Teatro Cagnoni di Vigevano,
Ridotto del teatro
"d'amor sull'ali rosee"
Biglietteria
Teatro Cagnoni
inizio concerti: ore 21.30
La serata avrà inizio alle ore 21.30; i biglietti sono
in vendita a 13 Euro presso il botteghino del Teatro Cagnoni.
25 febbraio 2002
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"La contadina astuta"
opera buffa di Giovan Battista Pergolesi oppure di Johann Adolph Hasse
Stagione concertistica 2001/2002
Ridotto del Teatro Cagnoni - Vigevano
lunedì 25 febbraio 2002 – ore 21.30
Annamaria Calciolari, soprano
Davide Rocca, baritonoEnsemble barocco “L’Archicembalo”
diretto da Caterina Centofante
Stefania Gazzola, Magda Girolami – violini,
Valentina Giangaspero – viola, Prisca Novella – violoncello,
Daniela Gazzola - clavicembalo
Johann Adolf HASSE ( 1699.03.25 - 1783.12.16 )
Johann Adolph Hasse, nato il 25 marzo di tre secoli fa, fu musicista alla cui formazione concorsero alcune fra le circostanze più felici che si potessero verificare nell'Europa del XVIII secolo. Hasse fu dapprima tenore a Amburgo, e poi operista, debuttando a Braunschweig nel 1721. Nel 1722 fu a Napoli per studiare con N. Porpora e A. Scarlatti; l’influsso di questi due musicisti sul Nostro fu notevole. Nel 1727 fu a Venezia, divenne Maestro di cappella al Conservatorio degli Incurabili; dopo il 1730 fu a Dresda, e poi nuovamente in Italia, ma dovunque acclamato compositore di opere. Dal 1764 al ’73 fu compositore di corte a Vienna, dove collaborò con Metastasio. La sua produzione operistica fu copiosissima; compose anche alcuni lavori di musica strumentale e musica d’insieme. Hasse, sebbene tedesco, era così intriso di italianità da venir da certuni indicato come il maggior rappresentante dell'Opera italiana della sua epoca.
Nel 1747 continua la tournée germanica in qualità di compositore, maestro del cembalo e cantante. Il 29 giugno la troupe di Pietro Mingotti si recò a Dresda per i festeggiamenti in occasione delle doppie nozze tra il principe di Sassonia e la principessa di Baviera da una parte e, dall'altra, tra il principe di Baviera e la principessa di Sassonia. L'opera principale («La Spartana generosa») fu scritta da Hasse.
Un intero cinquantennio di teatro musicale europeo, nel cuore del Settecento, sarebbe difficilmente comprensibile senza uno dei suoi protagonisti assoluti, annoverato senza esitazione dai contemporanei fra i massimi autori viventi, ma eclissatosi con sorprendente rapidità nel gusto dei posteri.
La contadina (Napoli 1728) con “La serva scaltra” e “Larinda e Vanesio o L’artigiano gentiluomo” (Napoli 1726), sono opere destinate a occupare gli intervalli tra un atto e l’altro di un dramma per musica – in questo caso il Tigrane di Hasse stesso – rimaste popolari, in Italia e in Europa, sino alla metà del Settecento. Il soggetto di questi tre intermezzi corrisponde a quello della Serva padrona di Pergolesi, scritta quattro anni più tardi.
Le due parti degli intermezzi vennero eseguite nei due intervalli tra gli atti dell’Adriano in Siria di Pergolesi, rappresentato in occasione del compleanno della regina Elisabetta di Spagna. È questo uno dei casi esemplari in cui la bellezza, la vivacità e il talento comico della musica riscattano pienamente un testo volgare, di deprimente mediocrità.
La trama Balanzone corteggia da tempo, senza risultati, la padrona di Dorilla. La serva, ingannandolo con finte promesse, gli fa sperare vicina una felice soluzione, lo addestra sulle tattiche amorose da adottare, e trova intanto il modo di farsi consegnare dall’ingenuo spasimante una tabacchiera e un anello, senza mai combinare un incontro con la padrona. Balanzone si dichiara addirittura pateticamente disposto a dimostrare il suo amore con il suicidio. Nell’ultimo intermezzo Dorilla, travestita da contadino, finge di essere il proprio fratello: con l’aiuto di altri contadini minaccia di bastonare Balanzone, se questi non acconsentirà a sposare la sorella. Ottenuto il giuramento del credulone, Dorilla svela l’inganno e i due vivranno felici e contenti, marito e moglie.
La musica La musica di Hasse si avvale di un testo dalla scrittura complessivamente molto curata, dalla vitalità comica innegabile e ricco di riferimenti colti all’opera seria come alla mitologia – stravolgendoli, si intende, in chiave parodistica. Il compositore coglie queste disparate sollecitazioni confezionando brani, come l’aria di Balanzone “Antri ciechi, opachi spechi” (preceduta da un drammatico recitativo e impreziosita dal timbro scuro dei fagotti), che risultano spropositati – in questo caso offrono una grottesca immagine musicale della disperazione dell’amante deluso. Qui, come nella splendida “Signora, per resistere” (dal secondo intermezzo, il più ricco di valori musicali), il cantante deve saper affrontare ampi salti della linea melodica, che dimostrano l’attenta cura di Hasse per le parti vocali; proprio quest’ultima aria si era aperta con uno spunto tematico memorabile, mentre quella di Dorilla “Per te, mio dolce ardore” non ha nulla da invidiare, nel suo incedere nobile e sostenuto, a un’opera seria di Händel. Particolarmente riusciti sono inoltre il duetto “Parto e nemmeno addio”, che chiude il secondo intermezzo (articolato in più sezioni, estremamente diversificate a seconda dell’andamento del testo, anche con l’introduzione di passi in recitativo), e l’aria di Dorilla travestita da contadino (“Che bel diletto”), in cui i versi onomatopeici della ranocchia e del grillo lasciano insinuare un sorriso nel dialogo già mobile e brillante intrecciato dal soprano e dagli archi.
Giovanni Battista Pergolesi
Jesi (AN) 03/01/1710 - Pozzuoli (NA) 16/03/1736Figlio di Francesco Andrea Draghi, studiò inizialmente a Jesi grazie ad alcuni nobili del posto e si trasferì poi a Napoli nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo. Deriva il suo nome, Pergolesi, dal padre che trasferitosi a Jesi da Pergola, unì i due nomi. Minato da sempre nella salute dalla tisi, ebbe vita travagliata e brevissima. Terminò gli studi nel 1731, l'esordio lo stesso anno fu con la "Salustia", opera seria in tre atti, che però non riscosse successo. L'anno seguente invece con l'opera buffa in napoletano "Lo frate 'nnamorato" riscuote un notevole successo, nel 1733 compose l'opera seria "Il prigionier superbo" che ebbe un buon successo soprattutto per l'intermezzo "La serva padrona" (era stata inserita nell'opera Il prigionier superbo) che divenne uno dei più applauditi lavori del settecento.
Nel 1734 scrisse con successo "Adriano in Siria" con intermezzi "Livietta e Tracollo", interpretati in origine dal celebre Gioacchino Corrado, i due intermezzi furono molto popolari e vennero presentati con una lunga serie di titoli differenti (La contadina astuta, Venezia 1744; Il Tracollo, Bologna 1746; La finta polacca, Roma 1748) in tutta Europa, per più di un ventennio nel cuore del Settecento. Nel 1735 invece musicò con scarso successo "L'olimpiade" che però venne ripresa trionfalmente dal pubblico dopo la morte dell'autore. La sua ultima opera fu il "Flaminio" nel 1735, ma nel frattempo, divenuto organista della cappella reale di Napoli, ma ritiratosi nel convento dei francescani a Pozzuoli, poté terminare lo "Stabat mater" morendo pochi giorni dopo questa realizzazione. La sua fama è legata soprattutto alla "Serva padrona" che in tutta Europa ma soprattutto in Francia scatenò la famosa "Querelle des boffons" tra i sostenitori dell'opera francese ed i filoitaliani. Con essa l'intermezzo si elevò a opera buffa autonoma e costituì un modello per gli anni a venire. Tra le composizioni sacre oltre alla "Stabat mater" ricordiamo il "Salve Regina".
Livietta e Tracollo Intermezzo in musica in due parti su libretto di Tommaso Mariani Prima esecuzione Napoli, Teatro San Bartolomeo, 25 ottobre 1734 (per un certo tempo fu attribuita a Johann Adolph Hasse, curiosa figura di tedesco napoletanizzato) Personaggi: Livietta, contadina (S); Tracollo, ladro e imbroglione (B); Faccenda, servo di Tracollo (m); Fulvia, amica di Livietta (m)
Le due parti degli intermezzi vennero eseguite nei due intervalli tra gli atti dell’Adriano in Siria di Pergolesi, rappresentato in occasione del compleanno della regina Elisabetta di Spagna. È questo uno dei casi esemplari in cui la bellezza, la vivacità e il talento comico della musica riscattano pienamente un testo volgare, di deprimente mediocrità.
La vicenda ruota attorno alle maldestre imprese truffaldine di Tracollo che, da pessimo ladro qual è, tenta invano di imbrogliare Livietta. L’uomo si presenta sempre camuffato (prima da ‘polacca’ e quindi da astrologo) e viene puntualmente smascherato dalla astuta ragazza. Tuttavia i due finiscono per giurarsi eterno amore.
Il testo non è che un canovaccio per la rappresentazione di alcune situazioni tipiche del teatro comico, quali i travestimenti: situazioni che a loro volta consentono una caratterizzazione musicale di particolare efficacia, o come parodia di luoghi comuni dell’opera seria, o attraverso una serie di effetti onomatopeici. Così il protagonista, per muovere alla commozione, si presenta con la sua prima aria (dall’incipit ironico: “A una povera polacca”) in un tempo lento ternario, tipico delle arie patetiche napoletane; mentre Livietta, nella seconda parte, si produce in un’aria di autentica intensità affettiva. L’apice della vis parodica si ottiene nel recitativo accompagnato di Tracollo “Miseri, a chi mi volgerò?”, tragicamente rivolto alle stelle fisse ed erranti e alle comete che «un palmo hanno di coda»: uno dei luoghi in cui il testo si riscatta proprio grazie alla sua carica ironica, scontata ma piacevole; come avviene anche nell’aria che segue il recitativo in questione, “Ecco il povero Tracollo”, che simula il vacillare delle funzioni vitali, regalando perle testuali come le rime collo/Tracollo e gozzo/gargarozzo. Oltre alla notevole aria di Tracollo “Vedo l’aria che s’imbruna”, singolarmente evocativa, segnaliamo il duetto conclusivo, animato da divertenti effetti onomatopeici. (vedi Dizionario dell'Opera)
Anna Maria Calciolari, soprano
Ha studiato canto con Jolanda Torriani, Cristina Miatello e Sergio Foresti, specializzandosi poi nel repertorio rinascimentale e barocco presso la Civica Scuola di Musica di Milano con Roberto Gini.
Svolge attività concertistica come solista in Italia e all'estero e collabora con vari ensembles italiani tra i quali "La Veneziana" (C. Cavina), "I Madrigalisti Ambrosiani" (G. Capuano), "Athestis Consort" (F..M. Bressan), "La Cappella Mauriziana" (M. Valsecchi), "La Cappella Palatina" (G.B. Columbro), La Radio Svizzera Italiana (D. Fasolis), "Stirps Jesse" (E. De Capitani), "Sentieri Selvaggi" (C. Boccadoro).
Ha interpretato diversi ruoli di opere e oratori del Settecento come "La Serva padrona" di G.B. Pergolesi, "Bastiano e Bastiana" di W.A. Mozart, "La Dirindina" di D. Scarlatti, l'oratorio "David" di A. Scarlatti, registrato per Agorà e di prossima esecuzione a Roma in prima assoluta, "La Guitta" di A. Scarlatti, "Jephta" di G.F. Haendel, "Jephte" e "Jonas" di G. Carissimi.
Si è esibita in varie rassegne e festivals in Italia e all'estero, oltre ad aver partecipato a varie incisioni discografiche per le seguenti etichette: Stradivarius, Agorà, Amadeus, San Paolo e Rugginenti.
Davide Rocca, baritono
Dopo aver compiuto gli studi classici si è dedicato a quelli musicali, diplomandosi in pianoforte e studiando canto col soprano Gabriella Ravazzi, con la quale si sta perfezionando. Ha partecipato a numerosi corsi con docenti di livello internazionale (M.de Bernard, V.Puecher, E.Kirkby, S.Vizioli).
Debutta ad Imperia come Antonio e Conte d'Almaviva nelle "Nozze di Figaro", a Fiesole nel ruolo di Ottone de "L'incoronazione di Poppea". Prende parte alle produzioni di "Tosca", "Sonnambula", "Traviata", "Il barbiere di Siviglia", "L'italiana in Algeri".
Ha debuttato in altri ruoli come vincitore di stages: Figaro ne "Le nozze", Don Alfonso in "Così fan tutte", Tobias Mill ne "La cambiale di matrimonio " ed il ruolo maschile ne "Il telefono" di G. Menotti. ecentemente ha debuttato nei ruoli di Don Magnifico ("La Cenerentola") e di Taddeo ("L'italiana in Algeri") di Rossini e di Ernesto ("Parisina") di Donizetti.
Ha partecipato a Festival internazionali e svolge costante attività con il Gruppo da Camera Caronte di Brescia che lo ha portato ad eseguire concerti in diverse capitali europee (Berlino, Copenhagen, Oslo, Stoccolma, Salonicco) oltreché in tutta Italia.
Caterina Centofante, direttore
Caterina Centofante, ha studiato clarinetto, composizione e pianoforte presso il Conservatorio A. Bomporti di Trento. Ha suonato in diverse formazioni cameristiche; con il quartetto d’ance Arioso è stata premiata al concorso Rovere d’Oro di Imperia (1996). Dal 1999 svolge attività di maestro collaboratore. Ha lavorato per l’ Aslico (MI) e per il Teatro Sociale di Como.
Del 2000 è direttore del coro Libercanto di Milano. Attualmente studia direzione d’orchestra e composizione, presso il conservatorio “G. Verdi” di Milano, nelle classi del maestri Agiman e Solbiati. Ha studiato direzione d’orchestra con i maestri P. Bellugi e I. Karabtchevsky e ha diretto diverse formazioni orchestrali tra cui i Pomeriggi Musicali di Milano, Florence Symphonietta, Orchestra di Musicariva Festival, Orchestra d’archi Corelli, Ensemble Ravel, Gruppo Caronte S.Giacomo.
ENSEMBLE BAROCCO L'ARCHICEMBALO
Stefania Gazzola, Magda Girolami - violini
Valentina Giangaspero - viola
Melisa Volpi - violoncello
Daniela Gazzola - clavicembaloprogramma di sala a cura di Mario Mainino
INFORMAZIONI: biglietteria Teatro Cagnoni
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