Opere dei nostri
lettori
Breve
storia della filosofia polacca
(prima parte)
di Emilia Stopyra, studentessa
di filosofia - Lublino, Polonia
E’ abbastanza difficile
comprendere lo spirito che caratterizza i polacchi senza conoscere
alcuni caratteri principali della nostra filosofia e del nostro
pensiero. La nostra filosofia, esattamente come succede in altri paesi,
mostra a chiare lettere il nostro spirito nazionale.
Contrariamente ai numerosissimi
filosofi che altre nazioni sono state in grado di sfornare nel corso dei
secoli – pensiamo all’Italia, alla Germania, alla Gran Bretagna ed alla
Francia, senza dimenticare l’antica Grecia -, la Polonia non ha dato
alla luce molti pensatori che abbiano saputo distinguersi. In pratica,
contrariamente alle nazioni sopra citate, non siamo mai stati in grado
di esprimere un’influenza sul pensiero come altri sono stati capaci di
fare. Questo però non significa automaticamente che la filosofia polacca
non sia riuscita a rimanere al passo con quello che accadeva nel resto
del mondo: anzi, i nostri pensatori sono sempre stati intensamente
coinvolti da quanto succedeva nell’evoluzione del pensiero negli altri
paesi.
Mikołaj Kopernik
(Nicola Copernico), il grande astronomo polacco, dimostrò
scientificamente per primo molte leggi che caratterizzano l’Universo,
frantumando per sempre quelle che erano certezze (errate) dell’umanità
fino a quel momento.
Un’altra concausa potrebbe essere
individuata nell’attenzione da parte dei nostri filosofi all’aspetto
“concreto” più che a quello prettamente teoretico. E’ proprio questa una
caratteristica peculiare della storia del pensiero filosofico polacco,
l’indiscindibilità tra il pensiero espresso e gli avvenimenti storici
contingenti.
Passeremo brevemente in rassegna
i più importanti filosofi che la Polonia ha saputo esprimere, alcuni dei
quali avrebbero meritato di essere maggiormente apprezzati e forse di
essere messi allo stesso livello di filosofi ben più conosciuti.
Jakbub Maria Hoene-Wroński
(vissuto a cavallo tra 18esimo e 19esimo secolo) forse non è
specificamente rappresentativo per il pensiero filosofico ma sicuramente
fu rappresentativo per il pensiero polacco in generale – il tipico
prototipo del grande orgoglio ed ambizione polacca che sfociano nella
metafisica, aldilà quindi della vita di tutti i giorni, in grado di
cambiare la sorte ed essere abbastanza forte da far apparire la realtà
migliore di quella che è -, creando un’interessante teoria che è tuttora
in attesa di ulteriori analisi. Si tratta del messianismo, teoria
fondata durante il romanticismo (quando la Polonia di fatto non esisteva
come stato) per far comprendere ai compatrioti la necessità di
affrontare la difficile situazione politica ed agire. Esattamente come
molte altre teorie del romanticismo, caratterizzate da un “forte
sentire” (per citare uno scrittore italiano dell’epoca, Alfieri) ed un
sentimento di appartenenza nazionale piuttosto marcato, il messianismo
fu una teoria esclusivamente polacca, che attribuiva alla Polonia la
funzione di salvare il mondo – o, quantomeno, l’Europa…
Hoene-Wroński fu forse il più
grande metafisico polacco di tutta quella corrente filosofia
caratterizzata dal pensiero espresso da Immanuel Kant. Oltre alla
filosofia, fu attivo nel campo della matematica, della fisica, della
legge e dell’economia. Era convinto di aver costruito un sistema in
grado di curare completamente la situazione sociale e politica in
Europa, ma al momento di richiamare l’attenzione delle altre nazioni
rimase inascoltato…
Passò la maggior parte della sua
vita a Parigi. Scriveva in francese per avere più lettori, ma scriveva
soprattutto pensando alla propria patria (esattamente come altri
scrittori, poeti, artisti ed attivisti di altre nazioni ed altre
epoche). Diceva che lavorava “per la Polonia attraverso la Francia”.
Wincenty Lutosławski
(1863-1954) fu l’altro filosofo polacco (lavorò per la maggior parte
della sua vita all’università Jagielloniana di Cracovia) le cui idee
erano riconducibili al messianismo. Fu tra quei pochi filosofi che
cercarono di ritagliarsi una corrente riconducibile alla filosofia
minimalista (cioè un tipo di filosofia che non disquisisce di
problematiche esistenziali né sull’esistenza di Dio) collegata
all’aspirazione di restituire la nazione polacca nelle mani dei
polacchi.
Questa filosofia minimalistica fu
molto di aiuto per la causa dell’indipendenza e della riunificazione
nazionale ma alla fine i pensatori polacchi optarono per il sistema
metafisico.
Lo spirito del messianismo era
ancora molto presente nella testa della gente. Il modello di Lutosławski
era incentrato sullo spirito nazionale ma l’elemento che lo rendeva
originale era la teoria secondo cui la “più alta” realtà non è quella
rappresentata dagli spiriti delle singole persone, ma da un unico
spirito dell’intera nazione, e solo attraverso una profonda coscienza
nazionale si sarebbe potuto raggiungere la verità (intesa in
un’accezione mistica, non razionale). Gli uomini sarebbero in grado di
costruire il Regno di Dio ma solo se coscienti di essere parte di una
Nazione.
Dal punto di vista di Lutosławski,
il romanticismo era l’unica fonte per le conoscenze metafisiche
sull’Universo (non casualmente considerava grandi poeti romantici
polacchi come Adam Mickiewicz o Juliusz Słowacki alla stregua di grandi
metafisici).
Lutosławski descrisse gli
Slavi come persone caratterizzate da inclinazioni mistiche, senso di
libertà, attitudine alla religiosità e, in relazione alle altre nazioni,
un maggior amore. Ma tra gli Slavi, sempre secondo Lutosławski, solo i
polacchi avevano conservato la purezza senza mischiarsi agli influssi di
altre nazioni. Ecco spiegato il motivo per cui i polacchi avrebbero
dovuto compiere la missione di unire socialmente e politicamente le
nazioni e guidarle per creare un armonioso stato nazionale di tutti i
popoli slavi. Questo “ideale” stato Slavo sarebbe poi dovuto divenire un
modello per il resto dell’umanità.
(continua e si conclude sul prossimo
numero)
Opere dei nostri lettori
Gli occhi
verdi di una gatta… dal pelo color tartaruga
di Andrej Cuzènco,
programmista e bancario - Regione di Poltàva, Ucraina
“…State attenti: non
disprezzate
In nessun caso né questo né
quello
Tra le cose piccole e
insignificanti…”
(Vangelo di Matteo; 18, 10)
In un cortile viveva una gatta.
Aveva il pelo variopinto e, per una strana combinazione, i colori delle
macchie chiare e marroni che portava ricordavano quelli di una
tartaruga.
Il corpo di questa gatta randagia
era flessibile e bello, e l’andatura era simile a quella di un piccolo
puma… Inoltre, aveva occhi verdi, insolitamente grandi ed intelligenti.
Insomma: nonostante le origini
ben poco nobili, la gatta era un autentico splendore! E durante la
primavera, i gatti del vicinato si lanciavano in appassionanti tornei
per conquistarsi i favori della “gatta color tartaruga”. Così, tra un
intervallo e l’altro di questi tornei, la gatta diede alla luce tre
gattini: il primo aveva il pelo striato, il secondo macchiato, il terzo
semplicemente marrone.
La gatta veloce procacciava cibo
per tutti: saltava di qua e di là nei bidoni della spazzatura e cercava
qualsiasi cosa fosse adatta ad essere mangiata. Più difficile era nei
giorni di pioggia, quando la gente riempiva meno i bidoni: in quei
giorni tutta la famigliola si nascondeva in prossimità delle case degli
umani, in un cespuglio di lilla. Aspettavano a lungo che qualcuno
uscisse dal condominio, nella speranza che gettasse qualcosa di
commestibile. E, quando le gocce erano più fitte del solito ed
inclinavano senza fatica le foglie del lillà andando a bagnare il pelo
della nidiata, i piccini chiudevano gli occhi e si stringevano contro il
corpo caldo della madre. La quale a sua volta non aveva niente sotto cui
potersi riparare… doveva quindi sopportare la situazione.
Capitava anche che qualche
inquilino portasse per i gattini un piattino di latte oppure un
pezzettino di salame.. ed allora, quelle piccole lanuginose pallottole
rotolavano gioiose incontro alla mano che offriva loro il cibo. La gatta
madre in questi casi si metteva di guardia al loro fianco e non toccava
il cibo, finché i suoi piccolo erano sazi.
Quando c’era il sole, i gattini
giocavano e si rincorrevano. La “gatta color tartaruga” sonnecchiava non
lontano, riservando loro uno sguardo tra le fessure sonnolente delle
palpebre. Il gattino macchiato rincorreva con frenesia una farfalla
bianca, allontanandosi in fretta dalla madre. Correva e ballonzolava
sulle sue piccole zampine con sollazzo e divertimento! E quanto era
ridicola la sua tremante piccola coda triangolare! Da lontano il gattino
sembrava un giocattolo animato nella cornice di un assolato giorno
estivo.
In quel momento arrivò una
giovane donna con la pancia di chi aspetta un bambino, che portava con
sé un grosso terrier. Poco dopo, si annoiò di tenere il cane al
guinzaglio, e lo lasciò correre libero. Peccato che ai terrier, come a
ogni altro cane d’altronde, piaccia terribilmente inseguire i gatti…
Appena trovata la libertà, il
cane come una freccia si precipitò verso il gattino macchiato. In tre
salti lo raggiunge. La gatta color tartaruga scatta come un fulmine e si
lancia contro il cane nel disperato tentativo di salvare il proprio
figlio.
La bocca del cane ha però già
ucciso e lasciato cadere a terra il corpicino esanime del piccolo gatto
marrone. La sua frenesia di cacciare è immediatamente sparita, il
gattino morto non ha ormai più nessun interesse per lui.
La padrona del cane trova tutto
ciò… “divertente”: prima il piccolo giocattolo-gattino in corsa, poi il
disperato tentativo di salvataggio di quella gatta magra… La donna si è
messa a ridere. Forte e allegra.
La gatta color tartaruga si è
seduta ed ha guardato fisso negli occhi la donna, che rideva.
Quest’ultima ha sentito insopportabile il suo sguardo, e dopo aver
richiamato a sé il cane se ne è andata.
Un pensionato, che aveva visto
tutta la scena da una finestra, uscì dal portone con una paletta. Con
sospiri pietosi scavò una fossa e seppellì il povero gattino.
- Sei triste? – chiese con
amarezza alla gatta. – Non piangere, ne hai altri due… tieni, dà loro
qualcosa da mangiare – le disse, spiegando un cartoccio e gettandole
davanti un pezzetto di salame.
La gatta rimase immobile.
- E... come voi… - il pensionato
fece ancora un sospiro e poi scomparì nell’ombra dell’ingresso del
portone.
I due gattini superstiti si
misero a correre verso la madre, ma lei rimaneva rigida con lo sguardo
fisso dei suoi occhi verdi davanti a se stessa, guardasse qualcosa che
gli occhi umani non possono vedere.
Un anno dopo, in un giorno di
sole una giovane madre passeggiava nel cortile con la sua piccola
figliola. La bambina aveva appena iniziato a camminare e tutto attorno a
lei sembrava così nuovo ed interessante! Con i suoi passettini la
piccolina cercava goffamente di raggiungere un colombo che passava con
alterigia sulla strada asfaltata. Il colombo allungò il passo, e poi
spiccò il volo tubando lontano da lei…
La bambina continuava a tendere
le sue manine verso l’alto, in direzione dell’uccello che stava volando
via. In quel momento passarono davanti a lei due uomini ubriachi.
- Cosa c’è piccina? Non ci
riesci? …dai, ti aiuto! – Uno di loro l’alzò con le braccia e le fece
fare un salto nell’aria..
- Lasciate la bambina in pace!!!
Chiaro?? – Gridò con asprezza la madre.
L’uomo fece una risatina e fece
fare alla bambina un salto ancora più in alto. All’improvviso barcollò,
senti mancare le sue gambe e cadde a terra insieme alla bambina mentre
stava per riprenderla. La testa della piccolina sbatté contro l’asfalto.
La madre emise un urlo terribile.
Gli uomini si misero immediatamente in fuga.
Il corpo della bambina rimase
coricato supino, con lo sguardo proteso verso il cielo. Inginocchiata a
fianco della figlioletta, la donna sentiva come un’onda di ghiaccio che
le copriva il cuore gelandole il sangue.
In quel momento, lei ricordò. Lei
ricordò…
Ricordò lo sguardo fisso degli
occhi verdi di una “gatta color tartaruga”…
Interventi
Un
bouquet… di emozioni!
Autori vari – raccolto e
tradotto dalla redazione de
LA
VOCE
DELLA
GRU
La vita quotidiana in ogni
momento offre emozioni diverse. Anche in questi giorni in cui ci
avviciniamo al Natale c’è qualcuno che prega e spera, c’è qualcuno che
ride o piange, c’è qualcuno che lotta senza risparmiarsi, c’è qualcuno
che vede attorno a sé tutto nero e privo di significato e sta imputando
agli altri tutti in propri insuccessi.
Ma, come dicono i Saggi:
- Meglio andare a dormire
pregando, che maledicendo.
- Meglio mangiare con un sorriso,
che con il broncio.
- Meglio mettersi al lavoro con la
gioia, che con lo sconforto.
Vi proponiamo oggi, cari lettori,
un “bouquet di emozioni”, una serie di articoli che ci auguriamo
stimolino in voi sentimenti e riflessioni.
Una lettera
Sono
già trascorsi più di 7 mesi da un giorno triste: l’undici aprile 2005,
il giorno del funerale di Papa Giovanni Paolo II. Per tutto questo tempo
ho fatto a meno di parlare di una cosa che ora sento il bisogno
insopprimibile di esprimere…
Ho seguito
la diretta della messa funebre del Santo Padre, ed alle 11.40 dopo lo
stretta di mani come segno di pace ho visto sullo schermo una bellissima
immagine: una “macchia di luce” volava da dove era la delegazione dei
politici e dei membri delle altre confessioni religiose verso l’altare
innalzato per l’occasione.
Questa
macchia, dal mio punto di vista, somigliava molto alla foglia dorata di
un albero o ad una piuma leggerissima. Ed il suo volo era come un’onda,
su e giù, su e giù…
Chi ha
registrato le messa funebre di Giovanni Paolo II potrà controllare
questa curiosa manifestazione visiva (un segno della Sua potenza sacra e
meravigliosa..?)… e non credo si sia trattato di un difetto della
televisione o dei miei occhi…
Nonostante
io sia nata e cresciuta in un paese ateista, continuo a pregare sempre
con tutto il mio cuore per papa Wojtyla e per il Bene di tutti.
Una
proveniente dall’ex Unione Sovietica
La
redazione risponde…
Cara
“proveniente dall’ex Unione Sovietica”… “La voce della gru” non vuole
essere un giornale religioso, ma non possiamo fare a meno di notare come
una percentuale significativa di immigrati provenienti da paesi in cui
la religione era stata bandita abbia un profondo e autentico senso di
Fede. La tua testimonianza dimostra una volta di più come le leggi degli
uomini non possano cancellare il bisogno insopprimibile di mettersi in
relazione con Dio.
Per
quello che riguarda Giovanni Paolo II… stiamo parlando di un uomo che ha
“abbagliato” con la sua luce molte, moltissime persone, ma che purtroppo
è rimasto troppo spesso inascoltato. Non dimentichiamolo: anzi, mettiamo
le parole e l’insegnamento che hanno saputo dare persone come lui ed
altri importanti uomini di Pace (pensiamo a Gandhi, a Martin Luther King)
al primo posto nella nostra vita. Le rivoluzioni più vere, autentiche e
“buone” sono quelle che accadono nei nostri cuori…
C’è ben
poco da ridere...
La maggior
parte delle feste nella Russia di oggi – esattamente come nel passato –
si svolge con il canto corale delle canzoni popolari ed il ballo
accompagnato dal suono della fisarmonica, in particolare nelle piccole
città e nei villaggi della Russia centrale.
I musicisti
sono solitamente personaggi dotati di gran senso dell’umorismo e con un
ricco repertorio di barzellette, proverbi e scherzi vari a cui
attingere. Insomma: la figura del fisarmonicista e le buffonate sono
inseparabili…
Tuttavia,
ogni tanto qualcuno di loro esagera nello scherzare…
Nella
piccola città di Pàvlosk un musicista, durante una festa, aveva deciso
di fare uno scherzo ad una ragazza molto bella ma completamente sorda.
Mentre lei danzava appassionatamente, lui tutto d’un tratto smise di
suonare e la ragazza continuò a ballare senza la musica, in piena
solitudine, sotto gli sguardi perplessi degli astanti.
Nessuno
rise, tranne il musicista.
Lo scherzo
in un qualche modo ebbe conseguenze sulla vita del musicista... un anno
dopo nacque sua figlia. Sorda...
A suo modo,
questa storia insegna come non esista piccola cattiveria che non sia
ripagata con una punizione.
L. Nechaj
Gli immigrati e
la lingua italiana
Napoli, stazione
centrale. Una lunga coda davanti al bagno femminile. Quello gratuito. In
fila ci sono prevalentemente ucraine nonostante tutte conversino
vivacemente in almeno tre o quattro lingue: ucraino naturalmente, e poi
russo, moldavo, romeno ed italiano. Tutte discutono dei loro problemi,
vale a dire di lavoro e di permessi di soggiorno. Sembra che vada male a
tutte: vivono in ristrettezza economica, patiscono la fame, soffrono a
causa delle umiliazioni. Ma, per le famiglie lontane, subiscono
qualsiasi cosa.
Una donna, abbastanza
anziana, risponde così ad un racconto di una sua più giovane amica:
“Sì, sì…” e subito
dopo, nella sua lingua, impreca: “Ma guarda che roba! Non capisco quasi
niente di italiano, ma poi dico “sì, sì”, invece di dire “da, da” come
si dice in russo… che strano!”
Intorno a lei tutte
scoppiano in una risata e la donna, lusingata dall’improvvisa attenzione
generale, alza la voce per raccontare la sua storia.
“Una volta lavoravo
da una signora. “Signora” per così dire! Era maleducata, aggressiva,
mamma mia! Non ho mai visto in vita mia nessuno di simile. Inoltre, era
racchia come un mostro! Anch’io sono brutta a causa della vecchiaia, ho
già compiuto 65 anni, ma quella..! Non le serviva comprare la maschera
per il Carnevale, le bastava la sua faccia! Aveva 90 anni ed aveva
sempre paura di morire. Quando non urlava, continuava a ripetere:
- “Ho paura! Ho
paura!”
Evidentemente aveva
fatto troppe cattiverie nella sua vita se tremava in quel modo…
La casa era grande, e
ogni mattino dovevo fare i sei letti delle sue figlie e dei suoi nipoti,
lavare il pavimento e spolverare due piani: otto stanze, tre bagni, due
grandi saloni, la sala da pranzo, la scala e così via. E poi a
mezzogiorno dovevo preparare il pranzo per tre-quattro persone. Senza un
minuto di ritardo! Correvo ogni mattina come una matta ed ero sudata
come una bestia!
La vecchia voleva
sempre chiacchierare con me, ma io non capivo un accidente! Quando, nel
pomeriggio, lei andava a dormire, io, seduta al suo fianco, per
un’oretta studiavo a fondo il dizionario. Dopo aver fatto una
scorpacciata di parole, cercavo di modularle e di plasmarle insieme. Ma,
come sapete anche voi, è impossibile imparare tutto di corsa.
Una volta, la nostra
“chiacchierata” finì in questo modo…
Intendevo dire
qualcosa tipo “Ti fanno male gambe. Vieni, siediti qui per un momento
mentre io preparo il pranzo”.
Purtroppo ho
pronunciato: “Hai i piedi morti. Vieni malandato sedere qua, dopo io
cucinare…” ”
Una fragorosa risata
scoppia nella fila. Le donne più lontane cercano di avvicinarsi
all’allegra narratrice. Lei, continuando:
“Mamma mia, quant’era
sbigottita la vecchietta! Sgranò gli occhi e si mise ad urlare:
- “Perché i miei
piedi sono già morti? Chi te l’ha detto, il dottore? RISPONDI!!!
SUBITO!!!”
Mi mise le mani
addosso, scuotendomi, mi gridò con tutta la sua forza ed io lentamente
capii di aver detto qualcosa di sbagliato.
Appena riuscii a
spiegare alla meno peggio il significato delle mie parole, e dopo averla
calmata, lei si infuriò nuovamente e ricominciò ad urlare:
- “Perché mi hai
detto “sedere” ???”
Ecco – pensai – la
signora oggi è completamente fuori di testa! Quando le ho detto
“sedere”? Le chiesi in russo, perché in quel momento mi erano
completamente sparite dalla mente le parole che avevo pronunciato in
precedenza. Ma lei riuscì a ricordarsi esattamente quello che avevo
detto e mi fece ripetere la stessa famosa frase: “Hai i piedi morti.
Vieni malandato sedere qua, dopo io cucinare…” E solo dopo questa
ripetizione riuscii finalmente a capire che avevo scambiato le parole
“siediti” e “sedere”… Era colpa mia se le parole si somigliano così
tanto tra loro?!? Ho cercato di spiegarlo e di calmare la vecchietta
nuovamente ma era già tardi…
Arrivarono a casa le
figlie e mi licenziarono, per mancanza di rispetto verso la loro madre…”
“…Molti
aspetti della società occidentale mi hanno positivamente impressionato;
in particolare la sua energia, la sua creatività e la sua fame di
sapere.
D’altro canto certi particolari dello stile di vita occidentale
mi causano preoccupazione: la gente è incline a pensare in termini di
bianco e nero, e di “aut aut”, ignorando i fattori dell’interdipendenza
e della relatività. Gli occidentali tendono a perdere la percezione
delle zone grigie che intercorrono tra due punti di vista. Inoltre, pur
con migliaia di fratelli e sorelle attorno, tante persone sembrano in
grado di mostrare i propri veri sentimenti solo ai propri cani e gatti.
Il compito dell’uomo è aiutare gli altri. Questo è il mio insegnamento,
questo è il mio messaggio, questa è la mia personale convinzione. È
fondamentale creare migliori relazioni tra esseri umani e dare il
proprio personale contributo a questo scopo”
Tenzin Gyatso – 16esimo Dalai Lama;
Premio Nobel per la Pace nel 1989,
è la
massima autorità del buddismo tibetano.
A nostro avviso, non
c’è granché da aggiungere a queste parole…
|