Atto primo
Scene
1 | 2 |
3 | 4 |
5 | 6 |
7 | 8 |
9 | 10
Due parole prima di iniziare sulla lettura scenica di questo allestimento.
Il teatro rappresenta l'ingresso d'una fattoria.
Campagna in fondo ove scorre un ruscello, sulla cui riva alcune
lavandaie preparano il bucato. In mezzo un grande albero, sotto
il quale riposano Giannetta, i mietitori e le mietitrici.
Adina siede in disparte leggendo. Nemorino l'osserva da lontano.
Giannetta e Coro
Bel conforto al mietitore,
quando il sol più ferve e bolle,
sotto un faggio, appiè di un colle
riposarsi e respirar!
Del meriggio il vivo ardore
Tempran l'ombre e il rio corrente;
ma d'amor la vampa ardente
ombra o rio non può temprar.
Fortunato il mietitore
che da lui si può guardar!
Nemorino
Quanto è bella, quanto è cara!
(osservando Adina, che legge)
Più la vedo, e più mi piace...
ma in quel cor non son capace
lieve affetto ad inspirar.
Essa legge, studia, impara...
non vi ha cosa ad essa ignota...
Io son sempre un idiota,
io non so che sospirar.
Chi la mente mi rischiara?
Chi m'insegna a farmi amar?
Adina
(ridendo)
Benedette queste carte!
È bizzarra l'avventura.
Giannetta
Di che ridi? Fanne a parte
di tua lepida lettura.
Adina
È la storia di Tristano,
è una cronaca d'amor.
Coro
Leggi, leggi.
Nemorino
(A lei pian piano
vo' accostarmi, entrar fra lor.)
Adina
(legge)
«Della crudele Isotta
il bel Tristano ardea,
né fil di speme avea
di possederla un dì.
Quando si trasse al piede
di saggio incantatore,
che in un vasel gli diede
certo elisir d'amore,
per cui la bella Isotta
da lui più non fuggì.»
Tutti
Elisir di sì perfetta,
di sì rara qualità,
ne sapessi la ricetta,
conoscessi chi ti fa!
Adina
«Appena ei bebbe un sorso
del magico vasello
che tosto il cor rubello
d'Isotta intenerì.
Cambiata in un istante,
quella beltà crudele
fu di Tristano amante,
visse a Tristan fedele;
e quel primiero sorso
per sempre ei benedì.»
Tutti
Elisir di sì perfetta,
di sì rara qualità,
ne sapessi la ricetta,
conoscessi chi ti fa!
Suono di tamburo: tutti si alzano.
Giunge Belcore guidando un drappello di soldati,
che rimangono sul fianco.
Belcore
Come Paride vezzoso
porse il pomo alla più bella,
mia diletta villanella,
Si appressa ad Adina, la saluta e le presenta un mazzetto.
io ti porgo questi fior.
Ma di lui più glorioso,
più di lui felice io sono,
poiché in premio del mio dono
ne riporto il tuo bel cor.
Adina
(alle donne)
(È modesto il signorino!)
Giannetta e Coro
(Sì davvero.)
Nemorino
(Oh! mio dispetto!)
Belcore
Veggo chiaro in quel visino
ch'io fo breccia nel tuo petto.
Non è cosa sorprendente;
son galante, son sergente;
non v'ha bella che resista
alla vista d'un cimiero;
cede a Marte iddio guerriero,
fin la madre dell'amor.
Adina
(È modesto!)
Giannetta e Coro
(Sì, davvero!)
Nemorino
(Essa ride... Oh, mio dolor!)
Belcore
Or se m'ami, com'io t'amo,
che più tardi a render l'armi?
Idol mio, capitoliamo:
in qual dì vuoi tu sposarmi?
Adina
Signorino, io non ho fretta:
un tantin pensar ci vo'.
Nemorino
(Me infelice, s'ella accetta!
Disperato io morirò.)
Belcore
Più tempo invan non perdere:
volano i giorni e l'ore:
in guerra ed in amore
è fallo l'indugiar.
Al vincitore arrenditi;
da me non puoi scappar.
Adina
Vedete di quest'uomini,
vedete un po' la boria!
Già cantano vittoria
innanzi di pugnar.
Non è, non è sì facile
Adina a conquistar.
Nemorino
(Un po' del suo coraggio
amor mi desse almeno!
Direi siccome io peno,
pietà potrei trovar.
Ma sono troppo timido,
ma non poss'io parlar.)
Giannetta e Coro
(Davver saria da ridere
se Adina ci cascasse,
se tutti vendicasse
codesto militar!
Sì sì; ma è volpe vecchia,
e a lei non si può far.)
Belcore
Intanto, o mia ragazza,
occuperò la piazza. Alcuni istanti
concedi a' miei guerrieri
al coperto posar.
Adina
Ben volentieri.
Mi chiamo fortunata
di potervi offerir una bottiglia.
Belcore
Obbligato. (Io son già della famiglia.)
Adina
Voi ripigliar potete
gl'interrotti lavori. Il sol declina.
Tutti
Andiam, andiamo.
Partono Belcore, Giannetta e il coro.
Nemorino e Adina.
Nemorino
Una parola, o Adina.
Adina
L'usata seccatura!
I soliti sospir! Faresti meglio
a recarti in città presso tuo zio,
che si dice malato e gravemente.
Nemorino
Il suo mal non è niente appresso al mio.
Partirmi non poss'io...
Mille volte il tentai...
Adina
Ma s'egli more,
e lascia erede un altro?...
Nemorino
E che m'importa?...
Adina
Morrai di fame, e senza appoggio alcuno.
Nemorino
O di fame o d'amor... per me è tutt'uno.
Adina
Odimi. Tu sei buono,
modesto sei, né al par di quel sergente
ti credi certo d'ispirarmi affetto;
così ti parlo schietto,
e ti dico che invano amor tu speri:
che capricciosa io sono, e non v'ha brama
che in me tosto non muoia appena è desta.
Nemorino
Oh, Adina!... e perché mai?...
Adina
Bella richiesta!
Chiedi all'aura lusinghiera
perché vola senza posa
or sul giglio, or sulla rosa,
or sul prato, or sul ruscel:
ti dirà che è in lei natura
l'esser mobile e infedel.
Nemorino
Dunque io deggio?...
Adina
All'amor mio
rinunziar, fuggir da me.
Nemorino
Cara Adina!... Non poss'io.
Adina
Tu nol puoi? Perché?
Nemorino
Perché!
Chiedi al rio perché gemente
dalla balza ov'ebbe vita
corre al mar, che a sé l'invita,
e nel mar sen va a morir:
ti dirà che lo strascina
un poter che non sa dir.
Adina
Dunque vuoi?...
Nemorino
Morir com'esso,
ma morir seguendo te.
Adina
Ama altrove: è a te concesso.
Nemorino
Ah! possibile non è.
Adina
Per guarir da tal pazzia,
ché è pazzia l'amor costante,
dèi seguir l'usanza mia,
ogni dì cambiar d'amante.
Come chiodo scaccia chiodo,
così amor discaccia amor.
In tal guisa io rido e godo, (anche: io me la godo)
in tal guisa ho sciolto il cor.
Nemorino
Ah! te sola io vedo, io sento
giorno e notte e in ogni oggetto:
d'obbliarti in vano io tento,
il tuo viso ho sculto in petto...
col cambiarsi qual tu fai,
può cambiarsi ogn'altro amor.
Ma non può, non può giammai
il primero uscir dal cor.
(partono)
Piazza nel villaggio. Osteria della Pernice da un lato.
|