Tre artisti, accomunati dallo stesso fuoco, dagli
stessi ideali. Erano amici, si conoscevano, si frequentavano. Manzoni,
persona molto schiva, è stato ritratto in modo mirabile da Hayez che, a
sua volta si è ispirato ai suoi scritti come «Carmagnola» (la storia del
capitano di ventura al servizio della Repubblica Veneta che dà il via al
romanticismo in letteratura) e i «Promessi sposi». Verdi si avvaleva
della consulenza di Hayez, docente a Brera dal 1823 al 1880, per la
messinscena dei suoi melodrammi.
Un esaltante confronto tra pittura e musica giocato spesso sugli stessi
temi, come «I due Foscari», «I Lombardi», i «Vespri siciliani », titoli
di opere verdiane che hanno ispirato alcuni quadri di Hayez.
ORCHESTRA
1- Nabucco ouverture
2- I due Foscari, dal più remoto esilio, si lo sento iddio mi chiama
3- Aria Nabucco: anch’io dischiuso un giorno
4- Attila, tregua ecco gli unni, dagli immortali vertici
5- I Lombardi alla prima Crociata, Variazioni per violino obbligato e
Orchestra
6-Rigoletto, La donna è mobile
PAUSA
7-Vespri Siciliani ouverture
8-Verdi - Ernani, ''Gran Dio! Oh de'verd'anni miei
9- Trovatore: Tacea la notte placida
10- Vespri Siciliani, L'Estate
11- I Lombardi, La mia Letizia Infondere
12- Rigoletto, Cortigiani, vil razza dannata
13- Vespri Siciliani, Mercè dilette amiche
14- TERZETTO TROVATORE :
Tace la notte.. di geloso amor sprezzato
Note di sala a cura di Michele Spotti
In un paese in cui gli analfabeti ufficialmente censiti sono il 78 per
cento della popolazione e non piccola parte del restante 22 per cento sa
stendere soltanto la propria firma, il romanzo o la poesia restano
fatalmente chiusi in un cerchio ristretto.
L'unico mezzo artistico e immediato di diffusione delle idee è il
teatro. Esso rappresenta il contatto diretto col pubblico più vasto e
riverbera la propria influenza sulla società. Fatte le debite
proporzioni, la posizione del melodramma nel secolo scorso corrisponde a
quella del cinema nella prima parte del nostro e oggi a quella della
televisione. I critici letterari hanno molto insistito sull'influenza
della letteratura romantica sulla musica del melodramma.
E' senza dubbio vero che i libretti pescano a piene mani nelle novità
editoriali dell'epoca, ispirandosi quindi a opere di Walter Scott,
Victor Hugo, Alexandre Dumas figlio e molti altri oggi meno noti. Va
però riconosciuta al melodramma un importante funzione in questo senso:
molto Romanticismo europeo entra in Italia grazie all'opera lirica,
attraverso cui giunge a influenzare la cultura e il costume anche delle
classi popolari. Si ricordi, ad esempio, che Rossini promuove la
conoscenza dell'opera di Walter Scott prima di Manzoni (La donna del
lago, ispirata a un poema narrativo di Scott, è rappresentata per la
prima volta al S. Carlo di Napoli nel 1819; la prima edizione dei
Promessi Sposi è solo del 1827).
E' però verificabile anche l'influenza inversa: il melodramma agisce
sulle caratteristiche del romanzo storico italiano. Tra la composta
ragionevolezza del Manzoni e la pittoresca iconografia dei suoi
successori (D'Azeglio, Grossi, Guerrazzi ecc.) sta il costume
melodrammatico.
Mentre in Inghilterra, in Francia, nascono Thackeray, Dickens, Flaubert,
in Italia il racconto in prosa dà scarsi frutti. Questo fatto suggerisce
un'altra osservazione sul ruolo del melodramma nella cultura italiana
ottocentesca. Antonio Gramsci, nei Quaderni del carcere osserva come, in
Italia, il vero romanzo popolare sia il melodramma. Mentre in Francia o
in Inghilterra si sviluppa una letteratura nazionalpopolare -attraverso,
ad esempio, la fioritura del feuilleton- questo in Italia non accade e
la letteratura mantiene una connotazione aristocratica ed elitaria: "in
Italia la musica ha in una certa misura sostituito, nella cultura
popolare, quella espressione artistica che in altri paesi è data dal
romanzo popolare e i genii musicali hanno avuto quella popolarità che
invece è mancata ai letterati." (Gramsci)
Il melodramma, insomma, è la traduzione in termini universalmente
intelligibili, dei grandi temi che la letteratura riserva alla cerchia
ristretta degli intenditori; il luogo in cui si incontrano la «gente
istrutta», per dirla col De Sanctis, e il popolano incolto, l'uno e
l'altro partecipi, a livelli diversi, della nascita della società
moderna.
VERDI E MANZONI
Si può parlare del melodramma, quindi, come di una compenetrazione tra
musica e letteratura, che si palesa, come si è detto, nei temi, nelle
situazioni, nella lingua e molto spesso nelle ideologie.
Esempio eclatante di ciò è dato dall’insieme delle opere
patriottiche-risorgimentali di Verdi: unione tra una musica sublime (e
contemporaneamente viva, ardente passionale) e le idee esposta nella
letteratura, non solo, di propaganda, ma anche, in quella colta.
Giunge subito alla mente un possibile collegamento tra i contenuti di
alcune arie di opere come “La battaglia di Legnano”, “I Lombardi alla
prima crociata”, “Nabucco” , “Attila” e una delle più belle poesie
civili del Manzoni: l’ode “Marzo 1821”. Un confronto tra i versi può
rendere più palese l’idea che i due grandi artisti volevano trasmettere:
MANZONI VERDI
Cara Italia! dovunque il dolente “Viva Italia! Un sacro patto
Gridò uscì del tuo lungo servaggio tutti stringe i figli suoi”
[…] non c'è cor che non batta per te.
(decima strofa)
(Battaglia di Legnano)
Oggi, o forti, sui volti baleni “Pugnerem colle braccia, co' petti;
Il furor delle menti segrete schiavi inulti più a lungo e negletti
Per l'Italia si pugna, vincete! non saremo…”
(dodicesima strofa)
ERNANI
Al di là delle somiglianze, e delle innegabili suggestioni che il testo
manzoniano (insieme ad altri versi famosi, quali “Dagli atri muscosi,
dai Fori cadenti” - Adelchi, coro dell’atto III- o “S’ode a destra uno
squillo di tromba” - Il conte di Carmagnola, coro dell’atto II) potrà
aver esercitato sui librettisti verdiani, per la felice esultanza,
l’impeto dei versi, la passionalità, l’ardore del sentimento
patriottico, occorre però vagliare con attenzione cirtica l’impronta
personale manzoniana, che inevitabilmente distingue “Marzo 1821” dai
versi dell’opera, sicuramente appassionati, sicuramente funzionali a
suscitare l’entusiasmo del pubblico, ma, privati della musica, spesso
goffi e retorici.
Il linguaggio e la struttura del libretto d’opera sono stati oggetti di
numerosi studi (da Giacomo Debenedetti, a Luigi Baldacci a Mario
Lavagetto), tutti concordi nel riconoscere i limiti “poetici” del
libretto romantico; ha scritto Giacomo Debenedetti che i libretti sono
"grossi garbugli", che "devono funzionare come macchine, come dinamo
costruite di vecchio ferrame e tuttavia capaci di far esplodere momento
per momento situazioni, gesti, gridi, che non si dimenticano più".
Chi ha esaminato i carteggi di Verdi con i suoi librettisti ha messo in
evidenza l'atteggiamento del musicista verso i libretti: essi si
sottraggono a ogni valutazione puramente letteraria; la loro "bellezza"
dipende dalla loro "musicabilità", ogni giudizio su di essi può e deve
basarsi solo su criteri funzionali. "Da dodici anni – osserva Verdi nel
1856 – sono accusato di mettere in musica i più pessimi libretti che
siano stati fatti e da farsi, ma (vedete l'ignoranza mia!) io ho la
debolezza di credere, per esempio, che il Rigoletto sia uno dei più bei
libretti, salvo i versi, che vi siano". "Salvo i versi dunque! I quali
possono anche essere rozzi, ridicoli, goffi, banali, poco equilibrati e
difettosi per lo stesso Verdi, senza inficiare i meriti di un libretto,
meriti da ricercarsi altrove e specialmente nella disponibilità a
mettere in moto quella complessa macchina che è il melodramma:" (Mario
Lavagetto)
La volontà del Manzoni di comporre un canto schiettamente
risorgimentale, di tono epico e guerriero, non gli impedì di affrontare
il tema con una ricchezza di implicazioni ideali e morali sconosciute ai
librettisti verdiani: in un genere popolare quale l’opera, le
riflessioni manzoniane non potevano trovare posto.
L’intuizione poetica su cui Marzo 1821 si fonda consiste
nell’esaltazione della libertà dei popoli come diritto universale, in
quanto sancito da una legge divina. In tal senso, non c’è differenza tra
il patriottismo italiano e quello dimostrato dai popoli germanici contro
Napoleone, come è sottolineato nella dedica al “poeta e soldato della
indipendenza germanica, Teodoro Koerner”.
Superando ogni meschino nazionalismo, il canto patriottico italiano si
apre nel nome di un combattente di diversa nazionalità, anzi di quella
nazionalità che, in quel momento storico, rappresentava per l’Italia il
ruolo dell’oppressore.
VERDI E IL RISORGIMENTO
L'opera lirica assorbì dunque il clima dell'epoca anche per quanto
riguarda la diffusa sensibilità risorgimentale e si prestò a veicolare
messaggi patriottici. Non sempre, è vero, negli autori ci fu l'esplicita
volontà di inserire messaggi di questo tipo; è però altrettanto vero che
il pubblico dell'Ottocento fu pronto a cogliere al volo un'allusione
patriottica, coperta o scoperta, in un coro della Norma o dell'Ernani.
E' noto un episodio accaduto alla Scala il 10 gennaio 1859. Per ovviare
agli inconvenienti, ai piccoli attriti, che si verificavano quando
borghesi e militari venivano a contatto, l'imperial regio comando
austriaco aveva disposto che la platea del teatro venisse divisa in due
parti (ognuna con distinti ingressi) delle quali l'anteriore, verso il
palcoscenico, riservata alla milizia, la posteriore al pubblico normale
dei Milanesi. Quella sera del '59, non appena il coro dei Druidi attaccò
il "Guerra, guerra!" nell'Atto secondo della Norma di Bellini,
scoppiarono tra i borghesi applausi così vivi e insistiti che i
militari, ben comprendendone il significato extramusicale, si alzarono
tutti in piedi e, girate le spalle al palco e fronteggiando quindi
l'altra metà del pubblico, cominciarono a loro volta a battere le mani e
a urlare furiosamente. In seguito a questo incidente il comando della
piazza proibì che il coro venisse cantato. E questo è solo un esempio
degli interventi censori sull'opera.
"Che la musica potesse essere un alleato potente dell'ideologia della
liberazione lo aveva del resto auspicato Mazzini già nel 1836, nel
saggio Filosofia della musica, dove era indicata la necessità, per così
dire, "politica" di una nuova musica, non più aulica e aristocratica, ma
romantica e popolare che sapesse unificare, in una sublime armonia, i
sentimenti individuali con quelli collettivi della nazione. Mazzini
indicava soprattutto nel coro il simbolo di tale armonica fusione".
(Lucio Villari)
E furono infatti i cori, soprattutto quelli di alcune opere verdiane a
simboleggiare le lotte del Risorgimento, primo fra tutti il famosissimo
“Va pensiero” del Nabucco. Il Nabucco, andato in scena in anni “caldi”
per la patria (1842), è un’opera verdiana significativa anche per
ragioni che vanno al di là della somma dei suoi aspetti verbali, scenici
e musicali; infatti essa è sostenuta da significati extramusicali tali
da suscitare negli Italiani quel misto di condiscendenza e di timore
reverenziale, che contraddistingue un vero monumento nazionale.
La ragione di ciò risiede fondamentalmente nel persistente legame
dell’opera con i mutamenti sociali e politici propri del Risorgimento e
con l'insistita ricerca di un’unità nazionale.
Se si analizza l’opera da vicino, però, ci si rende conto che la fama di
Nabucco ruota tutta attorno al coro del terzo atto “Va pensiero sull’ali
dorate”, nel quale gli schiavi ebrei lamentano la perdita della loro
patria. Ma tutti, alla prima rappresentazione, sapevano e compresero
benissimo la metafora: sotto la disperazione degli Ebrei non si nasconde
altro che il sentimento degli Italiani per la “perdita” della loro
patria, allora sotto il giogo della dominazione straniera.
E non sono solo le parole del librettista Temistocle Solera ad evocare
idee patriottiche: la musica di Verdi dà una forte spinta all’idea di
coralità: è un coro dove tutte le voci sono all’unisono con un carattere
innodico. Non c’è varietà ritmica, cosa che crea quell’effetto
incantatorio che ha reso famosa tale aria. Non a caso Rossini definì
tale coro “aria per soprani, contralti, tenori e bassi”, cogliendo così
il senso emotivo e musicale di quella massa corale che cantava un’unica
linea melodica.
Un’altra opera molto importante, dove l'allusione politica è resa
evidente da un coro, è Ernani. Anche qui sotto le spoglie dei congiurati
il pubblico si riconobbe:
…come un dì contro i Mori …
siamo tutti una sola famiglia
pugnerem con le braccia e co’ petti;
schiavi inutil più a lungo e negletti
non sarem finchè vita abbia il cor.
Francesco Maria Piave, il librettista, utilizza una terminologia ad
effetto, che mette in rilievo il desiderio di una guerra che potesse
spazzare via dal suolo italiano le potenze straniere. Il pubblico di
Verdi, ascoltando quelle che saranno viste dagli storici come le parole
chiave del Risorgimento, ossia “Pugnare”, ”famiglia”, “cor” come sede
dell’amore di patria e del desiderio di libertà - tutte sottolineate
dalla musica di Verdi, in particolare “siamo tutti una sola famiglia” -
continuò ad accendersi di ideali nazionalisti addirittura fino ai primi
anni del ventesimo secolo.
L’opera lirica è data non soltanto dall’unione di musica e parole, ma,
in quanto genere da rappresentarsi sulla scena, necessita anche di
contributi di carattere figurativo per la scenografia e i costumi. In
questo senso si possono esaminare gli influssi che la contemporanea
pittura può aver esercitato sull’immaginario di Verdi e sulla
composizione delle sue opere.
Sull’immaginario verdiano, durante la composizione dei Lombardi alla
prima crociata (rappresentato per la prima volta nel 1843), deve aver
influito il dipinto di Hayez “Pietro l’Eremita che, cavalcando una
bianca mula col Crocifisso in mano e scorrendo le città e le borgate,
predica la Crociata” del 1827-29. Tale opera appartiene al filone di
quadri di soggetto storico, che costituirono la parte più cospicua della
produzione di Hayez a partire dal 1820. La celebrazione, infatti, di
episodi della storia nazionale, esempio delle antiche virtù civili del
popolo italico, si accordava con le aspirazioni patriottiche della
nobiltà e degli intellettuali lombardi, alimentandone gli ideali
risorgimentali.
Esposto a Brera nel 1829, il quadro venne accolto con grande entusiasmo,
non solo dal pubblico ma anche dalla critica, che vi lesse
un’esortazione al popolo italiano a lottare per l’indipendenza e l’unità
nazionale.
Il dipinto ha un’impostazione che si potrebbe definire “melodrammatica”:
i gesti e le azioni dei personaggi, che esprimono emozioni e sentimenti,
sono enfatizzati, proprio come accade in un melodramma teatrale. Le
varie figure recitano, infatti, un ruolo ben preciso, muovendosi su una
scenografia priva di profondità reale, piatta come un fondale dipinto.
Anche nell’opera più famosa di Hayez, “Il bacio. Episodio della
giovinezza. Costumi del secolo XIV”, apparentemente intimista e privato,
è possibile leggere un preciso messaggio allegorico-politico, certamente
chiaro ai contemporanei, cosa che contribuì all’enorme successo del
dipinto. Come suggerito dal titolo completo, l’opera rappresenta una
scena sentimentale ambientata nel medioevo, secondo il gusto romantico.
Ad un esame più attento alcuni particolari suggeriscono, invece, una
diversa e più complessa interpretazione.
Le braccia della fanciulla si stringono con forza alle spalle del suo
compagno, come per trattenerlo: un atteggiamento che tradisce una
segreta preoccupazione, quasi si trattasse di un estremo saluto,
l’ultimo addio all’amato che si appresta ad affrontare una sorte incerta
e pericolosa. L’uomo lascia, infatti, emergere dal mantello un pugnale.
La sua posizione, con il piede appoggiato sul gradino, manifesta un
certo nervosismo, come se avesse fretta di partire per il timore di
essere scoperto. Un comportamento un po’ sospetto, forse da cospiratore.
Un’ombra minacciosa compare sullo sfondo del dipinto, dietro l’arco di
ingresso, rendendo più urgente la fuga.
Anche in questo dipinto si può notare un’impostazione che lo rende
simile ad una scenografia teatrale: su un fondale neutro, sufficiente
tuttavia a suggerire l’epoca storica in cui è ambientato l’evento,
stanno i due giovani amanti, fissati in un atteggiamento teatrale, atto
ad esprimere con immediatezza la loro passione intensa e profonda.
“SENSO” DI LUCHINO VISCONTI”
Una sintesi degli argomenti fin qui trattati -il melodramma verdiano, la
tematica risorgimentale, le suggestioni figurative di Hayez -hanno avuto
un’interpretazione significativa nel Novecento nel film di Luchino
Visconti “Senso” del 1954.
Liberamente tratto dal racconto omonimo di Camillo Boito, fratello di
Arrigo (musicista e librettista delle ultime opere verdiane), architetto
(a lui fu affidata la progettazione della Casa di riposo per musicisti
di Milano, voluta e finanziata da Verdi negli ultimi anni della sua
vita) e scrittore, il film è ambientato a Venezia nel 1866, durante
l’ultimo periodo della dominazione austriaca.
La trama intreccia le vicende risorgimentali della Terza guerra di
Indipendenza, con al centro la battaglia di Custoza, con la storia
privata dell’infausta passione della contessa Livia Serpieri per il
tenente austriaco Franz Mahler, per amore del quale giungerà a tradire
la causa dei patrioti.
Il film si apre sulla scena finale del terzo atto del “Trovatore”, con
un’inquadratura distante e centrale della scena. Quindi la macchina da
presa si avvicina e si inoltra nel palcoscenico, scoprendo le quinte ed
i macchinisti, poi ruota completamente ed inquadra la platea ed in
seguito i palchi. La prospettiva è stata, dunque, invertita: ora è dal
palcoscenico che viene inquadrata la realtà. Il capovolgimento, però, è
solo apparente: tra gli spettatori sta per cominciare un altro
melodramma, in un gioco insistito di rimandi tra realtà e finzione.
L’intera sequenza della Fenice è impostata sulla specularità tra la
scena e la sala. I patrioti, al grido di “Viva Verdi” e “Viva l’Italia”,
gettano i loro manifestini tricolori al termine del coro “All’armi,
all’armi! Eccone presti/ a pugnar teco, teco a morir”, in cui il coro in
armi sembra sfidare gli ufficiali austriaci nelle prime file di platea.
Il gioco di rimandi tra melodramma e vita continua dopo che il patriota
Ussoni ha sfidato a duello il tenente austriaco Mahler, quando Livia
Serpieri, cugina del patriota, decide di fingersi galante col tenente
per salvare Ussoni. Quanto avviene sul palcoscenico sembra ispirare i
sentimenti di Livia: il timore che il cugino sia arrestato (“Siam
giunti: ecco la torre ove di Stato / gemono i prigionieri..”); il suo
tentativo di salvarlo (“Salvarlo io potrò, forse.”); la necessità di
nascondere la sua preoccupazione a Mahler (“Ma deh, non dirgli,
improvvido, / le pene del mio cor!”).
L’impostazione melodrammatica non si limita alla scena della Fenice, ma
caratterizza tutto il film: il selciato dei campielli e i pavimenti
delle ville si trasformeranno infatti in palcoscenici, le facciate delle
case o gli affreschi in fondali, le tende e le cortine dei letti in
sipari. Lo spettatore, guidato dalla voce fuori campo di Livia, assiste
alla tragedia dei protagonisti come ad un melodramma, cui allude anche
il tono volutamente enfatico e teatrale dei dialoghi.
La stessa enfasi melodrammatica è riscontrabile anche a livello
figurativo, nell’uso del colore, nella sontuosità dei costumi, nei gesti
stessi dei protagonisti. Visconti arriva a ricalcare, come in una sorta
di tableau vivant, il "Bacio" di Hayez.
Comune di Milano, Associazione Amici delle Musica di Milano -
Barona
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Sabato 6 agosto 2016 ore 21.30
LE DAME DI ORFEO
Da Florinda a Euridice: musica e danza
per le dame milanesi del Seicento
Esecuzione strumentale:
ACCADEMIA DEGLI IMPERFETTI
Letizia Dradi,
ricostruzioni ed integrazioni coreografiche
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Amici della Musica Milano
Milano, giovedì 4 agosto 2016 – ore 21,30
Notturni Early
Dance
Social
con LETIZIA DRADI
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Amici della Musica - Milano
Venerdì 29 luglio 2016 ore 21.30
NOTTURNI IN CASTELLO 2016
SOCIAL BRASS
con M° Leonardo Laserra Ingrosso
in collaborazione con la Civica Orchestra di Fiati di Milano
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Sabato 23 luglio 2016 – ore 21,30
Stabat Mater
Vivaldi Project
Liberamente ispirato a “Il Cristo morto” di A.Mantegna
STABAT MATER– Vivaldi Project
SOQQUADRO ITALIANO
Vincenzo Capezzuto - voce e danza
Mauro Bigonzetti – coreografie
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Giovedì 21 luglio 2016 ore 21.30
VERDI, MANZONI,
HAYEZ
Concerto lirico, liberamente ispirato a
“Ritratto di Alessandro Manzoni” di F.Hayez
MILANO CHAMBER ORCHESTRA
Katerina Kotsou – soprano
Oreste Cosimo – tenore
Gabriele Nani – baritono
Michele Spotti – direttore
Castello Sforzesco
Milano –
Cortile delle Armi
Martedì 19 luglio 2016 ore 21.30
KARAOKE
LIRICO
Edizione per Notturni in Castello
Conduttori: Giorgio Valerio
Ospiti: Denis Pivnitskyi, tenore
Il "notaro" Mario Mainino
Al pianoforte Loris Peverada
Le foto sono scattate con:
[x] Panasonic LUMIX FZ1000 20 Megapixel, Zoom 42X, 3200 ISO, LCD ad
Angolazione Variabile
e rigorosamente non hanno subito nessuna post elaborazione.