Introduzione di FRANCESCO BELLOTTO
Introduzione di SEBASTIANO ROLLI
Gaetano Donizetti
Torquato Tasso
Melodramma in tre Atti
Libretto von Jacopo Ferretti
09.09.1833, Teatro Valle, Roma
Personaggi
Alfonso II, Duca di Ferrara
Eleonora, sua sorella
Eleonora, Contessa di Scandiano
Torquato Tasso
Roberto Geraldini, Segretario del Duca
Don Gherardo, Cortigiano del Duca
Ambrogio, servo di Torquato
Cavalieri Cortigiani del Duca
Soldati in armi
Atto primo
Atrio magnifico nel Ducal Palazzo in Ferrara. Fra le colonne si scorgono
le porta degli apprtamenti terreni. Il primo a destra è della Duchessa Eleonora.
Il secondo è della Contessa di Scandiano. A sinistra il primo è del Tasso, il
secondo di Gerarldini. In fondo quello del Duca, innanzi a cui passeggiano
guardie Svizzere.
Scena I.
Cavalieri, indi Don Gherardo, poi Ambrogio.
CORO.
Due rivali, un invidioso,
Un poeta innamorato,
Un ridicolo geloso
Stanno in Corte a recitar,
E ci fanno rallegrar.
Ma che al povero Torquato
Si prepari una tempesta,
Ho un sospetto nella testa,
E comincio a paventar,
Che sia prossima a scoppiar.
GHERARDO.
Come! no! Davvero? niente?
Via, movetevi, cercate.
CORO.
Don Gherardo! Lo ascoltate?
Già comincia a interrogar,
E ha la febbre di ciarlar.
Sconcertata è la sua mente;
Va di trotto alla follìa;
Chè una fredda gelosia
Col continuo martellar
Notte e dì lo fa tremar.
GHERARDO.
Fra tutti quanti i punti
Ch' io metto in voce o scrivo,
All' Interrogativo
La preminenza io do.
Senza di lui sol d' Asini
Pieno sarebbe il Mondo:
Dottor, se non interroga,
Nessun mai diventò.
Così pescando al fondo
Io vo d' ogni mistero:
Così per bianco il nero
Io mai non comprerò.
Di qua passato è il Tasso?
Ebbe nessun invito?
Il Duca è andato a spasso?
Il Segretario è uscito?
Qual delle due Eleonore
Finor cercò di me?
L' Ambasciador di Mantova
Udienza avrà solenne?
E' cifra diplomatica?
Si sa per cosa venne?
Il Duca è bieco od illare?
E la Scandiano ov' è?
Ma almeno qualche sillaba
Dal labbro sprigionate ...
Per Bacco! Come statue
Udite, e non parlate?
Che Mummie da Piramidi!
Mi fate rabbia affè!
CORO.
Se respirar più liberi,
Signor, non ci lasciate,
Voi tanti imbrogli a chiederci,
Invan vi affaticate.
Ma, zitto, o di rispondervi
Possibile non è.
GHERARDO.
Ma or che il domestico
Del gran Torquato
Stupido, stupido,
Vien da quel lato,
Se quì l' interrogo
Di buona grazia,
Come un oracolo
Risponderà.
CORO.
Signor, giudizio!
Vi farà piangere
La vostra incommoda
Curiosità.
GHERARDO.
Eh! via, sciocchissimi!
Mi fate ridere.
Un uom di merito
Sa quel che fa.
GHERARDO.
Che fa Torquato? Compone?
AMBROGIO.
Sì,
GHERARDO.
Innamorato sospira?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
D' un' Eleonora-discorre?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Ma quale adora?-Sai dirlo!
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Come in un' estasi delira?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Di me non brontola geloso?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Così laconico rispondi?
AMBROGIO.
Sì.
GHERARDO.
Ed altro dirmene sapresti?
AMBROGIO.
No.
GHERARDO.
Quell' economico
Tragico stile
Tutta sconvolgere
Mi fa la bile!
Bestiaccia inutile!
Vattene al diavolo!
Stupido, zotico,
Bufalo ....
AMBROGIO.
No.
CORO.
Nell' acqua semina!
Sbagliò l' astuto!
Ah! ah! che ridere!
Nulla ha saputo.
Il nuovo oracolo
Restò in silenzio.
Son tutte chiacchiere:
Nulla svelò.
GHERARDO.
(Novello Tantalo
Muojo di sete!)
Con me tu reciti?
Ma non ridete!
(Ah! che una sincope
Sento per aria.)
Son ciarle inutili:
Tutto saprò.
AMBROGIO.
(Domande scarica!
Il sordo io faccio.
Segue ad insistere!
Sorrido e taccio.
Io son politico
Non casco in trappola;
Da lui mi libero
Col sì; col no.)
GHERARDO.
Scortese! A un Don Gherardo
Che tien lincèo Io sguardo,
Che tutto seppe, tutto penetrò,
Secco, secco rispondi: un sì, o un no!
Dove vai? Perchè vai?
Eleonora Scandian vedesti mai
Muover furtiva il passo
Alle stanze del Tasso?
L' Eleonora, che ha fitta nel pensiero
E' quella? non è vero?
L' enigma scioglier puoi? Perché negarlo?
AMBROGIO.
Per far servo e non dir. Faccio e non parlo.
Parte.
I Cavalieri si disperdono.
GHERARDO.
Entrò da Geraldini? Ergo Torquato
L' avrà da lui mandato.-Ah! se potessi
Fiscaleggiar questo Roberto, a cui
Anonima non è quella secreta
Febbre d'amor che logora il Poeta!
Che brutto vizio! Parlano fra i denti!
S' appressan: Fra momenti
Da Torquato verrò.
Al varco, quando n' esce il coglierò.
E se non parla?-E se lo svela amante
Dalla Scandian riamato?
Amato lui? ... Perchè? ... Per quattro rime?
Son Donne! ... ohimè! la gelosia mi opprime!
Parte.
Geraldini esce pensoso, indi dà uno sguardo agli appartamenti del Tasso.
A non invan t'aspetto
istante sospirato
Del vindice furor che m'arde il petto!
Torquato io t'odio e tu cadrai Torquato.
Il furor che ei gode.
L'eco della sua lode
lenta morte è per me.
Ma splendi, brilla astro orgoglioso ... sì ... per poco ancora.
Delle vendette mie verrà l'aurora.
Quel tuo sorriso altiero,
quei tuoi trofei vantati,
cangiati io voglio in lacrime,
sì lo giurai lo spero
secondami fortuna
tutti i tuoi sdegni aduna
fa che mi cada al piè.
Non tradirmi, o cara speme
solo raggio a un cor, che geme.
S'aura amica di favore
per Torquato Tasso tacerà
sola al fin del Duca in core
l'arte mia regnar potrà.
Io saprò di quella audace
render vano ogni disegno
e celar l'antico sdegno
sotto il velo dell'a mistà.
Finch'ei brilla io non ho pace
l'ira mia dormir non sa
(entra nelle stanze di Torquato)
Scena IV
Appartamento del Tasso.
TORQUATO.
Alma dell' alma mia, raggio söave
Di non mortal beltate,
Ah! nulla manca in te se non pietate;
Nè manca forse, no. Spesso pietosa
Parli coi muti tuoi labbri ridenti,
E per un riso obblío mille tormenti!
Ah! mia! Per sempre mia! Fatal distanza,
Dagli occhi miei diléguati.-Speranza,
Non mi tradir. Se un solo istante, un solo,
T' amo, mi dice, il core appien bëato
Tutti i spasimi suoi perdona al Fato.
Ambrogio, Geraldini, Torquato.
GERALDINI.
(Taci mi lascia. All' estro sacro in preda
Volano i suoi pensier'.
Vate orgoglioso.
Che il lume togli a ogni più chiaro ingegno,
T' ecclisserò.-Breve ti resta il regno.)
TORQUATO.
Non m' inganno?
GERALDINI.
(Delira.)
TORQUATO.
Oh! mio contento!
Tutto il Mondo è al mio piè.-Dell'Universo,
Se a tanto giungo, a me par vile il soglio.
GERALDINI.
(Sogni; io son desto, e te perduto io voglio.)
TORQUATO.
Quando sara' che d'Eleonora mia
Possa godermi in libertade amore?
Ah! pietoso il destin tanto mi dia!
Addio, cetra; addio, lauri; addio, rossore!
GERALDINI.
(Incauto! Che mai scrive? In quelle carte
Sta la sentenza sua.) Folle! Deliri?
Son colpa in te i sospiri.
Arcano e dubbio amor svelato e certo
Rende il Tasso così?
TORQUATO.
M' odi, Roberto.
In un' estasi, che eguale
Non provò mai d' uomo il core,
Io sognai, che armato d'ale
Mi rendean Fortuna e Amore.
Sospirando la mia bella
Io volai di stella in stella;
Non mortal, ma Genio o Dea
Entro al Sole io la trovai;
Mentre a me la man stendea,
Mentre a lei la man baciai,
T'amo, disse: amo sol te.
Fu un momento! A quell'accento
Da me sparve Elëonora!
Ma in quel foglio espressi allora
Il desío che crebbe in me.
GERALDINI.
Di quei carmi al caro incanto
Chi l' inspira appien ravviso.
La tua donna t' era accanto:
Era fiamma il suo sorriso.
Poi sul foglio versò il core
Quanto a te sperar fè Amore.
Non si finge, non si mente
Quel piacer che inebbria il seno,
Quella smania così ardente,
Quel furor che ha sciolto il freno,
Quell'arcano non so che.
Ma, Torquato-sconsigliato!
A distruggerlo t' affretta:
O guizzar della vendetta
Vedo il fulmine su te.
TORQUATO.
Ah! Di padre ho l' alma in petto!
Qui del cor la storia io vedo.
Desta in me söave affetto
Più di Aminta e di Goffredo;
Dall' ingegno uscian quei carmi;
Questi 'l cor me li dettò.
GERALDINI.
Fra l' invidia ed il sospetto
In periglio ognor ti vedo.
L' imprudenza dell' affetto
Al tuo cor fatale io credo.
(Di sua man m' appresta l'armi:
Con quei versi io vincerò.)
Bada ... suon di passi ... parmi.
Scena V
Ambrogio, e detti.
AMBROGIO.
La Duchessa vuol Torquato.
Parte.
TORQUATO.
Ella!
GERALDINI.
Incauto?
TORQUATO.
Oh! me bëato!
Dir che m'ama or forse udrò!
Caro sogno lusinghiero!
L'alma mia non s'ingannò!
GERALDINI.
Che mai speri?
TORQUATO.
Io tutto spero.
GERALDINI.
Ardi 'l foglio.
TORQUATO.
Io stesso!.. Ah!.. no.
Ah! non saría possibile
Che ardessi i versi miei!
Mirando i figli in cenere
Morir mi sentirei!
Ma, cedo a te, son tuoi;
Struggili tu, se vuoi.
Non verserò una lagrima;
M' affido all' amistà.
(No, non tradirmi, amore,
Vola ai contenti 'l core.
Quest' alma fortunata,
Amante rïamata
D' invidia ai Re sarà.)
GERALDINI.
Serbar quel foglio improvvido,
Torquato, io non saprei;
Le mura ancor qui parlano,
Dell' aure io temerei.
Struggerlo tu non puoi?
Io l' arderò, se vuoi;
Fin la memoria perdine;
Ti affida all' amistà.
(Oh gioje del furore,
Io tutto v' apro il core!
Passi di pena in pena,
E goda il dritto appena
Di risvegliar pietà.)
Parte.
Scena VII
Geraldini solo; indi Don Gherardo dalla Comune.
GERALDINI.
O da lunghi anni attesa,
Difficile vendetta, alfin .... lo spero,
Sei vicina a scoppiar.
GHERARDO.
Roberto? Permettete?
GERALDINI.
(A tempo ei viene.)
GHERARDO.
Il Tasso vi cercò;
Dopo uscì; dove andò?-Che mai volea?
Parlò di me? Della Scandian che disse?
GERALDINI.
Ah! non disse soltanto!
GHERARDO.
E che fe'?
GERALDINI.
Scrisse
Liberi versi, ardite brame.
GHERARDO.
In scritto!
Ma questo, amico ...
GERALDINI.
E' un capital delitto.
GHERARDO.
Dov' è il foglio?
GERALDINI.
Mostrollo; indi geloso
Lo chiuse.
GHERARDO.
Dove?
GERALDINI.
Là.
Ah! se il Duca lo sa!
GHERARDO.
Che credereste?
GERALDINI.
Che imprudenze non ama,
Che severo in sua Corte austeri brama
I costumi de' suoi.
GHERARDO.
Dunque pensate ...
GERALDINI.
Già il Tasso voi l'amate?
GHERARDO.
Bagattelle!
Ma siete persuaso
Che se quel foglio a caso
Del Duca nella man fosse caduto,
Il Tasso ....
GERALDINI.
Sventurato? ... Era perduto!
Parte.
Scena VIII
DON GHERARDO solo.
Perduto! E che desidero?
Potessi!.. E perchè no? Lunge è la sala;
Ambrogio non udrà. Farò pian piano.
Mai sprovvisto non vo'. Stai salda invano.
Ho aperti altri secreti. E' questo ... è questo!
Il più l' ho in mano; il men da farsi è il resto.
Parte.
Scena IX
Camera nobile nell'appartamento di Donna Eleonora sorella del Duca
DONNA ELEONORA sola.
Fatal Goffredo! I versi tuoi fur strali
Al mio povero cor! Sì, sì, Torquato,
Per me l' amarti. è fato;
Nè mi fu schermo il sangue avito e il trono.
Ah! invan, lo niego ... innamorata io sono.
Io l' udía ne' suoi bei carmi
Ragionar d' illustri imprese;
Ma cantando amori ed armi
Parlò un guardo, e un cor l' intese.
No 'l sapendo, del suo fuoco
Io pian piano io m' accendea ...
Ah! l'amor che sembra un gioco
Poi divien necessità.
Egli pianse; ed io piangea;
Sospiravo a' suoi sospiri;
Ah! Torquato, se deliri
Il mio cor delirerà.
Deh! t' invola, o söave
Illusïon d' un disperato amore!
Sogno contenti, e m' avveleno il core.
Trono e corona involami
Nel tuo furore, o sorte.
Solo quel core, ah! lasciami;
E' mio fino alla morte.
Travolta in basso stato,
Sorte, t' insulto e sfido.
Se resta a me Torquato,
Tutto perdóno a te.
Ah! sì: nell' urna gelida
Palpiterà per me.
Ei tarda! ... E' lenta morte
Il non vederlo! Ingiusta forse ... in seno
Un geloso sospetto ....
Ah! Torquato l' amo!-Mio cor ... tu tremi?
E' il noto suon de' passi suoi! Söave
Rimbalzo ignoto in sen provai repente ...
E chi esprimer lo può, no, non lo sente.
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