Agostino Carraro, detto Tino, attore di prosa
(1 Dicembre 1910, Milano - 12 Gennaio 1995,
Milano)
Anche se pochi lo ricordano, Tino Carraro, con quell'aria vissuta e un po'
stropicciata, fu uno degli eroi della recitazione italiana. Attore
disincantato, con la sua aria ruvida e lo sguardo malinconico, fu il prototipo
di un nuovo modo di concepire il mestiere della recitazione. Occhi mobili e
profondi, abbigliamento casual, voce suadente, svolse una carriera
impeccabile, all'insegna di ruoli spiazzanti e imprevedibili.
Figlio di un tipografo, fin da ragazzo recitò nelle compagnie amatoriali,
guadagnandosi però il pane come venditore di pezzi di ricambio per auto. Nel
frattempo, si diplomò all'Accademia dei Filodrammatici, entrando nelle
maggiori compagnie di giro dell'epoca, accanto ad attori come Ernesto Calindri,
Laura Adani, Evi Maltagliati e Luigi Cimara, con i quali interpreterà una
magistrale "Anna Karenina" nel 1941 (passata alla storia del teatro e agli
onori della critica). Con il dopoguerra, dal 1951 al 1952, entrò al Piccolo
Teatro di Roma, diretto da Orazio Costa, dove interpreterà "Le colonne della
società" di Ibsen e "Così è (se vi pare)" di Pirandello.
Sposato con l'attrice portoghese Maria Mayer, debutterà cinematograficamente
nel bellico I sette dell'Orsa Maggiore (1952) di Duilio Coletti, con Riccardo
Garrone e Eleonora Rossi Drago. Seguiranno piccole pellicole, dove tuttavia
lavorò gomito a gomito con Yvonne Sanson, Tomas Milian, Tiberio Murgia,
Massimo Girotti, Gisella Sofio e Nino Castelnuovo. Interprete ideale dei
peplum anni Sessanta, a teatro divenne invece primo attore del Piccolo di
Milano (prendendo il posto lasciato da Gianni Santuccio). Antidivo,
antiattore, vide il suo mestiere come quello di un artigiano e dal sodalizio
artistico con Giorgio Strehler nacquero spettacoli memorabili come:
"Ingranaggio", "Giulio Cesare", la "Trilogia della villeggiatura", "Il
giardino dei ciliegi", "Most Milan", "Coriolano". Ma rimarrà insuperabile nel
suo ruolo di Mackie Messer ne "L'opera da tre soldi" con Milly e Mario
Carotenuto. Disgraziatamente, questa unione artistica si ruppe quando Strehler
gli preferì Tino Buazzelli nella messa in scena de "Vita di Galileo", perché
Carraro era troppo magro.
Ritornato al cinema, recitò con Gina Lollobrigida in Venere imperiale (1963)
di Jean Delannoy, ma la sua fama raggiunse dimensioni spropositate con il suo
secondo legame artistico: quello con il regista Sandro Bolchi. Signore degli
sceneggiati della prima televisione italiana, Bolchi trovò in Carraro il suo
interprete ideale e lo inserì nel cast di miniserie come: Il mulino del Po
(1963), con Raf Vallone e Gastone Moschin; I miserabili (1964), nel ruolo di
Javert; I promessi sposi (1967) nei panni di Don Abbondio; Le mie prigioni
(1968) e I corvi (1969). Nel frattempo, il cinema italiano, con i suoi primi
B-movie, bussava alla sua porta. Eccolo dunque apparire in pellicole come
Orgasmo (1969) di Umberto Lenzi, ma anche in La monaca di Monza (1969) di
Eriprando Visconti, entrando poi nella corte dell'altro Visconti, il più
leggendario Luchino. Esportato cinematograficamente anche all'estero, fu uno
degli attori più usati dal francese Georges Franju (L'amante del prete e il
televisivo La ligne d'ombre), anche se difficilmente lo si scorderà in Il
gatto a nove code (1971) di Dario Argento.
Solo con l'allontanamento di Strehler e la nuova direzione presa da Patrice
Chéreau al Piccolo di Milano, Carraro tornò nel tempio milanese del teatro
impegnato, recitando spesso con Valentina Cortese, e restando anche dopo il
ritorno di Strehler, sotto la quale sapiente regia interpretò "Re Lear" (1972)
e "La tempesta" (1978), entrambe di Shakespeare. E con un tale bagaglio
professionale alle spalle, fu singolare vederlo poi in televisione nella serie
italiana di fantascienza A come Andromeda (1972) di Vittorio Cottafavi, che
aveva come protagonista Paola Pitagora. Un po' meno ritrovarlo in altri due
sceneggiati di Bolchi: Puccini (1973) e Melodramma (1984).
Samperi, Làszlò Szabò, Francesco Rosi gli offriranno piccole, ma significative
parti nelle loro opere. L'ultimo regista ad averlo diretto fu Carlo
Mazzacurati in Notte italiana (1987) con Mario Adorf e Robert Citran. Poi darà
anche l'addio definitivo al teatro, interpretando nel 1994 "I giganti della
montagna" di Pirandello, perché la sua salute, ormai precaria non gli permise
di proseguire. Qualcuno disse che nei suoi occhi portava tutta la stanchezza
di un'umanità al tramonto…
Laconico e malinconico, muore per un arresto cardiaco nella sua Milano. In
quasi un secolo di carriera macinò di tutto, dagli sceneggiati di successo, ai
b-movie, compresi i film d'autore, rappresentando di fatto che l'esperienza e
il cambiamento sono l'essenza del lavoro dell'attore.
Gli ultimi Film di Tino Carraro
NOTTE ITALIANA
di Carlo Mazzacurati.
Con Marco Messeri, Giulia Boschi, Remo Remotti, Roberto Citran, Tino Carraro,
Mario Adorf, Antonio Petrocelli, Luciano Manzalini
Drammatico, Italia 1987
SEMMELWEIS
di Gianfranco Bettetini.
Con Tino Carraro, Alain Cuny, Giulio Brogi, Enzo Tarascio, Umberto Ceriani,
Dario Viganò, Claudio Gallone, Remo Varisco, Renato Montalbano
Drammatico, Italia 1980
LE CINQUE STAGIONI
di Gianni Amico.
Con Tino Carraro, Elsa Merlini, Gianni Santuccio, Tino Scotti, Carlo Romano,
Clelia Matania, Alberto Sorrentino, Tiberio Murgia, Renato Pinciroli, Giorgio
Bixio
Drammatico, Italia 1976
LA LUPA MANNARA
di Rino Di Silvestro.
Con Tino Carraro, Dagmar Lassander, Howard Ross, Annique Borel, Andrea Scotti,
Salvatore Billa, Frederick Stafford, Elio Zamuto, Osvaldo Ruggeri, Renata
Franco, Giuliana Giuliani, Pietro Torrisi
Horror, Italia 1976
PER AMORE
di Mino Giarda.
Con Michael Craig, Janet Agren, Tino Carraro, Capucine, Lilla Brignone, Franco
Ressel, Elsa Albani
Drammatico, Italia 1976
MALIA, VERGINE E DI NOME MARIA
di Sergio Nasca.
Con Tino Carraro, Leopoldo Trieste, Andréa Ferréol, Cinzia Carolis, Turi
Ferro, Clelia Matania, Nicola Di Pinto, Renato Chiantoni, Franco Pesce, Marco
Mariani, Renato Pinciroli, Dada Gallotti, Enzo Cannavale, Valentino Macchi,
Sandro Dori, Marino Masé, Giancarlo Badessi, Alvaro Vitali
Drammatico, Italia 1975.
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Aggiornamento :
06/08/2007
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