Programma:
Stagione Sinfonica 2017/18
Rossini, Wagner, Sostakovic: due secoli di gloria Venerdì 18 e
Domenica 20 Maggio
Oleg Caetani al secondo appuntamento con laVerdi tra fulgore, energia
e potenza musicale
Richard Wagner Siegfrieds Rheinfahrt da "Gotterdämmerung"
Gioachino Rossini Ouverture da "Guglielmo Tell"
Dmitrij Šostakovič Sinfonia n. 15 in La maggiore op. 141
Dopo la performance dello scorso ottobre, con la
prima esecuzione italiana della Cantata per il XX anniversario della
Rivoluzione d’Ottobre di Prokof’ev, a 100 anni dagli accadimenti che
portarono alla nascita dell’Unione Sovietica, Oleg Caetani torna alla
guida dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi per la sua
seconda e ultima direzione in stagione, con un programma che racchiude
due secoli di storia musicale, tra Ottocento e Novecento, attraverso
tre grandi di ogni tempo.
Venerdì 18 (ore 20.00) e domenica 20 maggio (ore 16.00),
all’Auditorium di Milano, in largo Mahler, la locandina si snoda tra
Rossini (Ouverture da Guglielmo Tell), Wagner (Siegfrieds Rheinfahrt,
da Götterdämmerung, Il crepuscolo degli dei), per chiudere con
Sostakovic (Sinfonia n. 15). Dopo aver attraversato le più travagliate
avventure musicali del Novecento, Sostakovic si congeda dalla forma
sinfonica con quest’ultima composizione, brillante omaggio al XIX
secolo. Dall’incontenibile energia rossiniana alla maestosità
wagneriana, la Sinfonia n. 15 unisce così due opposti protagonisti
dell’Ottocento in un gioco di reminescenze e citazioni, per un
estremo, definitivo saluto al mondo della musica.
Wagner Götterdämmerung, Il crepuscolo degli dei
Se si considera il 1848 come l’anno nel quale il testo di un’opera
eroica – questa la primitiva definizione – dal titolo Morte di
Sigfrido e il 1874 l’anno in cui viene scritta l’ultima nota di quello
che nel frattempo era diventato il ciclo Der Ring des Nibelungen,
articolato in una Vigilia e tre Giornate, si deduce che il compositore
tedesco lavorò all’Anello del Nibelungo per ben 26 anni. Certo, tra il
1856 e il 1865 c’è una pausa di dieci anni nel corso della quale
nascono due capolavori quali Tristan und Isolde e Die Meistersinger
von Nürnberg; ma quelle date di inizio e fine del progetto possono
essere anche tranquillamente spostate: la prima al 1841, quando scocca
nella mente del compositore la posa della prima pietra della grandiosa
costruzione, e la seconda al 1876 quando, tra il 13 e il 17 agosto, va
in scena la prima dell’Anello al teatro di Bayreuth appositamente
costruito (quest’ultima circostanza farà dire a un acerrimo
antiwagneriano come il critico Eduard Hanslick: “Una volta sic
omponevano le opere per i teatri. Ora sic ostruiscono i teatri per le
opere”).
Lo spazio a disposizione non consente di rendere conto dell’intero
processo creativo del ciclo, articolato nella sua realizzazione finale
in quattro momenti: Das Rheingold (L’oro del Reno. Vigilia, in quattro
scene), Die Walküre (La Valchiria. Prima giornata, in tre atti),
Sigfried (Sigfrido. Seconda giornata, in tre atti), Götterdämmerung
(Il crepuscolo degli dei. Terza giornata, in un prologo e tre atti).
Ettore Napoli
Dmitrij Sostakovic Sinfonia n. 15 in La maggiore op. 141
Compito difficile se non impossibile è quello di individuare, in base
all’ascolto dell’ultima Sinfonia scritta da Sostakovic nel 1971, degli
indizi che permettano di comprendere meglio il significato globale di
un lascito musicale di complessa lettura, dei programmi che
chiariscano definitivamente la posizione del musicista nei confronti
della cultura e della storia (soprattutto la storia controversa della
Russia dalla prima rivoluzione del 1905 agli anni ’60), degli schemi
formali che inquadrino il significato della forma sinfonica
all’interno del linguaggio compositivo dell’autore.
Né a penetrare il “mistero” che aleggia sulla Quindicesima (…) ci
aiuta considerare il clima culturale ufficiale dell’URSS nei primi
anni ’70, al quale si fa di solito riferimento per ricordare il
contesto del Premio Nobel a Solgenytzin e la proibizione del visto
necessario allo scrittore per andare a ritirare il premio stesso.
Clima culturale e politico che però non è sostanzialmente più in grado
di nuocere a colui che viene considerato il massimo compositore
sovietico vivente.
Procediamo dunque attraverso supposizioni. Le condizioni di salute di
S., innanzitutto, non erano delle migliori: i disturbi cardiaci che
l’affliggono dalla metà degli anni ’60 si aggravano di continuo
costringendolo a lunghi periodo di degenza in ospedale. (…). L’ultima
fase compositiva del musicista è dunque a fortiori indirizzata verso
cupe riflessioni sulla vita e sul destino dell’arte.
Sappiamo poi che il contenitore della Sinfonia rappresentò spesso per
S. il veicolo ufficiale per elaborare il significato dei grandi
avvenimenti storici. (…).
Dal punto di vista strettamente artistico l’ultima Sinfonia sembra
condotta tutta e solamente sul filo dell’invenzione puramente musicale
e strumentale con un certo sfoggio di abilità nel creare accostamenti
sonori inediti che lasciano l’ascoltatore – per quanto ammirato –
piuttosto perplesso sul messaggio che il musicista intende affidare
alla partitura (…). L’organico orchestrale non è amplissimo ma con una
variegata scelta di percussioni che danno luogo a combinazioni sonore
particolarmente ingegnose, se non a veri e propri passaggi di
virtuosismo come nel finale del terzo movimento. Altro lato
caratteristico della Quindicesima è la presenza di numerosi inserti
solistici, che vanno a volte a ricreare – soprattutto nel primo
movimento – effetti cameristici che richiamano addirittura le preziose
simmetrie di Hindemith. (…).
In Russia (…) la prima esecuzione da parte del figlio di S., Maxim,
ebbe notevole risonanza e rappresentò tra l’altro un’importante
occasione di suggello ufficiale del ruolo del giovane direttore (…).
Se conclusione vi deve essere, non possiamo che concordare con chi
vede nella Quindicesima non tanto un ultimo distacco di S. dal genere
sinfonico ma, più in generale, una partitura attraverso la quale
l’autore riconsidera il proprio atteggiamento nei confronti della
storia che si fa qui metafora della vita stessa, un’esperienza in
bilico tra riso e tragedia, immersa sempre e comunque nei contorni di
un mistero inviolabile.
Luca Chierici
(Info e prenotazioni: Auditorium di Milano fondazione Cariplo, orari
apertura: mar – dom, ore 14.30 – 19.00. Tel. 02.83389401/2/3).