Antefatto storico : l'assassino di Abramo Lincoln
... in assoluto silenzio ... mentre il direttore (ed il
pubblico) attendono
Preludio
Ballo in maschera non ha la sinfonia come per altro in buona parte le
opere di Verdi ma una introduzione "climatica" per dare una
ambientazione alla vicenda che ... sta per svolgersi.
UFFICIALI, GENTILUOMINI:
Posa in pace, a' bei sogni ristora,
O Gustavo, il tuo nobile cor.
A te scudo su questa dimora
Sta d'un vergine mondo l'amor.
E sta l'odio che prepara il fio,
Ripensando ai caduti per te.
Come speri, disceso l'oblio
Sulle tombe infelici non è.
(Entra Oscar dalla stanze del re)
OSCAR (a Gustavo):
Leggere vi piaccia
Delle danze l'invito.
(leggendo, tra sè)
(Amelia . . . ah, dessa ancor! L'anima mia
In lei rapita ogni grandezza oblia!
La rivedrà nell'estasi
Raggiante di pallore . . .
E qui sonar d'amore
La sua parola udrà.
O dolce notte, scendere
Tu puoi gemmata a festa:
Ma la mia stella è questa
Che il ciel non ha!)
Turbato il mio
Signor, mentre dovunque il nome suo
Inclito suona?
Un reo disegno
Nell'ombre si matura,
I giorni tuoi minaccia.
Se udir ti piace i nomi
Alla vita che t'arride
Di speranze e gaudio piena,
D'altre mille e mille vite
Il destino s'incatena!
Te perduto, ov'è la patria
Col suo splendido avvenir?
E sarà dovunque, sempre
Chiuso il varco alle ferite,
Perchè scudo del tuo petto
È del popolo l'affetto?
Dell'amor più desto è l'odio
Le sue vittime a colpir.
GIUDICE: (offrendogli dispacci a firmare)
Sire!
GUSTAVO:
Che leggo! . . . il bando ad una donna! Or d'onde?
Qual è il suo nome? . . . di che rea?
GIUDICE:
S'appella Ulrica, dell'immondo
Sangue dei neri (Sangue
gitano In Gustavo III)
OSCAR:
Difenderla vogl'io.
Volta la terrea
Fronte alle stelle,
Come sfavilla
La sua pupilla,
Quando alle belle
Il fin predice
Mesto o felice
Dei loro amor!
È con Lucifero
D'accordo ognor.
Ebben, tutti chiamate:
Or v'apro un mio pensier.
Signori: oggi d'Ulrica
Alla magioni v'invito,
Ma sotto altro vestito;
Io là sarò.
Ogni cura si doni al diletto,
E s'accorra nel magico tetto:
Tra la folla de' creduli ognuno
S'abbandoni e folleggi con me.
E s'accorra, ma vegli 'l sospetto
Sui perigli che fremono intorno,
Ma protegga il magnanimo petto
Di chi nulla paventa per sè.
ATTO PRIMO
QUADRO II
A sinistra un camino, il fuoco è acceso, e la caldaia magica fuma sovra un
treppiè; dallo stesso lato l'uscio d'un oscuro recesso. Sul davanti, una piccola
porta segreta. Nel fondo, l'entrata della porta maggiore con ampia finestra da
lato. In mezzo, una rozza tavola, e pendenti dal tetto e dalle pareti stromenti
ed arredi analoghi che al luogo. Nel fondo uomini e donne del popolo. Ulrica
presso la tavola; poco distanti, un fanciullo ed una giovinetta che le domandano
la buona ventura.
ULRICA:
Re dell'abisso, affrettati,
Precipita per l'etra,
Senza librar la folgore
Il tetto mio penètra.
Omai tre volte l'upupa
Dall'alto sospirò;
La salamandra ignivora
Tre volte sibilò . . .
E delle tombe il gemito
Tre volte a me parlò.
La face del futuro
Nella sinistra egli ha.
M'arrise al mio scongiuro,
Rifolgorar la fa:
Nulla, più nulla ascondersi
Al guardo mio potrà!
CRISTIANO: (rompendo la calca)
Su, fatemi largo, saper vo' il mio fato.
Del re sono servo, son suo marinaro:
La morte per esso più volte ho sfidato;
Tre lustri son corsi del vivere amaro,
Tre lustri che nulla s'è fatto per me.
ULRICA: (osservando la mano)
Rallegrati omai:
In breve dell'oro e un grado t'avrai.
"Gustavo al suo caro Cristiano uffiziale."
Per bacco! . . . non sogno! dell'oro ed un grado!
Evviva! Evviva!
SERVO: (sommessamente ad Ulrica, ma inteso da Gustavo)
Sentite: la mia
Signora, che aspetta là fuori, vorria
Pregarvi in segreto d'arcano parer.
ULRICA:
Che v'agita cosi?
AMELIA
Segreta, acerba
Cura che amor destò . . .
ULRICA:
L'oblio v'è dato. Arcane
Stille conosco d'una magic'erba,
Che rinnovella il cor . . . Ma chi n'ha d'uopo
Spiccarla debbe di sua man nel fitto
Delle notti. Funereo
È il loco.
ULRICA:
Dunque ascoltate:
Della città all'occaso,
Là dove al tetro lato
Batte la luna pallida
Sul campo abbominato . . .
Abbarbica gli stami,
A quelle pietre infami,
Ove la colpa scontasi
Coll'ultimo sospir!
AMELIA:
Mio Dio! qual loco!
AMELIA:
Se tale è il dover mio
Troverò possa anch'io.
VOCI: (dal fondo)
Figlia d'averno, schiudi la chiostra,
(spinte alla porta)
E tarda meno a noi ti mostra.
Di' tu se fedele
Il flutto m'aspetta,
Se molle di pianto
La donna diletta
Dicendomi addio
Tradì l'amor mio.
Con lacere vele
E l'alma in tempesta,
I solchi so franger
Dell'onda funesta,
L'averno ed il cielo
Irati sfidar.
ULRICA:
Chi voi siate, l'audace parola
Può nel pianto prorompere un giorno,
Se chi sforza l'arcano soggiorno
Va la colpa nel duolo a lavar.
Se chi sfida il suo fato insolente
Deve l'onta nel fato scontar.
ULRICA: (solennemente, esaminando la mano)
È la destra d'un grande, vissuto
Sotto gli astri di Marte.
(staccandosi da lui)
Infelice . . . Va . . . mi lascia . . .
Non chieder di più.
(guardandosi intorno)
È scherzo od è follia
Siffatta profezia:
Ma come fa da ridere
La lor credulità!
ULRICA: (passando innanzi a Horn e Ribbing)
Ah voi, signori, a queste
Parole mie funeste
Voi non osate ridere;
Che dunque in cor vi sta?
GUSTAVO: (con vivacità)
Benissimo.
(offrendo la destra ai circostanti che non osano toccare)
Qual è di voi, che provi
L'oracolo bugiardo? Nessuno!(accorrendo a lui e stringendogli la mano)
Eccolo.
CORO: (contro Ulrica)
L'oracolo mentiva.
GUSTAVO:
Sì; perchè la man che stringo
È del più fido amico mio!
CRISTIANO: (dal fondo, volto ai suoi)
È lui, ratti movete, è lui:
Il nostro amico e padre.
(Marinai, uomini e donne del popolo s'affollano all'entrata)
Tutti con me chinatevi al suo piede
E l'inno suoni della nostra fè.
E posso alcun sospetto
Alimentar nel petto,
Se mille cuori battono
Per immolarsi a me?
ULRICA:
Non crede al proprio fato
Ma pur morrà piagato.
Sorrise al mio presagio
Ma nella fossa ha il piè.
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