| Programma: 
          La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo è un 
          oratorio su testo di Pietro Metastasio per soli, coro e orchestra del 
          compositore settecentesco Niccolò Jommelli.Arturo Sacchetti ripresenta quest’opera a quasi trent’anni dalla prima 
          incisione discografica mondiale che nel 1984 gli valse il “Grand Prix 
          du Disque dell’“Académie du Disque Français”.
 Si tratta di un evento storico essendo la prima esecuzione pubblica di 
          epoca moderna del capolavoro dell’autore italiano, esponente di spicco 
          della Scuola Napoletana del ‘700. Di quest’opera sono state infatti 
          realizzate soltanto due incisioni discografiche (la prima delle quali 
          fu appunto quella curata negli anni '80 dal Maestro Sacchetti) ma mai, 
          in epoca moderna, è comparsa nei cartelloni delle stagioni 
          concertistiche.
 Organico vocale: Soli: soprano, mezzosoprano, 
          tenore, baritonoCoro: soprani, contralti, tenori, bassi
 Organico strumentale: 2 oboi 2 corni organo archi.
 Coro Polifonico Theophilus SopraniAdelina Brighetti
 Mercedes Casali
 Lucia Virginia Galli
 Suzanne Hobley
 Patrizia Madoni
 Maddalena Magni
 Marinella Pizzoni
 Maria Antonietta Preti
 
 Contralti
 Simonetta Bruzzone
 Novenia Crivellaro
 Anna Dinetto
 Nancy García Siurob
 Michela Grienti
 Giovanna Locatelli
 Donata Menci
 Marzia Pettenuzzo
 
 Tenori
 Enrico Bairati
 Andrea Ceron
 Diego Chacón
 Andrea Di Franco
 Wilmer José García Castillo
 
 Bassi
 Zeffirino D’Andrea
 Donato Di Croce
 Giorgio Labagnara
 Luca Lodo
 Franco Lupo
 Alessandro Saldarini
 Attilio Santoro
 Dario Santoro
 Fabrizio Scrivanti
 ORCHESTRA DA CAMERA ARTEVIVA ContrabbassiSilvio Albesiano
 Roberto Zerbi
 
 Oboi
 Paolo Pinferetti
 Cristina Ruggirello
 
 Corni
 Brunello Gorla
 Cristina Pini
 
 Organo
 Natalia Kotsioubinskaia
 
 Violini I
 Antonello Molteni*
 Eugenio Sacchetti
 Andrea Bordonali
 Christine Champlon
 Shelagh Burns
 Monica Vacatello
 
 Violini II
 Daniela Zanoletti
 Isabella Tarchetti
 Alfred Richter
 Silvana Pomarico
 
 Viole
 Lucia Corini
 Paola Melgari
 Elisabetta Danelli
 
 Violoncelli
 Fabio Storino**
 Alexander Zyumbrovsky
 Nadia Villa
 *primo violino di spalla**continuo
 
 Nella Quaresima del 1749 in Roma venne presentata 
          la prima esecuzione dell’oratorio La Passione di Nostro Signore Gesù 
          Cristo di Niccolò Jommelli (Aversa, 1714 - Napoli, 1774), che scatenò 
          un profluvio di apprezzamenti e di consensi (ad essa partecipò il 
          famoso castrato Giusto Fernando Tenducci detto Senesino). Non si 
          trattò di un evento inedito dal punto di vista testuale poiché molti 
          compositori avevano rivolta l’attenzione al parto letterario di Pietro 
          Antonio Trapassi detto Metastasio il quale, in veste di poeta 
          imperiale a Roma, su indicazione di Carlo VI del Sacro romano impero, 
          aveva vergato il testo. La prima stesura in musica avvenne nel 1730 ad 
          opera di Antonio Caldara (prima esecuzione in data 3 aprile 1730 al 
          Santo Sepolcro nella cappella di corte a Vienna), e sino al 1812, ben 
          venticinque composizioni esaltarono il felice libretto di Metastasio 
          sbocciate ad opera, tra altri, di David Perez, Johann Ernst Eberlin, 
          Antonio Salieri, Josef Myslivecek, Giovanni Paisiello, Pietro 
          Guglielmi, Stanislao Mattei e Francesco Morlacchi con esecuzioni in 
          tutta Europa. Pur considerando la libera interpretazione poetica da 
          parte di un autore rinomato per il suo portato al genere teatrale 
          desta sorpresa l’attenzione serbata da prestigiosi compositori alla 
          forma dell’oratorio o della cantata sacra. Niccolò Jommelli mosse i 
          primi passi in musica confortato da un ambiente, quello di Napoli, che 
          aveva con sensibilità visto nascere le culle dell’apprendimento 
          musicale; i quattro Conservatori di Sant’Onofrio a Porta Capuana, 
          della Pietà dei Turchini, di Santa Maria di Loreto e dei Poveri di 
          Gesù Cristo annoveravano migliaia di allievi che, sotto la guida di 
          maestri abili e provetti, apprendevano l’arte del comporre, del canto, 
          dell’esecuzione strumentale e della direzione. I primi approcci si 
          concretarono nell’ambiente d’origine, il piccolo centro di Aversa ove 
          il canonico capo coro don Muzzillo gli impartì i primi rudimenti 
          letterari e musicali. Sedicenne fu ammesso al Conservatorio di Sant’Onofrio 
          allievo di Francesco Durante e qualche anno dopo passò al 
          Conservatorio della Pietà dei Turchini nobilitato dall’arte didattica 
          dei maestri Ignazio Prota, Francesco Nicola Fago, Francesco Mancini e 
          Francesco Feo. Un ruolo significativo ebbe Leonardo Leo, estraneo 
          all’ambiente del Conservatorio, ma compositore affermato di vaglia, 
          che gli offrì utili consigli sullo stile drammatico e religioso al 
          punto che lo stesso Jommelli ebbe a dichiarare: «Dal Maestro Leo ho 
          imparato il sublime della musica». Dal 1737, con la nascita della 
          prima opera, L’errore amoroso, rappresentata presso il teatro Nuovo di 
          Napoli, ha inizio lo sviluppo di una creatività amplissima articolata 
          in opere, pasticci seri e comici, intermezzi, opere buffe, drammi 
          serio-comici, serenate, oratori e cantate sacre. Ma lo sviluppo della 
          sua attività in un ambiente affollato di grandi musicisti necessitò 
          della presenza di sostegni, di appoggi e di protettori; tra essi si 
          annoverano il marchese Vasto d’Avalos, il cardinale Alessandro Albani, 
          il cardinale inglese Benedict Heinrich, prefetto della musica in 
          Vaticano ed in particolar modo il cardinale Enrico Benedetto Maria 
          Clemente Tommaso Francesco Xavier Stuart, duca di York, fruitore della 
          dedica dell’oratorio La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. 
          L’ispirata opera incentra su quattro personaggi l’epicentro della 
          vicenda; Maddalena, Giovanni, Pietro, Giuseppe d’Arimatea e sopra i 
          seguaci di Gesù i quali sono i testimoni di una tragedia umana 
          annunciata nelle Sacre Scritture dai profeti dell’Antico Testamento. 
          Palesemente è assente il protagonista della memoria storica, quel 
          Cristo che, con la sua Incarnazione, apre il senso della fede 
          cristiana immolandosi per il riscatto dei peccati dell’umanità e per 
          la sua Redenzione. La sua presenza è costante ed emerge negli stati 
          d’animo psicologici dei personaggi che danno vita reale agli ispirati 
          versi del Metastasio acceso, nel fermento creativo, da una 
          folgorazione che contagiò l’estro dei compositori. Ovviamente ognuno 
          di essi visse l’epopea metastasiana calandosi nel substrato profondo 
          di un distillato poetico ove ogni descrizione pervasa da sensazioni, 
          tremori, afflati, emozioni e palpiti è aperta provocazione ed allo 
          stesso tempo linfa per l’ispirazione. Musicalmente la fantasia di 
          Jommelli dipana un eloquio composto da arie a solo, duetti, recitativi 
          ad una, due, tre e quattro voci, sezioni polifonico vocali ed 
          interventi strumentali sorretti dal basso continuo; se nelle arie è il 
          musicalissimo gesto melodico ad imporsi è nei recitativi il senso 
          drammatico a prorompere esaltando l’assioma “parola che si fa suono”. 
          Il lascito del genio di Aversa costituisce il superamento dalle 
          Passioni precedenti per approdare ad uno stile teatrale nell’ambito 
          del quale i gerghi di maniera, spesso banali e plateali, sono esclusi 
          a favore di intuizioni sceniche escluse dall’aspetto formale 
          oratoriale, ma latenti nella struttura. [Note dal programma di sala 
          ufficiale] 
 Seguono immagini della serata:   | 
        
          |  
 
  
 
  
  1. Ouverture  
  
  
  
  
  
  
  2. Recitativo PietroDove son? Dove, dove corro?
 Chi regge i passi miei? Chi?
 Dopo il mio fallo non ritrovo più pace,
 Fuggo gli sguardi altrui,
 Vorrei celarmi fino a me stesso.
 In mille affetti ondeggia
 La confusa alma mia.
 Sento i rimorsi, ascolto la pietade;
 A’ miei desiri sprone è la speme,
 e la dubbiezza inciampo:
 Di tema agghiaccio e di vergogna avvampo.
 Ogni augello che ascolto,
 Accusator dell’incostanza mia,
 L’ augel nunzio del dì parmi che sia.
 Ingratissimo Piero,
 Chi sa se vive il tuo Signore?
 A caso gli ordini suoi non sovvertì natura.
 Perché langue e si oscura
 Fra le tenebre il sole?
 A che la terra, infida ai passi altrui
 Trema e vien meno,
 E le rupi insensate aprono il seno.
 Ah! che gelar mi sento!
 Nulla so, bramo assai, tutto pavento.
  
  3. Aria PietroGiacché mi tremi, mi tremi in seno,
 Esci dagli occhi almeno,
 Tutto disciolto in lagrime
 Debole, ingrato cor.
 Piangi, ma piangi,
 Piangi tanto che faccia fede il pianto
 Del vero tuo dolor.
  
  4. Recitativo PietroMa qual dolente stuolo s’appressa a me?
 Si chieda del mio Signor novella.
 Oh! Dio, che invece di ritrovar conforto,
 Temo ascoltar chi mi risponda: è morto!
  
  5. CoroQuanto costa il tuo delitto,
 Sconsigliata umanità.
 All’idea di quelle pene
 Che il tuo Dio per te sostiene,
 Tutto geme il mondo afflitto.
 Sola tu non hai pietà.
  
  
  
  
  6. Recitativo PietroMaddalena, Giovanni, Giuseppe,
 Amici, il mio Gesù respira
 O pur fra i suoi tiranni?
 Ah! Voi piangete?
 In quel pallore, in quelle che dalle stanche ciglia
 Tarde lagrime esprime il lungo affanno
 Veggo tutto il mio danno;
 Leggo l’orror di questo dì tremendo,
 Ah! Tacete, tacete,
 Intendo, intendo.
  
  
  7. Aria MaddalenaVorrei dirti il mio dolore
 Ma dal labbro i mesti accenti
 Mi ritornano sul core
 Più dolenti a risuonar.
 Ed appena al seno oppresso
 È permesso l’interrotto sospirar.
  
  8. Recitativo Giovanni e GiuseppeOh più di noi felice Pietro
 Che non mirasti l’adorato Maestro
 In mezzo agli empi tratto al Preside ingiusto;
 Ignudo a’ colpi de’ flagelli inumani
 Vivo sangue grondar;
 Trafitto il capo da spinoso diadema,
 Avvolto il seno di porpora ingiuriosa,
 Esposto in faccia all’ingrata Sionne,
 Udir le strida, soffrir la vista
 E tollerar lo scorno del popol reo
 Che gli fremea d’intorno.
 Chi può ridirti, oh Dio,
 Qual divenne il mio cor
 Quando inviato sul Calvario a morire.
 Io lo mirai gemer sotto l’incarco
 Del grave tronco
 E per lo sparso sangue,
 Quasi tremula canna,
 Vacillar e cader.
 Corsi, gridai:
 Ma da fieri custodi respinto indietro,
 Al mio Signor caduto, apprestar non potei piccolo aiuto.
  
  
  9. Aria GiuseppeTorbido mar che freme alle querele,
 A’ voti del passeggier che teme
 Sordo così non è.
 Fiera così spietata
 Non han le selve Ircane,
 Gerusalemme ingrata
 Che rassomigli a te.
  
  
  
  10. Recitativo Pietro, Maddalena, GiovanniOh barbari, oh crudeli!
 Ah! Pietro!
 È poco a paragon del resto
 Quanto ascoltasti.
 Oh se veduto avessi come vidi io
 Sul doloroso monte
 Del mio Signor lo scempio.
  
  11. Recitativo GiovanniAltri gli svelle le congiunte
 alle piaghe, tenaci spoglie,
 altri lo preme e spinge,
 E sul tronco disteso
 Lo riduce a cader.
 Questi si affretta nel porlo in croce
 E gl’incurvati chiodi
 Va cangiando talor.
 Quegli le membra traendo a forza
 Al lungo tronco adatta.
 Chi stromenti ministra,
 Chi s’affolla a mirarlo
 e chi sudando, infellonito e stolto,
 dell’infame sudar
 Gli bagna il volto.
  
  12. Aria GiovanniCome a vista di pene sì fiere
 Non v’armaste di fulmini o sfere,
 In difesa del vostro fattor.
 Ah! V’intendo!
 La mente infinita la grand’opra
 Non volle impedita
 Che dell’uomo compensa l’error.
  
  13. Recitativo Pietro, Giovanni, MaddalenaE la Madre frattanto
 In mezzo all’empie squadre,
 Giovanni, che faceva?
 Misera Madre!
 Fra i perversi ministri
 Penetrar non potea.
 Ma quando vide già sollevato in croce
 L’unico Figlio
 E die sue membra il peso
 Sulle trafitte mani tutto aggravarsi,
 Impaziente accorse di sostenerlo in atto:
 Il tronco abbraccia,
 Piange, lo bacia;
 E fra i dolenti baci
 Scorre confuso intanto
 Del Figlio il sangue
 e della Madre il pianto.
  
  
  
  
  14. Aria MaddalenaPotea quel pianto,
 Dovea quel sangue
 Nel cor più barbaro
 Destar pietà.
 Pure a quei perfidi,
 Maria che langue
 È nuovo stimolo di crudeltà.
  
  15. Recitativo Pietro, Giuseppe, GiovanniCome inventar potea
 Pene maggior la crudeltade Ebrea?
 Sì l’inventò.
 Del moribondo figlio,
 Sotto i languidi sguardi, dal tronco a cui si
 stringe,
 L’addolorata Madre è svelta a forza,
 A forza s’allontana.
 Geme, si volge,
 Ascolta La voce di Giesù
 Che langue in croce
 E s’incontrano gli sguardi.
 Oh sguardi! Oh voce!
 Che disse mai?
 Dall’empie turbe oppressi
 Me vide e lei.
 Fra’ i suoi tormenti intese pietà de’ nostri
 E alternamente allora,
 L’ uno all’altro accennando
 Colla voce e col ciglio,
 Me providde di Madre
 e lei di figlio.
  
  
  
  16. Aria PietroTu nel duol felice sei
 Che di figlio il nome avrai
 Su le labbra di colei
 Che nel seno un Dio portò.
 Ah! tu sei felice,
 Felice sei che di figlio il nome avrai
 Sulle labbra di colei
 Che nel seno un Dio portò.
 Non invidio il tuo contento,
 Nò piango sol ché il fallo mio
 Lo conosco, lo rammento,
 Tanto ben non meritò.
  
  20. Recitativo Pietro, Giuseppe, Maddalena, GiovanniEd insepolto ancora
 È l’estinto Signor.
 Per opra mia già lo racchiude
 Un fortunato marmo.
 A lui dunque si vada,
 S’adori almen la preziosa spoglia.
 Fermati. il sol già cade.
 Il nuovo giorno destinato è al riposo.
 A noi conviene cessar d’ogni opra.
 E forse inutile sarebbe il nostro zelo.
 Perché?
 Già di custodi cinto il marmo sarà.
 Temon gli Ebrei che il sepolto maestro
 Da noi s’involi
 E la di lui promessa di risorger s’avveri.
 Empi!
 Saranno veraci i detti suoi
 Per vostro danno.
  
  
  
  21. Aria GiovanniRitornerà fra voi,
 Non fra le palme accolto,
 Non mansueto in volto
 Al plauso popolar.
 Ma di flagelli armato,
 Come il vedeste poi
 Del tempio profanato
 L’oltraggio vendicar.
  
  17. Recitativo GiovanniDopo un pegno sì grande d’amore e di pietà
 pensa qual fosse, Pietro, la pena mia.
 Veder l’amara bevanda offerta alla sua sete,
 Udirlo nelle estreme agonie
 “Tutto è compito”
 Esclamar altamente
 E verso il petto,
 Inclinando la fronte
 Vederlo in faccia alle perverse squadre
 Esalar la grand’alma
 In mano al Padre.
  
  18. Duetto Maddalena e PietroVi sento, oh Dio,
 Vi sento rimproveri penosi
 Del mio passato error.
 V’ascolto, oh Dio,
 V’ascolto rimorsi tormentosi
 Tutti d’intorno al cor.
 Fu la mia colpa atroce,
 Fu de’ miei falli il peso
 Che ti ridusse in croce,
 Offeso mio Signor.
 A tanti tuoi martiri
 Ogni astro si scolora
 E soffri, ch’io respiri
 E non m’uccidi ancora
 debole mio dolor!
  
  
  
  19. CoroDi qual sangue, o mortale,
 Oggi fa d’uopo quella macchia a lavar
 Che dall’impuro contaminato fonte
 In te deriva,
 Ma grato e non superbo ti renda il beneficio.
 Eguale a questo l’obbligo è in te. Sì.
 Quanto è più grande il dono
 Chi n’abusa è più reo.
 Pensaci e trema.
 Del Redentor lo scempio
 Porta salute al giusto
 e morte all’empio.
 Pensaci.
  
  
  22. Recitativo GiuseppeQual terribil vendetta
 Sovrasta a te, Gerusalemme infida!
 Il divino presagio fallir non può.
 Già di veder mi sembra le tue mura distrutte,
 A terra sparsi gli archi, le torri,
 Incenerito il Tempio,
 Dispersi i Sacerdoti,
 In lacci avvolte le vergini, le spose,
 Il sangue, il pianto inondar le tue strade,
 Il ferro, il fuoco assorbire in un giorno
 De’ secoli il sudor.
 Farà la tema gl’amici abbandonar,
 Farà l’orrore bramar la morte
 E l’ostinata fame, persuadendo inusitati eccessi,
 Farà cibo alle madri i figli stessi.
 
 PARTE SECONDAOggi si svela, non senza alto mistero,
 Il sacro vel che il Santuario ascose;
 Si squarciò, si divise al morir di Giesù.
 Questo è la luce
 Che al popolo smarrito le notti rischiarò.
 Questo è la verga
 Che in fonti di salute apre i macigni.
 Il Sacerdote è questo fra la vita e la morte,
 Pietoso mediator:
 L’arca, la tromba che Gerico distrusse,
 Il figurato verace Giosuè
 Ch’oltre il Giordano di tanti affanni
 Alla promessa terra padre in un punto
 E duce la combattuta umanità conduce.
  
           23. Aria GiuseppeAll’idea de’ tuoi perigli,
 All’orror de’ mali immensi
 Io m’agghiaccio e tu non pensi
 Le tue colpe a detestar.
 Ai tuoi mali, ai tuoi perigli
 Io m’agghiaccio
 E tu non pensi le tue colpe a detestar.
 Ma te stessa alla rovina forsennata
 Incalzi e premi e quel fulmine non temi
 Che vedesti lampeggiar.
  
           24. Recitativo PietroLe minacce non teme
 Il popol infedele
 Perché di Dio l’Unigenita Prole
 Non conosce in Giesù.
 Stupido!
 Eppure in Betania l’intese
 Dalla gelida tomba
 Lazzaro richiamar,
 Vide a suo cenno sulle mense di Cana
 Il cangiato liquor,
 Con picciol esca vide saziar
 La numerosa fame delle turbe digiune.
 Ah! di lui parli di Tiberiade
 Il mare stabile a’ passi suoi.
 Parli di lui che libera agli accenti
 Sciolse per lui la lingua
 Non usa a favellar.
 Chi aprì le ciglia inesperte alla luce.
 E se non basta la serie de’ portenti
 A convincervi ancora, anime stolte,
 È la mancanza in voi,
 Che in faccia al lume fra l’ombre delirate;
 E per non dirvi cieche,
 Empie vi fate.
 25. Aria PietroSe la pupilla inferma
 Non può fissarsi al sole
 Colpa del sol non è.
 Colpa è di chi non vede
 Ma crede in ogni oggetto quell’ombra,
 Quel difetto che non conosce in sé.
 26. Recitativo Maddalena, GiovanniPur dovrebbe in tal giorno
 Ogni incredulo cor farsi fedele.
 Quanto d’arcano e di présago
 Avvolse di più secoli il corso.
  
           27. Aria GiovanniDovunque il guardo giro,
 Immenso Dio ti vedo:
 Nell’opre tue t’ammiro,
 Ti riconosco in me oh Dio.
 La terra, il mar,
 Le sfere parlan del tuo potere:
 Tu sei per tutto
 E noi tutti viviamo in te.
 
 28. Recitativo Maddalena
 Giovanni, anch’io lo so,
 Per tutto è Dio.
 Ma intanto a’ nostri sguardi
 Più visibil non è.
 Dov’è quel volto consolator
 De’ nostri affanni,
 Il labbro che in fiumi di sapienza
 Per noi s’aprì?
 La generosa mano prodiga di portenti?
 Il ciglio avvezzo a destarci nel seno
 Fiamme di carità?
 Dov’è, dov’è?
 Tutto perdemmo miseri
 Al suo morire.
 Ei ne ha lasciati dispersi,
 Abbandonati in mezzo a gente infida,
 Soli senza consiglio e senza guida.
 
 29. Aria Maddalena
 Ai passi erranti dubbio è il sentiero.
 Non han le stelle per noi splendor.
 Siam naviganti senza nocchiero
 E siamo agnelle senza pastor.
 
 30. Recitativo Pietro
 Non senza guida, o Maddalena,
 E soli n’abbandona Giesù.
 Nella sua vita mille e mille
 Ci lascia esempi ad imitar,
 Nella sua morte
 Ci lascia mille e mille
 Simboli di virtù.
 
 31. Recitativo Pietro
 Le sacre tempie coronate di spine
 I rei pensieri insegnano a fugar.
 Dalle sue mani crudelmente trafitte
 L’avare voglie ad aborrir s’impara.
 È la bevanda amara rimprovero al piacer.
 Norma è la croce di tolleranza
 Infra i disastri umani.
 Che da lui non s’apprende?
 In ogni accento, in ogni atto ammaestra,
 In lui diviene l’incredulo fedele,
 L’invido generoso, ardito il vile,
 Cauto l’audace ed il superbo umile.
 Or di sua scuola il frutto
 Vuol rimirare in noi,
 Da noi s’asconde per vederne la prova
 E se vacilla la nostra speme
 E la virtù smarrita,
 Tornerà, non temete, a darne aita.
  
           
 32. Aria Pietro
 Se a librarsi in mezzo all’onde
 Incomincia il fanciulletto
 Con la man gli regge il petto
 Il canuto nuotator.
 Poi si scosta e attento il mira
 Ma se tema in lui comprende
 Lo sostiene e lo riprende
 Del suo facile timor.
  
           
 33. Recitativo Maddalena, Giovanni, Giuseppe, Pietro
 Ah dal felice marmo
 Presto risorga.
 Ei sorgerà.
 Saranno questi oggetti d’affanno
 Oggetti di contento.
 Al suo sepolcro verranno un dì,
 Verranno supplici i duci
 E pellegrini i regi.
 Sarà l’eccelso Legno ai fedeli difesa,
 All’inferno terror,
 Trionfo al Cielo.
 Da quest’arbore ogni alma
 Raccoglierà salute.
 In questo segno vinceranno i mortali,
 Appresso a questo trionfante vessillo
 All’acquisto del Ciel volgere i passi
 La ricomprata umanità vedrassi.
 
 34. Coro
 Santa Speme,
 Tu sei ministra all’alme nostre
 Del divino favor.
 L’amore accendi, la fede accresci,
 Ogni timor disciogli.
 Tu provida germogli
 Fra le lagrime nostre
 E tu c’insegni
 Ne’ dubbi passi dell’umana vita
 A confidar nella celeste aita.
  
  
  
  
  
   
  
  Nella foto il M° Arturo Sacchetti con Mario Mainino  
  
  
  Nella foto il tenore Alejandro Escobar con Mario Mainino |