ATTO TERZO
Scena I
Casa di Miller. La finestra è aperta, ed a traverso di essa vedesi il Tempietto
internamente illuminato. Luisa scrive presso una tavola su cui arde una lampada:
havvi sulla tavola medesima un cesto con frutta, ed una tazza colma di latte; in
un canto della stanza Laura ed altre paaesane, che mestamente contemplano Luisa.
LAURA, CONTADINE:
Come in un giorno solo,
come ha potuto il duolo
stampar su quella fronte
così funeste impronte?
Sembra mietuto giglio
da vomere crudel . . .
CONTADINE:
Un angiol che in esilio
quaggiù mandava il ciel.
LAURA:
Ahimè!
O dolce amica, e ristorar non vuoi
di qualche cibo le affrante membra?
LUISA:
No.
CONTADINE:
Cedi; all'amistà cedi, Luisa.
LUISA:
La ripugnanza mia
rispettate . . . lo imploro.
(A questo labbro più non s'appresserà terreno cibo!
Già col pensier delibo le celesti dolcezze!)
Il tempio, amiche, perchè splende così?
Tacete?
CONTADINE:
Ignare siam.
LAURA:
La novella signoria con pompa sacra
inaugura il Conte.
(Luisa torna a scrivere)
Ah! l'infelice ignori
quale rito nuzial s'appresta,
e qual esser lo sposo debbe!
A sì crudele annunzio ella morrebbe!
LAURA, CONTADINI
Sembra mietuto giglio, ecc.
Sembra mietuto giglio
da vomere crudel . . .
Un angiol che in esilio
quaggiù mandava il ciel.
ATTO TERZO
Scena II
Miller e Detta
MILLER:
Luisa! figlia mia!
LAURA:
Qual casto amplesso
deh! non turbiam;
sia testimon soltanto
tra figlia e padre Iddio!
(Si ritira colle compagne)
MILLER:
Pallida, mesta sei!
LUISA:
No, padre mio, tranquilla io son.
MILLER:
Del genitore, oh quanto caro
Lo scampo a te costava!
Io tutto da Wurm appresi.
LUISA:
Tutto!?
MILLER:
All'amor tuo per me rinunziasti.
LUISA:
È ver.
(Ma in terra!)
MILLER:
(Quella calma è funesta!
Il cor mi serra non so qual rio presagio!)
(prende in mano il foglio)
Che foglio è questo?
LUISA:
Al suo destin prometti,
se m'ami, o padre, che recato ei fia.
(Miller apre il foglio e legge)
MILLER:
"Orribil tradimento ne disgiunse, o Rodolfo;
un giuramento più dir mi toglie;
havvi dimora, in cui né inganno può,
né giuro aver possanza alcuna;
ivi t'aspetto; come di mezzanotte
udrai la squilla, vieni . . ."
(Gli cade il foglio di mano)
Sotto al mio piè il suol vacilla!
(Resta un momento ambasciato e silenzioso, indi volgesi a
Luisa con voce tremula)
Quella dimora . . .
Mancarmi sento!
Quella dimora saria? . . .
LUISA:
La tomba.
Perché t'invade sì gran spavento?
MILLER:
Ah! sul mio capo un fulmin piomba!
LUISA:
La tomba è un letto sparso di fiori,
in cui del giusto la spoglia dorme;
sol pei colpevoli, tremanti cori
veste la morte orride forme;
ma per due candide alme fedeli
la sua presenza non ha terror . . .
è dessa un angelo che schiude i cieli,
ove in eterno sorride amor.
MILLER:
Figlia? Compreso d'orror io sono!
Figlia . . . potresti contro te stessa? . . .
Pel suicida non v'ha perdono!
LUISA:
È colpa amore?
MILLER:
Cessa, deh! cessa!
Di rughe il volto, mira, ho solcato,
il crin m'imbianca l'età più greve.
L'amor che un padre ha seminato
ne' suoi tardi anni raccoglier deve.
Ed apprestarmi, crudel, tu puoi
messe di pianto e di dolor?
Ah! nella tomba che schiuder vuoi
fia primo a scendere il genitor!
LUISA:
Quanto colpevole, ahimè! son io.
Ah! no, ti calma, o padre mio.
Non pianger . . . m'odi!
MILLER:
Luisa . . .
LUISA: (facendo in pezzi il foglio)
Il foglio lacero, annullo.
MILLER:
Vuoi dunque? . . .
LUISA:
Io voglio per te, buon padre,
restare in vita.
MILLER:
Figlia?
LUISA:
La figlia, vedi, pentita
al piè ti cade.
MILLER:
No, figlia mia,
sorgi, qui sul mio cor.
LUISA:
Padre, ah, mio padre!
LUISA, MILLER:
Ah! in quest'amplesso l'anima oblia
Quanti martiri provò finor.
LUISA:
Però fuggiam,
qui rio periglio ne cingerebbe.
MILLER:
Sano consiglio!
LUISA:
I lumi al sonno chiudi brev'ora,
ancor lontano è troppo il dì.
Come s'appressi la nuova aurora
noi partiremo.
MILLER:
Sì, figlia, sì.
MILLER, LUISA:
Andrem, raminghi e poveri,
ove il destin ci porta.
Un pan chiedendo agli uomini
andrem di porta in porta.
Forse talor le ciglia
noi bagnerem di pianto,
ma sempre al padre accanto
la figlia sua starà.
Quel padre e quella figlia
Iddio benedirà!
Al nuovo albore noi partirem.
Come s'appressi la nuova aurora noi partirem.
(Miller si ritira)
(Si ode il suono d'organo dalla chiesa)
LUISA:
Ah! l'ultima preghiera
in questo caro suolo
dove felice trassi la vita!
E dove "T'amo" ei mi disse!
(Intanto ch'ella è tutta immersa in tacita preghiera, un uomo avvolto
in lungo mantello si è fermato sulla porta, un famigliare lo segue)
Altrove domani pregherò!
ATTO TERZO
Scena III
Rodolfo e Detta
RODOLFO: (al servo)
Riedi al castello, e sappia il padre mio
che, presto il rito,
io qui l'attendo.
(Il servo parte)
Prega!
Ben di pregare è tempo!
(Si trae dal seno un'ampolla, e ne versa il liquore in una tazza. Luisa sorge, e
vistosi Rodolfo dinanzi trusalisce. Rodolfo le spiega sott'occhio la lettera
scritta a Wurm)
Hai tu vergato questo foglio?
Ebbene? L'hai tu vergato?
LUISA: Sì.
RODOLFO:
M'ardon le vene, le fauci, orrido fuoco.
Una bevanda . . .
(Accenna verso la coppa; Luisa la porge ad esso. Rodolo beve)
Amaro è questo nappo.
LUISA:
Amaro?
RODOLFO:
Bevi.
(Luisa beve)
(Tutto è compiuto!)
LUISA:
No . . .
RODOLFO:
Fuggir tu devi.
Altr'uomo t'attende per seguirti;
attende per seguirmi agli altari altra donna.
LUISA:
Che parli? Ah dunque! . . .
RODOLFO:
Invano attendon essi!
(Si strappa la sciarpa e la spada, e le getta lungi da sé)
Addio spada su cui difender l'innocente
e l'oppresso giurai!
LUISA:
O giusto ciel! Che hai?
RODOLFO:
Mi si chiude il respir!
LUISA:
Deh! qualche stilla ne suggi ancor . . .
ti fia ristoro . . .
(volendo nuovamente offirigli la tazza)
RODOLFO:
Ah! quel che m'offre par che sappia l'infame!
LUISA:
Rodolfo, e puoi scagliar sì rea parola
contro la tua Luisa?
RODOLFO:
Ah! lungi, lungi quel volto lusinghier,
quel'occhi in cui splende
degli astri raggio più vivo e terso.
Fattor dell'universo,
perchè vestir d'angeliche sembianze
un'anima d'inferno?
LUISA:
E tacer deggio?
RODOLFO:
T'arretra . . .
In questi angosciosi momenti
pietade almen d'un infelice, ah! senti.
LUISA:
Piangi, piangi; il tuo dolore
più dell'ira è giusto, ahi quanto!
Piangi, piangi, o discenda
sul tuo core come balsamo quel pianto.
Ah! Se concesso al prego mio
è d'alzarsi fino a Dio,
otterrò che men funesto
de' tuoi mali sia l'orror.
RODOLFO:
Allo strazio ch'io sopporto
Dio mi lascia, in abbandono.
No, di calma, di conforto
queste lagrime non sono.
Son le stille, il gel che piomba
dalla volta d'una tomba!
Goccie son di vivo sangue
che morendo sparge il cor!
(L'oriuolo del castello batte le ore)
Donna, per noi terribile ora squillò suprema!
LUISA:
Rodolfo!
RODOLFO:
Nel mendacio che non ti colga,
oh, trema! Amasti Wurm?
LUISA:
Oh! calmati.
RODOLFO:
Guai, se mentisci! Guai!
Pria che questa lampada si spenga,
tu starai dinanzi a Dio!
LUISA:
Che! Spiegati . . . parla . . .
RODOLFO:
Con me bevesti la morte!
Al ciel rivolgiti, Luisa.
LUISA:
Tu dicesti la morte?
Ah! d'ogni vincolo sciolta per lei son io!
Il ver disvelo . . . apprendilo.
Moro innocente!
RODOLFO:
O Dio!
LUISA:
Avean mio padre i barbari
avvinto fra ritorte
ed io . . .
RODOLFO:
Finisci.
LUISA:
Ahi, misera . . .
onde sottrarlo a morte . . .
come quel mostro . . . intendimi . . .
Wurm imponeva a me,
il foglio scrissi.
RODOLFO:
O fulmine!
Ed io t'uccisi!
LUISA:
Ahimè!
RODOLFO
Ah! Maledetto, il dì che nacqui,
il mio sangue, il padre mio!
Fui creato, avverso Iddio,
nel tremendo tuo furor.
LUISA
Per l'istante in cui ti piacqui,
per la morte che s'appressa,
d'oltraggiar l'Eterno, ah! cessa . . .
mi risparmia un tanto orror . . .
ATTO TERZO
Scena IV
Miller e Detti
MILLER:
Quai grida intesi? Chi veggo? O cielo!
RODOLFO:
Chi? L'assassino, misero,
vedi del sangue tuo!
MILLER:
Che disse? Io gelo!
LUISA:
Padre!
MILLER:
Luisa!
RODOLFO:
Ma voglio a' piè colui svenarti . . .
LUISA:
Rodolfo . . . arresta . . .
già mi serpeggia la morte in sen . . .
MILLER:
La morte! Ah! dite!
RODOLFO:
Scampo non resta! Un velen bevve!
MILLER:
Figlia! Un velen!
LUISA:
Padre, ricevi l'estremo addio,
mi benedici, o padre mio.
La man, Rodolfo . . . sento mancarmi . . .
più non ti scerno . . . mi cinge un vel . . .
Ah! vieni meco, deh! non lasciarmi,
insieme accogliere ne deve il ciel.
MILLER:
O figlia, o vita del cor paterno!
Ci separiamo dunque in eterno?
Di mia vecchiezza promesso incanto,
sogno tu fosti, sogno crudel!
No, non è più mio quest'angel santo,
me lo rapisce invido il ciel!
RODOLFO:
Ah! tu perdona il fallo mio,
e perdonato sarà da Dio,
ambo congiunge un sol destino,
me pure investe di morte il gelo.
Sì vengo teco, spirito divino,
insieme accogliere ne deve il ciel.
(Luisa muore)
ATTO TERZO
Scena Ultima
Entrano i contadini con Walter e Wurm
CONTADINI:
Profondi gemiti fra queste porte!
Che avvenne?
WALTER:
Spenta!
CONTADINI:
Dio di pietà!
(Rodolfo scorge Wurm, ch'è rimasto sulla soglia, afferra velocemente la spada, e
lo trafigge)
RODOLFO:
A te sia pena, empio, la morte.
(a Walter)
La pena tua mira!
(Cade morto accanto a Luisa)
WALTER:
Figlio!
TUTTI:
Ah!
FINE
CORO OPERA ENSEMBLE
maestro del coro UBALDO COMPOSTA
Wurm, Castellano di Walter, Basso - RICCARDO RISTORI
Federica, Duchessa d'Ostheim, nipote di Walter, Mezzo-Soprano - ANGELA
ALESSANDRA NOTARNICOLA
ll Conte di Walter, Basso - LUCA GALLO
Miller, vecchio soldato in ritiro, Baritono - MARZIO GIOSSI
Rodolfo, suo figlio, Tenore - DIEGO CAVAZZIN
Luisa, sua figlia, Soprano - FERNANDA COSTA
Accompagnamento al pianoforte
e
direttore DAMIANO MARIA CARISSONI
messa in scena e regia VALERIO LOPANE
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