PARTE TERZA - Il figlio della
Zingara
Scena I
Accampamento. A destra il padiglione del Conte di Luna, su cui sventola la
bandiera in segno di supremo comando; da lungi torreggia Castellor. Scolte di
Uomini d'arme dappertutto; alcuni giuocano, altri puliscono le armi, altri
passeggiano, poi Ferrando dal padiglione del Conte
Alcuni Armigeri:
Or co' dadi, ma fra poco
Giocherem ben altro gioco.
Altri:
Quest'acciar, dal sangue or terso,
Fia di sangue in breve asperso!
TUTTI:
Tu c'inviti a danza!
Squilli, echeggi la tromba guerriera,
Chiami all'armi,
alla pugna, all'assalto;
Fia domani la nostra bandiera
Di quei merli piantata sull'alto.
No, giammai non sorrise vittoria
Di più liete speranze finor!...
Ivi l'util ci aspetta e la gloria,
Ivi opimi la preda e l'onor.
CONTE:
In braccio al mio rival! Questo pensiero
Come persecutor demone ovunque
M'insegue!... In braccio al mio rival!... Ma corro,
Surta appena l'aurora,
Io corro a separarvi... Oh Leonora!
FERRANDO:
Dappresso il campo
S'aggirava una zingara: sorpresa
Da' nostri esploratori,
Si volse in fuga; essi, a ragion temendo
Una spia nella trista,
L'inseguir...
AZUCENA:
D'una zingara è costume
Mover senza disegno
Il passo vagabondo,
Ed è suo tetto il ciel,
Sua patria il mondo.
FERRANDO:
Resta, iniqua...
Tu vedi Chi l'infame, orribil opra
Commettea... È dessa.
Azucena: (con disperazione)
E tu non m'odi,
O Manrico, o figlio mio?...
Non soccorri all'infelice
Madre tua?
AZUCENA:
Deh, rallentate, o barbari,
Le acerbe mie ritorte...
Questo crudel supplizio
È prolungata morte...
D'iniquo genitore
Empio figliuol peggiore,
Trema... V'è Dio pe' miseri,
E Dio ti punirà!
Sala adiacente alla Cappella in
Castellor, con il verone nel fondo.
Manrico, Leonora e Ruiz
LEONORA:
Quale d'armi fragor poc'anzi intesi?
MANRICO:
Alto è il periglio! vano
Dissimularlo fora!
Alla novella aurora
Assaliti saremo!...
MANRICO:
Amor... sublime amore,
In tale istante ti favelli al core.
Ah! sì, ben mio, coll'essere
Io tuo, tu mia consorte,
Avrò più l'alma intrepida,
Il braccio avrò più forte;
Ma pur se nella pagina
De' miei destini è scritto
Ch'io resti fra le vittime
Dal ferro ostil trafitto,
Fra quegli estremi aneliti
A te il pensier verrà
E solo in ciel precederti
La morte a me parrà!
A due:
L'onda de' suoni mistici
Pura discende al cor!
Vieni; ci schiude il tempio
Gioie di casto amor.
MANRICO: (accostandosi al verone)
Oh ciel! mie membra oscillano...
Nube mi copre il ciglio!
LEONORA:
Tu fremi!
MANRICO:
E il deggio!... Sappilo. Io son...
LEONORA:
Chi mai?
MANRICO:
Suo figlio!...
Di quella pira l'orrendo foco
Tutte le fibre m'arse. avvampò!...
Empi, spegnetela, o ch'io fra poco
Col sangue vostro la spegnerò...
Era già figlio prima d'amarti,
Non può frenarmi il tuo martir.
Madre infelice, corro a salvarti,
O teco almeno corro a morir!
PARTE QUARTA - Il supplizio
Scena I
Un'ala del palazzo dell'Aliaferia. All'angolo una torre con finestre assicurate
da spranghe di ferro. Notte oscurissima.
Si avanzano due persone ammantellate: sono Ruiz e Leonora
RUIZ: (sommessamente)
Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato
Gemono i prigionieri... ah, l'infelice
Ivi fu tratto!
LEONORA:
Vanne,
Lasciami, né timor di me ti prenda...
Salvarlo io potrò forse.
D'amor sull'ali rosee
Vanne, sospir dolente:
Del prigioniero misero
Conforta l'egra mente...
Com'aura di speranza
Aleggia in quella stanza:
Lo desta alle memorie,
Ai sogni dell'amor!
Ma deh! non dirgli, improvvido,
Le pene del mio cor!
Voci interne:
Miserere d'un'alma già vicina
Alla partenza che non ha ritomo!
Miserere di lei, bontà divina,
Preda non sia dell'infernal soggiorno!
LEONORA:
Di te, di te scordarmi!!...
Tu vedrai che amore in terra
Mai del mio non fu più forte;
Vinse il fato in aspra guerra,
Vincerà la stessa morte.
O col prezzo di mia vita
La tua vita io salverò,
O con te per sempre unita
Nella tomba io scenderò.
CONTE:
Udite? Come albeggi,
La scure al figlio ed alla madre il rogo.
(I Seguaci entrano nella torre)
Abuso io forse del poter che pieno
In me trasmise il prence! A tal mi traggi,
Donna per me funesta!... Ov'ella è mai?
Ripreso Castellor, di lei contezza
Non ebbi, e furo ondarne
Tante ricerche e tante!
Ah! dove sei, crudele?
CONTE:
Qual voce!... come!... tu, donna?
LEONORA:
Il vedi.
CONTE:
A che venisti?
LEONORA:
Egli è già presso
All'ora estrema; e tu lo chiedi?
LEONORA: (Si getta disperatamente a'
suoi piedi)
Mira, di acerbe lagrime
Spargo al tuo piede un rio:
Non basta il pianto? svenami,
Ti bevi il sangue mio...
Calpesta il mio cadavere,
Ma salva il Trovator!
CONTE:
Ah! dell'indegno rendere
Vorrei peggior la sorte:
Fra mille atroci spasimi
Centuplicar sua morte;
Più l'ami, e più terribile
Divampa il mio furor!
Leonora sugge il veleno chiuso
nell'anello
LEONORA:
(M'avrai, ma fredda esanime spoglia)
Conte: (a Leonora)
Colui vivrà.
LEONORA: (alzando gli occhi, cui fanno
velo lagrime di gioia)
(Vivrà!... contende il giubilo
I detti a me, Signore...
Ma coi frequenti palpiti
Merce' ti rende il core!
Ora il mio fine impavida,
Piena di gioia attendo...
Potrò dirgli morendo:
Salvo tu sei per me!)
CONTE:
Fra te che parli?... volgimi,
Volgimi il detto ancora,
O mi parrà delirio
Quanto ascoltai finora...
Tu mia!... tu mia!... ripetilo.
Il dubbio cor serena...
Ah!... ch'io lo credo appena
Udendolo da te!
PARTE QUARTA - Il supplizio
Scena III
Orrido carcere. In un canto finestra con inferriata. Porta nel fondo. Smorto
fanale pendente dalla volta.
Azucena giacente sopra una specie di rozza coltre, Manrico seduto a lei
dappresso
MANRICO:
Madre?... non dormi?
AZUCENA:
L'invocai più volte,
Ma fugge il sonno a queste luci... Prego...
AZUCENA:
No; da questa
Tomba di vivi sol fuggir vorrei,
Perché sento il respiro soffocarmi!...
AZUCENA:
Vedi?... Le sue fosche impronte
M'ha già stampato in fronte
Il dito della morte!
Troveranno
Un cadavere muto, gelido!... anzi
Uno scheletro!
MANRICO:
Se m'ami ancor, se voce
Di figlio ha possa d'una madre in seno,
Ai terrori dell'alma
Oblìo cerca nel sonno, e posa e calma.
AZUCENA:
Sì, la stanchezza m'opprime, o figlio...
Alla quîete io chiudo il ciglio...
Ma se del rogo arder si veda
L'orrida fiamma, destami allor.
Ai nostri monti... ritorneremo...
L'antica pace... ivi godremo..
Tu canterai... sul tuo lîuto...
In sonno placido... io dormirò!
PARTE QUARTA - Il supplizio
Scena Ultima
Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti, in ultimo il Conte con seguito
di Armati
MANRICO:
Ciel!.. non m'inganna quel fioco lume?...
LEONORA:
Son io, Manrico...
MANRICO:
Oh, mia Leonora!
Ah, mi concedi, pietoso Nume,
Gioia sì grande, anzi ch'io mora?
LEONORA:
Tu non morrai... vengo a salvarti...
MANRICO:
Come!... a salvarmi?, fia vero!
LEONORA:
Addio...
tronca ogni indugio... t'affretta... parti...
LEONORA:
Oh, come l'ira ti rende cieco!
Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco!
T'arrendi... fuggi, o sei perduto!
Nemmeno il cielo salvar ti può!
LEONORA:
Ho la morte in seno...
MANRICO:
La morte!...
LEONORA:
Ah, fu più rapida
La forza del veleno
Ch'io non pensava!...
MANRICO:
Oh fulmine!
LEONORA:
Senti! la mano è gelo...
(toccandosi il petto)
Ma qui... qui foco orribile Arde...
CONTE: (Ah! volle me deludere, E
per costui morir!)
Sia tratto al ceppo!
MANRICO: (partendo tra gli armati) Madre... oh madre, addio!
Azucena: (destandosi) Manrico!... Ov'è mio figlio?
CONTE: A morte corre!...
AZUCENA: Ah ferma!... m'odi...
CONTE: (trascinando Azucena verso la finestra) Vedi?...
AZUCENA: Cielo!
CONTE: È spento!
AZUCENA: Egli era tuo fratello!..
CONTE: Ei!... quale orror!...
AZUCENA: Sei vendicata, o madre!
CONTE: (inorridito) E vivo ancor!
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