sono prodigati ad immedesimarsi con passione nella recitazione che ha fatto
emergere il carattere psicologicamente voluto da Verdi, nella realtà dei
sentimenti dei personaggi, non fissi stereotipati ma talmente umani da essere
combattuti loro stessi in uno scontro di sentimenti nella propria anima.
Aida combattuta tra l'amore per il suo nemico ed il dovere e l'amore verso il
padre, i fratelli e la patria.
Radames disposto a combattere contro un esercito ma incapace di difendere il
suo amore dall'assalto dell'amore di un'altra donna, Radames che affronta con il
silenzio la condanna a morte, ma non ha il coraggio di lasciare il suo mondo per
la donna che adora.
Amonasro sembra più monolitico nei suoi sentimenti ma in questa recita lo
abbiamo visto per la prima volta buttare a terra la figlia che non collabora, ma
poi rialzarla amorosamente capendo il suo sacrificio e anche a cercare di
sostenere Radames sconvolto dalla incauta rivelazione che si è lasciato carpire.
Quindi scene al top (come ci ha detto il maestro Jona grazie al Visual
Designer Luca Attilii che ha ridotto e integrato le proiezioni in meno di 24
ore) e recitazione al top, ma la musica?
Direi che il cast è stato di ottimo livello vocale e interpretativo e un
riconoscimento particolare va al maestro Marco Alibrando che ha lavorato sul
tessuto orchestrale per mettere in evidenza anche passaggi con strumenti
solistici che molte volte non si sentono nelle esecuzioni più attente alla
magniloquenza della musica che non alla sua intimità.