Teatro dell'opera di Milano
         
        I Pagliacci
          Dramma in un prologo e due atti
        Musica e libretto di Ruggero Leoncavallo (1857-1919)
        
        Personaggi e interpreti
        
        
        Nedda, nella commedia Colombina (soprano)
        Sara Rossi
        
        
        Canio, nella commedia Pagliaccio (tenore)
        Diego Cavazzin
        
        
        Tonio, nella commedia Taddeo (baritono)
        Valentino Salvini
        

        Beppe, nella commedia Arlecchino (tenore)
        Luciano Grassi
        
        
        Silvio, un contadino innamorato di Nedda (baritono)
        Daniele Di Tommaso
        Coro Teatro dell'Opera di Milano diretto da Damiano Cerutti
        Orchestra Filarmonica di Milano
        Maestro direttore
        e concertatore:
        Damiano Cerutti
        Ideazione scenografica 
        e regia di Mario Migliara
        
        Costumi di Sara Schieppati
        SCENE
        ideazione: Mario Riccardo Migliara; realizzazione: Arti di Scena
         
         
        
        PRODUZIONE Teatro dell'Opera di Milano
         
         
        
        http://www.operamilano.org 
        Tutte le date delle rappresentazioni:
        09 febbraio 2013_02_09 Nova Milanese Auditorium Comunale
        14 febbraio 2013_02_14 Seregno Teatro San Rocco
        21 febbraio 2013_02_21 Busto Arsizio Teatro Sociale
        23 febbraio 2013_02_23 Monza Teatro Manzoni
        24 febbraio 2013_02_24 Varese Teatro di Varese
         
         
        
        Note di regia:
        Pagliacci è un'opera lirica divisa in due atti di Ruggero Leoncavallo, 
        su libretto del compositore, rappresentata per la prima volta al Teatro 
        dal Verme a Milano, il 21 maggio 1892 con la direzione di Arturo 
        Toscanini.
        Essa si ispira a un delitto realmente accaduto a Montalto Uffugo, in 
        Calabria, quando il compositore era bambino, e in seguito al quale il 
        padre di Ruggero Leoncavallo, che era magistrato, istruì il processo che 
        portò alla condanna dell'uxoricida.
        Sicuramente, uno dei motivi del successo popolare dell'opera risiede 
        anche nella prima registrazione discografica con Enrico Caruso quale 
        protagonista; il disco è ricordato come una pietra miliare dell'allora 
        nascente industria discografica, essendo stato il primo ad aver superato 
        il milione di copie vendute.
        
        La rappresentazione inizia a sipario calato, con Tonio che, in costume 
        da Taddeo, si presenta come Prologo, fungendo da portavoce dell'autore 
        ed enunciando i principi informatori e la poetica dell'opera. Il Prologo 
        di Pagliacci costituisce un vero e proprio manifesto poetico 
        programmatico della corrente verista all'interno della giovane scuola 
        italiana (Si può, si può?).
        La compagnia di Canio è giunta in un paesino meridionale, Montalto 
        Uffugo in provincia di Cosenza, per inscenare una commedia.
        Canio non sospetta che la moglie Nedda lo tradisca con Silvio, un 
        contadino del luogo. Tonio, che ama Nedda ma che è da lei respinto, 
        avvisa Canio del tradimento. Questi scopre i due amanti che si 
        promettono amore, ma Silvio fugge senza che Canio lo veda in volto.
        Canio vorrebbe scagliarsi contro Nedda, ma arriva uno degli attori a 
        sollecitare l'inizio della commedia perché il pubblico aspetta. Canio 
        non può fare altro, nonostante il suo turbamento, che truccarsi e 
        prepararsi per la commedia (Recitar... Vesti la giubba).
        Canio, nel ruolo di Pagliaccio, impersona appunto un marito tradito 
        dalla sposa Colombina.
        La realtà e la finzione finiscono col confondersi, e Canio, 
        nascondendosi dietro il suo personaggio, riprende il discorso interrotto 
        dalla necessità di dare inizio alla commedia e, sempre recitando, 
        rinfaccia a Nedda la sua ingratitudine e trattandola duramente le dice 
        che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia.
        Di fronte al rifiuto di Nedda di dire il nome del suo amante, Canio 
        uccide lei e Silvio accorso per soccorrerla.
        Tonio e Beppe, inorriditi, non intervengono, ma gli spettatori, 
        comprendendo troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più finzione, 
        cercano invano di fermare Canio, che, a delitto compiuto, esclama 
        beffardo: la commedia è finita!.