IL VIAGGIO A REIMS 2/4

 

Teatro Coccia, Novara
STAGIONE LIRICA 2015-2016
Venerdì 9 ottobre 2015 ore 20.30 – Turno A
Domenica 11 ottobre 2015 ore 16.00 – Turno B
Gioacchino Rossini
IL VIAGGIO A REIMS
ovvero l’Albergo del Giglio d’Oro
Dramma giocoso in un atto su libretto di Luigi Balocchi
Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre Italien, 19 giugno 1825
Edizione critica Fondazione Rossini/Ricordi, a cura di Janet Johnson

Personaggi e Interpreti

Direttore d’orchestra MATTEO BELTRAMI

Regia GIAMPIERO SOLARI

Scene - Costumi

ANGELO LINZALATA - ESTER MARCOVECCHIO

ORCHESTRA DEL CONSERVATORIO G. CANTELLI DI NOVARA

CORO SAN GREGORIO MAGNO

Maestro del coro MAURO ROLFI

Maestro ai recitativi con violoncello FERNANDO CAIDA GRECO

NUOVO ALLESTIMENTO - PRODUZIONE FONDAZIONE TEATRO COCCIA

Virtuosi Ambulanti - Contadini e Contadine, Giardiniere e Giardinieri, Servi,

Ballerini e Ballerine, Servitori De’ Viaggiatori Dell’albergo

(Gruppo pattinatori di Novara)

Donate un sostegno alle attività di CONCERTODAUTUNNO
 


Seguono immagini della prova generale:

Parte PRIMA Parte SECONDA - Parte TERZA
Conferenza


 
 

Scena ottava
Il Barone, Antonio

Barone di Trombonok
(ad Antonio, trattenendolo)
Eh! senti, mastro Antonio...

Antonio
Che comanda?

Barone di Trombonok
Sai che partiam sta sera
per Reims; tua cura sia
di far porre sul ciel delle carrozze
vestiti e biancheria:
se ci vuol qualche spesa, falla ed io,
ch’eletto a pieni voti per cassiere
fui dall’illustre amabil compagnia,
pagherò l’occorrente;
intendi?

Antonio
Sì signor, non pensi a niente.
(parte)

Barone di Trombonok
Quando rifletto a quello svenimiento,
mi vien proprio da ridere...
La cagion delle smanie
indovinar chi mai potuto avria?
Ma ognuno al mondo ha un ramo di pazzia.

Sì, di matti una gran gabbia
ben si può chiamar il mondo;
forse appunto, perché tondo,
testa quadra non vi sta.

Scena nona
Il detto, Don Profondo, Don Alvaro con Melibea

Don Profondo
(arrivando)
La mia quota a voi consegno,
perdonate, se ho tardato;
(dà del danaro al Barone, che lo mette in una gran borsa)
A vedere io sono andato
una rara antichità.


Don Alvaro
(entrando con Melibea)
Questa vaga e amabil dama,
miei signori, io vi presento;
far il viaggio con noi brama,
e ognun pago ne sarà.

Melibea
Con sì dotta e nobil gente,
di fanal che serve al mondo,
il viaggiar mi fia giocondo,
e gran bene mi farà.

Scena decima
I detti, il Conte di Libenskof

Conte di Libenskof
(indietro, da sé, dopo aver sentito l’ultime parole di Melibea)
(Donna ingrata, a stento in petto
freno il giusto mio furore;
per lei fido avvampa il core
e il mio ardor sprezzando va.)

Don Alvaro
(vedendo Libenskof, e da sé)
Il rival!

Melibea
(da sé)
Negli occhi ha il foco.

Conte di Libenskof
(avanzandosi)
Non si parte?

Barone di Trombonok Sì, fra poco;
i cavalli sol si attendono;
(vedendo Madama Cortese)
Se il corriere è ritornato,
da Madama or si saprà.


Scena undicesima
I detti e Madama Cortese

Madama Cortese
Naturale è l’impazienza,
il ritardo non comprendo;
vado, torno, salgo e scendo,
e tranquillo il cor non è.

Conte di Libenskof
Mi tradite...

Melibea Qual favella?

Conte di Libenskof
(con rabbia concentrata)
Don Alvar...

Melibea Che dir volete?

Conte di Libenskof
Donna infida, invan fingete;
il rival cadrà al mio piè.

Melibea
Cieco ardor v’abbaglia il ciglio...

Conte di Libenskof
(accostandosi a don Alvaro, e con fierezza)
Don Alvar...

Don Alvaro
(fiero)
Che pretendete?

Conte di Libenskof
Mi seguite...

Melibea
(trattenendoli)
Ah! non partite...
Troppo ingiusto è un tal furore.

Madama Cortese
Qual dispetto! qual furore!

Melibea
D’ira avvampa il fero ciglio...
Un sì barbaro periglio
mi fa l’alma palpitar.

Conte di Libenskof e Don Alvaro
Non pavento alcun periglio...
D’ira avvampa in seno il core;
e il tremendo mio furore
no, non posso più frenar.

Barone di Trombonok e Don Profondo
(Bella cosa è in ver l’amore!
Ci fa perdere il cervello,
l’uom più savio un bambinello
suole a un tratto diventar.)


(S’ode un preludio d’arpa nella camera di Corinna, tutti restano immobili ad ascoltare. Dopo il preludio, la sudetta canta le seguenti strofe.)

Corinna
Arpa gentil, che fida
compagna ognor mi sei,
unisci ai canti miei
il suon di gioia e amor.
Nell’infiammata mente
si affollano le idee;
delle castalie dee
il foco io sento in cor.
Arpa, deh! unisci al canto
il suon di gioia e amor.

Gli altri
Qual delizioso incanto
si spande nel mio cor!
Un più soave canto
no, non s’udì finor.

Corinna (di dentro)
Svaniro i nembi; intorno
regna la dolce calma;
di lieti giorni l’alma
prevede il bel fuglor.
Che un dì rinasca, io spero,
dell’aurea età l’albore;
che degli umani in core
regni fraterno amor.

Gli altri
Sempre agli umani in core
regni fraterno amor.

Corinna
Contro i fedeli ancora
lotta falcata luna,
ma al sacro ardir fortuna
propizia ognor sarà.
Come sul Tebbro e a Solima,
foriera di vittoria,
simbol di pace e gloria
la Croce splenderà.

Gli altri
Simbol di pace e gloria
la Croce splenderà.


(Cantato dietro le quinte con la proiezione dell'arpa)


Tutti eccetto Corinna
A tali accenti, in seno
riede la dolce calma;
d’idee ridenti, l’alma
pascendo or sol si va.
Gli opachi nembi intorno
pietoso il ciel disgombra,
del sacro ulivo all’ombra,
felice ognun sarà.
(Tutti partono, eccetto Madama Cortese.)


Scena dodicesima
Madama Cortese, indi Lord Sidney ch’entra coll’aria preoccupata; poi varie contadine, le quali recano de’ vasi di fiori e li pongono presso la camera di Corinna

Madama Cortese
Zefirin non ritorna... del ritardo
qual fia mai la cagion? - Milord s’appressa.
Che original! Corinna adora, e a lei
spiegar non sa l’ardore,
che da gran tempo gli divampa in core.
Ella pur l’ama, accorta me ne sono:
noi donne, in tal materia,
ben chiaro ci vediamo,
nato appena l’amor, scoprir sappiamo.
(parte)


Lord Sidney
Ah! perché la conobbi?
Perché appena lo stral ferimmi il petto,
non fuggir, non lasciarla? Incauto, ahi! lasso!
La fiamma alimentai ch’ognor più viva
or mi divampa in sen; non trovo pace,
e, in preda al mio deliro,
la notte e il dì, d’amor gemo e sospiro.

Invan strappar dal core
l’acuto dardo io tento;
più vivo ognor l’ardore
nel sen crescendo va.
Dell’anima fedele
timido i voti ascondo;
affanno più crudele
del mio no non si dà.

(Entrano varie contadine con de’ vasi di fiori e cantano il seguente coro.)

Coro
Come dal cielo, - sul primo albor,
dolce rugiada - scende sui fior,
e al verde stelo - serba il vigor;
sull’alma donna, dal nobil cor,
così ridente - si spanda ognor
del Dio clemente - il bel favor.

Lord Sidney
Soavi e teneri - eletti fior,
siate gli interpreti - d’un puro amor.

Coro
Donna più amabile - chi vide ancor?
Accoppia al merito - grazia e pudor.

Lord Sidney
Dell’alma diva - al primo aspetto,
chi ha il cor capace - d’un puro affetto,
rapido sente - nascer l’ardor.
Fida e dolente, - quest’alma ognora
per lei d’amore - palpiterà.

Coro
Donna più amabile - chi vide ancora?
Accoppia al merito - grazia e beltà.

(Il coro parte.)


Scena tredicesima
Lord Sidney, Don Profondo


Don Profondo
(a Lord Sidney, trattenendolo)
Milord, una parola...

Lord Sidney
(serio)
Che bramate?

Don Profondo
Britannico signor è sol capace
d’appagar i miei voti...

Lord Sidney
Che v’occorre?

Don Profondo
Ho bisogno d’aver certe notizie...

Lord Sidney
Non sono un gazzetier...

Don Profondo
Mi spiego...

Lord Sidney
(come sopra)
Presto...

Don Profondo
Vorrei che m’indicaste
ove trovar potrei
il brando di Fingallo, la corazza
d’Artur, l’arpa d’Alfred...

Lord Sidney
(partendo)
(E’ matto!)

Don Profondo
(seguendolo)
Ebbene?
Voi non mi rispondete?

Lord Sidney
Ne’ musei
cercar convien; di più dir non saprei.
(parte)

Don Profondo
Non è troppo gentil; ma il compatisco;
è innamorato della poetessa,
e perduta ha la speme... Ella s’appressa;
a lei appunto io deggio
comunicar la lettera di Roma.



Scena quattordicesima
Il detto, Corinna, Delia

Don Profondo
Buon giorno, illustre amica!

Corinna
(salutandolo)
Quai notizie?

Don Profondo
Leggete questa lettera.
(Mentre Corinna legge la lettera, Don Profondo dice a Delia:)
Consolatevi, o Delia;
le cose vanno bene...

Delia
Davver?

Don ProfondoVe l’assicuro.

Corinna
(rende la lettera a Don Profondo)
Vi ringrazio.
Quando si parte?

Don Profondo
Presto; vo a vedere,
e l’ora poi io vi farò sapere.
(parte)

Corinna
(a Delia)
Son felici le nuove, e presto, io spero
del sacro Legno all’ombra protettrice,
la vostra patria alfin sarà felice.

Delia
Il ciel lo voglia!

Corinna
In ordine mettete
quel che occorre, ed a Reims meco verrete.

(Delia parte.)

(esaminando i fiori)
Che vaghi ameni fior! son di Milord
il giornaliero don, pegno d’amore,
ch’egli timido ognor preme nel core.

(Corinna stacca un fiore, e lo pone in petto.)



Scena quindicesima
Corinna, il Cavaliere

Cavalier Belfiore
(in fondo alla scena e da sé)
Sola ritrovo alfin la bella Dea,
che invincibil si crede, e a cui più volte
ho già fatto l’occhietto... Ce n’andiamo...
L’occasion può mancar, ed or fa d’uopo
darle l’ultimo assalto; al par dell’altre,
cadrà ne’ lacci miei,
senza rischio scommetter lo potrei.
(accostandosi con aria gentile e modesta)
O voi, d’Apollo prediletta figlia,
perdonate, se ardisco
il bel coro turbare
de’ sublimi pensieri...

Corinna
(attonita)
Qual favella!

Cavalier Belfiore
Una grazia implorar da voi vorrei...

Corinna
(come sopra)
Una grazia! Da me!..

Cavalier BelfioreSì, a voi, che siete
savia al pari che bella,
fidar posso l’arcano del mio core.

Corinna
(con maggior sorpresa)
Un arcan! Ma perché?..

Cavalier Belfiore
(con intenzione marcata)
Ascoso e vivo ardore
mi divampa nel seno, e al vago oggetto
timido ascondo il mio fervido affetto.

Corinna (come sopra)
Scusate... Io non comprendo...
Perché meco...

Cavalier Belfiore
Mi spiego... Sotto il velo
de’ sacri carmi, io voglio
il segreto svelar: ma sì novizio
son nel linguaggio degli Dei, che a voi
consiglio e aita io chiedo. Ah! sì, sentite,
ed il vostro parer franca mi dite.

Nel suo divin sembiante
tanta beltà risplende,
che in seno a un tratto accende
il più vivace ardor.

Corinna
Ah! Dove mai s’asconde
sì raro e bel portento?
Vinta nel gran cimento,
avria la Dea d’amor.

Cavalier Belfiore
(con intenzione marcata)
Ma un nume sol saria
degno d’un tal tesoro...
E disperato io moro
d’affanno e di dolor.
(cade a un tratto in ginocchio davanti a Corinna)

(Nello stesso tempo, Don Profondo entra dal mezzo in fondo e vede la scena; ma si ritira sorridendo, ed osserva d’intanto intanto.)

Corinna
Che fate? Ah! qual deliro!

Cavalier Belfiore
Regger non posso oh Dio!
Voi siete l’idol mio...
Per voi smanio e sospiro,
e se pietà negate,
io qui voglio morir.

Corinna
Così insultarmi osate?
Qual insensato ardir? (Il Cavalier s’alza.)

Cavalier Belfiore
Un tal eccesso è pegno
del più vivace amor.

Corinna
Un tal eccesso è indegno
d’un cavalier d’onor.

Cavalier Belfiore
Dunque non v’è speranza?

Corinna
Partite, o chiamo gente...

Cavalier Belfiore
Martire di costanza,
io l’alma esalerò.

Corinna
Partite, o la arroganza
punire io ben saprò.
Oh! quanto ingannasi - chi così crede
trovar la via - del nostro cor!
Il vivo affetto, - la pura fede
da noi sol meritano - stima ed amor.
Sprezzo e dispetto - destano in petto
questi galanti - insidiator.
Oh! quanto ingannasi - chi così crede
trovar la via - del nostro cor!

Cavalier Belfiore
(Finto è il rigore, - lo so per prova;
così far sogliono - le belle ognor.
Tal resistenza - no, non è nuova,
l’uso la chiede, - ed il decor.
Oggi combattono, - dimani cedono,
e salvar credono - il loro onor.
Finto è il rigore, - lo so per prova;
così far sogliono - le belle ognor.)

(partono)


Scena quindicesima [bis]
Don Profondo. Due servi portano una tavola, sulla quale v’è carta, penne, ecc

Don Profondo
(ch’entra ridendo)
Bravo il Signor Ganimede!
Se la Contessa il sa, gli cava gli occhi.
Ma tempo non perdiamo; del Barone
or qui deggio eseguir la commissione.
Degli effetti facciam presto la lista,
onde tutto sia all’ordine ed in vista.
(siede davanti alla sudetta tavola)

(parlante)
Io!
(in musica)
Medaglie incomparabili,
camei rari, impagabili,
figli di tenebrosa,
sublime antichita.
In aurea carta pecora
dell’academie i titoli,
onde son membro nobile
di prima qualità.
Il gran trattato inedito
sull’infallibil metodo
di saper ben distinguere,
a prima vista ognor
l’antico del moderno,
di fuori e nell’interno,
ne’ maschi, nelle femine,
e in altri oggetti ancor.

Lo spagnolo!
Gran piante genealogiche
degli avoli e bisavoli,
colle notizie storiche
di quel che ognuno fu.
Diplomi, stemmi e croci,
nastri, collane ed ordini,
e, grosse come noci
sei perle del Perù.
La polacca!
L’opere più squisite
d’autori prelibati,
che vanto sono e gloria
della moderna età.
Disegni colorati
dell’alto Pic terribile
d’Harold, Malcolm e Ipsiboe
il bel profil qui sta.

La francese!
Scatole e scatoline,
con scrigni e cassettine,
che i bei tesor nascondono
sacri alla Dea d’amor.
«Badate: è roba fragile!»
qui chiuso, già indovino,
sta il nuovo cappellino,
con penne, merli e fior.

Il tedesco!
Dissertazione classica
sui nuovi effetti armonici,
onde i portenti anfionici
ridesteran stupor.
De’ primi Orfei teutonici
le rare produzioni,
di corni e di tromboni
modelli ignoti ancor.


L’inglese!
Viaggi d’intorno al globo,
trattati di marina;
oriundo della China
sottil perlato thè.
Oppio e pistole a vento,
cambiali con molt’oro
i bill, ch’il parlamento
tre volte legger fe’.


Il francese!
Varie del Franco Orazio,
litografie squisite,
pennelli con matite,
conchiglie coi color.
«Son cose sacre.» Ah! intendo...
Ritratti e bigliettini,
con molti ricordini
de’ suoi felici amor.


Il russo!
Notizia tipografica
di tutta la Siberia,
con carta geografica
dell’Ottomano imper.
Di zibellini e martore
preziosa collezione,
con penne di cappone
pe’ caschi, e pe’ cimier.

(si alza)
Sta tutto all’ordine, - non v’è che dire;
né più a partire - si può tardar.


Or l’inviato - certo è tornato;
de’ snelli e rapidi - destrier frementi
già parmi udire - lo scalpitar.


Sferze e cornette - percoton l’aere,
le bestie struggonsi - di galoppar.
Il gran momento - è omai vicino;
più bel destino - no non si dà,


e il cor dal giubilo - balzando va.


Scena sedicesima
Don Profondo, la Contessa

Contessa di Folleville
(trattenendo don Profondo)
Vedeste il cavaliere?

Don Profondo
Il cavalier!.. (Che imbroglio!)
Ei qui poc’anzi...

Contessa di Folleville
Solo?

Don Profondo
Non... in compagnia...

Contessa di Folleville
Di chi?

Don Profondo Dirò...

Contessa di Folleville Parlate.

Don Profondo
(I sapienti non denno dir bugie.)

Contessa di Folleville
Rispondete, vi prego...

Don Profondo
(Non vorrei compromettermi.)

Contessa di Folleville
Ebben!

Don Profondo
Signora mia...
Ei qui prendea lezion di poesia.

Contessa di Folleville
(furente)
Ho capito... (Che rabbia! A quel che pare,
ei fa il galante colla poetessa;
ma a suo tempo mi voglio vendicare.)


Scena diciassettesima
I detti, Don Alvaro, Libenskof, indi il Barone

Don Alvaro
Amici, che si fa?
Si parla di partir, e si sta qua.

Don Profondo
Tutto è all’ordin.

Conte di Libenskof
Va bene; ma i cavalli?

Don Profondo
Saran certo arrivati.

Don Alvaro
Se fosse ver, ci avrebbero avvisati.

Barone di Trombonok
(entrando rapidamente, con aria trista)
Ah! miei signor!..

Don Profondo
Che avete?

Barone di Trombonok
Di parlar non ho core...

Don Alvaro
Cos’avvenne?

Barone di Trombonok
Una disgrazia orribile!

Contessa di Folleville
Ch’è stato?

Don Alvaro
Incendio?

Don Profondo
Ladri? Morte?

Barone di Trombonok
O sventura fatale! o amara sorte!

Conte di Libenskof
Ma parlate...

Barone di Trombonok
Il corriere...

Don Alvaro
E’ arrivato.

Barone di Trombonok
Ah! pur troppo.

Contessa di Folleville
Spiegatevi.

Barone di Trombonok
Ei s’appressa.
(ad un servo)
Chiamate i viaggiatori.

Don Profondo
(verso le quinte)
Amici, olà?

Barone di Trombonok
Che barbaro accidente!
Dir vorrei... Ma non posso...

Scena diciottesima
I detti, Melibea, Corinna, il Cavaliere, Delia, Lord Sidney, Prudenzio, Modestina,indi Zefirino

Barone di Trombonok
Ah! Melibea!
Milord, Corinna! o ciel! che brutto affare!
(vedendo Zefirino)
Ma vien chi tutto a voi saprà spiegare.

Zefirino
Miei signor non v’e scampo... Mio malgrado,
io vengo a darvi una fatal notizia.
Secondo gli ordin vostri,
rapido, diligente,
di qua, di là ho cercato;
ma vane fur le cure; da gran tempo,
è tutto ritenuto e riservato;
non si trova un cavallo
da comprar o affittare,
e ognun di voi al nobile progetto
di rinunciar pur troppo or fia costretto.

Tutti
Ah! A tal colpo inaspettato,
palpitando va il mio core...
Cruda sorte! Il tuo rigore
troppo, oh Dio! penar mi fa.

Barone di Trombonok e Don Profondo
A tal colpo inaspettato
io mancar mi sento il core...
O crudel avverso fato!
non hai legge, né pietà.

Modestina e Zefirino
Questo colpo inaspettato
li ricolma di dolore;
il crudel avverso fato
non ha legge né pietà.


 

 

Parte PRIMA Parte SECONDA - Parte TERZA
Conferenza

 

Note:

**

Le foto sono scattate con:
[ ] Nikon Coolpix P520
18 Megapixel, Zoom 42X, 3200 ISO, LCD ad Angolazione Variabile
[ ] Canon SX40HS
12 Megapixel Zoom ottico ultragrandangolare da 35x,3200 ISO, LCD ad Angolazione Variabile
e rigorosamente non hanno subito nessuna post elaborazione.

 



 
   

Servizio fotografico di Mario Mainino

 

 

 

Realizzazione pagina web di Mario Mainino

 

torna alla pagina precedentemente consultata

www.concertodautunno.it
sito per i musicisti e gli amanti della musica classica, dell'opera lirica e del teatro a cura di
Mario
da Vigevano

 
 

Copyright © Mario Mainino Vigevano PV Agg.del 21/10/2015
Copia quello che vuoi, ma per favore cita da dove lo hai preso !!