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Il Trovatore
 Dramma in quattro parti
 Musica di Giuseppe Verdi
 Libretto di Salvatore Cammarano
 
 Tratto dalla tragedia El Trovador di Antonio García Gutiérrez
 Prima: Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853
  
 
  
PARTE PRIMA - Il DuelloScena I
 
 Atrio nel palazzo dell'Aliaferia.
 Da un lato, porta che mette agli appartamenti del Conte di Luna Ferrando e molti 
Familiari del Conte giacciono presso la porta; alcuni Uomini d'arme passeggiano 
in fondo.
 
 Ferrando: (ai Familiari vicini ad assopirsi)
 All'erta, all'erta! Il Conte
 N'è d'uopo attender vigilando; ed egli
 Talor presso i veroni
 Della sua cara, intere
 Passa le notti.
  
 
  
 
  
 
  
 
  
 
  
FERRANDO: Morì di paura un servo del conte,
 Che avea della zingara percossa la fronte!
 (Tutti si pingono di superstizioso terrore)
 Apparve a costui d'un gufo in sembianza
 Nell'alta quiete di tacita stanza!...
 Con l'occhio lucente guardava... guardava,
 Il cielo attristando d'un urlo feral!
 Allor mezzanotte appunto suonava...
 (Una campana suona improvvisamente a distesa mezzanotte)
 
 TUTTI:
 Ah! sia maledetta la strega infernal!
 (Gli uomini d'arme accorrono in fondo; i Familiari corrono verso la porta)
  
 
  
 
 
  PARTE PRIMA - Il DuelloScena II
 
 Giardini del palazzo.
 Sulla destra marmorea scalinata che mette agli appartamenti. La notte è 
inoltrata; dense nubi coprono la luna.
 
 Leonora ed Ines
 
 INES:
 Che più t'arresti?... l'ora è tarda: vieni.
 Di te la regal donna
 Chiese, l'udisti.
 
 LEONORA:
 Un'altra notte ancora
 Senza vederlo...
 
 INES:
 Perigliosa fiamma
 Tu nutri!... Oh come, dove
 La primiera favilla
 In te s'apprese?
  
 
  
 
  
LEONORA: Ascolta.
 Tacea la notte placida
 e bella in ciel sereno
 La luna il viso argenteo
 Mostrava lieto e pieno...
 Quando suonar per l'aere,
 Infino allor sì muto,
 Dolci s'udiro e flebili
 Gli accordi d'un liuto,
 E versi melanconici
 Un Trovator cantò.
  
 
  
 
  
 
  
LEONORA: Obliarlo! Ah, tu parlasti
 Detto, che intendere l'alma non sa.
 Di tale amor che dirsi
 Mal può dalla parola,
 D'amor che intendo io sola,
 Il cor s'inebriò! Il mio destino compiersi
 Non può che a lui dappresso...
 S'io non vivrò per esso,
 Per esso io morirò!
  
 
 
  
CONTE: Tace la notte! immersa
 Nel sonno, è certo, la regal Signora;
 Ma veglia la sua dama...
 Oh! Leonora,
 Tu desta sei; mel dice,
 Da quel verone, tremolante un raggio
 Della notturna lampa...
  
 
  
LEONORA: Più dell'usato
 È tarda l'ora; io ne contai gl'istanti
 Co' palpiti del core!...
 Alfin ti guida
 Pietoso amor tra queste braccia...
  
 
  
 
 La voce del Trovatore
 Infida!...
  
 
  
LEONORA: Qual voce!... Ah, dalle tenebre
 Tratta in errore io fui!
 (riconoscendo entrambi, e gettandosi ai piedi di Manrico, agitatissima)
 A te credei rivolgere
 L'accento e non a lui...
 A te, che l'alma mia
 Sol chiede, sol desìa...
 Io t'amo, il giuro, io t'amo
 D'immenso, eterno amor!
   
  CONTE: Tu!... Come!
 Insano temerario!
 D'Urgel seguace, a morte
 Proscritto, ardisci volgerti
 A queste regie porte?
 
 MANRICO:
 Che tardi?... or via, le guardie
 Appella, ed il rivale
 Al ferro del carnefice
 Consegna.
   
  LEONORA: Un istante almen dia loco
 Il tuo sdegno alla ragione...
 Io, sol io, di tanto foco
 Son, pur troppo, la cagione!
 Piombi, ah! piombi il tuo furore
 Sulla rea che t'oltraggiò...
 Vibra il ferro in questo core,
 Che te amar non vuol, né può.
   
 
  PARTE SECONDA - La GitanaScena I
 
 Un diruto abituro sulle falde di un monte della Biscaglia.
 Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un gran fuoco. I primi albori. Azucena siede 
presso il fuoco. Manrico le sta disteso accanto sopra una coltrice ed 
avviluppato nel suo mantello; ha l'elmo ai piedi e fra le mani la spada, su cui 
figge immobilmente lo sguardo. Una banda di Zingari è sparsa all'interno
   
   
  AZUCENA: (Canta: gli Zingari le si 
fanno allato) Stride la vampa! - la folla indomita
 Corre a quel fuoco - lieta in sembianza;
 Urli di gioia - intorno echeggiano:
 Cinta di sgherri - donna s'avanza!
 Sinistra splende - sui volti orribili
 La tetra fiamma - che s'alza al ciel!
   
   
   
 AZUCENA:
 E tu la ignori,
 Tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi
 D'ambizion lo sprone
 Lungi traea!... Dell'ava il fine acerbo
 E quest'istoria... La incolpò superbo
 Conte di malefizio, onde asserìa
 Colto un bambin suo figlio... Essa bruciata
 Venne ov'arde quel foco!
   
   
  AZUCENA: Condotta ell'era in ceppi al suo destin tremendo!
 Col figlio sulle braccia, io la seguìa piangendo.
 Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi...
 Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi!
  
 
 
  
 
  
Manrico:Il rio De Luna Su me piombò col suo drappello; io caddi,
 Però da forte io caddi!
  
 
  
 
  
 
  
 
  
 
  
Quando arresta un moto arcano, Nel discender, questa mano...
 Le mie fibre acuto gelo
 Fa repente abbrividir!
 Mentre un grido vien dal cielo,
 Che mi dice: Non ferir!
  
 
  
AZUCENA: Ma nell'alma dell'ingrato
 Non parlò del cielo un detto!
 Oh! se ancor ti spinge il fato
 A pugnar col maledetto,
 Compi, o figlio, qual d'un Dio,
 Compi allora il cenno mio!
 Sino all'elsa questa lama
 Vibra, immergi all'empio in cor.
  
 
  
 
  
MANRICO: Sì, lo giuro, questa lama
 Scenderà dell'empio in cor.
 
 Manrico: (al Messo) Inoltra il piè.
 Guerresco evento, dimmi, seguìa?
 
 Messo: (porgendo il foglio che Manrico legge)
 Risponda il foglio che reco a te.
 
 MANRICO:
 "In nostra possa è Castellor; ne dêi
 Tu, per cenno del prence,
 Vigilar le difese. Ove ti è dato,
 Affrettati a venir...
 Giunta la sera,
 Tratta in inganno di tua morte al grido,
 Nel vicin Chiostro della croce il velo
 Cingerà Leonora".
  
 
  
 
  
MANRICO: Un momento può involarmi
 Il mio ben, la mia speranza!...
 No, che basti ad arrestarmi
 Terra e ciel non han possanza...
 Ah!... mi sgombra, o madre, i passi...
 Guai per te s'io qui restassi! ...
 Tu vedresti ai piedi tuoi
 Spento il figlio dal dolor!
 
  PARTE SECONDA - La GitanaScena III
 Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza di Castellor. Alberi nel fondo. 
È notte.
 Il Conte, Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi cautamente avviluppati nei 
loro mantelli
 
 CONTE:
 Il balen del suo sorriso
 D'una stella vince il raggio!
 Il fulgor del suo bel viso
 Novo infonde in me coraggio!...
 Ah! l'amor, l'amore ond'ardo
 Le favelli in mio favor!
 Sperda il sole d'un suo sguardo
 La tempesta del mio cor.
 (Odesi il rintocco de' sacri bronzi)
 Qual suono!... oh ciel...
  
 
  
 
  
Ferrando, Seguaci:Ardire!... Andiam... celiamoci
 Fra l'ombre... nel mister!
 Ardire!... Andiam!... silenzio!
 Si compia il suo voler.
  
 
  
 
  
Conte: (nell'eccesso del furore) Per me, ora fatale,
 I tuoi momenti affretta:
 La gioia che m'aspetta
 Gioia mortal non è!...
 Invano un Dio rivale
 S'oppone all'amor mio
 No, non non può nemmeno un Dio,
 Donna, rapirti a me!
 
 Coro interno di Religiose Ah!... se l'error t'ingombra,
 O figlia d'Eva, i rai,
 Presso a morir, vedrai
 Che un'ombra, un sogno fu,
 Anzi del sogno un'ombra
 La speme di quaggiù!
  
 
  
LEONORA: O dolci amiche,
 Un riso, una speranza, un fior la terra
 Non ha per me!
 Guidatemi all'ara!
  
 
  
 
  
 
  
 
  
LEONORA: E deggio... e posso crederlo?
 Ti veggo a me d'accanto!
 È questo un sogno, un'estasi,
 Un sovrumano incanto!
 Non regge a tanto giubilo
 Rapito, il cor sospeso!
 Sei tu dal ciel disceso,
 O in ciel son io cor te?
  
 
  
 
  
 
  
CONTE: Dunque gli estinti lasciano
 Di morte il regno eterno;
 A danno mio rinunzia
 Le prede sue l'inferno!
  
 
  
 
  
 
  
 
  
Conte: (sguainando la spada) Involarmi costei! No!
 
 Ruiz, Armati: (accerchiando il Conte)
 Vaneggi!
 
 Ferrando, Seguaci:
 Che tenti, Signor?
 (Il Conte è disarmato da quei di Ruiz)
 
 CONTE: (con gesti ed accenti di maniaco furore)
 Di ragione ogni lume perdei!
  
 
  
Donne: (a Leonora) Il cielo in cui fidasti
 Pietade avea di te.
 
 Ferrando, Seguaci: (al Conte)
 Tu col destin contrasti:
 Suo difensore egli è.
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