13 aprile 2007 |
Teatro Cagnoni di Vigevano
Stagione 2006/2007
Venerdì 13 aprile 2007 ore 21.00
Scozia e dintorni
Direttore James MacMillan
Pianoforte Emanuele Arciuli
Orchestra I Pomeriggi Musicali
James MacMillan [1959]
The
TRYST
Filippo Del Corno [1970]
“NOT IN MY NAME”
Concerto per pianoforte e orchestra (prima esecuzione assoluta)
Not - In - My - Name
Felix Mendelssohn-Bartholdy [1809 –1847]
Sinfonia n. 3 in la minore op. 56 “SCOZZESE”
-Andante con moto – Allegro un poco agitato
-Vivace non troppo
-Adagio
- Allegro vivacissimo – Allegro maestoso assai
Il Concerto:
di Paolo Castagnone
«Il mio pubblico ideale è costituito da persone curiose, aperte di mente e di cuore, entusiaste della nuova musica e disposte ad ascoltarla senza preconcetti e chiusure mentali» [James MacMillan]
«L’eco del canto puro di una preghiera : è nato un musicista, un sacerdote, un profeta» titolava The Gardian all’indomani dell’apparizione, nell’estate del 1990 ai Prom’s Concerts di Londra, di «Isobel Gowdie», poema sinfonico dell’allora sconosciuto MacMillan. Il tono dell’articolista è in sintonia con i giudizi discordanti che il compositore ha provocato per l’apparente contraddittorietà di molti suoi atteggiamenti: fervente cattolico, ma spesso schierato su posizioni progressiste, in polemica con un certo tipo di avanguardie chiuse nel loro cerebralismo e allo stesso tempo sprezzante nei confronti del “populismo” musicale. Ovviamente questi molteplici interessi si possono rintracciare nel suo già folto catalogo, ricco soprattutto di titoli sacri, in sintonia con «una dimensione spirituale che, da Oriente a Occidente, i musicisti stanno oggi ricercando». Anche il legame con la propria terra è sempre stato smisurato e i toni con cui parla del paesaggio scozzese sono idillici: «Vi cammini e sei dentro la memoria, il sole, il mare, la pace, il whisky, la nostra dolce lingua, le tracce fisiche di un’eredità spirituale. Per forza poi nasce la nostra bella musica. Io l’ho trasferita in un ambito colto, ma la suono per un pubblico popolare».
Le passioni dell’artista anglosassone si riverberano anche nel brano in esecuzione. «Negli anni Ottanta – ha affermato - mi imbattei in un poema d’amore del poeta scozzese William Soutar, intitolato The Tryst, che immediatamente musicai con una melodia molto semplice e lineare. Questo frammento appare in numerosi brani che ho composto da allora: una Messa, un breve spartito per violino e pianoforte (After the Tryst) e nel Credo di «Búsqueda», un’opera che unisce testi sacri a poesie scritte dalle madri dei desaparecidos. Del pezzo in programma fornisce anche il titolo e il nucleo poetico della musica. Le sue caratteristiche melodiche, analogamente alle parole originali, sembrano implicare numerose intense associazioni - santità, intimità, fede, amore - ma è anche intriso di mestizia, come se tutte queste cose stessero per morire».
La musica è in un unico movimento, ma è divisa in cinque pannelli ben definiti, con la sezione centrale in tempo lento a costituire il luogo in cui il potenziale del motivo originale viene di nuovo esplorato. E’ qui sviluppato e arricchito dagli archi, dietro ai quali udiamo palpitanti e vibranti accordi, ben timbrati e dissonanti. La sezione di apertura del lavoro è invece veloce, energica, ritmica e si collega a una pagina introdotta da lenti accordi omofonici dei fiati, che vengono interrotti da violente intromissioni degli archi. Nel finale gli elementi rapidi si combinano con le armonie solenni della sezione centrale.
Sul piano linguistico si avverte con chiarezza la volontà di rompere le barriere strutturali, inserendo riferimenti alla musica folk e al jazz, specie nella scrittura degli ottoni, che fa esplicito riferimento a modelli compositivi da big band nello stile di Stan Kenton.
«Non voglio esprimere una presa di posizione, ma semmai proporre un punto di vista». [Filippo Del Corno]
“NOT IN MY NAME” era lo slogan usato dall’organizzazione “The September Eleven Families for Peace for Tomorrow”, il gruppo dei familiari delle vittime dell’attentato alle Twin Towers, che ha fortemente protestato contro le guerre scatenate dal governo degli Stati Uniti “in nome” degli americani uccisi dai terroristi. Emblematicamente questa affermazione costituisce il titolo e il nucleo poetico del nuovo lavoro di Filippo Del Corno, che ritorna - dopo un decennio dedicato ai pezzi per ensemble e al teatro musicale - alla scrittura orchestrale e alla collaborazione con l’istituzione in cui aveva mosso i suoi primi passi da compositore, i Pomeriggi Musicali di Milano. Come ha affermato il musicista milanese, «si tratta di un caso particolarmente simbolico del contrasto tra individuo e collettività: infatti la guerra in Afghanistan si è basata su una presunta volontà collettiva di reazione all’attentato dell’11 settembre 2001, mentre era invece evidente che tanti singoli individui direttamente coinvolti da quel massacro non condividevano affatto la risposta bellica degli USA. Quindi il conflitto ha preteso di essere l’espressione di un moto collettivo (le vittime del terrorismo), schiacciando così ogni possibile espressione di volontà individuali difformi. Questo mi è parso uno spunto estremamente stimolante dal punto di vista propriamente compositivo».
Alla base della genesi del lavoro vi è l’idea di sviluppare un rapporto tra solista e orchestra incentrato sulla contrapposizione dialettica, intesi come rappresentazione del contrasto tra il singolo e la collettività. « Not In My Name è una partitura dove non esiste il tradizionale rapporto solo/tutti o una compagine strumentale che commenta, amplifica e rispecchia gli elementi musicali proposti dal protagonista assoluto della scena, il pianoforte. E’ invece un confronto aspro, serrato, un fronteggiarsi tra l’individualità del solista e la massa orchestrale, in una lotta che conosce anche violenza, sopraffazione, disparità, ricollegandosi all’etimo del termine concerto, che deriva appunto da certamen, ossia combattimento».
La struttura formale è quadripartita e ogni singolo movimento si richiama alle quattro figure rappresentate dalle parole in epigrafe: il primo alla negazione (NOT), il secondo all’inclusione (IN), il terzo all’appropriazione (MY) e il quarto alla denominazione (NAME). L’unico esplicito riferimento alla tradizione è l’iniziale e deliberata citazione del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, che costituisce un evidente omaggio a uno dei massimi capolavori concertistici della letteratura pianistica. Alcuni elementi linguistici sono invece affini ai lavori di James MacMillan: «entrambi usiamo accordi consonanti o dissonanti senza un pregiudizio di carattere ideologico ma seguendo, invece, le esigenze “drammaturgiche” di ogni singolo lavoro». Del musicista scozzese Filippo Del Corno condivide anche l’idea di un’arte impegnata socialmente, affermando che «questo concerto è la seconda tappa della trilogia «Confront reality», di cui ho già scritto «Critical Mass» per orchestra d’archi e che verrà conclusa da un brano sinfonico intitolato «Shock and Awe». L’intera opera intende affrontare il complesso e contraddittorio rapporto che esiste tra l’espressione artistica e la società che la circonda, rispondendo così alla sfida lanciata dal compositore inglese Steve Martland per “un’arte che non rifletta la realtà, ma la affronti”. Vorrei però chiarire che si tratta di musica impegnata in un senso totalmente diverso rispetto alle ideologie degli anni Settanta».
«Vita e arte non sono due cose diverse » [Felix Mendelssohn]
Nell’estate del 1829 Mendelssohn fece una tournée in Inghilterra:“conquistata” Londra, si concesse un lungo viaggio di piacere in Scozia fra gli amati paesaggi dei romanzi di Walter Scott, visitando anche i ruderi del castello di Holyrood. Nel suo diario annotò: «Tutto è andato in rovina e la luce del sole penetra nelle spaccature. Credo di aver trovato oggi, nella vecchia cappella, l’inizio di una nuova Sinfonia» e, ai piedi dei contrafforti del castello, il giovane Felix schizzò le prime dieci battute dell’Andante con moto che apre l’op.56. Il lavoro non va però ascritto al filone della musica descrittiva, poiché il paesaggio del musicista amburghese è sempre interiore e si mantiene fedele al motto che Beethoven annotò nella Pastorale: «non pittura, ma espressione del sentimento».
Ne deriva che queste suggestioni rappresenteranno qualcosa di ben più profondo nella sua coscienza, poiché andranno a fondersi con le impressioni del lungo e decisivo viaggio in Italia, simbolo dell’altro polo del suo orizzonte romantico: quello meridionale ed estroverso di una classicità perennemente vagheggiata. Tutto si ricongiunse nel suo sensibilissimo animo poetico e di questa polarità egli avrebbe poi reso esemplare testimonianza con le sue più famose sinfonie: l’Italiana e la Scozzese.
Uno degli elementi che più destano impressione è proprio la lunghissima genesi del brano, rielaborato nell’arco di tredici anni in una continua ricerca di forme trasparenti e perfette. Per mettere ancor più in evidenza la levigata fluidità del dettato melodico, Mendelssohn insisteva nel fare eseguire il proprio lavoro orchestrale senza pause fra i singoli movimenti, ritenendo che in tal modo i contrasti avrebbero acquistato il loro giusto valore. Un ulteriore fattore unitario è costituito dalla parentela di molti elementi motivici con l’atmosfera umbratile dell’introduttivo «Andante con moto». Anche i due temi principali dell’Allegro un poco agitato evocano un paesaggio sonoro che acquista via via un respiro più intenso, fino all’esultanza e ai grandiosi crescendi dello Sviluppo. La sapiente costruzione di questa sezione manifesta un magistero contrappuntistico tipicamente mendelssohniano e fa emergere dall’inquietudine sotterranea aspetti reconditi del materiale melodico. A conclusione del primo movimento, un’esile linea discendente dei fiati approda al motivo udito in apertura, riaffermando quel clima da nebbiose highlands scozzesi, alla cui definizione contribuisce non poco la grande finezza timbrica della strumentazione.
Il seguente «Vivace non troppo» porta ad un cambiamento emotivo, percorso com’è dai suoni di allegre danze popolari scozzesi e di zampogne. Il tema pentatonico, tipico delle canzoni popolari gaeliche, fugge vivace e brioso in un suono di clarinetto. La pagina - rarità per uno Scherzo - è in forma-sonata e seduce per l’orchestrazione trasparente e la varietà ritmica. Il richiamo popolare è comunque stilizzato; già col secondo tema e soprattutto nello Sviluppo le raffinate trame polifoniche si infittiscono e, dopo una breve Ripresa che ne prolunga all’estremo la vitalità ritmica, il movimento va a spegnersi in pianissimo.
Con molto pathos i violini attaccano un «Adagio» raccolto, quasi doloroso, costruito sul contrasto drammatico fra la dolcezza di un tema cantabile e un ritmo di marcia funebre, che si presenta all’improvviso in tutta la sua cupezza, impregnata dal timbro dei fiati che suonano nel registro grave. Con la Ripresa poco a poco inizierà a riemergere il tono elegiaco del primo disegno melodico e la Coda si conclude tranquilla e distesa.
Nell’ultimo movimento, «Allegro vivacissimo», prorompe un’atmosfera gioiosa, con un tema energico e vitale che si dispiega su un ritmo costante, mantenuto nel pianissimo ma vivificato da accenti improvvisi. La seconda idea musicale è affidata ai fiati con sapiente contrasto timbrico e sfocia in uno Sviluppo dall’ammirevole tessuto contrappuntistico, della cui raffinatezza l’ascoltatore quasi non si avvede al primo ascolto. Quindi non segue la consueta coda tematica, ma un «maestoso» in forma di inno: un’idea cara a Mendelssohn, che spesso la usò nella musica liturgica. Dai registri bassi delle viole, dei clarinetti bassi, dei corni e dei fagotti si costruisce una sonorità solenne che sfocia in un’apoteosi trionfante.
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15 aprile 2007 |
Teatro Coccia
Aperitivo in jazz con Antonella Custer e Filippo Ridolfi
APERITIVO IN JAZZ DEL 15/04/07
con
FILIPPO RODOLFI piano
FABIO DE MARCH basso
ALEX BATTINI batteria e percussioni
ANTONELLA CUSTER voce
Genere: Latin Jazz, Jazz Samba, Bossanova, Boleros, Afro Jazz e Standards Jazz
Arrangiamenti di Filippo Rodolfi
PROGRAMMA
FEVER Eddie Cooley
500 MILES HIGH Chick Corea
SABORA MI Alvaro Carrillo
ACERCATE MAS Osvaldo Farrez
BESAME MUCHO Consuelo Velasquez
CON ALMA Dizzy Gillespie
LOVE DANCE Ivan Lins
MAS QUE NADA Jorge Ben
‘O CIELO CE MANNA ‘STI CCOSE Armando Trovajoli
BATUCADA Sergio Mendes
NATURE BOY Eden Ahbez
POINCIANA Simon Bernier
FILIPPO RODOLFI (Pianista, Tastierista, Compositore, Arrangiatore e Musicoterapeuta)
Poviene da una famiglia di musicisti. Dopo gli studi classici ed in seguito d’armonia e composizione (con Roberto Gorini Falco), si avvicina al jazz in giovane età e studia con Franco D’Andrea e Sante Palumbo. Dagli anni ‘70 si produce in qualità di solista in varie formazioni che vanno dal Trio alla Big Band. Ha soggiornato a lungo all’estero e in particolare a Parigi. Compositore di musica contemporanea, concreta, ambientale ed elettronica è apprezzato anche nel campo della musica pop italiana e straniera come arrangiatore. Tiene corsi, stages, laboratori e seminari d’armonia ed improvvisazione in ambito jazzistico. Tra le sue produzioni in campo discografico, ricordiamo i CD: “Cantabile - Suite Padana” (un mix di Jazz, Ambient e New Age con il prestigioso quartetto d’archi Statunitense “The Borromeo Quartet”) e “The Denner Quintet - Live in Turkey”. Alla testa di quest’ultima formazione Filippo Rodolfi si è esibito in Turchia (European Jazz Festival di Smirne) ed in Australia (Gold Coast Jazz Festival di Surfer’s Paradise). È stato anche invitato in qualità di ospite straniero in Giappone al “3 Blind Mice Festival” di Tokyo. Esperto in comunicazione e psicologia della musica, opera anche nel campo della pubblicità radiofonica e televisiva ed in qualità di musicoterapeuta è presente da parecchi anni nelle strutture piemontesi e lombarde.
FABIO DE MARCH (Contrabbasso e Basso Elettrico) vanta numerose collaborazioni “free lance” con jazzisti Italiani e stranieri, tra i quali: B. Watson, M. Mainieri S. Grossman, R. Heute ( ex B.Mintzer Band e Chaka Chan Group ), F. Ambrosettì, D. Landolf (J. Heider), T. Scott, S. Stahel, Shirly B. Foy Group, G.Basso C. Allifranchini,, S.Fanni, C. Fasoli, R.Migliardi, J. Cosumano, M. Rosen, G. Masetti, S.Palumbo, F. Rodolfi, R. Luppi, S. Rava e partecipazione e collaborazione alle produzioni radio-televisive di: RAI 2 (Chi tiriamo in ballo), TSI (Jazz Special), RAI –Radio1 (Coppa del Jazz), TV Circuito SPER ( Rock Café ), Antenna 3 (Bingoo), TOP Rete Italia, Reporter, Kiss-Kiss, R8 Network, Delta International, ( Play List ).Tra le sue recenti collaborazioni e produzioni nell’ambito Pop e Teatrale lo troviamo come accompagnatore di: I. Zanicchi, T. Dallara, Jenny B, Magic Music Circus, N. Midani Show, Un usignolo dal cuore grande (Omaggio ad Edith Piaf), Da Vienna a Broodway, Spirituals-GospeIs and Worksongs, D.Siani Orchestra, Sounds Good Band, Comp. Dialett. Legnanese “F. Musazzi”.
Discografia Jazz:
J.T. & G. - Jazz Trio & Guest
Top Ten - Allifranchini Quartetto
Live in St. Vincent - Ciato's Big Band
Panta Rei - A. Barattini Quartet
Trio Electrico - Trio Electrico
Omaggio a Benny Goodman - G. Tirincanti Group Live at Capolinea
Wally - Claudio Allifranchini
Cantabile - F. Rodolfi - Workshop
Chiaroscuro - A. Barattini Quartetto
Live 2000 – Barattini, Tognoli, De March, Bernardinello
ALEX BATTINI
Italo-argentino, nato a Genova il 16 ottobre 1961. Figlio d'arte, suo padre il famoso cantante degli anni '40, Mario Battini detto "La voz romantica de Italia".
A 18 anni inizia lo studio della Batteria Jazz con il M° Lucchini, che seguirà per circa quattro anni. Nel frattempo tramite il convocatore Berlendis inizia a lavorare negli studi televisivi RAI e Fininvest, realizzando innumerevoli play-back con artisti italiani e stranieri (Roxette, Roby Nevill, Milva, Level 42, ecc.) e in trasmissioni televisive (Disco Ring, Domenica In, Superclassificashow, Europa Europa, Azzurro, Festivalbar, Buona Domenica, ecc.) Nel 1983 inizia l'attività didattica di batteria e percussioni in varie scuole: 1983-85: Scuola Media Statale "Emilio De Marchi Junior" di Milano e Spazio Musica di Como; 1985-87: Flam Percussion Center di Milano; 1989-94: N.A.M.M.: Nuova Accademia di Musica Moderna di Milano (Tullio De Piscopo); 1994-96: Sound Accademy di Monza. COLLABORAZIONI PROFESSIONALI
Alex Battini De Barreiro ha collaborato alla batteria e alle percussioni con numerosi artisti italiani e stranieri:
MUSICA LEGGERA
Roberto Vecchioni, Angelo Branduardi, Tullio De Piscopo, Franco Simone, Enzo Jannacci, Dario Baldambembo e Alberto Baldambembo, Edoardo Vianella, Adamo, Ricchi e Poveri, Giuni Russo, Demo Morselli, Wilma De Angelis, Lara St. Paul, Paolo Limiti, Guido Angela, Alberto Radius e Gabriele Lorenzi (Formula 3), Pierumberto Civaschi, Rino Abate, Nadia Meccano, Rino Calabritto (Napoli Centrale), Francesco Nuti, Augusto Martelli, Piero Cotto, Vince Tempera, Eric Van Aro, José Mascolo, Paola Folli, Fabrizio Lamberti, Gianluca Guidi, Giobbe Covatta.
JAZZ, ETHNIC, FUSION
Alex Acuña, Horacio "El Negro" Hernandez, Adi Souza Group ( Diego Baiardi, Massimo Minardi, Tullio Ricci, Marco Mistrangelo), Rosalyn Robinson, Louis Agudo, George Aghedo, Franco Mussida (PFM), Gigi Cifarelli, Patrizio Fariselli (Area), Daniel Martinez, Daniel Herzalow, Amik Guerra, Ivan Bridon, Al Coopley, Sonny Taylor, Ney Portilho, Ademir Candido, Armando Corneu Descarga, Gendrickson Mena, Kal Do Santos, Gilson Silveira, Julius Farmer, Patrizio Fariselli, Daniele Di Gregorio, Pietro Nobile, Antonio Faraò, Lorenzo De Finti, Sergio Fanni, Emilio Soana, Paolo Pelegatti, Luca Zamponi, Ellade Bandini, Luca Jurman, Claudio Allifranchini, Stefania Aggio, Bruno Cesselli, Arrigo Cappelletti, Paolino Dalla Porta, Giampiero Prina, Marco Micheli, Giulio Visibelli, Michael Rosen, Alfredo Paixao, Mamadì Keita, Badu N'Dyaie, Paolo Brioschi, Marco Brioschi, Marco Detto, Roberto Dalla Grotta, Andrea Rapisarda, Mino Fabiano, Carmelo Isgrò, Enzo Lo Greco, Fabio Maggioni, Dario Faiella, Danilo Riccardi, Silvio Verdi, Piero Orsini, Marco Vaggi, Renato Sellani, Andrea Verardi, Vittorio Bianco, Paul Jeffry, Enrico Graneffei, Fabrizio Bosso, Enrico Granaffei, Max Scocca, Orchestra Lucchini Memorial, Alma Latina ( Marco Mistrangelo, Fabio Gianni, Angelo Rodilosso, Adrian Cisneros, Ruben Aquino Rosario), Max Dealoe, Riccardo Fioravanti, Marco Ricci, Piero Orsini, el"Chato", Lorenzo Definti, Alessandro Bianchi, Max Daloe.
ANTONELLA CUSTER, voce
Il soprano Antonella Custer, notata dalla critica per la sua estensione vocale ed il timbro particolare, spazia con disinvoltura attraverso vari generi musicali. Ha partecipato in diverse occasioni a manifestazioni musicali per l'Estate Novarese come il “Cafè Chantant” con il maestro Paolo Beretta, e come vocalist nell’Artistry Jazz Band; più recentemente la troviamo come solista agli appuntamenti dell'”Aperitivo in Jazz” al Teatro Coccia accompagnata dal maestro Filippo Rodolfi.
Ha prestato la voce anche per alcuni jingles pubblicitari su scala nazionale.
Il repertorio di Antonella Custer è incentrato su standards jazz ed evergreens internazionali; Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Billie Holiday, Flora Purim, Diane Schuur, Barbara Streisand e la Minnelli sono, tanto per citare, le sue artiste di riferimento.
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