Otello

Dramma lirico in quattro atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Arrigo Boito

Tratto dalla tragedia Othello di William Shakespeare (che era basata su una breve storia in  'Hecatommithi' di Cinzio Giraldi (Venice 1566)
Prima: Milano, Teatro alla Scala, 5 febbraio 1887

Primi interpreti  Trama   Altro
Otello, moro, generale dell'Armata Veneta, Tenore
Jago, alfiere, Baritono
Cassio, capo di Squadra, Tenore
Roderigo, gentiluomo Veneziano, Tenore
Lodovico, Ambasciatore della Repubblica Veneta, Basso
Montano, predecessore di Otello nel governo dell'Isola di Cipro, Basso
Un Araldo, Basso
Desdemona, moglie di Otello, Soprano
Emilia, moglie di Jago, Mezzosoprano
Soldati e Marinai della Repubblica Veneta, Gentildonne e Gentiluomini Veneziani, Popolani Ciprioti, Uomini d'arme Greci, Dalmati e Albanesi, Fanciulli dell'isola, un Taverniere, quattro servi di taverna, bassa ciurma.


Una città di mare nell'isola di Cipro.
La fine del secolo XV.

 

Primi interpreti

  • Milano, Teatro alla Scala, 5 febbraio 1887
    Otello: Francesco Tamagno; Desdemona: Romilda Pantaleoni; Iago: Victor Maurel; Cassio: Giovanni Paroli; Lodovico: Francesco Navarrini; Emilia: Ginevra Petrovich. Direttore: Franco Faccio
 

Trama

  • Atto I. La vicenda si svolge a Cipro, dominio veneziano del XVI secolo. Esterno del castello, residenza di Otello, governatore dell'isola, di fronte a un porto. E`sera. Una furiosa tempesta flagella il mare, una folla di cittadini veneziani e di soldati, assiepata sugli spalti, assiste impotente agli sforzi della nave del moro Otello per guadagnare il porto. Solo l'alfiere Jago non partecipa all'apprensione di tutti per la salvezza del suo signore: egli lo odia perché ha promosso capitano, al suo posto, Cassio, e medita la vendetta. Otello festeggiatissimo giunge finalmente al sicuro e annuncia trionfalmente che la flotta turca è stata sgominata. Quando il Moro entra nel castello, si accendono i fuochi di gioia e si beve alla vittoria. Nel tripudio generale, Jago comincia a tessere la trama che dovrà portare alla perdizione il comandante: insinua perfidamente e Roderigo, il quale gli ha confidato di amare la moglie di Otello, Desdemona, che anche il capitano Cassio nutre gli stessi sentimenti per la donna. Poi riesce a far ubriacare il capitano e aizza i due uomini l'uno contro l'altro, ma il duello che nasce è interrotto da Montano. Il paciere è però ferito da Cassio. Jago lancia l'allarme, ingigantendo la portata dell'episodio fino a farne nascere un tumulto. Richiamato dalle grida, Otello, falsamente informato da Jago, punisce Cassio e lo degrada. E`la prima vittoria di Jago, che ne esulta.
  • Atto II. Una sala terrena nel castello; una porta nel centro che dà sul giardino. Continua la trama di Jago; egli suggerisce a Cassio di chiedere a Desdemona di intercedere per lui presso Otello. In un monologo, l'alfiere enuncia la sua cinica visione della vita, riesce poi a gettare il seme della gelosia nell'anima del Moro, lasciandogli nascere il sospetto che fra Cassio e Desdemona ci sia un amore segreto. E quando la donna, apparsa dal giardino, cerca di intercedere per il capitano degradato, la gelosia di Otello ne è acuita ed egli respinge aspramente la richiesta. Ancora Jago insinua di avere colto alcune frasi compromettenti sfuggite a Cassio nel sonno, e, riuscito ad ottenere con l'aiuto della moglie Emilia un fazzoletto che la giovane aveva avuto in regalo dal Moro, afferma di averlo visto nelle mani di Cassio. Per Otello questa è la prova sicura e giura una terribile vendetta.
  • Atto III. Grande sala nel castello. La vedetta ha segnalato una galea che porta gli ambasciatori di Venezia. Desdemona, ignara, chiede ancora grazia per Cassio, e per tutta risposta Otello le impone di mostrargli il fazzoletto che le aveva donato come talismano. Poiché la donna non può consegnarlo, il Moro, in un accesso di furia, l'accusa di essere una cortigiana e la scaccia. Solo, rimpiange la felicità perduta. Ma l'arrivo di Jago lo riscuote; l'alfiere vuole completare la sua ragnatela e gli prepara alcuni inganni; fa in modo che Otello nascosto, ascolti una conversazione con Cassio a proposito di una cortigiana, dandogli a credere che si parli di Desdemona. Otello giura di uccidere la moglie infedele. Ma intanto gli ambasciatori veneti hanno preso terra e annunciano che Otello è rimasto a Venezia e che sarà sostituito da Cassio. Alla presenza dei dignitari, Otello, ormai fuori di sé: ""noi salperemo domani"", dice alla moglie e afferratala per un braccio la getta a terra. Jago dà allora il via all'ultima parte del suo diabolico piano, spronando Roderigo a uccidere Cassio, mentre Otello maledice Desdemona e tutti escono inorriditi. Delirante, il Moro sviene. Jago con gesto di trionfo indica il corpo inerte.
  • Atto IV. La camera di Desdemona. La donna si accinge a coricarsi, aiutata da Emilia. E' ferita dall'atteggiamento di Otello che le riesce inspiegabile. Ha appena terminato di pregare, quando entra Otello: l'accusa apertamente di averlo tradito e inutilmente Desdemona proclama la sua innocenza. Il Moro l'ha ormai condannata e la strangola. Emilia rientrando annuncia che Roderigo è rimasto ucciso nel tentativo di uccidere Cassio. Vedendo Desdemona morta, accusa Otello e gli grida di aver ucciso un'innocente. A Jago sopraggiunto, la donna rinfaccia il suo intrigo e a questi non resta altro scampo che la fuga. Otello, sconvolto e improvvisamente illuminato dell'inganno nel quale è caduto, dopo un ultimo bacio alla sposa si trafigge con un pugnale.
 

Altro

  • Con Otello Verdi ritorna a temi shakespeariani che non aveva più affrontato dall’epoca di Macbeth (1847). Dopo il grande successo di una sua Messa da Requiem alla Scala di Milano, da lui stesso diretta cinque anni dopo la prima, Giulio Ricordi propone al Maestro l’idea di comporre un’opera nuova, tratta da una tragedia del drammaturgo inglese e pensando ad Arrigo Boito come librettista. Francesco Faccio accompagna Boito da Verdi, il quale presa visione del libretto non lo accetta, ribattendo che al momento stava pensando a musicare un soggetto comico e non drammatico come era invece l’Otello. Ma del fantomatico soggetto comico Verdi pare non interessarsi più, grazie all’astuzia di Ricordi, alla pazienza di Boito e non da ultimo, all’indiscutibile fascino del testo shakespeariano. Nel 1879, non senza difficoltà, il libretto è pronto, ma dopo un anno è ancora sprovvisto di partitura musicale. Un piccolo incidente "diplomatico" ne ritarda ulteriormente la composizione. Nel 1884 Arrigo Boito è a Napoli per la rappresentare il suo Mefistofele, si sente chiedere perché non si cimenti nel musicare il libretto da lui composto sull’ormai famoso Otello, dato che Verdi pare disinteressarsene. Il librettista, colto da un estremo imbarazzo, risponde con tale riserbo che il suo atteggiamento viene frainteso e i giornali locali scrivono del rammarico di Boito per non poter comporre la musica dell’opera. Verdi s’irrita a tal punto che interrompe la stesura della partitura. Ma il tempo placa gli animi e appiana i problemi, così che nel novembre del 1885 è pronto lo spartito e l’anno seguente pure la strumentazione.

    Non è però ancora tempo della prima: oppresso dal suo forte senso di responsabilità nei confronti di Shakespeare e dal peso dell’ormai acquistata popolarità e reputazione, Verdi rifiuta continuamente di fissare la data della prima rappresentazione, prolungando il periodo di prove. Sceglie come interpreti Romilda Pantaleoni nel ruolo di Desdemona (soprano), Victor Maurel in quello di Jago (baritono) e Francesco Tamagno protagonista. Quest’ultimo ricoprirà lo stesso ruolo nel dicembre del 1899 diretto dal Maestro Arturo Toscanini.

    Il 5 febbraio 1887 l’Otello di Verdi va finalmente in scena al Teatro alla Scala di Milano e per l’occasione tutti i giornali europei inviano un loro corrispondente.


ATTO PRIMO
SCENA I

L'esterno del Castello.
Una taverna con pergolato. Gli spalti nel fondo e il mare. È sera. Lampi, tuoni, uragano.

Jago, Roderigo, Cassio, Montano, più tardi Otello. Ciprioti e Soldati veneti.

CIPRIOTI:
Una vela! Una vela! Un vessillo! Un vessillo!
(Lampi e tuoni)

MONTANO:
È l'alato Leon!

CASSIO: (Entro le scene lontano)
Or la folgor lo svela.

ALTRI CHE SOPRAGGIUNGONO:
Uno squillo!
(Colpo di cannone)

TUTTI:
Ha tuonato il cannon!

CASSIO:
È la nave del Duce.

MONTANO:
Or s'affonda or s'inciela. . .

CASSIO:
Erge il rostro dall'onda.

ALCUNI CIPRIOTTI: (continui lampi)
Nelle nubi si cela e nel mar,
e alla luce dei lampi ne appar.

TUTTI: (Lampi, un Tuono)
Lampi! tuoni! gorghi! turbi tempestosi e fulmini! (un fulmine)
Treman l'onde! treman l'aure! treman basi e culmini.
(entrano dal fondo molte donne del popolo)
Fende l'etra un torvo e cieco spirto di vertigine.
Iddio scuote il cielo bieco, come un tetro vel.
Tutto è fumo! tutto è fuoco! l'orrida caligine
si fa incendio, poi si spegne più funesta.
Spasima l'universo, accorre a valchi l'aquilon fantasima,
i titanici oricalchi squillano nel ciel.
(con gesti di spavento e di supplicazione e rivolti verso lo spalto)
(Fulmini, lampi, e tuoni continui)
Dio, fulgor della bufera!
Dio, sorriso della duna!
Salva l'arca e la bandiera
della veneta fortuna!
Tu, che reggi gli astri e il Fato!
Tu, che imperi al mondo e al ciel!
Fa che in fondo al mar placato
posi l'àncora fedel.

JAGO: (Un lampo)
È infranto l'artimon!

RODERIGO: (Altro lampo)
Il rostro piomba su quello scoglio!

CORO:
Aita! Aita!

JAGO: (a Roderigo) (ancora un lampo)
(L'alvo frenetico del mar sia la sua tomba!)

CIPRIOTI:
È salvo! è salvo!

VOCI INTERNE:
Gittate i palischermi!
(Tuono lontano Un lampo)
Mano alle funi! Fermi!

CIPRIOTI: (Tuono lontano)
Forza ai remi! Alla riva!
(scendono la scala dello spaldo)

VOCI INTERNE:
All'approdo! allo sbarco!

CIPRIOTI:
Evviva! Evviva! Evviva!

OTELLO :
(dalla scala della spiaggia salendo sullo spaldo con seguito di marinai e soldati)
Esultate! L'orgoglio musulmano
sepolto è in mar; nostra e del ciel è gloria!
Dopo l'armi lo vinse l'uragano.

CIPRIOTI:
Evviva Otello! Evviva! evviva! evviva!
Vittoria! Vittoria! Vittoria!
Stermino, dispersi, distrutti, sepolti nell'orrido
Tumulto piombar
Avranno per requie la sferza dei flutti,
la ridda dei turbini,
l'abisso del mar.
Si calma la bufera.

JAGO: (in disparte a Roderigo)
Roderigo, ebben, che pensi?

RODERIGO:
D'affogarmi.

JAGO:
Stolto è chi s'affoga per amor di donna.
(Alcuni del popolo formano da un lato una castasta di legna: la folla s'accalca intorno turbolenta e curiosa)

RODERIGO:
Vincer nol so.

JAGO:
Suvvia, fa senno, aspetta
l'opra del tempo. A Desdemona bella,
che nel segreto de' tuoi sogni adori,
presto in uggia verranno i foschi baci
di quel selvaggio dalle gonfie labbra.
Buon Roderigo, amico tuo sincero
mi ti professo, nè in più forte ambascia
soccorrerti potrei. Se un fragil voto
di femmina non è tropp'arduo nodo
pel genio mio nè per l'inferno, giuro
che quella donna sarà tua. M'ascolta -
benchè finga d'amarlo, odio quel Moro.
(Entra Cassio: poi s'unisce a un crocchio di soldati)

JAGO: (sempre in disparte a Roderigo)
E una cagion dell'ira, eccola, guarda.
(Indicando Cassio)
Quell'azzimato capitano usurpa
(continua il passaggio della bassa ciurma nel fondo)
il grado mio, il grado mio che in cento
ben pugnate battaglie ho meritato;
tal fu il voler d'Otello, ed io rimango
di sua Moresca Signoria. . .l'alfiere!
(dalla catasta incominciano ad alzarsi dei globi di fumo sempre più)
Ma, come è ver che tu Roderigo sei,
cosi è pur vero che se il Moro io fossi
vedermi non vorrei d'attorno un Jago.
Se tu m'ascolti...

(Il fuoco divampa. I tavernieri illuminano a festa il pergolato)

CORO:
Fuoco di gioia, l'ilare vampa
fuga la notte col suo splendor.
Guizza, sfavilla, crepita, avvampa
fulgido incendio che invade il cor.
Dal raggio attratti vaghi sembianti
movono intorno mutando stuol,
e son fanciulle dai lieti canti,
e son farfalle dall'igneo vol.
Arde la palma col sicomoro,
canta la sposa col suo fedel;
sull'aurea fiamma, sul lieto coro
soffia l'ardente spiro del ciel.
Fuoco di gioia, rapido brilla!
Rapido passa, fuoco d'amor!
Splende, s'oscura, palpita, oscilla,
l'ultimo guizzo, lampeggia e muor.
(il fuoco si spegne a poco a poco: la bufera è cessata)

(Jago, Roderigo, Cassio e parecchi altri uomini d'arme intorno a un tavolo dove c'è del vino: parte in piedi, parte seduti)

JAGO:
Roderigo, beviam! Qua la tazza, Capitano.

CASSIO: Non bevo più.

JAGO: (avvicinando il boccale alla tazza di Cassio)
Ingoia questo sorso.

CASSIO: (Ritirando il bicchiere)
No.

JAGO:
Guarda! Oggi impazza tutta Cipro!
È una notte di gioia, dunque. . .

CASSIO:
Cessa. Già m'arde il cervello
per un nappo vuotato.

JAGO:
Sì, ancora bever devi.
Alle nozze d'Otello e Desdemona!

CIPRIOTI: Evviva!

CASSIO: (alzando il bicchiere e bevendo un poco)
Essa infiora questo lido.

JAGO: (sottovoce a Roderigo)
(Lo ascolta)

CASSIO:
Col vago suo raggiar chiama i cuori a raccolta.

RODERIGO:
Pur modesta essa è tanto.

CASSIO:
Tu, Jago, canterai le sue lodi!

JAGO: (piano a Roderigo)
(Lo ascolta)
(Forte a Cassio)
Io non sono che un critico.

CASSIO:
Ed ella d'ogni lode è più bella.

JAGO: (come sopra, a Roderigo, a parte)
(Ti guarda da quel Cassio)

RODERIGO:
Che temi?

JAGO: (ancora a piano a Roderigo)
(Ei favella
già con troppo bollor, la gagliarda
giovinezza lo sprona, è un astuto
seduttor che t'ingombra il cammino.
Bada. . )

RODERIGO:
Ebben?

JAGO: (ancora a piano a Roderigo)
(S'ei inebria è perduto!
Fallo ber)
(ai tavernieri) Qua, ragazzi, del vino!
(Jago riempie tre bicchieri: un per sé, uno per Roderigo, uno per Cassio. I tavernieri circolano colle anfore).
(a Cassio, col bicchiere in mano: la folla gli si avvicina e lo guarda curiosamente)
Inaffia l'ugola!
Trinca, tracanna!
Prima che svampino
canto e bicchier.

CASSIO: (a Jago, col bicchiere in mano)
Questa del pampino
verace manna
di vaghe annugola
nebbie il pensier.

JAGO: (a tutti)
Chi all'esca ha morso
del ditirambo
spavaldo e strambo
beva con me! beva con me,
beva, beva, beva con me!

TUTTI:
Chi all'esca ha morso
del ditirambo
spavaldo e strambo
Beve con te.

JAGO: (a Roderigo indicando Cassio)
(Un altro sorso è brillo egli è)

RODERIGO: (a Jago)
(Un altro sorso è brillo egli è)

JAGO:
Il mondo palpita quand'io son brillo!
Sfido l'ironico Nume e il destin!

CASSIO: (bevendo ancora)
Come un armonico
liuto oscillo;
La gioia scalpita
sul mio cammin!

JAGO: Chi all'esca ha morso, etc. . .

TUTTI: Chi all'esca ha morso, etc. . .

JAGO: (a Roderigo)
Un altro sorso e brillo egli è!

RODERIGO: (a Jago)
Un altro sorso e brillo egli è!

JAGO: (a tutti)
Fuggan dal vivido nappo i codardi. . .

CASSIO: (interrompendo)
In fondo all'anima ciascun mi guardi!
(beve)

JAGO:
. . . che in cor nascondono frodi.

CASSIO:
Non temo, non temo il ver.

JAGO: Chi all'esca ha. . .
. . .morso del ditirambo. . .

CASSIO: (barcollando)
non temo il ver, . . .
. . .non temo il ver.

JAGO:
. . .bevi con me. . .

CASSIO:
non temo il ver. . .

JAGO:
bevi, bevi con me.

CASSIO:
e bevo e bevo e bevo. . .

CIPRIOTI: (La metà del Coro. Ridendo)
Ah! Ah Ah! Ah ah! Ah ah!. . .
. . .Ah ah! Ah ah! Ah ah!

CASSIO: (vorrebbe ripetere il primo motivo, ma non si sovviene)
Del calice. . .

JAGO: (a Roderigo)
(Egli è briaco fradicio)

CASSIO:
del calice. . .
. . .gli orli. . .

JAGO:
(Ti scuoti.
Lo trascina a contesa.
è pronto all'ira)

CIPRIOTI: (gli altri ridono di Cassio)
Ah ah! Ah ah!


JAGO:
(t'offenderà. . .ne seguirà tumulto!)

CASSIO: (ripiglia, ma con voce soffocata)
del calice. . .gli orli. . .

JAGO:
(Pensa che puoi così del lieto Otello
turbar la prima vigilia d'amor!)

RODERIGO: (risoluto)
(Ed è ciò che mi spinge)

CASSIO:
. . .s'impor. . .s'impor. . .s'imporporino.

CIPRIOTI:
Ah! Ah ah! Ah ah!

RODERIGO, JAGO, CASSIO, CIPRIOTI:
Bevi, bevi con me, bevi con me.
(Tutti bevono)

MONTANO: (venendo dal Castello, si rivolge a Cassio)
Capitano,
v'attende la fazione ai baluardi.

CASSIO: (barcollando)
Andiamo.

MONTANO:
Che vedo?

JAGO: (a Montano)
(Ogni notte in tal guisa
Cassio preludia al sonno)

MONTANO: (a Jago)
(Otello il sappia)

CASSIO:
Andiamo ai baluardi.

RODERIGO e CIPRIOTI:
Ah, ah! Ah, ah!

CASSIO:
Chi ride?

RODERIGO: (provocandolo)
Rido d'un ebro. . .

CASSIO: (scagliandosi contro Roderigo)
Bada alle tue spalle! Furfante!

RODERIGO: (difendendosi)
Briaco ribaldo!

CASSIO:
Marrano! Nessun più ti salva!

MONTANO: (separandoli a forza e dirigendosi a Cassio)
Frenate la mano, Signor, ve ne prego.

CASSIO: (a Montano)
Ti spacco il cerebro se qui t'interponi.

MONTANO: Parole d'un ebro. . .
(sguainando la spada. Montano s'arma anch'esso. Assalto furibondo. La folla si ritrae)

CASSIO: D'un ebro?!

JAGO: (a parte a Roderigo)
(Va al porto, con quanta più possa
ti resta, gridando: sommossa! sommossa!
Va! spargi il tumulto, l'orror. Le campane
risuonino a stormo)

(Roderigo esce correndo. Jago si rivolge rapidamente ai due combattenti)

JAGO:
Fratelli! l'immane conflitto cessate!

DONNE CIPRIOTI: (fuggendo)
Fuggiam!

JAGO:
Ciel! già gronda di sangue Montano!
Tenzon furibonda!

DONNE:
Fuggiam, fuggiam!

JAGO:
Tregua!

UOMINI:
Tregua!

DONNE:
S'uccidono!

UOMINI:
Pace!

JAGO: (agli astanti)
Nessun più raffrena quel nembo pugnace!
Si gridi l'allarme! Satana gl'invade!!
(Continua il combattimento. Donne fuggendo ed altre entro le scene)

CORO:
All'armi!! All'armi!! Soccorso!! Soccorso!!

(Campane a stormo)


ATTO PRIMO
SCENA II

Otello, Jago, Cassio, Montano, popolo, soldati; più tardi Desdemona.

OTELLO: (Otello seguito da genti con fiaccole)
Abbasso le spade!
(I Combattenti s'arrestano. Le nubi si diradano a poco a poco)
Olà! Che avvien? Son io fra i Saraceni?
O la turchesca rabbia è in voi trasfusa
da sbranarvi l'un l'altro? Onesto Jago,
per quell'amor che tu mi porti, parla.

JAGO:
Non so. . . qui tutti eran cortesi amici,
dianzi, e giocondi. . .ma ad un tratto, come
se un pianeta maligno avesse a quelli
svagato il senno, sguainando l'arme
s'avventano furenti. . .avess'io prima
stroncati i pie' che qui m'addusser!

OTELLO:
Cassio,
come obliasti te stesso a tal segno?

CASSIO:
Grazia. . . perdon. . . parlar non so. . .

OTELLO:
Montano. . .

MONTANO: (sostenuto da un soldato)
Son ferito. . .

OTELLO:
Ferito!. . . pel cielo
Già il sangue mio ribolle. Ah! l'ira volge
l'angelo nostro tutelare in fuga!
(accorrendo a Desdemona)
Che? La mia dolce Desdemona anch'essa
per voi distolta da' suoi sogni?
Cassio, non sei più capitano.
(Cassio lascia cadere la spada che è raccolta da Jago)

(pergendo la spada di Cassio ad un soldato)

JAGO: (a sé stesso)
(Oh, mio trionfo!)

OTELLO:
Jago, tu va nella città sgomenta
con quella squadra a ricompor la pace.
(Jago esce)
Si soccorra Montano. Al proprio tetto
(Montano è accompagnato nel Castello)
Ritorni ognun. Io da qui non mi parto
(a tutti con gesto imperioso)
se pria non vedo deserti gli spaldi.
(La Scena si vuota. Otello fa cenno agli uomini colle fiaccole che lo accompagnano di rientrare nel castello).


ATTO PRIMO
SCENA III

Otello e Desdemona

OTELLO:
Già nella notte densa
s'estingue ogni clamor.
Già il mio cor fremebondo
s'ammansa in quest'amplesso e si rinsensa.
Tuoni la guerra e s'inabissi il mondo
se dopo l'ira immensa
vien quest'immenso amor!

DESDEMONA:
Mio superbo guerrier! Quanti tormenti,
quanti mesti sospiri e quanta speme
ci condusse ai soavi abbracciamenti!
Oh! com'è dolce il mormorare insieme:
te ne rammenti!
Quando narravi l'esule tua vita
e i fieri eventi e i lunghi tuoi dolor,
ed io t'udia coll'anima rapita
in quei spaventi e coll'estasi in cor.

OTELLO:
Pingea dell'armi il fremito, la pugna
e il vol gagliardo alla breccia mortal,
l'assalto, orribil edera, coll'ugna
al baluardo e il sibilante stral.

DESDEMONA:
Poi mi guidavi ai fulgidi deserti,
all'arse arene, al tuo materno suol;
narravi allor gli spasimi sofferti
e le catene e dello schiavo il duol.

OTELLO:
Ingentilia di lagrime la storia
il tuo bel viso e il labbro di sospir;
scendean sulle mie tenebre la gloria,
il paradiso e gli astri a benedir.

DESDEMONA:
Ed io vedea fra le tue tempie oscure
splender del genio l'eterea beltà.

OTELLO:
E tu m'amavi per le mie sventure
ed io t'amavo per la tua pietà.

DESDEMONA:
Ed io t'amavo per le tue sventure
e tu m'amavi per la mia pietà.

OTELLO:
E tu m'amavi. . .

DESDEMONA:
E tu m'amavi. . .

OTELLO:
Ed io t'amavo. . .

OTELLO, DESDEMONA:
. . .per la tua, (mia) pietà.

OTELLO:
(sempre dolce)
Venga la morte! e mi colga nell'estasi
di quest'amplesso
il momento supremo!
(Il cielo si sarà tutto rasserenato: si vedranno alcune stelle e sul lembo dell'orizzonte il riflesso ceruleo della nascente luna)
Tale è il gaudio dell'anima che temo,
temo che piu non mi sara concesso
quest'attimo divino
nell'ignoto avvenir del mio destino.

DESDEMONA:
Disperda il ciel gli affanni
e amor non muti col mutar degli anni.

OTELLO:
A questa tua preghiera
"Amen" risponda la celeste schiera.

DESDEMONA:
"Amen" risponda.

OTELLO: (appoggiandosi ad un rialzo degli spaldi)
Ah! la gioia m'innonda
si fieramente. . .che ansante mi giacio. . .
Un bacio. . .

DESDEMONA:
Otello!

OTELLO:
Un bacio. . .ancora un bacio,
(alzandosi e mirando il cielo)
Gia la pleiade ardente al mar discende.

DESDEMONA:
Tarda e la notte.

OTELLO:
Vien. . .Venere splende.

DESDEMONA:
Otello!
(s'avviano abbracciati verso il castello)


ATTO SECONDO
SCENA I

Una sala terrena nel Castello.
Una invetriata la divide da un grande giardino. Un verone.

Jago al di qua del verone. Cassio al di là.

JAGO: (al di qua del verone, a Cassio)
Non ti crucciar. Se credi a me, tra poco
farai ritorno ai folleggianti amori
di Monna Bianca, altiero capitano,
coll'elsa d'oro e col balteo fregiato.

CASSIO: (al di là del verone)
Non lusingarmi. . .

JAGO:
Attendi a ciò ch'io dico.
Tu dêi saper che Desdemona è il Duce
del nostro Duce, sol per essa ei vive.
Pregala tu, quell'anima cortese
per te interceda e il tuo perdono è certo.

CASSIO:
Ma come favellarle?

JAGO:
è suo costume
girsene a meriggiar fra quelle fronde
colla consorte mia. Quivi l'aspetta.
Or t'è aperta la via di salvazione.
Vanne.
(Cassio s'allontana)



ATTO SECONDO
SCENA II

Jago solo

JAGO: (seguendo coll'occhio Cassio)
Vanne; la tua meta già vedo.
Ti spinge il tuo dimone,
e il tuo dimon son io.
E me trascina il mio, nel quale io credo,
inesorato Iddio.
(allontanandosi dal verone seza più guardar Cassio che sarà scomparso fra gli alberi)
Credo in un Dio crudel che m'ha creato
simile a sè e che nell'ira io nomo.
Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo
vile son nato.
Son scellerato
perchè son uomo;
e sento il fango originario in me.
Sì! questa è la mia fe'!
Credo con fermo cuor, siccome crede
la vedovella al tempio,
che il mal ch'io penso e che da me procede,
per il mio destino adempio.
Credo che il guisto è un istrion beffardo,
e nel viso e nel cuor,
che tutto è in lui bugiardo:
lagrima, bacio, sguardo,
sacrificio ed onor.
E credo l'uom gioco d'iniqua sorte
dal germe della culla
al verme dell'avel.
Vien dopo tanta irrision la Morte.
E poi? E poi? La Morte è il Nulla.
è vecchia fola il Ciel.
(Si vede passare nel giardino Desdemona con Emilia. Jago si slacia al verone, al di là del quale è appostato)

JAGO: (a Cassio)
Eccola. . .Cassio. . .a te. . .Questo è il momento.
Ti scuoti. . .vien Desdemona.
(Cassio va verso Desdemona, la saluta, le s'accosta)
S'è mosso; la saluta
e s'avvicina.
Or qui si tragga Otello!. . .aiuta, aiuta
Sàtana il mio cimento!
Già conversano insieme. . .ed essa inclina,
sorridendo, il bel viso.
(si vedono ripassare nel giardino Cassio e Desdemona)
Mi basta un lampo sol di quel sorriso
per trascinare Otello alla ruina.
(fa per avviarsi rapido all'uscio del lato destro, ma s'arresta subitamente)
Andiam. . .Ma il caso in mio favor s'adopra.
Eccolo. . .al posto, all'opra.
(Si colloca immoto al verone, guardando fissamente verso il giardino, dove stanno Cassio e Desdemona)



ATTO SECONDO
SCENA III

Jago e Otello

JAGO: (simulando di non aver visto Otello e fingendo di parlare fra sè)
Ciò m'accora.

OTELLO:
Che parli?

JAGO:
Nulla. . .voi qui? una vana
voce m'uscì dal labbro. . .

OTELLO:
Colui che s'allontana
dalla mia sposa, è Cassio?

JAGO:
Cassio? No. . .quei si scosse
come un reo nel vedervi.

OTELLO:
Credo che Cassio ei fosse.

JAGO:
Mio signore. . .

OTELLO:
Che brami?

JAGO:
Cassio, nei primi dì del vostro amor,
Desdemona non conosceva?

OTELLO:
Sì.
Perchè fai tale inchiesta?

JAGO:
Il mio pensiero è vago d'ubbie,
non di malizia.

OTELLO:
Di' il tuo pensiero, Jago.

JAGO:
Vi confidaste a Cassio?

OTELLO:
Spesso un mio dono o un cenno
portava alla mia sposa.

JAGO:
Dassenno?

OTELLO:
Si, dassenno.
Nol credi onesto?

JAGO: (imitando Otello)
Onesto?

OTELLO:
Che ascondi nel tuo core?

JAGO:
Che asondo in cor, signore?

OTELLO:
"Che ascondo in cor, signore?"
Pel cielo, tu sei l'eco dei detti miei, nel chiostro
dell'anima ricetti qualche terribil mostro.
Sì, (declamato) ben t'udii poc'anzi mormorar: "Ciò m'accora."
Ma di che t'accoravi? Nomini Cassio e allora
tu corrughi la fronte. Suvvia, parla, se m'ami.

JAGO:
Voi sapete ch'io v'amo.

OTELLO:
Dunque senza velami
t'esprimi, e senza ambagi.
T'esca fuor dalla gola
il tuo più rio pensiero colla più ria parola.

JAGO:
S'anco teneste in mano tutta l'anima mia
nol sapreste.

OTELLO:
Ah!

JAGO: (avvicinandosi molto ad Otello e sottovoce)
Temete, signor, la gelosia!
è un'idra fosca, livida, cieca, col suo veleno
sè stessa attosca, vivida piaga le squarcia il seno.

OTELLO:
Miseria mia! No! il vano sospettar nulla giova.
Pria del dubbio l'indagine, dopo il dubbio la prova,
dopo la prova (Otello ha sue leggi supreme),
amore e gelosia vadan dispersi insieme!

JAGO:
Un tal proposto spezza di mie labbra il suggello.

JAGO:
Non parlo ancor di prova, pur, generoso Otello,
vigilate. . .soventi le oneste e ben create
coscienze non vedono la frode: (sottovoce) vigilate.
Scrutate le parole di Desdemona, un detto
può ricondur la fede, può affermare il sospetto.

VOCI LONTANO:
Dove guardi splendono
raggi, avvampan cuori,
dove passi scendono
nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose,
come a un casto altare,
padri, bimbi, spose
vengono a cantar.

(Si vede ricomparire Desdemona nel giardino, dalla vasta apertura del fondo: esse è circondata da donne dell'isola, da fanciulle, da marinai cipriotti e albanesi che si avanzano e le offrono fiori e rami fioriti ed altri doni. Alcuni s'accompagnano, cantando, sulla guzla (una specie di Mandòla), altri hanno delle piccole arpe ad armascollo)

JAGO:
Eccola. . .vigilate.

(Una parte del Coro in scena; uniti a questa vi sarranno dei figuranti con Mandolini, Chitarre e Cornamuse. L'altra parte resterà dietro la tela, unitamente ai suonatori di Mandolini, Chittare e Cornamuse)

VOCI: Dove guardi splendono
raggi, avvampan cuori,
dove passi scendono
nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose,
come a un casto altare,
padri, bimbi, spose
vengono a cantar.

FANCIULLI: (spargendo al suolo fiori di giglio)
T'offriamo il giglio soave stel
che in man degl'angeli fu assunto in ciel,
che abbella il fulgido manto
e la gonna della Madonna
e il santo vel.

DONNE E MARINAI:
Mentre all'aura vola
lieta la canzon,
l'agile mandòla
ne accompagna il suon.

MARINAI: (offrendo a Desdemona dei monili di corallo e di perle)
A te le porpore, le perle e gli ostri,
nella voragine còlti del mar.
Vogliam Desdemona coi doni nostri
come un'immagine sacra adornar.

DONNE E FANCIULLI:
Mentre all'aura vola
lieta la canzon,
l'agile mandòla
ne accompagna il suon.

LE DONNE: (spargendo fronde e fiori)
A te la florida messe dai grembi
spargiam al suolo, a nembi, a nembi.
L'april circonda la sposa bionda
d'un etra rorida che vibra al sol.

FANCIULLI E MARINAI:
Mentre all'aura vola etc. . .

TUTTI:
Dove guardi splendono raggi etc. . .

DESDEMONA:
Splende il cielo, danza
l'aura, olezza il fior.

OTELLO:
Quel canto mi conquide.
S'ella m'inganna, il ciel se stesso irride!

JAGO:
Beltà ed amor in dolce inno concordi!
I vostri infrangerò soavi accordi.

DESDEMONA:
Gioia, amor, speranza
cantan nel mio cor.

CIPRIOTI: Vivi felice! vivi felice!
Addio. Qui regna Amor.

OTELLO:
Quel canto mi conquide.



ATTO SECONDO
SCENA IV

(Finito il Coro, Desdemona bacia la testa d'alcuni tra i fanciulli, e alcune donne le baciano il lembo della veste, ed essa porge una borsa ai marinai. Il Coro s'allontana. Desdemona, seguita poi da Emilia, entra nella sala e s'avanza verso Otello)

DESDEMONA: (a Otello)
D'un uom che geme sotto il tuo disdegno
la preghiera ti porto.

OTELLO:
Chi è costui?

DESDEMONA:
Cassio.

OTELLO:
Era lui
che ti parlava sotto quelle fronde?

DESDEMONA:
Lui stesso, e il suo dolor che in me s'infonde
tanto è verace che di grazia è degno.
Intercedo per lui, per lui ti prego.
Tu gli perdona.

OTELLO: (con asprezza)
Non ora.

DESDEMONA:
Non oppormi il tuo diniego.
Gli perdona.

OTELLO:
Non ora.

DESDEMONA:
Perchè torbida suona la voce tua?
Qual pena t'addolora?

OTELLO:
M'ardon le tempie.

DESDEMONA: (spiegando il suo fazzoletto come per fasciare la fronte d'Otello)
Quell'ardor molesto
svanirà, se con questo
morbido lino la mia man ti fascia.

OTELLO: (getta il fazzoletto a terra)
Non ho d'uopo di ciò.

DESDEMONA:
Tu sei crucciato, signor.

OTELLO: (aspramente)
Mi lascia! mi lascia!
(Emilia raccoglie il fazzoletto dal suolo)

DESDEMONA:
Se inconscia, contro te, sposo, ho peccato,
dammi la dolce e lieta parola del perdono.

OTELLO: (a parte)
(Forse perchè gl'inganni
d'arguto amor non tendo. . )

DESDEMONA:
La tua fanciulla io sono
umile e mansueta;
ma il labbro tuo sospira,
hai l'occhio fiso al suol.
Guardami in volto e mira
come favella amor.
Vien ch'io t'allieti il core,
ch'io ti lenisca il duol.
Guardami in volto e mira, etc. . .

OTELLO:
(. . .forse perchè discendo
nella valle degli anni,
forse perchè ho sul viso
quest'atro tenebror. . .
forse perchè gl'inganni d'arguto
amor non tendo, etc. . .
Ella è perduta è irriso
io sono e il core m'infrango
e ruinar nel fango
vedo il mio sogno d'or.
Ella è perduta e irriso, etc. . )

JAGO: (a Emilia sottovoce)
(Quel vel mi porgi
ch'or hai raccolto.

EMILIA: (sottovoce a Jago)
(Qual frode scorgi?
Ti leggo in volto.

JAGO:
T'opponi a vôto
quand'io commando.

EMILIA:
Il tuo nefando
livor m'è noto.

JAGO:
Sospetto insano!

EMILIA:
Guardia fedel
è questa mano.

JAGO:
Dammi quel vel!
(afferra violentemente il braccio di Emilia)
Su te l'irosa mia man s'aggrava!

EMILIA:
Son la tua sposa,
non la tua schiava.

JAGO:
La schiava impura
tu sei di Jago.

EMILIA:
Ho il cor presago
d'una sventura.

JAGO:
Né mi paventi?

EMILIA:
Uomo crudel!

JAGO:
A me.

EMILIA:
Che tenti?

JAGO:
A me quel vel!
(con un colpo di mano Jago ha carpito il fazzoletto ad Emilia)

EMILIA:
Uomo crudel!

JAGO: (a sé stesso)
(Già la mia brama
conquido, ed ora
su questa trama
Jago lavora!)

EMILIA: (a sé stessa)
(Vinser gli artigli
truci e codardi.
Dio dai perigli
sempre ci guardi)

DESDEMONA:
Dammi la dolce e lieta parola del perdon.

OTELLO:
Escite! Solo vo' restar.

JAGO: (sottovoce ad Emilia che sta per escire)
Ti giova tacer. Intendi?

(Desdemona ed Emilia escono. Jago finge d'escire dalla porta del fondo, ma giuntovi s'arresta)



ATTO SECONDO
SCENA V

Otello, Jago sul fondo

OTELLO: (accasciato, su d'un sedile)
Desdemona rea!

JAGO: (nel fondo guardando di nascosto il fazzoletto, poi riponendolo con cura nel giustacuore)
(Con questi fili tramerò la prova
del peccato d'amor. Nella dimora
di Cassio ciò s'asconda)

OTELLO:
Atroce idea!

JAGO: (fissando Otello)
(Il mio velen lavora)

OTELLO:
Rea contro me! contro me!

JAGO: (cupo)
(Soffri e ruggi!)

OTELLO:
Atroce! atroce!

JAGO:
Non pensateci più.
(dopo essersi portato accanto ad Otello, bonariamente)

OTELLO: (balzando)
Tu? Indietro! fuggi!
M'hai legato alla croce! Ahimè!
Più orrendo d'ogni orrenda ingiuria
dell'ingiuria è il sospetto.
Nell'ore arcane della sua lussuria
(e a me furate!) m'agitava il petto
forse un presagio! Ero baldo, giulivo.
Nulla sapevo ancora; io non sentivo
sul suo corpo divin che m'innamora
e sui labbri mendaci
gli ardenti baci
di Cassio! Ed ora! ed ora. . .
Ora e per sempre addio sante memorie,
addio, sublimi incanti del pensier!
Addio schiere fulgenti, addio vittorie,
dardi volanti e volanti corsier!
Addio, vessillo trionfale e pio,
e diane squillanti in sul mattin!
Clamori e canti di battaglia, addio!
Della gloria d'Otello è questo il fin.

JAGO:
Pace, signor.

OTELLO:
Sciagurato! mi trova una prova secura
che Desdemona è impura. . .
Non sfuggir! nulla ti giova!
Vo' una secura, una visibil prova!
O sulla tua testa
s'accenda e precipiti il fulmine
del mio spaventoso furor che si desta!
(Afferra Jago alla gola e lo atterra)

JAGO:
Divina grazia difendimi!
(alzandosi) Il cielo vi protegga. Non son più vostro alfiere.
Voglio che il mondo testimon mi sia
che l'onestà è periglio.
(fa per andarsene)

OTELLO:
No. . .rimani. Forse onesto tu sei.

JAGO: (sulla soglia fingendo d'andarsene)
Meglio varebbe ch'io fossi un ciurmador.

OTELLO:
Per l'universo!
Credo leale Desdemona e credo
che non lo sia. Te credo onesto e credoti
disleale. . .La prova io voglio!
Voglio la certezza!

JAGO: (ritornando verso Otello)
Signor, frenate l'ansie.
E qual certezza v'abbisogna?
Avvinti vederli forse?

OTELLO:
Ah, morte e dannazione!

JAGO:
Ardua impresa sarebbe; e qual certezza
sognate voi se quell'immondo fatto
sempre vi sfuggirà? Ma pur se guida
è la ragione al vero, una sì forte
congettura riserbo che per poco alla
certezza vi conduce. Udite.
(avvicinandosi molto ad Otello e sottovoce)
Era la notte, Cassio dormìa,
gli stavo accanto.
Con interrotte voci tradia
l'intimo incanto.
Le labbra lente, lente movea,
nell'abbandono
del sogno ardente, e allor dicea,
con flebil suono:
(sottovoce parlate)
"Desdemona soave! Il nostro amor s'asconda.
Cauti vegliamo! L'estasi del ciel
tutto m'innonda."
Seguìa più vago l'incubo blando;
con molle angoscia
l'interna imago quasi baciando,
ei disse poscia:
(sempre sottovoce)
"Il rio destino impreco
che al Moro ti donò".
E allora il sogno
in cieco letargo si mutò.

OTELLO:
Oh! mostuosa colpa!

JAGO:
Io non narrai che un sogno.

OTELLO:
Un sogno che rivela un fatto.

JAGO:
Un sogno che può dar forma di prova
ad altro indizio.

OTELLO:
E qual?

JAGO:
Talor vedeste
in mano di Desdemona un tessuto trapunto
a fior e più sottil d'un velo?

OTELLO:
È il fazzoletto ch'io le diedi,
pegno primo d'amor.

JAGO:
Quel fazzoletto ieri
(certo ne son) lo vidi in man di Cassio.

OTELLO:
Ah! Mille vite gli dona

Jago
Sangue Sangue Sì

(Jago lo trattiene inginocchiato)

JAGO: (s'inginocchia anch'esso)
Non v'alzate ancor!
Testimon è il Sol ch'io miro,
che m'irradia e inanima
l'ampia terra e il vasto spiro
del Creato inter,
che ad Otello io sacro ardenti,
core, braccio ed anima
s'anco ad opere cruenti
s'armi il suo voler!

JAGO e OTELLO: (alzando le mani al cielo come chi giura)
Sì, pel ciel marmoreo giuro!
Per le attorte folgori!
Per la Morte e per l'oscuro mar sterminator!
D'ira e d'impeto tremendo presto fia
che sfolgori questa man ch'io levo e stendo!
Dio vendicator!


ATTO TERZO
SCENA I

La gran sala del Castello. A destra un vasto peristilio a colonne. Questo peristilio è annesso ad una sala di minori proporzioni; nel fondo della sala un verone.

Otello, Jago, l'Araldo.

ARALDO:
(dal peristilio, a Otello che sarà con Jago nella sala)
La vedetta del porto ha segnalato
la veneta galea che a Cipro adduce
gli ambasciatori.
(fa cenno all'Araldo di allontanarsi)

OTELLO: (a Jago)
Bene sta.
Continua.

JAGO:
Qui trarrò Cassio e con astute inchieste
lo adescherò a ciarlar. (indicando il vano del verone) Voi là nascosto
scrutate i modi suoi, le sue parole,
i lazzi, i gesti. Paziente siate
o la prova vi sfugge. Ecco Desdemona.
Finger conviene. . .io vado.
(dicendo io vado, s'allontana come per escire, poi s'arresta e si riavvinca ad Otello per dirgli l'ultima parola)
Il fazzoletto. . .

OTELLO:
Va! volentieri obliato l'avrei.
(Jago esce)



ATTO TERZO
SCENA II

Otello, Desdemona.

DESDEMONA: (dalla porta di sinistra, ancora presso alla soglia)
Dio ti giocondi, o sposo dell'alma mia sovrano.

OTELLO: (andando incontro a Desdemona)
Grazie, madonna, datemi la vostra eburnea mano.
(le prende la mano)
Caldo mador ne irrora la morbida beltà.

DESDEMONA:
Essa ancor l'orme ignora del duolo e dell'età.

OTELLO: (con eleganza)
Eppur qui annida il demone gentil del mal consiglio,
che il vago avorio allumina del piccioletto artiglio.
Mollemente alla prece s'atteggia al pio fervore.

DESDEMONA:
Eppur con questa mano io v'ho donato il core. . .
Ma riparlar vi debbo di Cassio.

OTELLO:
Ancor l'ambascia
del mio morbo m'assale; tu la fronte mi fascia.

DESDEMONA: (sciogliendo un fazzoletto)
A te.

OTELLO:
No; il fazzoletto voglio ch'io ti donai.

DESDEMONA:
Non l'ho meco.

OTELLO:
Desdemona, guai se lo perdi! guai!
Una possente maga ne ordia lo stame arcano.
Ivi è riposta l'alta malia d'un talismano.
Bada! smarrirlo, oppur donarlo, è ria sventura!

DESDEMONA:
Il vero parli?

OTELLO:
Il vero parlo.

DESDEMONA:
Mi fai paura!

OTELLO:
Che? l'hai perduto forse?

DESDEMONA:
No.

OTELLO:
Lo cerca.

DESDEMONA:
Fra poco. . .lo cercherò. . .

OTELLO:
No, tosto!

DESDEMONA: (con eleganza)
Tu di me ti fai gioco.
Storni cosi l'inchiesta di Cassio;
astuzia è questa del tuo pensier.

OTELLO:
Pel cielo! l'anima mia si desta!
Il fazzoletto. . .

DESDEMONA:
È Cassio l'amico tuo diletto.

OTELLO: (più marcato)
Il fazzoletto!

DESDEMONA:
A Cassio, a Cassio perdona. . .

OTELLO: (terribile)
Il fazzoletto!

DESDEMONA:
Gran Dio! nella tua voce v'è un grido di minaccia!

OTELLO:
Alza quegli occhi!

DESDEMONA:
Atroce idea!

OTELLO: (prendendola a forza sotto il mento e per le spalle e obbligandola a guardarlo)
Guardami in faccia! Dimmi chi sei!

DESDEMONA:
La sposa fedel d'Otello

OTELLO:
Giura!
Giura e ti danna. . .

DESDEMONA:
Otello fedel mi crede.

OTELLO:
Impura ti credo.

DESDEMONA:
Iddio m'aiuta!

OTELLO:
Corri alla tua condanna,
di' che sei casta.

DESDEMONA: (fissandolo)
Casta. . .Io son. . .

OTELLO:
Giura e ti danna!

DESDEMONA:
Esterrefatta fisso lo sguardo tuo tremendo,
in te parla una Furia, la sento e non l'intendo.
Mi guarda! il volto e l'anima ti svelo; il core infranto
mi scruta. . .io prego il cielo per te con questo pianto,
per te con queste stille cocenti aspergo il suol.
Guarda le prime lagrime, che da me spreme il duol.

OTELLO:
S'or ti scorge il tuo demone, un angelo ti crede
e non t'afferra.

DESDEMONA: (con energia)
Vede l'Eterno la mia fede!

OTELLO:
No! la vede l'inferno.

DESDEMONA:
La tua giustizia impetro, sposo mio!

OTELLO:
Ah! Desdemona! Indietro! indietro! indietro!

DESDEMONA:
Tu pur piangi?. . .e gemendo freni del cor lo schianto!
E son io l'innocente cagion di tanto pianto!
Qual è il mio fallo?

OTELLO:
E il chiedi?. . .Il più nero delitto
sovra il candido giglio della tua fronte è scritto.

DESDEMONA:
Ahimé!

OTELLO:
Che? non sei forse una vil cortigiana?

DESDEMONA:
Ciel! No. . .no. . .pel battesmo della fede cristiana!

OTELLO:
Che?

DESDEMONA:
Ah!. . .non son ciò che esprime quella parola orrenda.

(Otello mutando d'un tratto l'ira nella più terribile calma dell'ironia, prende Desdemona per mano e la conduce alla porta d'onde entrò)

OTELLO:
Datemi ancor l'eburnea mano, vo' fare ammenda.
(marcato, a voce spiegata) Vi credea
(a voce bassa parlando) (perdonate se il mio pensiero è fallo)
(a voce spiegata) quella vil cortigiana
(cupo e terribile) che è la sposa d'Otello.

(Otello sforza con un'inflessione del braccio, ma senza scomporsi, Desdemona ad escire. Poi ritorna verso il contro della scena nel massimo grado dell'abbattimento)



ATTO TERZO
SCENA III

Otello

OTELLO:
Dio! mi potevi scagliar tutti i mali
della miseria, della vergogna,
far de' miei baldi trofei trionfali
una maceria, una menzogna. . .
E avrei portàto la croce crudel
d'angoscie e d'onte
con calma fronte
e rassegnato al volere del ciel.
Ma, o pianto, o duol! m'han rapito il mirraggio
dov'io, giulivo, l'anima acqueto.
Spento è quel sol, quel sorriso, quel raggio
che mi fa vivo, che mi fa lieto!
Tu alfin, Clemenza, pio genio immortal
dal roseo riso,
copri il tuo viso
santo coll'orrida larva infernal!


ATTO TERZO
SCENA IV

Otello, poi Jago

OTELLO:
Ah! Dannazione!
Pria confessi il delitto e poscia muoia!
Confession! Confession!
La prova!

(entra Jago)

JAGO: (indicando l'ingresso)
Cassio è là!

OTELLO:
Là? Cielo! Oh, gioia!
(con raccapriccio)
Orror! Supplizi immondi!

JAGO:
Ti frena! Ti nascondi!

(conduce rapidamente Otello nel fondo a sinistra dove c'è il vano del verone.; corre verso il fondo del peristilio dove incontra Cassio che esita ad entrare)



ATTO TERZO
SCENA V

Otello nascosto, Jago e Cassio.

JAGO: (a Cassio)
Vieni, l'aula è deserta.
T'inoltra, o Capitano.

CASSIO:
Questo nome d'onor suona ancor vano per me.

JAGO:
Fa cor, la tua causa è in tal mano
che la vittoria è certa.

CASSIO:
Io qui credea di ritrovar Desdemona.

OTELLO: (nascosto)
Ei la nomò!

CASSIO:
Vorrei parlarle ancora,
per saper se la mia grazia è profferta.

JAGO: (gaiamente)
L'attendi. . .
(conducendo Cassio accanto alla prima colonna del peristilio)
E intanto, giacchè non si stanca
mai la tua lingua nelle fole gaie,
narrami un po' di lei che t'innamora.

CASSIO:
Di chi?

JAGO: (sottovoce assai)
Di Bianca

OTELLO:
(Sorride!)

CASSIO:
Baie!

JAGO:
Essa t'avvince coi vaghi rai.

CASSIO:
Rider mi fai.

JAGO:
Ride chi vince.

CASSIO: (ridendo)
In tal disfide, per verità,
vince chi ride - Ah! Ah!

JAGO: (ridendo)
Ah! Ah!

OTELLO: (dal verone)
(L'empio trionfa, il suo scherno m'uccide.
Dio frena l'ansia che in core mi sta!)

CASSIO:
Nel segno hai côlto. Sì, lo confesso.
M'odi. . .

JAGO: (assai sottovoce)
Sommesso parla. T'ascolto.
(Jago conduce Cassio in posto più lontano da Otello)

CASSIO: (molto sottovoce)
Jago, t'è nota la mia dimora. . .
(le parole si perdono)

OTELLO: (avvicinandosi un poco e cautamente per udir le parole)
(Or gli racconta il modo, il luogo e l'ora. . )

CASSIO: (sempre sottovoce)
. . .da mano ignota. . .
(le parole si perdono ancora)

OTELLO:
(Le parole non odo. . .
Lasso! e udir le vorrei! Dove son giunto!)

CASSIO:
. . .un vel trapunto. . .

JAGO: (come sopra)
è strano! è strano!

OTELLO:
(D'avvicinarmi Jago mi fa cenno)
(passa con cautela e si nasconde dietro le colonne)

JAGO: (sottovoce)
Da ignota mano?
(molto forte) Baie!
(fa cenno a Cassio di parlare ancora sottovoce)

CASSIO:
Da senno.
Quanto mi tarda saper chi sia. . .

JAGO:
(guardando rapidamente dalla parte d'Otello - fra sè)
(Otello spia)
(a Cassio ad alta voce) L'hai teco?

CASSIO: (estrae dal giustacuore il fazzoletto di Desdemona)
Guarda.

JAGO:
(prendendo il fazzoletto)
Qual meraviglia!
(a parte) (Otello origlia.
Ei s'avvicina con mosse accorte)
(a Cassio scherzando) Bel cavaliere,
(mettendo le mani dietro la schiena perchè Otello possa osservare il fazzoletto)
nel vostro ostello perdono gli angeli l'aureola e il vel.

OTELLO: (avvicinandosi assai al fazzoletto, dietro le spalle di Jago e nascosta dalla prima colonna)
(è quello! è quello!)
Ruina e morte!

JAGO:
(Origlia Otello)

OTELLO: (a parte sottovoce)
(Tutto è spento! Amore e duol.
L'alma mia nessun più smuova)

JAGO: (a Cassio indicando il fazzoletto)
Questa è una ragna
dove il tuo cuor
casca, si lagna,
s'impiglia e muor.
Troppo l'ammiri,
troppo la guardi;
bada ai deliri
vani e bugiardi.
Questa è una ragna, etc. . .

CASSIO: (guardando il fazzoletto che avrà ritolto a Jago)
Miracolo vago
dell'aspo e dell'ago
che in raggi tramuta
le fila d'un vel,
più bianco, più leve
che fiocco di neve,
che nube tessuta
dall'aure del ciel.

JAGO:
Questa è una ragna
dove il tuo cuor. . .

JAGO:
. . .casca, si lagna,
s'impiglia e muor.
Troppo l'ammiri,
troppo la guardi;
bada ai deliri
vani e bugiardi.
Ah bada,
questa è una ragna
dove il tuo cuor
casca, si lagna,
s'impiglia e muor.

CASSIO:
Miracolo vago. . .
Più bianco, più leve
che fiocco di neve,
che nube tessuta
dalla'aure del ciel.
Miracol, miracolo vago!

OTELLO: (nascosto dietro la colonna e guardando di tratto in tratto il fazzoletto nelle mani di Cassio)
(Tradimento, tradimento, tradimento,
la tua prova, la tua prova
spaventosa mostri al Sol)

CASSIO:
Miracolo vago!

OTELLO:
(Tradimento!)

JAGO: (a Cassio)
Troppo l'ammiri.

OTELLO:
(Tradimento!)

JAGO:
Bada! Bada!
(Trombe interne in Do; ben lontano. Rispondono dal Castello)
Quest'è il segnale che annuncia
l'approdo della trireme veneziana.
(Trombe da altra parte)
Ascolta.
Tutto il castel co'suoi squilli risponde.
Se qui non vuoi con Otello scontrarti,
fuggi.

CASSIO:
Addio.

JAGO:
Va.

(Cassio esce velocemente dal fondo)



ATTO TERZO
SCENA VI

Jago e Otello.

OTELLO: (avvicinandosi a Jago)
Come la ucciderò?

JAGO:
Vedeste ben com'egli ha riso?

OTELLO:
Vidi.

JAGO:
E il fazzoletto?

OTELLO:
Tutto vidi.

CIPRIOTI: (Coro interno)
Evviva! Alla riva!

VOCI LONTANE:
Allo sbarco!

OTELLO:
È condannata.

TUTTI:
Evviva!

OTELLO:
Fa ch'io m'abbia un velen per questa notte.

TUTTI: Evviva il Leon di San Marco!

JAGO:
Il tosco, no - Val meglio soffocarla,
là nel suo letto, là, dove ha peccato.

OTELLO:
Questa giustizia tua mi pace.

JAGO: (a mezza voce)
A Cassio - Jago provvederà.

OTELLO:
Jago, fin d'ora mio Capitano t'eleggo.

JAGO:
Mio Duce, grazie vi rendo.
Ecco gli Ambasciatori.
Li accogliete. Ma ad evitar sospetti,
Desdemona si mostri a quei Messeri.

OTELLO:
Si, qui l'adduci.
(Jago esce dalla porta di sinistra; Otello s'avvia verso il fondo per ricevere gli Ambasciatori)



ATTO TERZO
SCENA VII

Otello, Lodovico, Roderigo, l'Araldo. Dignitari della Repubblica Veneta. Gentiluomini e Dame. Soldati. Trombettieri dal fondo, poi jago con Desdemona ed Emilia dalla sinistra.

TUTTI:
Viva! Evviva!
Viva il Leon di San Marco.
Evviva, evviva! etc. . .

LODOVICO:
(tenendo una pergamena avvoltolata in mano)
Il Doge ed il Senato
salutano l'eroe trionfatore
di Cipro. Io reco nelle vostre mani
il messaggio dogale.

OTELLO: (prendendo il messaggio e baciando il suggello)
Io bacio il segno della Sovrana Maestà.
(poi lo spiega e legge)

LODOVICO: (avvicinandosi a Desdemona)
Madonna,
v'abbia il ciel in sua guardia.

DESDEMONA:
E il ciel v'ascolti.

EMILIA: (a Desdemona, a parte)
(Come sei mesta!)

DESDEMONA: (ad Emilia, a parte)
(Emilia, una gran nube
turba il senno d'Otello e il mio destino)

JAGO: (a Lodovico)
Messere, son lieto di vedervi.

LODOVICO: (Si sarà formato un crocchio tra Desdemona, Lodovico e Jago)
Jago, quali nuove?. . .ma in mezzo a voi
non trovo Cassio.

JAGO:
Con lui crucciato è Otello.

DESDEMONA:
Credo che in grazia tornerà.

OTELLO: (sempre in atto di leggere. A Desdemona rapidamente)
Ne siete certa?

DESDEMONA:
Che dite?

LODOVICO:
Ei legge, non vi parla.

JAGO:
Forse che in grazia tornerà.

DESDEMONA:
Jago, lo spero;
sai se un verace affetto io porti a Cassio. . .

OTELLO: (sempre in atto di leggere, ma febbrilmente a Desdemona, sottovoce)
Frenate dunque le labbra loquaci. . .

DESDEMONA:
Perdonate, signor. . .

OTELLO: (avventandosi contro Desdemona)
Demonio, taci!

LODOVICO: (arrestando il gesto d'Otello)
Ferma!

TUTTI:
Orrore! Orrore!

LODOVICO:
La mente mia non osa
pensar ch'io vidi il vero.

OTELLO: (all'Araldo, con accento imperioso)
A me Cassio!

JAGO: (ad Otello a bassa voce)
(Che tenti?)

(l'Araldo esce)

OTELLO: (a Jago sottovoce)
(Guardala mentre ei giunge)

GENTILUOMINI:
Ah! triste sposa!

LODOVICO: (si avvicina a Jago e gli dice a parte)
Quest'è dunque l'eroe? quest'è il querriero
dai sublimi ardimenti?

JAGO:
È quel ch'egli è.

LODOVICO:
Palesa il tuo pensiero.

JAGO:
Meglio è tener su ciò la lingua muta.



ATTO TERZO
SCENA VIII

Cassio seguito dall'Araldo e detti.

OTELLO: (che avrà sempre fissato la porta)
(Eccolo!
(appare Cassio)
è lui! (a Jago) nell'animo lo scruta)
(ad alta voce a tutti) Messeri! Il Doge. . .
(a parte a Desdemona) (ben tu fingi il pianto)
(ad alta voce a tutti). . .mi richiama a Venezia. . .

RODERIGO:
(Infida sorte!)

OTELLO:
. . .e in Cipro elegge
mio successor colui che stava accanto
al mio vessillo, Cassio.

JAGO: (fieramente e sorpreso)
(Inferno e morte!)

OTELLO: (continuando e mostrando la pergamena)
La parola Ducale è nostra legge.

CASSIO: (inchinandosi ad Otello)
Obbedirò.

OTELLO: (rapidamente a Jago ed accennando a Cassio)
(Vedi?. . . non par che esulti l'infame?)

JAGO: (risponde a Otello)
(No)

OTELLO: (ancora ad alta voce a tutti)
La ciurma e la coorte. . .
(sottovoce a Desdemona) (Continua i tuoi singulti. . )
(a tutti) . . .e le navi e il castello
lascio in poter del nuovo Duce.

LODOVICO: (additando Desdemona che s'avvicina supplichevole)
Otello, per pietà la conforta o il cor le infrangi.

OTELLO: (a Lodovico e Desdemona)
Noi salperem domani.
(afferra Desdemona furiosamente)
(a Desdemona) A terra!. . .e piangi!
(Desdemona cade. Otello avrà, nel suo gesto terribile, gettata la pergamena al suolo, e Jago la raccoglie e legge di nascosto. Emilia e Lodovico sollevano pietosamente Desdemona)

DESDEMONA:
A terra!. . .sì. . .nel livido
fango. . .percossa. . .io giacio. . .
piango. . .m'agghiaccia il brivido
dell'anima che muor.
E un dì sul mio sorriso
fioria la speme e il bacio,
ed or. . .l'angoscia in viso
e l'agonia nel cor.
Quel Sol sereno e vivido
che allieta il cielo e il mare
non può asciugar le amare
stille del mio dolor.

EMILIA:
(Quell 'innocente un fremito
d'odio non ha né un gesto,
trattiene in petto il gemito
con doloroso fren.
La lagrima si frange
muta sul volto mesto;
no, chi per lei non piange
non ha pietade in sen)

CASSIO:
(L'ora è fatal! un fulmine
sul mio cammin l'addita.
Già di mia sorte il culmine
s'offre all'inerte man
L'ebbra fortuna incalza
la fuga della vita.
Questa che al ciel m'innalza
è un'onda d'uragan)

RODERIGO:
(Per me s'oscura il mondo,
s'annuvola il destin,
l'angiol soave e biondo
scompar dal mio cammin)

LODOVICO:
(Egli la man funerea
scuote anelando d'ira,
essa la faccia eterea
volge piangendo al ciel.
Nel contemplar quel pianto
la carità sospira,
e un tenero compianto
stempra del core il gel)

DESDEMONA:
E un dì sul mio sorriso
fioria la speme e il bacio,
ed or. . .l'angoscia in viso
e l'agonia nel cor.
A terra. . .nel fango. . .
percossa. . .io giacio. . .
m'agghiaccia il brivido
dell'anima che muor. . .

DAME:
Pietà! Pietà! Pietà!
Ansia mortale, bieca,
ne ingombra, anime assorte in lungo orror.
Vista crudel!
Ei la colpi! Quel viso santo, pallido,
blando, si china e tace e piange e muor.
Piangon così nel ciel lor pianto gli angeli
quando perduto giace il peccator.

CAVALIERI:
Mistero! Mistero! Mistero!
Quell'uomo nero è sepolcrale, e cieca
un'ombra è in lui di morte e di terror!
Strazia coll'ugna l'orrido
petto! Gli sguardi figge immoti al suol.
Poi sfida il ciel coll'atre pugna, l'ispido
aspetto ergendo ai dardi alti del Sol.

JAGO: (avvicinandosi a Otello che si sarà accasciato su d'una sedia)
(Una parola)

OTELLO:
(E che?)

JAGO:
(T'affretta! Rapido
slancia la tua vendetta! Il tempo vola).

OTELLO:
(Ben parli).

JAGO:
(È l'ira inutil ciancia. Scuotiti!
All'opra ergi tua mira! All'opra sola!
Io penso a Cassio. Ei le sue trame espia.
L'infame anima ria l'averno inghiotte!)

OTELLO:
(Chi gliela svelle?)

JAGO:
(Io).

OTELLO:
(Tu?)

JAGO:
(Giurai).

OTELLO:
(Tal sia)

JAGO:
(Tu avrai le sue novelle questa notte)

JAGO: (ironicamente a Roderigo)
(I sogni tuoi saranno in mar domani
e tu sull'aspra terra).

RODERIGO: (a Jago)
(Ahi triste!)

JAGO:
(Ahi stolto! stolto!
Se vuoi, tu puoi sperar; gli umani,
orsù! cimenti afferra, e m'odi).

RODERIGO:
(T'ascolta).

JAGO:
(Col primo albor salpa il vascello.
Or Cassio è il Duce.
Eppur se avvien che a questi (toccando la spada) accada
sventura - allor qui resta Otello).

RODERIGO:
(Lugubre luce d'atro balen!)

JAGO:
(Mano alla spada!
A notte folta io la sua traccia vigilo,
e il varco e l'ora scruto; il resto a te.
Sarò tuo scolta. A caccia! a caccia!
Cingiti l'arco!)

RODERIGO:
(Sì! t'ho venduto onore e fe').

JAGO: (a sé stesso)
(Corri al miraggio! Il fragile tuo senno
ha già confuso un sogno menzogner.
Segui l'astuto ed agile mio cenno,
amante illuso, io seguo il mio pensier)

RODERIGO: (a sé stesso)
(Il dado è tratto! Impavido t'attendo,
ultima sorte, occulto mio destin.
Mi sprona amor, ma un avido, tremendo
astro di morte infesta il mio cammin)

OTELLO: (ergendosi e rivolto alla folla, terribilmente)
Fuggite!

TUTTI:
Ciel!

OTELLO: (slanciandosi contro la folla)
Tutti fuggite Otello!

JAGO: (a tutti)
Lo assale una malìa
che d'ogni senso il priva.

OTELLO: (con forza)
Chi non si scosta è contro me rubello.
(Desdemona sciogliendosi da Lodovico e accorrendo verso Otello)

LODOVICO:
(fa per trascinare lontano Desdemona)
Mi segui.

CIPRIOTI: (di dentro)
Evviva!

DESDEMONA:
Mio sposo!

OTELLO: (terribile a Desdemona)
Anima mia, ti maledico!

TUTTI:
Orror!

(Desdemona, fra Emilia e Lodovico, esce. Tutti escono inorriditi)



ATTO TERZO
SCENA IX

Otello e Jago, soli.

OTELLO:
Fuggirmi io sol non so! Sangue
Ah! l'abbietto pensiero! "Ciò m'accora!"
Vederli insieme avvinti. . .
il fazzoletto! il fazzoletto! il fazzoletto!
Ah! Ah! Ah! (sviene)

(Fanfara interna)

JAGO:
(Il mio velen lavora)

CIPRIOTI: (interno)
Viva Otello!

JAGO:
L'eco della vittoria. . .

CIPRIOTI: (interno)
Evviva, viva!

JAGO:
. . .porge sua laude estrema.
(osserva Otello disteso a terra tramortito)

CIPRIOTI: (interno)
Evviva!

JAGO:
Chi può vietar che questa fronte prema
Col mio tallone?

CIPRIOTI: (interno e più vicino)
Evviva! Evviva Otello!
Gloria al Leon di Venezia!

JAGO:
(ritto e con gesto d'orrendo trionfo, indicando il corpo inerte d'Otello)
Ecco il Leone!

CIPRIOTI:
Viva! Viva! Viva Otello!


ATTO QUARTO
SCENA I

La Camera di Desdemona. Letto, inginocchiatoio, tavolo, specchio, sedie. Una lampada arde appesa davanti all'immagine della Madonna che sta al disopra dell'inginocchiatoio. Porta a destra. Un lume acceso sul tavolo. È notte.

Desdemona ed Emilia

EMILIA:
Era più calmo?

DESDEMONA:
Mi parea. M'ingiunse
di coricarmi e d'attenderlo. Emilia,
te ne prego, distendi sul mio letto
la mia candida veste nuziale.
(Emilia eseguisce)
Senti. Se pria di te morir dovessi
mi seppellisci con un di quei veli.

EMILIA:
Scacciate queste idee.

DESDEMONA: (sedendo macchinalmente davanti allo specchio)
Son mesta, tanto, tanto.
Mia madre aveva una povera ancella,
innamorata e bella.
Era il suo nome
Barbara. Amava
un uom che poi l'abbandonò; cantava
un canzone: la canzon del Salice.
(Ad Emilia)
Mi disciogli le chiome. . .
Io questa sera ho la memoria piena
di quella cantilena. . .
Piangea cantando
nell'erma landa,
piangea la mesta. . .
O Salce! Salce! Salce!
Sedea chinando
sul sen la testa!
Salce! Salce! Salce!
Cantiamo! Cantiamo! il Salce funebre
sarà la mia ghirlanda.

(ad Emilia) Affrettati; fra poco giunge Otello.

Scorreano i rivi fra le zolle in fior,
gemea quel core affranto,
e dalle ciglia le sgorgava il cor
l'amara onda del pianto.
Salce! Salce! Salce!
Cantiamo! Cantiamo! Il Salce funebre
sarà la mia ghirlanda.
Scendean 'augelli a vol dai rami cupi
verso quel dolce canto.
E gli occhi suoi piangean tanto, tanto,
da impietosir le rupi.

(a Emilia, levandosi un anello dal dito) Riponi quest'anello.
(alzandosi) Povera Barbara! Solea la storia
con questo semplice suono finir:
Egli era nato per la sua gloria,
io per amar. . .

(ad Emilia) Ascolta.
(Emilia fa qualche passo) Odo un lamento.
Taci. Chi batte a quella porta?

EMILIA:
È il vento.

DESDEMONA:
Io per amarlo e per morir. . .
Cantiamo! Cantiamo!
Salce! Salce! Salce!
Emilia, addio. Come m'ardon le ciglia!
è presagio di pianto. Buona notte.
(Emilia si volge per partire)
Ah! Emilia, Emilia,
(Emilia ritorna e Desdemona l'abbraccia)
Addio, Emilia, addio!

(Emilia esce)




ATTO QUARTO
SCENA II

Desdemona sola.

DESDEMONA: (va all'inginocchiatoio)
Ave Maria, piena di grazia, eletta
fra le spose e le vergini sei tu,
sia benedetto il frutto, o benedetta,
di tue materne viscere, Gesù.
Prega per chi adorando a te si prostra,
prega nel peccator, per l'innocente,
e pel debole oppresso e pel possente,
misero anch'esso, tua pietà dimostra.
Prega per chi sotto l'oltraggio piega
la fronte e sotto la malvagia sorte;
per noi, per noi tu prega, prega
sempre e nell'ora della morte nostra,
prega per noi, prega per noi, prega.

(Resta ancora inginocchiata e appoggiando la fronte sull'inginocchiato io ripete mentalmente l'orazione di cui non s'odono che le prime e le ultime parole)

Ave Maria. . .
nell'ora della morte.
Ave!. . .Amen!

(Si alza e va a coricasi)


ATTO QUARTO
SCENA III

Desdemona e Otello.

Otello entra da una porta segreta, depone una scimitarra sul tavolo, s'arresta davanti alla face, titubante se spegnerla o no. Guarda Desdemona. Spegne la face. La scena resta rischiarata dal solo lume dell'inginocchiatoio. Otello, spinto da un impeto di furore, s'avvicina al letto, ma là s'arresta. Contempla Desdemona che dorme. la bacia tre volte. All'ultimo bacio Desdemona si desta).

DESDEMONA: (si alza)
Chi è là? Otello?

OTELLO:
Sì! Diceste questa sera le vostre preci?

DESDEMONA:
Orai. . .

OTELLO:
Se vi sovviene
di qualche colpa commessa che attenda
grazia dal ciel, imploratela tosto.

DESDEMONA:
Perché?

OTELLO:
T'affretta. Uccidere non voglio
l'anima tua.

DESDEMONA:
D'uccider parli?

OTELLO:
Sì.

DESDEMONA:
Pietà di me, mio Dio!

OTELLO:
Amen.

DESDEMONA:
E abbiate pietà voi pure.

OTELLO:
Pensa ai tuoi peccati.

DESDEMONA:
Mio peccato è l'amor.

OTELLO:
Perciò tu muori.

DESDEMONA:
E perché t'amo m'uccidi?

OTELLO:
Ami Cassio.

DESDEMONA:
No! sull'anima mia!

OTELLO:
Quel fazzoletto ch'io ti donai gli desti.

DESDEMONA:
Non è vero.

OTELLO:
Nella sua man lo vidi.

DESDEMONA:
Io rea non sono!

OTELLO:
Confessa!

DESDEMONA:
Giuro!

OTELLO:
Bada allo spergiuro. . .
Pensa che sei sul tuo letto di morte.

DESDEMONA:
Non per morir.

OTELLO:
Per morir tosto.

DESDEMONA:
Aita!
Cassio non amo. . .ch'ei qui venga. . .ei parli.

OTELLO:
Muto è per sempre.

DESDEMONA:
Cielo! Morto?

OTELLO: (freddo)
Morto.

DESDEMONA:
Son perduta! ei tradito!

OTELLO: (con forza)
E pianger l'osi?

DESDEMONA:
Otello. . .non uccidermi. . .

OTELLO:
Tu invano ti difendi.

DESDEMONA:
Ch'io viva ancor. . .ch'io viva ancor. . .
ch'io viva ancor. . .

OTELLO:
Giù! cadi, giù, cadi, prostituta. . .

DESDEMONA:
Pietà!

OTELLO:
Muori!!

DESDEMONA:
Ch'io viva questa notte. . .

OTELLO:
No!

DESDEMONA:
Un'ora. . .

OTELLO:
No!

DESDEMONA:
Un istante. . .

OTELLO:
No!

DESDEMONA:
Sol ch'io dica un'Ave.

OTELLO:
È tardi!

(La soffoca. un grido di Desdemona. S'ode bussare alla porta)

OTELLO: (contemplando il corpo di Desdemona inerte)
Calma come la tomba.

EMILIA: (picchia di nuovo)
Aprite! Aprite!

OTELLO: (trabalzando)
Chi è là? Chi batte?

EMILIA:
Signor mio. . .ven prego, lasciate
ch'io vi parli. . .Aprite!

OTELLO: (aprendo)
Emilia! che avvenne?

EMILIA:
(entrando)
Un gran delitto! Cassio uccise Roderigo.

OTELLO:
E Cassio?

EMILIA:
Vive.

OTELLO:
Cassio vive!

DESDEMONA: (dal letto)
Ingiustamente. . .uccisa ingiustamente. . .

EMILIA: (accorrendo al letto)
Chi geme là?. . .Orror!

DESDEMONA:
Muoio innocente. . .

EMILIA:
Gran Dio!. . .Chi fu? chi fu?

DESDEMONA:
Nessuno. . .io stessa. . .Al mio
Signor mi raccomanda. . .muoio innocente. . .
Addio.
(muore)

OTELLO:
O mentitrice! io l'uccisi.

EMILIA:
Assassino!

OTELLO:
Fu di Cassio la druda. A Jago il chiedi.

EMILIA:
A Jago?

OTELLO:
A Jago.

EMILIA:
Stolto!! E tu il credesti?

OTELLO: (fa per avventarsi contro Emilia)
Negarlo ardisci?

EMILIA:
Non ti temo.

OTELLO: (la afferra)
Bada!

EMILIA:
Olà! Soccorso! Aiuto!
(si svincola e corre verso la porta, gridando disperatamente)
Otello uccise Desdemona!



ATTO QUARTO
SCENA IV

Otello, Emilia, Lodovico, Cassio e Jago, più tardi Montano con gente armata

CASSIO, JAGO, LODOVICO: (vedendo Desdemona)
Quai grida!
Orrore! Orror!

EMILIA: (a Jago)
Jago, smentisci quel vile assassino.
Hai tu creduto Desdemona infida?
Parla!

JAGO:
Tal la credea.

OTELLO:
Quel fazzoletto che un dì le diedi,
a Cassio essa donava.

EMILIA:
O potenza divina!

JAGO: (ad Emilia)
Taci!

EMILIA:
No, tutto rivelo!

JAGO:
Taci!

EMILIA:
No! Costui
dalla mia man quel fazzoletto svelse
a viva forza.

CASSIO:
E nella mia dimora
trovai quel vel.

MONTANO: (Entrando ed indicando Jago)
Rodrigo morente mi svelò di quest'uom l'arti nefande.

OTELLO: (a Jago)
Ah! discolpati!

JAGO: (fuggendo)
No!

LODOVICO:
Ferma!

MONTANO:
S'insegua.

CASSIO, LODOVICO:
Afferratelo!

(alcuni escono inseguendo Jago)

OTELLO: (slanciandosi per afferrar la spada)
E il ciel non ha più fulmini?

LODOVICO:
La spada a me!

OTELLO:
Tant'osi?. . .
Niun mi tema
s'anco armato mi vede. Ecco la fine
del mio camin. . .Oh! Gloria! Otello fu.
(Lascia cadere la spada. Va presso al letto, contemplando Desdemona)
E tu. . .come sei pallida! e stanca, e muta, e bella,
pia creatura nata sotto maligna stella.
Fredda come la casta tua vita. . .
e in cielo assorta.
Desdemona! Desdemona!. . .Ah. . .morta! morta! morta!. . .
(estraendo furtivamente dalle vesti un pugnale)
Ho un'arma ancor! (si ferisce)

CASSIO:
Ah! ferma!

LODOVICO, MONTANO:
Sciagurato!

OTELLO:
Pria d'ucciderti. . .sposa. . .ti baciai.
Or morendo. . .nell'ombra. . .
in cui mi giacio. . .
Un bacio. . .un bacio ancora. . .ah!. . .un altro bacio. . .
(muore)

FINE


Omaggio a Verdi nel 100° anniversario della scomparsa

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