ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Camera di Pancrazio.
PANCRAZIO e LINDORO
PANCRAZIO
Vieni fra le mie braccia, amato figlio.
Ma no, degno non sei
Della mia tenerezza. All'amor mio
Non corrispondi, no. Sei giorni sono
Che in Venezia sei giunto, ed oggi solo
A me veder ti lasci? Ah figlio amato,
Quanto piansi per te! Sei un ingrato.
LINDORO
Padre, amor fu cagione
Della mancanza mia.
PANCRAZIO
Ma se Cupido
Ha ferito il tuo cor, perché non dirlo?
Sai pur quanto ch'io t'amo;
Sai pur ch'io solo bramo
Di vederti contento.
LINDORO
Pur troppo a mio rossor me lo rammento.
PANCRAZIO
Chi è la bella che adori?
LINDORO
Ella è la figlia
Del conte Baccellone.
PANCRAZIO
Oimè! conosco
Del villano rifatto
La superbia, la boria ed il mal tratto.
T'ama la contessina?
LINDORO
Anzi m'adora;
Però non mi conosce.
PANCRAZIO
Oh bella!
LINDORO
Io dico
Ch'ella non mi conosce per Lindoro,
Di Pancrazio figliuolo: ella mi crede
Cavalier milanese
Ch'abbia il titolo illustre di marchese.
PANCRAZIO
Come facesti ciò?
LINDORO
Ci ritrovammo
Nel burchiello di Padoa, a caso, insieme.
La contessa mi piacque, e in lei veggendo
Predominar un certo fasto altero,
Mi finsi, per piacerle, un cavaliero.
Il padre suo, cui diedi
Titoli in quantità superlativi,
Invitommi al suo alloggio; amor mi fece
Il partito accettar; la contessina
Mi dié segni d'amor, mi vuol suo sposo,
E l'acconsente il padre suo; ma entrambi
Credonmi cavaliero, ed a momenti
N'attendono le prove a lor promesse.
Padre, ricorro a voi; deh voi, che amate
L'unico vostro figlio,
Porgetemi il soccorso ed il consiglio.
PANCRAZIO
Ecco pronto il consiglio, ecco il soccorso:
Io son mercante, è ver, ma ricco sono;
Potriano alle tue nozze
Molte figlie aspirar di sangue illustre.
A Baccellone chiederò la figlia
Per te, non dubitar.
LINDORO
Ma se la niega?
Deh! non mi discoprite innanzi tempo.
Deh! salvatemi almen.
PANCRAZIO
T'accheta. Io sono
Di te più vecchio e più sagace; anch'io,
Figlio, ne' giorni miei
Giovine e amante fui, come tu sei.
De' giorni felici
Ricordomi ancor:
Brillavami il cor,
Bollivami il sangue;
Or tutto mi langue,
Più quello non son.
Mi resta per altro
Purgato il consiglio.
Rimettiti, o figlio,
Vedrai la ragion. (parte)
SCENA SECONDA
LINDORO solo.
E poi critica il mondo
Il tragico poeta
Che innamorar fa due persone in scena.
Ciò si può dar pur troppo, ed io son quello
Che ne fe' l'esperienza in un burchiello.
Vidi appena il vago volto
Della bella mia diletta,
Che m'ha colto - la saetta
Del bendato Dio d'amor.
Restai preso in quel momento
Dall'ignoto occulto laccio,
E già sento, - se più taccio,
Lacerarmi in seno il cor. (parte)
SCENA TERZA
Cortile del Conte.
La CONTESSINA, GAZZETTA e Servi.
CONTESSINA
Elà, servi ignoranti,
Precedetemi entrambi, ed inchinati
Fate spalliera alla padrona vostra.
Dammi braccio, Gazzetta.
GAZZ.
Ai so comandi,
Lustrissima, son pronto.
CONTESSINA
Eh dimmi, dimmi;
Vedesti tu quel cavalier lombardo,
Come fissò nelle mie luci il guardo?
GAZZ.
Se l'ho visto! el pareva
Gatto maimon, che fa la cazza al sorze.
CONTESSINA
E quel giovin mercante,
Quanto gli occhi fissò nel mio sembiante!
GAZZ.
El stava là, come una barca in secco.
CONTESSINA
Ma vi vuol altro! Un mercantuccio amante
Non è per me; non è per il mio grado
Un cavalier di nobiltà mezzana:
Io nacqui dama, e morirò sovrana.
GAZZ.
Certo, se fusse un re, alla mia patrona
Mi el scettro ghe darave e la corona.
CONTESSINA
Quanto rider mi fanno
Certe donne plebee, che voglion farla
Da signore di rango!
Si vede ch'io non son nata nel fango.
GAZZ.
Eh, se vede in effetto
Che l'è nata tra l'oro e tra el zibetto.
CONTESSINA
Guarda, se non m'inganno: ah sì, gli è desso;
È il marchesin mio caro.
Oh questo sì ch'è degno
Dell'amor mio. Vanta fra' suoi maggiori,
Ricchi d'immense entrate,
Seicento e più persone titolate.
GAZZ.
Schienza! Co l'è cussì, la compatisso.
So el mio dover al par di chi se sia.
Dago liogo alla sorte, e vago via. (parte)
SCENA QUARTA
CONTESSINA, poi LINDORO
CONTESSINA
Ehi Lesbin, ehi Taccone, ite alla porta:
Il marchese che giunge, ricevete.
Sapete il dover vostro, o nol sapete?
Ah per una mia pari,
Che tutto il galateo ritiene in mente,
È cosa da morir con questa gente.
LINDORO
Contessina, m'inchino.
CONTESSINA
Addio, marchese.
LINDORO
Permettete?
CONTESSINA
Anzi sì.
LINDORO
Che bella mano!
CONTESSINA
Da tanti e tanti sospirata invano.
LINDORO
Ed a me si concede
Favor sì segnalato?
CONTESSINA
A voi, che siete un cavalier ben nato.
LINDORO
(Oh se mi conoscesse!) E se non fossi
Adunque cavalier?
CONTESSINA
De' miei sospiri
Degno voi non sareste; io vi odierei.
LINDORO
Vi scordereste dell'amor...?
CONTESSINA
Che amore?
Non ho sì vile il core.
Piuttosto morirei,
Che far un sì gran torto agli avi miei.
Ma parliam d'altro. Voi nobile siete,
Non è così?
LINDORO
Senz'altro. Il dissi già.
(Vuol durar poco la mia nobiltà).
Dormiste ben nella passata notte?
CONTESSINA
Ah!
LINDORO
Sospirate?
CONTESSINA
Sì.
LINDORO
Ma perché mai?
CONTESSINA
Sospirando e tacendo io dissi assai.
LINDORO
Oimè!
CONTESSINA
Caro, che avete?
LINDORO
Nulla.
CONTESSINA
Ma pure a sospirar vi ascolto.
LINDORO
Quando vi dissi oimè, vi dissi molto.
CONTESSINA
Ah v'intendo, v'intendo.
LINDORO
Ah sì, capisco,
Cara, del vostro cor la bella face.
Voi siete il mio tesor.
CONTESSINA
Voi la mia pace.
LINDORO
Ma dove, contessina,
Andavate sì tosto, e sì soletta?
CONTESSINA
Dirò: prima mi aspetta
La marchesa Fracassi, indi m'attende
La principessa dell'Orgasmo. Io devo
Poi visitar la cavaliera Altura,
Indi dalla duchessa mia cugina
Andavo a terminar questa mattina.
LINDORO
Se mi date licenza,
Vi servirò da queste gran signore.
CONTESSINA
Oh caro marchesin, mi fate onore.
LINDORO
Ecco la man.
CONTESSINA
Scusate, è netto il guanto?
LINDORO
Lo misi appunto adesso.
CONTESSINA
Da vero? Io vi confesso,
Che se toccassi un guanto poco netto,
Mi sentirei tutto sconvolto il petto.
LINDORO
Che cosa delicata!
SCENA QUINTA
La CONTESSA MADRE e detti.
CONTESSA MADRE
Oh! contessina,
Che fate qui?
CONTESSINA
M'inchino.
Diverse dame a visitar stamane
Impegnata son io.
CONTESSA MADRE
Ma come a piedi?
CONTESSINA
La gondola non v'è; disse Gazzetta
Ch'ella è a conciar.
CONTESSA MADRE
Ebben, restate in casa.
Inarcheria Venezia
Stupefatta le sue liquide ciglia,
A piedi rimirando una mia figlia.
Che ne dite, marchese?
LINDORO
Anch'io l'approvo.
Non è dover.
CONTESSA MADRE
Io so come si vive,
E so che il basso mormorante volgo
In noi nobili e grandi
Fissando gli occhi suoi,
Impegnati ci rende a far da eroi.
LINDORO
E veramente La CONTESSA MADRE Baccellone,
La di cui nobiltade in alto sale,
Un eroe può chiamarsi originale.
CONTESSA MADRE
Vuò parlarvi, marchese. Contessina,
Ritiratevi tosto.
CONTESSINA
Io v'obbedisco.
LINDORO
(Bella, moro per voi).
CONTESSINA
(Per voi languisco).
M'inchino al conte padre,
Son serva al marchesin.
(Che volto peregrin,
Che bella grazia!
Ha due pupille ladre,
Ha un labbro che innamora.
Ah! di mirarlo ancora
Io non son sazia). (parte)
SCENA SESTA
La CONTESSA MADRE e LINDORO
CONTESSA MADRE
Chi nasce grande, ha la virtude infusa.
Or fra l'altre virtudi
Che adornano l'illustre mente mia,
Evvi l'astrologia. Conosco appieno
Il vostro cor. Io dalle vostre ciglia
Conosco che adorate la mia figlia.
LINDORO
Ah! signor...
CONTESSA MADRE
Marchesin, non arrossite.
La contessa mia figlia aspirar puote
Ad un principe, a un duca, e forse a un re.
Ma voi piacete a me,
Onde a voi la destino.
LINDORO
Conte, grazie vi rendo, e a voi m'inchino.
CONTESSA MADRE
Baciatemi la mano.
LINDORO
Ecco, la bacio col maggior rispetto.
CONTESSA MADRE
Per mio genero e figlio ora vi accetto.
Oh quanti invidieranno
In voi la bella sorte
D'aver una mia figlia per consorte!
SCENA SETTIMA
GAZZETTA e detti.
GAZZ.
Lustrissimo.
CONTESSA MADRE
Che vuoi?
GAZZ.
Gh'è 'l sior Pancrazio
Che inchinar se vorria.
CONTESSA MADRE
Che vuol costui?
Quanto mal volontieri
Tratto con questi vili uomini abbietti!
Non san la civiltà: digli che aspetti.
LINDORO
(Oh, se sapesse ch'è mio padre!)
CONTESSA MADRE
Adunque
Attenderò del vostro illustre grado
Le già promesse prove.
LINDORO
Io discendo da Marte.
CONTESSA MADRE
Ed io da Giove.
LINDORO
Deh piacciavi a Pancrazio
Non differir l'udienza.
Dalla contessa andrei.
CONTESSA MADRE
Vi do licenza.
Venga l'uomo plebeo!
GAZZ.
(Oh che muso badial da cicisbeo!) (parte)
LINDORO
Finalmente un mercante
Non è poi tanto vil.
CONTESSA MADRE
Tutti son vili
A paragon di noi. Le genti basse
Sono invidiose, prosontuose, o ladre.
LINDORO
(Bella risposta ottenirà mio padre). (parte)
SCENA OTTAVA
La CONTESSA MADRE, poi PANCRAZIO
CONTESSA MADRE
Costui che mai vorrà? Avrà bisogno
Della mia protezione;
Protegge tutti La CONTESSA MADRE Baccellone.
PANCRAZIO
M'inchino al signor conte.
CONTESSA MADRE
Addio, mercante.
PANCRAZIO
(Bel complimento!)
CONTESSA MADRE
Dite, che volete?
Baciatemi la veste, ed esponete.
PANCRAZIO
(Maledetta superbia!) Grazie, grazie,
Di un onor così grande io non son degno.
CONTESSA MADRE
Io son chi sono, e pur d'ognun mi degno.
PANCRAZIO
Effetto di bontà; dunque in buon grado
Accetterà un'offerta, o per dir meglio
Un'istanza ch'io porto...
CONTESSA MADRE
Eh no, dovete
Una supplica dir.
PANCRAZIO
Come comanda.
CONTESSA MADRE
Offerte a me? Sarebbe un'insolenza.
PANCRAZIO
(Adesso adesso io perdo la pazienza).
CONTESSA MADRE
Su via parlate, via, che non ho tempo
Da perdere con voi.
PANCRAZIO
Tosto mi sbrigo.
Voi avete una figlia.
CONTESSA MADRE
Che asinaccio!
Io ho una contessina illustre figlia,
Illustrissima figlia.
PANCRAZIO
Ed anco altezza
Dirò, se comandate.
CONTESSA MADRE
Questo titolo invan voi non gettate.
PANCRAZIO
Ed io pure ho un figliuolo.
CONTESSA MADRE
Un bottegaro,
Ignorante, plebeo, senza creanza.
PANCRAZIO
(Mi vien voglia di dargli un piè in la panza).
CONTESSA MADRE
Via, che volete dir?
PANCRAZIO
Dopo cotante
Sue gentili espressioni,
Inutil veggo andar più avanti.
CONTESSA MADRE
Ed io
Voglio che terminiate.
PANCRAZIO
Lo dirò adunque...
CONTESSA MADRE
Via.
PANCRAZIO
Dunque ascoltate.
La vostra contessina illustre figlia,
La illustrissima figlia io vi domando
Per far un imeneo
Fra essa e il mio figliol, vile e plebeo.
CONTESSA MADRE
Ah prosontuoso, ah temerario! A forza
Trattengo di lordar le scarpe mie
Nella schienaccia tua. Quest'è un affronto
Che soffrir non si può. Servi, canaglia,
Ove siete? venite. Io da un balcone
Vorrei farti cacciar.
PANCRAZIO
Piano, di grazia,
Non tanta furia, signor conte mio:
Si sa ben chi voi siete, e chi son io.
CONTESSA MADRE
Tu sei un mercenario, io cavaliero.
PANCRAZIO
Cavaliero di quei da dieci al soldo,
Fatto ricco facendo il manigoldo.
CONTESSA MADRE
Vecchio, ti compatisco, rimbambisci:
Non sai ciò che ti dici.
PANCRAZIO
Io so che alfine
Vi perderei del mio dando un figliuolo,
Sì ricco e sì ben fatto,
Ad una figlia d'un villan rifatto.
CONTESSA MADRE
Rider mi fai, povero babuino.
Non sai che la contessa,
Degna prole del mio nobile tralcio,
Fu richiesta in consorte
Da principi e da duchi?
Va, che il padre tu sei de' mamaluchi.
Mia figlia, ah ah!
Pretender, oh oh!
Tuo figlio, uh uh!
Va via, torlulù.
Villano, - baggiano,
Da rider mi fa.
Rammenta chi sono,
Rammenta chi sei.
Punirti dovrei,
Ma al sangue perdono
La tua inciviltà. (parte)
SCENA NONA
PANCRAZIO, poi la CONTESSINA
PANCRAZIO
Oh villan maledetto! Io voglio certo
Vendicarmi di te.
CONTESSINA
Elà, buon vecchio.
PANCRAZIO
Che volete da me, cattiva giovine?
CONTESSINA
Siete voi quell'audace
Che mi chiese per moglie a vostro figlio?
PANCRAZIO
Illustrissima sì.
CONTESSINA
Brutto asinone,
Una mia pari al figlio d'un mercante!
PANCRAZIO
Merta ella veramente un uom regnante.
CONTESSINA
Lo merito sicuro.
PANCRAZIO
E ben, la sorte
Farà giustizia al merto senza pari.
Sposerà il re di coppe, o di denari.
CONTESSINA
Petulante, a me scherni?
PANCRAZIO
Oh, si figuri!
Anzi venero e adoro
Della sua nobiltà l'alto tesoro.
CONTESSINA
Voglio soddisfazion.
PANCRAZIO
Che mai pretende?
CONTESSINA
Vuò che pubblicamente
Dite che vostro figlio
Delle mie nozze non sarebbe degno.
PANCRAZIO
Illustrissima sì, farlo m'impegno.
CONTESSINA
A una dama qual io sono,
Tal ingiuria non si fa.
PANCRAZIO
Illustrissima, perdono;
Ho fallato in verità.
CONTESSINA
Compatisco.
PANCRAZIO
Non è poco.
CONTESSINA
Vi fo grazia.
PANCRAZIO
Che bontà!
CONTESSINA
Io son dama, e tanto basta.
PANCRAZIO
Dama voi?
CONTESSINA
V'è chi il contrasta?
PANCRAZIO
V'è chi il dubita, o nol sa.
CONTESSINA
Chi il mio grado non conosce,
Guardi attento il volto mio:
Questo fasto, questo brio,
Qual io son pubblicherà.
PANCRAZIO
Oimè mi, mi vien la tosse.
Oh che brio, che nobiltà! (partono) |