Uno spettacolo di danza con la compagnia che ha
trovato una degna sede in questo teatro ristrutturato con la creazione
di uno spazio di palcoscenico adatto alle messe in scena di danza.
Il Balletto di Milano, compagnia diretta da Carlo Pesta, ha già in
passato affrontato Verdi con una ben riuscita trasposizione de "La
Traviata", torna ora alla meravigliosa musica del nostro più grande
compositore dell'800, musica che - dovremo riconoscerglielo - sta in
piedi e conquista anche senza il canto.
Le coreografie sono state create da Agnese Omodei Salè e Federico
Veratti.
A condurre la serata sarà un "verdi" molto simpatico il signor Enrico
Beruschi, che ci fa presagire un ritratto finalmente non burbero e
imbronciato come ci si è abituati.
Il balletto non era l'attenzione rilevante per Verdi ma quando ne fu
richiesto non si esentò e ne inserì nelle sue opere alcuni che sono
veramente dei bei pezzi musicali, purtroppo rarissimamente eseguiti,
vedi che persino quelli della Aida (che non si possono togliere) a volte
- Verona 2013 - non vengono danzati (sic).
Giuseppe Verdi affronta la composizione di alcune pagine di balletto da
inserire nelle sue opere quando gli vengono commissionate le revisioni
in lingua francese per il teatro dell'Operà di Parigi, dove il pubblico
era abituato dai compositori francesi di avere un bello spazio per la
danza all'interno delle opere liriche.
Non ha importanza se questo balletto avesse o meno attinenza con
l'azione, anzi se non addirittura ne forzasse un pausa nello svolgimento
della stessa.
Le opere nelle quali sono state inserite pagine di danza sono:
G. Verdi: Ballabili dall’opera Les Vêpres siciliennes
G. Verdi: Ballabili dall’opera Il Trovatore
G. Verdi: Ballo della Regina, dall’opera Don Carlos
G. Verdi: Ballo III dall’opera Macbeth
G. Verdi: Ballabili dall’opera Otello
G. Verdi: Jerusalem (1847) Ballabili nella scena dell’Harem
G. Verdi: Nabucco (1848-Bruxelles) Ballabili dopo "E' l'Assiria una
regina"
Vespri siciliani "Le quattro stagioni" uno dei brani più completi e
brillanti delle composizioni ballettistiche di G.Verdi.
Mentre in Don Carlos il balletto che è fondamentale per
comprendere l'errore del protagonista purtroppo viene sempre omesso.
Il cosiddetto "ballo della Regina" infatti serve a comprendere
come mai Don Carlo scambia Eboli per la Regina, questo perchè la Regina
Elisabetta si ritira nelle sue stanze ma per non fare mancare la sua
presenza chiede a Eboli di indossare il suo mantello e rappresentarla in
incognito. Questo taglio fa si che non si capisca come mai Don Carlo
scambi Eboli per Elisabetta nella scena successiva.
In Aida invece i balletti non si possono togliere, ma succede
purtroppo a volte che si suonino ma poi non si danzino.
Uno studio, dedicato alla musica composta da Verdi
per i balletti delle sue opere, è stato pubblicato nel 1995
dall’Istituto di Studi Verdiani. Si tratta di The Verdi Ballets, di Knud
Arne Jürgensen, curato nell’edizione italiana da Pierluigi Petrobelli e
Fabrizio Della Seta.
Dall’8 settembre 2001, data della prima rappresentazione al Teatro Regio
di Parma dello spettacolo “Viva Verdi” il New York City Ballet ha
inserito nel suo repertorio quattro coreografie, di cui due storiche
riprese, il “Ballo della Regina” di George Balanchine, dal terzo atto
del Don Carlos, detto anche " La Peregrina" (1978), “The Four Seasons”
di Jerome Robbins su musiche tratte dai Vespri siciliani, I lombardi
alla prima crociata, Il trovatore (1979), di Peter Martins, “Quartet for
Strings” dal "Quartetto per archi in mi minore" di Verdi e “Viva Verdi”
su variazioni da La Traviata.
IL CONTRIBUTO DI VERDI AL BALLETTO
Non se ne parla mai come si dovrebbe, ma la musica di Giuseppe Verdi
ha fornito un contributo essenziale al balletto: sono cinque le opere
del compositore emiliano che meritano di essere approfondire per
comprendere quanto le sue note abbiano influito sulla evoluzione delle
coreografie in questione, vale a dire Jérusalem, Macbeth, I Vespri
Siciliani, Aida e Otello.
È proprio in questi melodrammi, infatti, che si
possono apprezzare dei ballabili di pregevole fattura, ancora oggi molto
graditi dai ballerini di tutto il mondo. Questa "passione" di Verdi per
il balletto si può far risalire alla prima esperienza del bussetano con
l'Opéra, il tempio dell'opera lirica di Parigi: nel 1847, nel periodo in
cui sta preparando i Masnadieri per Londra, giunge anche la proposta
francese per la prima rappresentazione in territorio transalpino. è
allettato e non rifiuta certamente, ma sa bene quale "giungla intricata"
sia l'Opéra e non azzarda nessuna opera nuova, puntando sul rifacimento
in lingua francese dei Lombardi alla Prima Crociata (1843). Si tratta
appunto di Jérusalem, un lavoro che deve rispettare le rigide
regole del teatro in questione; tra le altre, figurano i ballabili,
pezzi che sono praticamente obbligati e con cui Verdi si cimenta in
maniera importante.
Il debutto parigino non riserva grandi soddisfazioni, la serata del 26
novembre del 1847 è un debutto che può definirsi senza infamia e senza
lode, ma un solco nella storia del balletto è stato tracciato.
Nell'atto III si trovano una serie di danze molto esotiche, utili per
descrivere i giardini dell'harem, con un gusto molto raffinato per le
soluzioni a effetto, anche se in questo caso piuttosto discontinue.
Le stesse occasioni si ebbero con altre trasposizioni in francese dei
suoi capolavori, ovvero Le Trouvére-Il Trovatore e Violetta-La
Traviata. La scelta dello spartito ricade sempre sul terzo atto e
non è certo un caso: in effetti, a quel punto dello spettacolo i membri
del Jockey Club locale si rifugiavano all'Opéra per ammirare e
applaudire le loro ballerine predilette.
Anche nei Vespri Siciliani c'è una presenza importante, ovvero
quella delle cosiddette quattro stagioni, mentre per Aida e
Otello bisogna fare un discorso a parte.
Nel caso dell'Otello, infatti, i ballabili sono tra i più belli in
assoluto, anche se spesso vengono trascurati e invece meriterebbero
una maggiore attenzione. Una citazione d'obbligo la meritano la canzone
araba, con la sua invocazione ad Allah, la canzone greca e l'allegro
vivace.
Per quel che concerne l'Aida, poi, si trovano delle danze sparse
qua e là, schiavi egizi, ancelle e mori che allietano gli spettatori:
forse la pecca potrebbe essere che queste melodie non formano un
balletto autonomo, ma la valenza rimane sempre la stessa.
Un balletto su cui vale la pena soffermarsi è quello del Macbeth:
nella versione originale dell'opera, quella rappresentata a Firenze nel
1847 non c'era alcun tipo di ballabile, ma lo spartito rimaneggiato
venne messo a disposizione ancora una volta dell'Opéra ben diciotto anni
dopo e in questo caso è presente, come voleva la tradizione, una danza
splendida. Si tratta di una decina di minuti da sogno, in cui Verdi
riesce a fondere molti sentimenti e atmosfere, con gli ottoni che
esemplificano in modo perfetto la perentorietà e la drammaticità del
popolo scozzese oppresso, come anche il suo anelito e il suo sogno di
libertà. Il "cigno di Busseto" è dunque riuscito a dimostrare tutto il
proprio estro e una versatilità non comuni: la fantasia che ha
contraddistinto le creazioni dei suoi capolavori si è messa in luce
perfettamente nella danza, probabilmente l'unico rammarico è che non
abbia lasciato dei balletti completi, ma bisogna ricordare che il suo
intento era quello di amalgamare il genere all'interno del contesto
operistico. Di sicuro non si è ai livelli raggiunti da Čajkovskij, ma il
prezioso contributo di Verdi merita di essere ricordato; se le sue opere
hanno avuto e avranno ancora uno straordinario successo sarà anche
grazie a queste danze.
Tratto da ...
Un altro articolo sui Ballabili di G.Verdi