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Teatro Coccia - Novara
Giovedì 03 dicembre 2015 – ore 20,30
ORAZIO SCIORTINO
LA PAURA
Opera in un atto
Prima esecuzione assoluta
tratta dal racconto omonimo di Federico De Roberto.
Musica di Orazio Sciortino
libretto di Alberto Mattioli e Orazio Sciortino
regia di Simona Marchini.
Personaggi e interpreti:
tenente Alfani - tenore Blagoj Nacoski
sergente Borga (lombardo) baritono - Tiziano Castro
caporale (campano) basso -
Daniele Cusari
soldato Ricci (marchigiano) tenore -
Vladimir Reutov.
Orchestra Talenti Musicali
regia di
Simona Marchini
scene
Giuseppe Salvatori
Orazio Sciortino direttore
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LA STRUTTURA DELL’OPERA
L’opera, in un atto unico, è pensata come un’unica arcata formale
suddivisa in sezioni caratterizzate dallo scambio di battute tra il
soldato chiamato al turno e il tenente Alfani. Nel succedersi di
queste sezioni, o scene, a cambiare non è lo scenario ma il contesto
timbrico che delinea un nuovo personaggio, una diversa percezione del
destino, della paura. Il tenente Alfani, il caporale, il sergente e il
soldato Ricci nel suo breve intervento sono gli unici a utilizzare
diverse tipologie di vocalità. Ogni soldato invece, nel breve dialogo
col tenente, pronuncia pochissime frasi, spesso poche parole, in una
sorta di recitato con una libera inflessione vocale. A caratterizzare
lo stato d’animo e il profilo psicologico dei singoli “condannati”
contribuisce la scrittura strumentale che sostituisce il lirismo non
pronunciato dei militari. I silenzi di quest’ultimi, in contrappunto
con gli strumenti, rappresentano la voce di coscienza, l’umana
consapevolezza del confronto con l’inevitabile destino a cui vanno
incontro.
Seguono immagini della serata:
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Sotto la mira di un cecchino implacabile
qualcuno deve raggiungere il posto di vedetta..
La prima vedetta cerca invano di
raggiungere la postazione ma viene uccisa.
Viene estratto il nome del prossimo che deve
tentare di raggiungere la postazione
Niente da fare anche questo inviato soccombe
Tocca a te provarci ..
Sor tenente, io ci ho moje e tre bambini ...
ci pensa il Governo alla mia famiglia?
Ma si ... il Governo ci penserà ...
Va Zocchi Guardati, e va!
Zocchi esce...
Si sentono fuori dei lamenti ..
Eccolo Zocchi l'han preso
Coro di soldati :
Non sei che una croce
Nessuno forse sa più
perchè sei sepolto lassù
nel camposanto sperduto sull'Alpe.
Se solo avessi immaginato questo eccidio ...
Pronto, pronto ..
Preghi il signor Colonnello..
che faccia aprire un fuoco di rappresaglia.
Mi hanno ucciso cinque uomini alla vedetta
del canalone.
Tocca al Ricci ...
Ricci t'han chiamato
Mi chiama la morte.
Ma no, che te vegneret a toeulli!
ALFANI : Di, sù!
.
Vorria parlà al Caplan.
Non posso mandare a chiamartelo.
Se aveva temp, me vleva confessà.
Raccogliti in te stesso ...
se scamperai alla morte il tuo tenente
ti dice che sei assolto.
ci sono quattro stracci da mandare al sindaco
del mio paese
Sta pur tranquillo.
Gh'è restaa.
A chi l'è che tocca?
Morana
Signor tenente, io non ci vado!
Oh Oh questa davvero è nuova!
Via non me lo far ripetere l'austriaco non
tirerà
Allora se non va nessuno .. andrò io
Ecco così... (Morana si uccide)
SIPARIO
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Note:
TEATRO COCCIA di NOVARA STAGIONE 2015-2016
Il Teatro Coccia di Novara prosegue nel suo percorso
di apertura verso i compositori e le opere contemporanei. Dopo La gatta
bianca di Sandra Conte nel 2013 e Il canto dell’amore trionfante di
Paolo Coletta nel 2014, sul prestigioso palco novarese sarà allestita e
prodotta una nuova opera contemporanea, scritta e diretta dal giovane
compositore Orazio Sciortino e intitolata La Paura, dal racconto omonimo
di Federico De Roberto, con libretto di Alberto Mattioli e Orazio
Sciortino, per la regia di Simona Marchini, signora del teatro italiano,
grande esperta di opera lirica e con all’attivo numerose regie.
Cogliendo anche l’occasione delle celebrazioni per il centenario
dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, giovedì 3 dicembre 2015 alle
20.30, andrà in scena sul palco del Teatro Coccia di Novara un titolo
che racconta la vita di un “ordinario giorno da soldati”.
L’Orchestra è quella dei Talenti Musicali, orchestra composta da
musicisti che grazie a Fondazione CRT si sono perfezionati nelle
migliori accademie europee. Nello specifico l’organico strumentale è
composto da un flauto, un oboe, un clarinetto, un fagotto, un corno, un
tromba, un trombone, due percussionisti, pianoforte e quintetto d’archi.
Personaggi e interpreti: il tenente Alfani è interpretato dal tenore
Blagoj Nacoski, il sergente Borga (lombardo) è il baritono Tiziano
Castro, il caporale (campano) il basso Daniele Cusari, il soldato Ricci
(marchigiano) il tenore Vladimir Reutov.
Il progetto ha, poi, un ulteriore valore: le comparse recitanti e il
coro dei soldati saranno interpretati dagli allievi del II e III anno
del Corso Attori della STM (Scuola del Teatro Musicale) di Novara,
diretta da Marco Iacomelli e Andrea Manara. Un tocco di “novaresità” in
più che caratterizzerà ulteriormente l’opera.
La Paura è inserita nel programma ufficiale delle Commemorazioni del
Centenario della prima Guerra Mondiale a cura della Struttura di
Missione per gli anniversari di interesse nazionale della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
LA STORIA
La vicenda si svolge in poche ore, in una trincea italiana sul confine
austriaco durante la Prima Guerra Mondiale. I nemici austriaci non danno
segni di vita: invisibili e distanti appena cinquecento metri, sembrano
concedere una sorta di tregua. Una tranquillità che rende spettrale la
natura, inospitali i paesaggi di montagna e, in quel silenzio, il cuore
trema. Un improvviso bombardamento da parte austriaca rompe la tregua,
un soldato italiano è abbattuto mentre cerca di raggiungere il posto di
vedetta. Il tenente Alfani, protagonista dell’intero racconto, si trova
costretto a mandare continuamente uomini per difendere il posto di
vedetta. Ogni soldato, chiamato a coprire il turno stabilito, sa di
essere destinato a morire, manifestando la propria angoscia, ognuno con
il proprio dialetto, nel breve colloquio con il tenente. Alfani si fa
carico del terrore di ciascuno dei suoi soldati ed è combattuto fra il
dovere, sentito e forte, di obbedire ai comandi e la consapevolezza
dell’assurdità della morte. Così l’intera opera è scandita dai “ta-pum”
dell’invisibile cecchino austriaco e dall’inevitabile susseguirsi di
caduti. L’ultimo dei chiamati, il soldato Morana, il più coraggioso e
decorato di tutti, unico del plotone a parlare italiano, si rifiuta di
andare. E, dopo un confronto tragico col tenente, compie il gesto che
chiude l’opera: si uccide per paura di essere ucciso.
Il percorso doloroso della memoria dovrebbe costituire un fondamento di
consapevolezza della storia, della vita di un popolo, nel tentativo di
stabilire un monito, nella volontà di non ripetere orrori e stragi.
Frustrante è invece la constatazione del tragico divario tra il facile
accesso allo studio del passato e un’umanità sempre più cieca nei
confronti del dolore che si rinnova e sorda al grido di quelle anime
scolpite nei memoriali, nelle piazze, nel nostro tempo. La tecnica
istruisce ma non insegna, perché a mancare sono le lacrime, gocce di
tempo di quegli occhi vivi a cui non abbiamo teso le orecchie quando
avremmo dovuto. I nonni non possono più raccontare il sangue delle
trincee, e noi non possiamo più ascoltare la voce rauca di un’Italia,
dell’Ultima Italia, che si è compiuta. I nonni non possono più
raccontare quanti dialetti le acque dell’Isonzo o le rocce del Carso
udirono, e quanto eroismo vide giovani corpi sfilare sotto i tiri
micidiali degli austriaci. I nonni non possono più raccontare che i nomi
che oggi sono vie e piazze d’Italia un tempo erano luoghi della
lacerazione, della passione spezzata, della speranza di un futuro
migliore. Così la Grande Guerra è diventata la grande guerra della
poesia e dei racconti, di Gadda, De Roberto, Rebora, la cui memoria non
conosce gli opportunismi del mercato mediatico ed è destinata a
sopravvivere nel cuore di chi crede nel potere della bellezza e della
storia. Orazio Sciortino
NOTE DI REGIA
Quando Orazio Sciortino mi ha chiamato per condividere un’esperienza
così singolare, per un attimo ho avuto il sano timore di un salto nel
vuoto. Poi, la stima per lui e la qualità della proposta mi hanno
convinta ad accettare la “sfida”. Sì, perché nel nostro lavoro in
generale ogni volta ci si mette alla prova e si rischia… senza
mediazione: siamo noi da un parte e il pubblico dall’altra. E in mezzo,
il giudizio.
Bene, una volta entrata “dentro” la scena, ho immaginato come rendere,
senza retoriche o didascalie troppo ovvie, quella sintesi sublime che
Federico De Roberto era riuscito a dare dello sgomento, del
disorientamento, dell’attesa alienante della morta. Tutto questo in un
contesto feroce e estraneo ai più, sia nelle motivazioni, sia nella
prassi.
Creature giovani e giovanissime, vittime inconsapevoli di qualcosa che,
come sempre nella storia degli umili, decide e passa sopra le loro
teste, le loro vite, le loro piccole realtà. In una parola l’orrendo,
ingiusto, eterno gioco della guerra, diletto mostruoso di interessi e
potere sempre riproposto. Mutevole negli attori, ma uguale nei
contenuti.
E’ con infinita tenerezza che mi sono avvicinata al testo, avendo sempre
in mente il monumento che mi fece piangere quando me lo trovai davanti:
Re di Puglia. Quel “Presente” ripetuto all’infinito mi risuonava in
cento dialetti e suoni diversi nella memoria e mi stringeva il cuore…
Così ho immaginato una asciuttezza emozionale e simbolica del
“contenitore” che circondasse la realtà quotidiana e spietata di quella
trincea un po’ assopita, dove Boemi e Italiani si scambiavano pagnotte e
sigarette in una stasi grigia, su una montagna a sua volta grigia, e
brulla, silente. D’improvviso tutto cambia.
I Croati sostituiscono i Boemi con ferocia guerriera e tattica
inaspettata. Il dramma si consuma rapidamente… fino al soldato Maia che
rifiuta di compiere l’ispezione. Un finale agghiacciante e potente,
un’accusa eterna alla follia dei potenti.
Semplice e violento atto d’accusa universale che anche oggi è sulla
bocca di chi muore innocente, di chi non può scegliere il senso del suo
agire e dell’essere lì, in quel momento. Per rendere un sentimento e
un’emozione così potente, ho chiesto la collaborazione di un artista,
Giuseppe Salvatori, per la sua sensibilità intellettuale e l’eleganza
del segno, e perché è capace, come me, di una lacrima di pietà per un
piccolo soldato sopraffatto dagli eventi. Anche la montagna, quindi, con
le sue vene dorate, partecipa al dolore e subisce la violenza degli
uomini.
Mi sento a questo punto di ringraziare sinceramente tutti i
collaboratori, da Franco Micieli a Emiliana Paoli, a tutti gli amici e i
tecnici del teatro.
Mi auguro che l’intenzione di rendere protagonista il sentimento e
l’emozione sia ciò che arrivi al pubblico. Perché resti nel cuore di
tutti un unico sentimento: la conquista della pace. Per il mondo.
Simona Marchini
NOTE SULLA SCENOGRAFIA
Ho immaginato — ho visto — una scena di superfici in successione i cui
profili dentati costituiscono di per sé un'invalicabilità, l'angoscia
d'un orizzonte negato alla consolazione dell'occhio.
La visione vera di un cielo buio rovesciato con la doppia funzione di
sipario e sudario, ma anche bocca crudele: ferita e feritoia insieme,
nel racconto breve di un'alba tragica.
Una scena dallo spazio interdetto ad ogni movimento, ad ogni speranza,
quasi senza narrazione, da qui il profilo/muro della montagna che, come
corpo offeso, è percorsa e irrorata da arterie aurifere: tracce di scavo
della conquista di postazioni preziose per l'opera di difesa e attacco
nel dominio delle altezze, ma infine teatro di sacrifici assurdi e
inaccettabili.
Più sotto, scoperta, la trincea, in cui si aprono stanze come bocche di
solitudine; il perimetro nella cui nudità si consuma il racconto d'un
dramma universale: il conflitto di uomini semplici chiamati alla paura,
la stessa che sembra perpetuarsi nella storia fino a noi e che qui si
trasfigura nel luogo umanissimo e disperato di una trincea. Giuseppe
Salvatori
I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria
del Teatro Coccia (Via Rosselli, 47 a Novara) da martedì a sabato dalle
10.30 alle 18.30 e on line sul sito
www.fondazioneteatrococcia.it 7 giorni su 7, 24 ore su 24.
Biglietti dai 15,00 ai 30,00 euro.
Le foto sono scattate con:
[X] Nikon Coolpix P520 18 Megapixel, Zoom 42X, 3200 ISO, LCD ad
Angolazione Variabile
e rigorosamente non hanno subito nessuna post elaborazione.
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