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28/11/2002 Pag. 56

Venerdì al Teatro Verdi di Cassolnovo sarà in scena la Compagnia Dialettale Felice Musazzi che ripropone i classici del "papà" dei Legnanesi.
Teresa a Mabilia show in famiglia
 

Un classico dei Legananesi, "Teresa e Mabilia, show in famiglia" è in programma al Teatro Verdi di Cassolnovo per venerdì prossimo, 29 novembre, ore 21.30. Per la stagione teatrale 2002/2003 organizzata dall'Associazione Callerio arriva la compagnia dialettale legnanese "Felice Musazzi".
A tal proposito c'è da spendere una parola su questa compagnia che non è la stessa che ha recentemente debuttato a Vigevano e che tornerà presto in scena a Novara. Si tratta degli "eredi" del grande attore legnanese che presenteranno lo spettacolo "Teresa e Mabilia, show in famiglia", la cui regia è affidata ad Antonio Provasio, capocomico, le scenografie e i costumi sono invece firmati da Enrico Dalceri. La storia, scritta da Felice Musazzi e rivisitata da Antonio Provasio, è semplice e divertente come sempre.
L'appuntamento è da non perdere, visto che i testi dello spettacolo provengono direttamente dal repertorio dello stesso Felice Musazzi e di Provasio. Questa compagnia si propone di mettere in scena le riviste originali, riservandosi solo di attualizzarle, ma mantenendo l'esatto canovaccio originale. Un proposito che ha accolto il favore della famiglia del noto artista legnanese morto nel 1989 che ha garantito oltre al nome, la memoria storica e la consulenza per le riprese delle riviste scritte in oltre quarant'anni di attività. Tra i grandi successi che hanno riproposto nelle scorse stagioni figurano "Và là batel…ca sem sù tutti", spettacolo, che ebbe un notevole successo al Teatro Odeon nel 1958 e "Il cortile dei miracoli", presentato nella stagione 2001/2002 in più di ottanta teatri della Lombardia e del Piemonte. L'attuale Teresa è Antonio Provasio che per nove anni ha recitato con Musazzi, imparando direttamente dal grande artista a muoversi sul palco e a calarsi nel personaggio. L'antagonista della Teresa, l'antipatica Chetta, è portata in scena da Alberto Destrieri, accanto a loro Luigi Campisi e Enrico Dalcerri. Risate, risate, risate e' questa la promessa che la Compagnia dialettale legnanese "Felice Musazzi" fa al pubblico del suo nuovo spettacolo. Ingresso 15 €, per la prevendita dei biglietti occorre rivolgersi a "Bacco, tabacco &" via San Bartolomeo Cassolnovo o direttamente in teatro nelle sere di apertura. Email info@assocallerio.it

Mario Mainino

 

La Compagnia Dialettale Legnanese  "Felice Musazzi"
con Antonio Provasio, Enrico Dalceri e Gigi Campisi
in
Teresa e Mabilia Show in Famiglia
Commedia Dialettale in due tempi
Testi di Felice Musazzi e Antonio Provasio
Regia di Antonio Provasio

La Compagnia dialettale "Felice Musazzi" nasce sulla scia de "I Legnanesi", la famosa compagine nata presso l'oratorio di Legnarello, nel 1949. Il suo intento è di continuare il percorso tracciato da Felice Musazzi, facendo conoscere ai giovani i più grandi successi del loro ispiratore.


Da oltre quarant'anni sulla scena, la compagnia de I Legnanesi continua a mietere successi. Il suo fondatore e anima, Felice Musazzi, morto nel 1989, ci aveva creduto fin dagli esordi. Nell'immediato Secondo dopoguerra, reduce da una lunga prigionia in Ucraina, decise di rimettere in piedi la filodrammatica San Genesio, che si esibiva negli oratori di Legnano. Felice Musazzi mette in scena così le prime riviste e per aggirare un'ordinanza del Cardinale Schuster, che vietava alle compagnie miste di recitare negli oratori, elabora la formula del travestimento che gli porterà tanta fortuna.  Fatta le legge, scoperto l'inganno.

Le cose andarono bene fin dalla prima rappresentazione, datata 8 dicembre 1949 e intitolata "E un dì nacque Legnarello". Il travestimento dona allo spettacolo un'irresistibile vis comica, senza scadere nella volgarità e il pubblico gli tributa subito un grande successo. La compagnia prende il nome di "Dialettale i Legnanesi" e nel 1958 arriva il grande salto: la compagnia debutta all'Odeon di Milano con un successo inaspettato e travolgente, sia di pubblico che di critica.

Nel 1970 "I Legnanesi" approdano alla capitale, al Teatro Sistina . Nel 1986 all'apice del successo, muore Toni Barlocco che impersona il ruolo chiave di Mabilia, un brutto colpo per la compagnia e per Felice Musazzi. Il leader e fondatore sembra voler rinunciare alla scena, ma si ripresenta nel 1987 con "La scala è mobile", rivista dove la Teresa spiega al pubblico che Mabilia è partita per trovare fortuna nel Nuovo Continente.

In quarant'anni "I Legnanesi" portano in scena 28 riviste, con una media di trecento repliche per ciascuna. Una grave malattia non gli permetterà di seguire la sua ultima rivista, "Va là tramvai". Musazzi muore nella sua casa di Legnano il 4 agosto del 1989.


Ringhiere che si arrotolano sui ballatoi, scale consunte dal saliscendi di generazioni ogni porta un stanza, che vive con te. Il cortile: la catasta dei povercrist sopravissuto alle guerre, alle carestie, alle immigrazioni, alle industrie.
Il cortile: lo spazio vuoto, che è la camera più grande dove si vivono stagioni intere, anni, generazioni, secoli, nascite, amori e corna, gioie angosciose nozze e funerali, sorrisi e miracoli. Tutto. Fuori dal portone il muro di cinta lungo lungo di uno stabilimento, oltre la strada un altro muro di mattoni rossi, dietro un muro un altro muro che divide in due i reparti della filanda. Dopo i reparti, una strada ma stretta stretta con altri portoni, nuovi cortili e muri.
Muri di cinta, una fabbrica metalmeccanica ancora muri e case, un condominio di sei piani che già chiamano il grattacielo, e poi la nostra città finisce qui.
Un po' di campagna non ancora cancellata dalle strade prima di un altro muro un'altra città. Piramidi di sabbia e mattoni, molti vetri niente aria. Adesso sono arrivati i condomini e non ricordi più nulla tutto è cancellato.
Hanno distrutto le parole, le liti, le lenzuola sul filo di ferro, le pozzanghere, la ruggine degli scorrimani. Ma noi abbiamo resistito. La ringhiera ci corre nell'anima. Riflettori, prego: È di scena il cortile lombardo.


Felice Musazzi: una vita per il teatro "I Legnanesi"
(articolo di Ennio Flaiano - lettera di Federico Fellini )

Nato a San Lorenzo di Parabiago il 10 gennaio 1921, Musazzi si trasferi' a Legnano da bambino, quando a bordo di una carretta partecipo' al trasloco della sua famiglia nel cortile di via Lampugnani che tanto avrebbe influito sul suo modo di interpretare l'allegria ed i problemi della povera gente.
Come la maggior parte dei legnanesi che non navigavano nell'oro una volta terminate le scuole medie Musazzi venne assunto come metalmeccanico alla Franco Tosi, ma a metà degli anni '30 la sua passione per il teatro lo spinse per la prima volta a salire sul palcoscenico. All'inizio furono particine filodrammatiche all'oratorio di Cerro Maggiore, poi la guerra spedi' Musazzi sul fronte russo, da dove tornò nel '46 dopo anni di prigionia in Ucraina. Fin dal suo rientro il legnanese ricominciò a recitare: i primi successi servirono da incoraggiamento, e cosi' Musazzi decise di impegnarsi nella ricostituzione della filodrammatica San Genesio dell'oratorio di Legnarello.
Qui inauguro' la formula che lo rese famoso. Sul palco dell'oratorio mise in scena le prime riviste: le scene erano ambientate in fabbriche o cortili, e i personaggi comunicavano tra loro esclusivamente in dialetto legnanese.
Il quadro fu completato da un'ordinanza del Cardinale Schuster: l'allora arcivescovo della diocesi di Milano aveva vietato alle compagnie "miste" di recitare negli oratori parrocchiali, e cosi' Musazzi ebbe la felice intuizione di aggirare il divieto assegnando agli uomini della compagnia anche le parti femminili. Il travestimento accentuo' l'effetto comico, e l'8 dicembre 1949 la rinata Filodrammatica presento' il suo primo spettacolo, intitolato "E un di' nacque Legnarello".
La formula ideata da Musazzi piacque subito al pubblico, e presto la compagnia prese il nome di "Dialettale I Legnanesi". Nel '58 la settima rivista, "Va là batel ca sem su tuti", segno' una svolta definitiva: "I Legnanesi" debuttarono all'Odeon di Milano e il successo fu travolgente, tanto che la critica giudico' la compagnia di Musazzi "un fenomeno senza precedenti". Gli impegni nei teatri del capoluogo si moltiplicarono, e nel '66 la Famiglia Legnanese conferi' al capocomico la sua Tessera d'oro.
Nel '70 "I Legnanesi", che continuavano a considerarsi dei dilettanti, debuttarono al Sistina di Roma, ma nell' 86, quando la popolarità era al culmine, Tony Barlocco (che sul palco impersonava la "Mabilia"), mori' dopo una lunga malattia: Musazzi sembro' voler rinunciare al teatro, ma alla fine cedette al richiamo della ribalta. Cosi' nell' 87 con "La scala è mobile" la Teresa spiegò che Mabilia era partita per l' America. In quarant'anni "I Legnanesi" avevano portato in scena 27 riviste, con una media di trecento repliche ciascuna. Musazzi mori' nella sua casa di Legnano il 4 agosto del 1989, dopo che la malattia lo aveva costretto a rinunciare a seguire di persona le prove della sua ultima rivista, "Va là tramvai".

Per 40 anni, con la famosa maschera di Teresa, è stato interprete del teatro dialettale legnanese, interpretando la vita della gente umile delle case di ringhiera.
Un riconoscimento era d' obbligo: Legnano non poteva continuare a cantare le lodi di un artista come Felice Musazzi senza onorarne la memoria con un gesto tangibile. Ecco allora l'idea di un monumento in bronzo, un simbolo capace di racchiudere in sè tutta la forza espressiva della "Teresa" e al tempo stesso di fissarne nel tempo il ricordo.

Del teatro dialettale Felice Musazzi fu l'inventore.

da "La Martinella" n° 0 - periodico della famiglia legnanese - autore: Luigi Crespi

http://www.retecivica.legnano.mi.it/reteciv/martinella/Articoli/musazzi2.htm


MISS ABBIATEGRASSO, VENTIMILA LEGHE SOTTO IL NAVIGLIO


di Ennio Flaiano
(Da: L'Europeo, 7 giugno 1964)
Un accenno di Alberto Arbasino (Tempo Presente, numero di maggio) alla compagnia legnanese di Felice Musazzi, ci porta al cinema Alcione, immenso e grigio, per vedere all'opera questo "complesso brechtiano-popolare" che da anni miete in Lombardia un successo cosi inevitabile e familiare da essere accettato come un servizio pubblico.
I componenti di questa compagnia sono tutti di Legnano, operai e impiegati che hanno un lavoro regolare e la sera si ritrovano in una loro rivista a puntate che ha per titolo Va la batèl.

Dalla cortesia di uno spettatore poiché, oltre Arbasino, non mi risulta che questo complesso abbia i suoi esegeti o storici, vengo a sapere che l'autoreattoredirettore della compagnia prepara ogni anno nuove avventure per i suoi personaggi e che tra poco avremo un Va là batèl di notte, che cercheremo di non perdere.
Questi personaggi di Musazzi, sempre gli stessi, portano sul palcoscenico un loro mondo di miserie, di ambizioni, di intrighi, di gelosie, un mondo popolare, comico per eccesso di verità, una specie di ventimila leghe sotto il Naviglio, dove tutto, una visita al teatro della Scala, una gita sul Lago Maggiore, un matrimonio di campagna, persino una parodia della Madama Butterfly, diventa pretesto di un'osservazione non pungente nè satirica, ma disarmata e anche melanconica della realtà.

Siamo, tanto per intenderci, su un piano preletterario, di semplice caricatura, ma che esprime una visione naturale della vita.
La trovata, a tutta prima maliziosa, di questo complesso è che le parti femminili sono svolte anche esse da uomini, ma questa sarebbe una trovata da carnevale, una mascherata, se i personaggi non esprimessero alla fine dei caratteri ben precisi, di una civiltà non volgare, se questo travestimento non risultasse una scorciatoia teatrale per arrivare ad un'autenticità buffonesca e dimenticata.

Tutta la vicenda di Va là batel s'impernia su di una famiglia incallita nella filosofia della miseria, la famiglia Colombo, che abita qualche parte della Bassa. C'è la signora Teresa, che da giovane ha fatto le sue prove e ora sorveglia la figliola Mabilia, disillusa playgirl di paese, che cambia parrucca ogni cinque minuti, accetta la corte del suo principale e diventa infine Miss Abbiategrasso.
C'è naturalmente il pater familias, il signor Giovanni, eternamente sbronzo e inascoltato, c'è la cognata, ladruncola, c'è il coro dei casigliani, come nelle vignette di Dubout, c'è la grande antagonista, l'Enrichetta, la vicina di casa oscurata da Mabilia, sempre in lotta per emergere, umiliata e offesa, carica di amore non corrisposto per tutti, che soltanto nell'esaltazione della solitudine trova la forza di credersi bella e desiderata.

Gettati in uno spettacolo musicale tirato via senza pretese, questi personaggi conservano la loro forza, fanno pensare a certi ambienti di Testori, a certi caratteri di Franca Valeri, ma è chiaro che essi si servono della realtà quotidiana, osservata con la sfrenata allegria dei diseredati.
E ogni tanto il ricordo sale più in alto, fino a Carlo Porta, alla miseria che entra finalmente nella letteratura europea, già prima di Gogol. A raccontare le battute, gli stupori, le situazioni in cui si caccia questa famiglia Colombo non si finirebbe mai. Immaginatevi, per esempio, il ritorno a casa in motocicletta della signora Teresa e di sua figlia Mabilia, eletta "miss" poche ore prima.

Mabilia è di già ripiombata nella sua frivola apatia, e che cosa ha fatto la signora Teresa alla festa, mentre la figlia foileggiava? Si scopre che ha raccolto i turaccioli delle bottiglie di spumante, che in casa possono sempre servire.
Ora il ritorno è triste, la vita riprende la sua routine. O immaginatevi le nozze di Mabilia, che si sposa senza amore, forse perché "i suoi morti hanno aperto gli occhi" e hanno deciso di sistemarla: che si ha un bel folleggiare ma un marito ci vuole.
E immaginatevi infine la stupenda scena delle nozze, con quella signora Teresa che "ha fatto il bagno" e con l'invidiosa e trascurata Enrichetta che ha riempito il cortile di panni stesi per declassarlo agli occhi degli invitati. Vogliamo dire che dallo spettacolo si ricava insomma una commedia.

Ma la buona fede dell'autore, il suo senso naturale e "attuale" dello spettacolo hanno salvato dalle tristezze del teatro dialettale questi personaggi mettendoli a puntate in una rivistona sgangherata e stupefacente, che è proprio lo schema in cui certe stravaganze, certi modi popolari possono oggi esprimersi fuori del compiacimento letterario, seppure allo stato brado.

http://www.retecivica.legnano.mi.it/reteciv/martinella/Articoli/flaiano.htm

 


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