ATTO SECONDO
Scena I Gabinetto negli Appartamenti Reali Aglatide, ed Arsida
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Aglatide
Arsida, ah per pietà!, del Padre mio,
di Leucade, che fu ? Da mille affanni
agitata mi sento, e non m’uccide ancora il mio tormento.
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Arsida Ah no !, t’inganni. Assicurare ei brama li
suoi giorni, il suo Trono.
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Torbido appare il Cielo nei matutini albori (aria di
Arsida)
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Lis(s)andro Ove volgi i tuoi passi ? Ah, dimmi, o
Figlia: di Leucade, che fu ?
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Ah, Padre … Ah, senti …
Ma giunge il Re ! Forse pietoso ei viene
La tua pena, e la mia, a consolar, mosso da <un> dolce affetto…
Lis(s)andro (Nascondetevi, o sdegni, in questo petto.)
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Aglatide :
Padre, che mai dicesti ? In quegli accenti, mio Re, conoscer devi
l’amor di Padre !
Agesilao :
Il più fedel vassallo io riconosco in te; nei detti tuoi sento quanto
è a te cara la salvezza del figlio
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La Regina : ella fedel l’adora, né soffrirà che il
suo Leucade mora.
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Aria aggiunta "Non temer d'un basso affetto" da Maometto II di
G.Rossini
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Luogo magnifico nella Reggia dei Re di Sparta. Trono
da un lato
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Erissa
Non sgomentarti, o Leucade, se in tal luogo mi vedi; il Re clemente
tuo Giudice mi fa . Certo è il tuo fallo, e dal tuo labbro solo s’attendon
le discolpe .
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Agesilao
Con la Regina discolpati, se puoi: sarà, tel giuro, nell’udirti,
clemente…
Erissa
Ma se brami pietà, torna innocente .
Agesilao
Tal non ti vanti ?
Leucade
E tal, Signor, io sono: se fossi reo, sarei di Sparta in Trono…
D’altri è la colpa.
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Lisandro
Empio, che pensi?
Il pentimento è vano. E ben palesa Chi commise il delitto. A tua
difesa
di’ che il tuo fallo è mio, di’ che il fellon son io,
che dispose il tumulto… D’un delinquente figlio Anche il nome io
detesto.
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Aglatide
Malvagio Re, sarai contento ! Il sangue di Leucade vedrai scorrere a
rivi ?
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Là nelle Ircane selve
le più feroci belve
hanno men fiero il core,
mostro crudel, di te.
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Ma non andrai superbo
del sangue mio versato,
che per voler del Fato
cadrà svenato il Re.
(aria di Aglatide)
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Lisandro
Dove vado, infelice ? e quale io sento mesta voce nel petto, che alla
tomba m'invita !
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Erissa
Empio Padre ! E che pensi ? E il mio tesoro perché a salvar non corri
?
Odimi: io voglio da te lo sposo mio.
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Erissa
Leucade? Innocente ? ma svela I tuoi sensi, una volta !
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Erissa sola:
Che ascoltai, Numi eterni ! In ogni vena sento il sangue gelar …
Il Re si cerchi: si scuopra il reo, e si salvi
Leucade sventurato.
Oh Dio !, fuggite immagini dolenti dal mio pensier.
(aria di Erissa)
Perfido ! arresta il colpo,
salvami l’Idol mio.
Stelle, che affanno rio,
che fiera crudeltà …
Poveri affetti miei !
Barbaro Amor tiranno !
Se il caro ben perdei, di me che mai sarà ?
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Leucade [Carcere]
Perché la Parca avara tarda a troncar lo stame dei miei miseri giorni
?
In questi orrori, ove giaccio ristretto, mi trema il cor, benché
innocente, in petto.
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Agesilao
Misero ! Ah, fuggi, fuggi da questo orrendo ab[b]isso di sventure; in
altra terra
vivi i giorni felici; e un Re clemente qualche volta rammenta …
Leucade
Vuoi ch’io fugga ? e perché ? Forse tu credi che quest’anima forte
perda l’usato ardire in faccia a morte ? Mio Re, t’inganni !
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Agesilao. Che mai risolvi ? Qual ripugnanza è questa
?
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Agesilao
Olà ! quei ceppi onde Leucade è stretto si sciolgano all’istante.
E tu, crudele, che desiasti al tuo Signor la morte, cadrai del figlio
in vece
alla gran Dea svenato …
Lisandro
Ma il sangue tuo …
Agesilao
Frena gli accenti, ingrato !
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Leucade / Erissa (l’uno rivolto all’altra, e
viceversa)
Perdona … s’io dubitai di te.
Agesilao Empio, tremar dovrai …
Lisandro Li sdegni tuoi non temo …
Agesilao Perfido ! sì, morrai …
Lisandro Ma almen senza viltà !
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Agesilao : Che ascolto ? Oh Dio !
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Leucade: Ah, Padre, e perché mai morir non mi
lasciasti ?
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A Quattro
Che affanno, o stelle, è il mio ! Per me non v’è pietà.
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A Quattro
Furie spietate e barbare, tutte venir vi sento,
in sì fatal momento, a lacerarmi il cor .
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Gran Tempio dedicato alla Dea Cibale con Simulacro e
ara accesa,
Sacerdoti, e tutto l’occorrente per il Sacrificio.
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Agesilao: Olà !, si tragga il Reo al suo destino.
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Leucade
Ad ogni eccesso mi porta il mio dolor. Mio Re, la vita
consérvami del Padre. E quando mai una vittima il ciel volesse ancora,
sull’Ara della Dea Leucade mora.
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Agesilao (A tante lagrime più resister non so …).
Sacri ministri, ostia novella alla Gran dea s’appressi !
Lis[s]andro, a te la vita dona il tuo Re;
ma vuole che lungi dalla Reggia volgi i tuoi passi.
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Agesilao: Tu, Aglatide, di Sparta sarai a parte del
Trono.
Aglatide : Oh Dei ! che ascolto !
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Lisandro:
Agesilao, la tua clemenza è quella che in vita mi sostien.
La figlia mia tua sposa eleggi.
Il mio Leucade unisci a chi tanto l’amò.
Deh, il mio delitto ob[b]lìa, se vuoi .
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Agesilao:Sorgi, non più ! … Della tua colpa ancora
scordo 81 la rimembranza.
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Leucade :
E chi potrebbe non amarti, o Signor ?
Popoli, è questo il nostro Re !
Obbedienza, e fede giuri ciascun.
Cinga il Real tuo crine lo Spartano Diadema.
Agesilao :
Leucade ! Oh quanto deggio
al tuo bel cor … In me Sparta ravvisi
il Padre, e non il Re. Finché avrò vita,
che regni meco io voglio
la clemenza e l’amor, compagni al Soglio.
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orchestra Ensemble “Isabella Leonarda”
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maestro concertatore e direttore Paolo Beretta
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